Lo spopolamento dei piccoli paesi montani

Lo spopolamento dei piccoli paesi montani
(un luogo comune da riconsiderare)
di Maurizio Lazzaro

Sagron Mis, piccolo paese in provincia di Trento (176 abitanti) in questi mesi si trova al centro dell’attenzione mediatica locale e nazionale a motivo di iniziative culturali ed economiche che lo vedono coinvolto e contemporaneamente protagonista.

Questi gli antefatti. Nell’aprile scorso il programma Geo & Geo (RAI 3) dedica un servizio al paese; motivo conduttore del documentario il decadimento abitativo del territorio. Interviste ad alcuni anziani che ricordano il “bel tempo andato” quando in paese vivevano quasi 500 “censiti”, mentre oggi il centro del paese conta solo 12 abitanti stabili. E veniamo ai giorni scorsi. Il paese rientra tra i 32 trentini che beneficeranno di importanti incentivi economici previsti dall’amministrazione provinciale a sostegno degli insediamenti abitativi nelle piccole realtà territoriali che più risentono delle oscillazioni demografiche in atto un po’ in tutte le terre alte.

I media quindi, riportando l’esito del primo bando appena scaduto, così titolando: ”Nessuno vuole vivere in questo paese del Trentino: neppure con 100.000 euro per ristrutturare la casa” (Fanpage-6 luglio 2025), “Trentino, il paese dove non vuole vivere (quasi) nessuno, nemmeno per 100 mila euro: manca il medico ma c’è internet veloce” (Corriere del Trentino-6 luglio 2025). Non bastasse, in concomitanza con la terza edizione del Festival Lapis (manifestazione artistica di livello internazionale promossa dalla locale Proloco) il TGR3 nazionale (servizio trasmesso nell’edizione del TG delle 19:00-06 luglio 2025) riporta le interviste ad alcune persone coinvolte a vario titolo nell’iniziativa (una residente, una emigrata, un artista, un residente-assessore locale) e cosa ne esce? Che il paese, manco a dirlo, patisce il fenomeno dello spopolamento. Con buona pace per tutti coloro che si prodigano per animare e rendere attrattivo il territorio (che pure sono giovani, attivi, motivati, appassionati).

A questo punto sorge spontanea la domanda: sono i media a voler cavalcare e confermare il solito trito cliché che vuole i piccoli paesi delle terre alte afflitti da un indiscriminato spopolamento, oppure sono le stesse comunità montane a raccontarsi e crogiolarsi in questa dolorosa ed impotente condizione?

La domanda meriterebbe una lunga analisi e spiegazione. Al momento tuttavia, e per esigenze di spazio concesso, riflettiamo almeno su due considerazioni in risposta.

Innanzitutto, la comunicazione giornalistica, molto spesso per comodità e/o per pigrizia, utilizza strumenti e linguaggi di “pronto impiego”, consolidati nell’uso consuetudinario e comunemente accreditato da parte del pubblico. Si genera cioè una sorta di circolo vizioso in cui il lettore/telespettatore si aspetta di leggere/vedere/ trovare ciò che collettivamente è riconosciuto quale luogo comune condiviso, mentre, da parte dei giornalisti, la narrazione il più delle volte si dispiega in funzione, se non in ossequio, alle aspettative del più largo pubblico. Pochi sono i giornalisti che si cimentano in un lavoro di ricerca, di scavo e di inchiesta sulle profonde ragioni di un fenomeno, quale in questo caso lo “spopolamento”, in particolare nelle terre di media montagna.

Troppo spesso, infatti, dimenticano di richiamarsi a studi ed indagini statistiche che rappresentano una realtà diversa, fatta di luci (esempio fra tutti Ostana-CU) ed ombre, di realtà locali in decisa ripresa demografica ed altre invece in caduta libera. Per tutti valga l’ottima indagine metodologico-scientifica svolta dal gruppo di lavoro facente capo al Politecnico di Torino, già una decina di anni fa, dal titolo “I nuovi montanari”, che ben evidenziava una sensibile tendenza alla migrazione, in particolare di giovani energie, dalla pianura verso la montagna. Altro esempio di buona analisi sulla questione “spopolamento” l’ha fornita la stessa Provincia Autonoma di Trento nel pubblicare i dati sul primo stanziamento finanziario per i 32 comuni, di cui si è fatta menzione all’inizio di questo intervento, e che dimostra come in realtà si stia creando un interessante movimento migratorio interno alla provincia stessa in direzione delle terre alte, che coinvolge la stragrande maggioranza di coloro che hanno già aderito a questo bando (291 sono in totale le adesioni già raccolte).

La seconda considerazione riguarda, ovviamente, le realtà locali interessate da questo famigerato “spopolamento”. I fattori interni che lo possono determinare sono molteplici e da più parti già ampiamente noti (carenza/assenza di servizi, di luoghi modernamente aggregativi, di tessuto imprenditoriale, di cura ambientale, di adeguati collegamenti viari pubblici/privati, di coesione ed identità sociale, di disponibilità abitativa, di iniziativa strategica politico-amministrativa ai vari livelli, ecc.).

Si potrebbe continuare elencando errori e carenze nelle scelte fatte dalle comunità locali, ma come in maniera illuminata e lungimirante ha bene detto e scritto Alexander Langer: “Provate sempre a riparare il mondo” e “In una società dove tutto è diventato merce, e dove chi ha soldi può comperare e stare meglio, occorre la riabilitazione del ‘gratuito’, di ciò che si può usare ma non comperare”. Ecco allora che compito delle comunità delle terre alte è compattarsi, reagire uniti; nel caso specifico dell’informazione e dei social sapere indirizzare con intelligenza e determinazione, e contemporaneamente pilotare, questi mezzi verso le migliori e propositive esperienze ed attività presenti sul territorio evitando di subirne passivamente i pregiudizi comunicativi. In sostanza si tratta di essere consapevoli, sì, che il “bicchiere” può apparire allo stesso tempo mezzo pieno e mezzo vuoto; e scegliere di volerlo, se non tutto, almeno mezzo pieno.

Lo spopolamento dei piccoli paesi montani ultima modifica: 2025-07-29T05:52:00+02:00 da GognaBlog

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8 pensieri su “Lo spopolamento dei piccoli paesi montani”

  1. Ma infatti … saper interpretare È 
    saperla lunga e non c’era traccia di ironia ,penso anch’io che a piccole  repliche cittadine sia meglio villaggi ghost…e un risveglio della natura senza dominio umano.

  2. Antoniomereu: non è questione di saperla lunga, basta guardare e soprattutto ascoltare.
    All’elenco di ieri volevo aggiungere i camion della nettezza urbana che devono salire anche nel buco del culo del mondo per riportare a valle le confezioni di plastica portate a monte il giorno prima con dentro un etto di prosciutto, le bottiglie di plastica dell’acqua, di  vetro del vino e l’imballo di cartone e polistirolo della TV piatta da 400″ comprata al MW.
    Per non parlare di quelli che si fanno portare a casa in elicottero.
    Una buona copertura di antenne 5G.

  3. Condivido pure io ilCla ,che la sa lunga…Stefania mi hai bruciato sul tempo.
    Aggiungo “solo”che tutta la montagna soffre di spopolamento e abbandono non solamente i piccoli sperduti borghi…oltre che alla denatalità ,problema nazionale che però qui si sente maggiormente.
    Chang dici bene, era più appropriata una foto della  California paese li a due passi sommerso dalle ghiaie alluvionali del ’66 quando non c erano i cambiamenti climatici ,ovvio!

  4. Un applauso a Cla! Condivido alla grande quello che hai scritto,  perché non si può avere la botte piena e la moglie bianca.

  5. Non molto azzeccata la foto di Gairo, in Sardegna, paese fantasma, completamente disabitato da oltre 70 anni causa alluvione, quindi per motivi che nulla hanno a che fare con il contenuto del post.
     

  6. Se proprio vogliamo conservare quel poco che resta di naturale in montagna, come si diceva nell’articolo di ieri, i paesi devono rimanere spopolati

  7. Meglio i paesi di montagna spopolati e ( vagamente )tranquilli ,o meglio popolati da famiglie di 4 persone con 2 auto e due moto e un su e giù continuo di mezzi  per andare:
    Al supermercato, al lavoro, a scuola/asilo, in palestra, al Brico, dagli amici, in banca/posta, dal dentista/dottore, furgoni Amazon che salgono per consegnare di tutto e di più a tutti, clienti dei beb/agriturismi ecc.ecc. E and ogni curva un bel colpo di clacson che si sente per tutta la valle. Che in pratica e quello che succede già ora.

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