Parte delle questioni sulle quali una tragedia dovrebbe spingere a riflettere.
Marmolada – 2: Mountain Wilderness, Dalla Casa, Merlo, Camanni
Mountain Wilderness
a cura di Fabio Valentini
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it del 6 luglio 2022)
Il crollo del ghiacciaio della Marmolada di alcuni giorni fa ci porta a fare alcune considerazioni. Un ghiacciaio è una cosa viva. Si sposta, si modifica, aumenta o diminuisce di volume, a volte muore. Le condizioni climatiche certo influiscono sulla vita dei ghiacciai, ma non sono l’unica variabile: vanno considerate le pendenze, il tipo di roccia sottostante, oltre ad altri fattori, non ultimo l’intervento dell’uomo. Affrontare un ghiacciaio o anche solo avvicinarvisi può comportare dei rischi, non sempre prevedibili.
La tragedia dei giorni scorsi è avvenuta lungo una via “normale” percorsa negli anni da innumerevoli escursionisti ed alpinisti, ed anche se nella fattispecie l’itinerario è stato affrontato in un orario generalmente sconsigliato, per queste traversate ci occorre ribadire un concetto fondamentale: in montagna la sicurezza non esiste, si deve parlare solo di prevenzione del rischio e di consapevolezza del pericolo.
La prevenzione del rischio è legata ai fattori soggettivi dei frequentatori della montagna: scarso allenamento, sopravvalutazione delle proprie capacità fisiche, disattenzione, mancanza di tecnica ed esperienza, equipaggiamento inadeguato sono tutti potenziali fattori di pericolo che possono e devono essere evitati. Almeno il 70% degli incidenti in montagna sono collegati a cause di questo genere. Ma in montagna esistono anche pericoli oggettivi, inerenti e legati alla natura stessa della montagna; devono essere “accettati” se si vuole andare per monti, perciò bisogna conoscerli e prevenirli nel miglior modo possibile. Certo, a volte in montagna si può morire; ma si muore anche sulle strade, sui luoghi di lavoro, perfino tra le mura domestiche per incidenti a volte banali.
Per questo ripetiamo che la sicurezza non esiste: l’imponderabile è sempre dietro l’angolo, è importante insegnare e diffondere la cultura della montagna come fattore di prevenzione. Siamo abituati a ricercare sempre una responsabilità per qualunque contrarietà, ma talvolta dovremmo riuscire ad accettare la concatenazione degli eventi che concretizzano un rischio naturale.
Nelle sciagure di montagna degli ultimi anni quasi sempre sono state coinvolte persone esperte, anche in Marmolada tra le vittime figurano guide alpine e questo è un chiaro segnale che qualcosa sta cambiando. Una frase famosa recita: “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”, forse dobbiamo cogliere questi cambiamenti adattandoci ad essi invece di cercare di piegare le regole della montagna e della natura alle nostre esigenze.
In questo senso vorremmo lanciare un messaggio ai nostri politici ed amministratori: non è con la logica dei divieti che si potrà impedire il ripetersi di circostanze come queste. Dal Covid alla peste suina, sembra che il rimedio per ogni calamità sia imporre restrizioni alle libertà personali; e il guaio è che a queste restrizioni ci si sta abituando. Al di là dell’individuare le cause di tali calamità, occorre informare, educare, condividere, rendere consapevoli le persone e poi lasciare libera scelta per non diventare polli di batteria. La montagna in questo può essere una grande maestra, se non la si riduce ad un banale scenario per evadere dalle nostre frustrazioni cittadine o per cercare emozioni adrenaliniche artificialmente costruite.
E’ difficile trovare le parole giuste in circostanze come queste, eppure siamo chiamati a farlo per cercare di dare risposte alle tante domande e per aiutare a far sì che certe tragedie se possibile non si ripetano. Non pretendiamo che le nostre osservazioni risultino condivisibili per tutti, ma speriamo di aiutare una seria riflessione e di alimentare un dibattito che non può e non deve essere fine a sé stesso ma che contribuisca ad una presa di coscienza generale su problematiche che toccano tutti noi: il rapporto con la natura, l’autodeterminazione e la libertà di scelta. Di fronte ad una tragedia come questa non possiamo che liberare il nostro requiem per il ghiacciaio, esprimere una preghiera per le vittime e porgere le nostre più sentite condoglianze a chi resta a piangere la perdita di una persona cara.
Un secolo fa uno dei più grandi poeti del nostro tempo, Giuseppe Ungaretti, espresse in quattro semplici righe un pensiero eterno: “Si sta/come d’autunno/sugli alberi/le foglie”. È così per i ghiacciai, è così per noi. Cos’altro si può dire?
Guido Dalla Casa
di Guido Dalla Casa
(scritto il 6 luglio 2022)
Sono stato alcune volte a Punta Penìa, la cima più alta della Marmolada: l’ultima volta nell’estate del 1961, più di 60 anni fa. Allora non si pensava a pericoli come il distacco e la caduta di un pezzo enorme del ghiacciaio, ma la temperatura in vetta era quasi sempre sotto zero.
“Con più tecnologia, potremo in futuro salvare più vite” (monitorando a tempo pieno centinaia di ghiacciai?): ho sentito anche questa. A nessuno viene in mente che “più tecnologia” significa più trasporti, maggior consumo di energia, più combustibili fossili bruciati, maggiore effetto serra, temperatura più alta sul ghiacciaio, più blocchi che si staccano e precipitano, maggiore sofferenza complessiva.
E intanto abbiamo costruito un miliardo di auto, con consumi immensi nella fase di costruzione e trasporto, più i combustibili che vengono bruciati durante il movimento: un miliardo di scappamenti in azione, senza contare le navi e gli aerei; oltre a tutti i consumi nelle fasi di estrazione e trasporto dei componenti. I cosiddetti “ambientalisti” invocano “le rinnovabili”: uno sguardo anche sommario alle quantità rende subito evidente l’impossibilità di questa “conversione alla pari”: dobbiamo invece diminuire, e di molto, il numero di mezzi e gli spostamenti (oltre a tutti gli altri consumi).
Il ragionamento appena accennato sopra è un ragionamento sistemico-olistico, di cui evidentemente la civiltà industriale, che considera solo l’economia, è assolutamente incapace: usa solo un tipo di ragionamento lineare di causa-effetto, vedendo ogni problema come staccato dal complesso.
Tutto è collegato a tutto: dobbiamo mettercelo in testa, che lo vogliamo o no.
Ma sono tutte novità? Vediamo qualche parere degli ultimi 50 anni:
“La carenza di saggezza sistemica è sempre punita (Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente, Ed. Adelphi, 1976)”;
“L’ideologia industriale è alle corde. Il tragico ecologico l’ha sconfitta (Guido Ceronetti)”;
“L’Occidente è una nave che sta colando a picco, la cui falla è ignorata da tutti. Ma tutti si danno molto da fare per rendere il viaggio più confortevole (Emanuele Severino)”;
“Il periodo di rapida crescita della popolazione e dell’industria prevalso negli ultimi secoli, invece di venir considerato come condizione naturale e capace di durare indefinitamente, apparirà come una delle fasi più anormali nella storia dell’umanità (Adriano Buzzati Traverso)”;
“Le società complesse sono impossibili da gestire e dirigere secondo le aspirazioni dei governanti e neppure di una volontà di maggioranza: l’andamento di una società complessa è soggetto a moltissime variabili, su molte delle quali gli esseri umani non hanno alcun potere. Tra le società più complesse (e in continuo aumento di complessità), vi sono le società tecnologiche. Le società tecnologiche sono dominate da andamenti caotici e distruttivi che causano sofferenze. Tali andamenti, nel caso della società industriale, hanno ormai ampiamente dimostrato di condurre al collasso ecologico, un fenomeno che causerà (e causa già ora) innumerevoli vittime tra gli umani e gli altri esseri senzienti (Theodore Kaczynski)”.
Lorenzo Merlo
(Natura e cultura)
di Lorenzo Merlo
(ekarrrt 6 luglio 2022)
Si possono esprimere tre considerazioni, relative non tanto al crollo di parte del ghiacciaio della Marmolada e alla connessa questione umana, quanto alle reazioni che tutti abbiamo letto e ascoltato sui media d’informazione e che, tendenzialmente, ascolteremo e leggeremo ancora. In particolare, alla cultura che le genera e supporta.
Sono tre note di un’unità. In quanto tali non condivisibili, se non avendo già in sé gli elementi per trovarle ovvie, una più dell’altra.
Se così fosse, volendo cercare un epilogo pragmatico-evolutivo, è necessario ricordare che le consuetudini in cui siamo immersi tendono ad impedirlo. La tessitura di leggi e divieti forzati non tocca mai il cuore della questione. Riguarda solo la superficie, la facciata del problema e, per di più, è culturalmente, oltre che politicamente, concepita come obbligatoria. Quella moralistica non è in grado di fare un solo passo fuori dalla propria concezione del mondo, impedendo così di vedere la legittimità di quanto stiamo condannando. Impedendo l’aggiornamento di prospettiva necessario alla realizzazione delle consapevolezze per riconoscere quanto natura e cultura stiano viaggiando in direzione diametralmente opposta. Quanto in questo risieda l’origine di molti commenti letti e ascoltati anche nella vicenda del crollo in Marmolada.
La prima considerazione riguarda la massima banalità possibile: le montagne vanno a valle. Le rimostranze cui assistiamo pare non ne tengano conto. O, peggio, pare siano mosse dal sincero intento di poterle fermare.
Il medesimo accadimento in una terra remota scelta da una cordata o sostituendo gli uomini con camosci, non genererebbe la ridda di espressioni alle quali stiamo assistendo. Proprio come se fosse ovvio che le montagne vano a valle.
La seconda riguarda il modo dell’affermazione e quello dell’ascolto. Mossi per affermare noi stessi – come la cultura della competizione non perde occasione di spingerci a fare – tendiamo a dare spazio alla vanità che ogni successo ci permette di esprimere. Da quell’espressione e dal suo riconoscimento sociale, traiamo i motivi di autostima, che altro non sono che ragioni per ripetere il ciclo che la produce. Ma, tanto il diritto alla vanità, quanto quell’autostima poggiano su paralitiche infrastrutture psicologiche, dal momento che necessitano di continui sostegni esterni. Quando questi vengono a mancare, l’individuo si ritrova sul ciglio della perdizione.
Diversamente, a mezzo dell’ascolto, la persona tende e muoversi secondo la propria misura. Risente meno delle spinte sociali e culturali esterne. È più in grado di rinunciare quando il registro cambia e può vedere il registro che sta cambiando. Nella condizione psicologica dell’ascolto, si possono tenere a freno le velleità vanesie. Si possono anche lasciar correre, con la consapevolezza che, qualunque cosa accada, la responsabilità sarà nostra, senza alcuna possibilità di distinguo e precisazioni.
Nel modo dell’affermazione, ci muoviamo egoicamente per l’interesse personale. Una logica apparentemente inconfutabile soltanto perché ignari che è proprio il domino dell’ego su noi a generare le più forti disarmonie. In quello dell’ascolto, possiamo prenderne le distanze e allargare lo sguardo.
La terza considerazione riguarda la cultura che ci siamo confezionati. Se è possibile una sua definizione, essa potrebbe includere l’idea che la sua direzione è esattamente opposta a quella che la natura ci indica e che per millenni è stata presente nel fare umano.
Uno dei culmini dell’attuale distanza si esprime con il concetto di société sécuritaire. Come è indicato dal nome stesso, essa è dominata dalla pretesa/diritto alla sicurezza. È un fatto economicamente aureo, che fa campare bene alcuni e sperare tutti. Ma anche un fatto creativamente disastroso. Mortifica la capacità di trovare in se stessi le doti necessarie al superamento di problemi. Esalta l’attribuzione di responsabilità. Un atteggiamento fortemente pungolato dall’interesse materiale.
La société sécuritaire, ma con essa tutta la sua genealogia materialista, è una sorta di subprime psicoculturale. Una speculazione senza basi che non siano speculative. Un intellettualismo che crediamo possa contenere la verità. Tuttavia, come accade in ambito finanziario, le bolle galleggiano nell’aria e affascinano con il loro riflessi di ricchezza e sicurezza, almeno finché non scoppiano. Lo fanno senza avvertirci. Travolgeranno chi si muoveva attraverso il modo dell’affermazione. Lasceranno basiti coloro che si muovevano attraverso l’ascolto.
Enrico Camanni
(dal suo profilo fb, 7 luglio 2022)
«Come faccio a spiegarglielo? Provo con una storiella. L’altro giorno ho scalato una parete “sicura”. Cordata da due, ben attrezzati, tempo perfetto. Sul primo tiro di corda ho sbagliato via e l’ho ripresa d’istinto con una traversata. Sul secondo tiro sono venuti giù due sassi. Camosci sulla cengia? Optando per i camosci, abbiamo continuato. Sul terzo tiro i chiodi si sono fatti vetusti, ma accettabili. Avanti. Tutto liscio fino in cima, poi tre ancoraggi per la doppia. Il terzo era quello giusto. Le quattro scelte azzeccate ci hanno aperto la via. Se avessimo voluto la sicurezza garantita saremmo andati sul muro di plastica.
Questo è l’alpinismo, signori benpensanti: una libera scelta. Lasciamo le certezze per interrogare la natura e usare quel che resta dei nostri sensi. Non cerchiamo il pericolo, ma accettiamo di perderci per ritrovarci. Succede ogni giorno in parete e in posti come la Marmolada, che è poco più di una camminata sul ghiacciaio ma non sarà mai priva d’incognite perché niente lo è, oltre il sentiero. Anche se Maurizio Fugatti (Presidente della Provincia autonoma di Trento, NdR) metterà uno sventolare di bandiere rosse come nella vecchia Unione Sovietica, saranno solo folclore: la montagna non è una spiaggia a pagamento, lassù si è soli con le proprie scelte.
Signori benpensanti, colleghi giornalisti, saputelli di ogni contrada, se amate tanto la matematica perché non vi occupate dei numeri certi? Dei carotaggi impietosi dei ghiacci antartici e delle previsioni agghiaccianti del riscaldamento globale? Forse vi mancano i morti? Non temete: presto arriveranno anche quelli, cominciando dai più poveri, e non sarà una libera scelta».
Il giro di drone prima del distacco
https://www.rainews.it/video/2022/07/marmolada-il-video-del-ghiacciaio-ripreso-col-drone-il-giorno-prima-della-valanga-e082b67d-32d9-40a6-a6eb-e6266818a4f3.html
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Nuovo distacco in atto segnalato il 17 luglio…dai primi telegiornali locali e giornali del 18.
https://www.adnkronos.com/marmolada-nuovo-distacco-si-apre-crepaccio-di-200-metri_4tC3oNyzbI668HONp7qDbo
“la montagna non è una spiaggia a pagamento,( con obblighi imposti per legge) lassù si è soli con le proprie scelte.”
Puo’ essere libera scelta non stipulare una assicurazione?Puo’essere libera scelta rinunciare per iscritto ad ogni forma di soccorso , rinunciare a priori a ricerca in caso di mancato rientro a casa ,rinunciare a comunicare l’itinerario per esplorazione libera e improvvisata.Pero’poi i sococcorsi sono obbligatori , anche se invocati da famigliari in ansia!
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/07/14/in-montagna-non-siamo-del-tutto-soli-la-nostra-liberta-ha-un-costo-sociale/6660032/
https://www.ladige.it/territori/riva-arco/2022/07/12/nago-il-vento-alimenta-il-rogo-alle-pendici-del-baldo-chiuso-il-sentiero-invito-a-non-salire-alle-baite-della-zona-1.3260134
e non si tratta di pericolo frane di roccia o ghiacciaio.
Ogni comune emana regole per i roghi di erbe e rami secchi, ovvero restrizioni alle libertà individuali . Verranno anche per lavaggio auto )( già ve ne sono) e per annaffiamento praticelli , temperature domestiche.Il problema dei sentieri percorribili in montagna diventerà una quisquilia .
“sembra che il rimedio per ogni calamità sia imporre restrizioni alle libertà personali; e il guaio è che a queste restrizioni ci si sta abituando.”
Per risolvere la crisi energetica ed il riscaldamento globale, pare che certe pilloline amare ce ledovremo inghiottire.
Per essere in accordo con la rivendicazione di libertà( modello iconico Easy rider) bisognerebbe quantificare quante motociclette monoposto con cilindrate esagerate, ( da 1000 a 1200 cc), ( con auto di ugual potenza e cilindrata potrebbero portare altri 4 passeggeri + bagagli)percorrono ,ogni anno, con picchi di stagionalità mensile, i passi di montagn a di Gran Nome( Fedaia , Sella, Pordoi, Rolle ecc)senza trascurare i piccolipassi secondari( Duran, Cibiana, Broccon).si tratta di LIBERTA’? o Consumismo?.. SE LE FABBICANO E LE VENDONO, CE LE COMPRIAMO E LE USIAMO!
“Passo Fedaia deserto, pochi frequentatori sgomenti,sentieri chiusi e silenziosi” titola un giornale del Bellunese .Purtroppo disseminati nelle cronache , incidenti mortali ad alpinisti, la catastrofe che si consuma in pochi estanti attira maggiormente l’attenzione dei media ( morti e feriti isolati disseminati nei giorni assommeranno a morti e feriti in pochi minuti??)
69) a volte la motivazione non e’sportiva o paesaggistica, ma piuttosto la mangiata nel rifugio, ormai costretto a cucina gourmet ,se rifornibile giornalmente con funivia di servizio…meglio ancora se porta su passeggeri…e ancora meglio se potesse riunire blogger in contesa
Concordo sia con Pasini (chiusure più localizzate che totali) che, incredibile dictu!, con Merlo (quella frase è il cancro – della comunità degli alpinisti – che spinge le autorità, che se la fanno sotto, a chiudere). Sta di fatto che le chiusure, anche se parziali e localizzate, innescheranno la solita tiritera di proteste sulla compressione dei diritti costituzionali ecc ecc ecc. Immaginatevi se, domenica 3 luglio, la gente arrivata al parcheggio sotto alla Marmolada avesse trovato il cartello “oggi chiuso”. Che finimondo di proteste! Per fortuna, di tuto ‘sto circo barnum io sono spettatore non pagante. Quest’anno ho deciso già da mesi: niente ghiacciai, di nessun tipo. Preferisco un bel trekking in media montagna. So dell’esistenza di valloni dove si incontrano raramente altri individui. Magari a 50 km max da casa: proprio per queste sono montagne neglette e poco alla moda. Nessun essere umano, poche probabilità di fastidi da loro generati.
Merlo. Sono d’accordo anche su questo. Il giornalismo dal basso ha un mare di limiti e non può sostituire un buon giornalismo redazionale. Purtroppo quest’ultimo come ha detto Gogna richiede tempo e risorse che non sempre si possono mettere a disposizione. Io mi accontenterei che chi ha informazioni su questo tema criciale le faccia circolare,,così magari si riequilibra anche un po’ il blog sulla realtà esterna rispetto alle tensioni interpersonali.,
Purtroppo dal basso arrivano anche improprietà che generano equivoci.
Finché la cultura della montagna ha goduto di una formazione non sportiva e di massa, tendenzialente non sarebbe accaduto.
“Ha fatto il 7b a vista dopo solo due prove”.
Se ci atteniamo ai fatti, per ora le chiusure sono limitate e focalizzate. Sarebbe anzi interessante segnalarle sul blog tipo giornalismo dal basso. Poi si possono fare le proprie previsioni/proiezioni da confrontare con quello che accadrà.
Ieri mi pare aver letto, fra le tante cose, di una previsione meteo per rimanente luglio e agosto: nuova tornata di caldo africano. Al minimo smottamento glaciale, mettete in conto che le autorità chiudano. E’ inevitabile. Non lo auspico, non è un “mio” desiderio. E’ l’inevitabile conseguenza della correlazione fra l’aumento di pericolosità delle montagna (per gli effetti del riscaldamento climatico) e una complessiva comunità di alpinisti, di cui la maggior parte ormai va in montagna in modo sconsiderato. Senza sapere né leggere né scrivere, le autorità chiuderanno e va la pepino. Buon proseguimento a tutti.
Più che na’ discarica …
Me fa veni a la mente
N ‘peschereccio …
Che vuol getta’ lo strascicco tropo in profondita’
Cio che raccoje dalla virtualità
So pezzi de vita propria che gnuno se sta ad acarezza’..
…tra i pesci più belli è spuntato ora adiritura n’ caroarmato…
Inutile a sto punto la Rete ripara’…
Sono d’accordo con Merlo. A parte interventi che possono implicare responsabilità legali del gestore io lascerei il resto. Certo ci vuole un buon fegato e una certa propensione a vedere le cose da fuori prendendo le distanze. Tuttavia anche in questo caso, come per altri, sono emersi elementi interessanti sulla pancia di gruppi e individui. Io guardo FB come uno specchio e sulla Marmolada ho visto le stesse quasi identiche cose, anche se con protagonisti diversi. Non siamo così originali. Capisco che qualcuno provi qualche orrore ma nascondere sotto il tappeto quello che gira non mi pare utile. È un po’ come con le zecche. Una cura antibiotica forte precoce rischia di nascondere i sintomi. Meglio attendere e osservare, lasciar agire gli anticorpi e se poi emerge il famoso eritema intervenire. Come ho già detto, io di zecche me ne intendo, non so per quale ragione ma abbiamo un’attrazione evidentemente reciproca. Vengono spesso da me. Ma mi sono comprato un apposito kit su Amazon per gestirle. Buona settimana.
Il blogo contiene tutto.
La censura lo danneggia.
Il blogo ha la sua ecologia.
La censura la inquina.
Il blogo ha il suo valore.
La censura lo nasconde.
Come potete vedere dall’ora, sono qui a controllare cosa sta succedendo in questo blog dopo che mi sono preso “ben” due giorni di riposante distanza. Effettivamente siamo caduti assai in basso, si sono accentuati gli scontri, siamo passati alle minacce personali, anche fisiche.
Con la montagna di cose da fare che ho oggi (ogni tanto devo lavorare su qualcosa che non sia questo quotidiano, giusto pe guadagnare qualche soldo…), non ho neppure il tempo di mettermi a cancellare gli eccessi in cui si è caduti.
Basta, sono veramente amareggiato!
Tagliare vuole dire leggere con attenzione tutto, ma proprio tutto; vuole dire segare con attenzione, lasciando vivere ciò che di buono sicuramente c’è.
Beh, questa volta non lo faccio. Non ho il tempo e francamente neppure la voglia. Tanto ormai il danno è fatto.
Certo, da questo momento vi assicuro che non esiterò a buttare qualunque cosa faccia riferimento alle assurdità e alle reazioni che ho dovuto, sia pur velocemente, leggere. Grazie della comprensione.
Gentile (!?) Crovella,
Lei mi confonde con mio fratello Salvatore. Ma si confonde, a Sua volta, tirando pugni e minaccie al vento; ciò che conferma quanto ho scritto precedentemente. Le consiglio di leggere (o rileggere) il Don Chisciotte. Ma quello era un eroe generoso, senza livore.
renzo Bragantini
State fantasticando su cose che non esistono. Nell’episodio specifico, semplicemente mi infastidisce assai la confidenza che si è riconosciuta il nonno. A me non piace la gente che mi si avvicina troppo, sia fisicamente ma anche solo come modo di fare. Nel tempo gli ho detto almeno 10 volte di tenere le distanze, gliel’ho detto anche in via risevata, cioè facendogli pervenire il messaggio. Gli ho riservato un trattamento di particolare riguardo per l’età e perché mi fa pena. In genere, quando uno mi rompe le palle, glielo dico una volta sola e alla seconda gli passo direttamente sopra con i carriarmati. In questo caso… dieci volte, un’esagerazione per i miei standard. Non ricordo precedenti nella mia vita di un tale “riguardo” verso altri individui. Se il nonnetto se ne sta alla larga me, io non ho motivo per provare fastidio.
Cmq non sono un semplice leone da tastiera, cioè non sono uno chevfa il gradasso solo perché c’è il web che ci divide. Io sono davvero così nella vita: durissimo. Da sempre. Meno legnate, metaforiche ma, se del caso, anche concrete. Mi cercano proprio per queste caratteristiche, es in ambito professionale per condurre trattative molto difficili e dove ci vogliono i controcoglioni d’acciaio. Distruggo le controparti, per questo sono utile. Altro che “fragile” come dice qualche altro illuminato fra di voi (tra l’altro Bragantini mi aveva a suo tempo rotto le palle venendomi perfino a scocciare in via personale e si è preso anche lui la sua razione).
Per quanto riguarda i nick similari, gli account mail si creano facilmente e cambiare IP è un gioco da ragazzi: esistono software scaricabili gratuitamente. Se fate attenzione, i concetti e lo stile sono troppo simili per esser di così tante persone differenti. Ma questo tema è irrilevante, se non per l’invidia che emerge verso l’intensità del numero di miei contributi nel blog. È solo una questione che mi faccio un culo nero per questi Spazi web. Dedico almeno una/due ore al giorno, ovviamente per amicizia. Se si vuole competere basta mettere in conto lacl dispinibilita per una pari “fatica”, cosa che ovviamente non è così diffusa.
Il tema Marmolada non mi suscita particolare pathos se non il fastidio per l’ipocrisia della comunità alpinistica, nel suo insieme. Non mi riferisco solo a voi, ma certamente mi rivolgo anche a voi. Sembra che in generale si vogliano celebrare le vittime di montagna come se fossero degli eroi omerici. Invece da sempre (e quindi non dall’altra domenica), io affermo pubblicamente che chi muore in montagna ha sempre torto. Significa che ha commesso un errore, magari inconsapevolmente, ma l’ha commesso. Anche solo quello di aver cannato gli orari ed essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. C’è sempre un errore umano alla base di un incidente in montagna, cono senza morti . L’ho affermo per i grandissimi (Gervasutti, Comici, anche Castiglioni: incomprensibile voler attraversare i ghiacciai praticamente svestito), l’ho detto pubblicamente di certi miei amici e conoscenti, l’ho detto qui con riferimento alla ragazza, episodio che fece infuriare Pasini. Non c’è nulla di personale in questo tema da parte mia. È un tema di impostazione ideologica, che però sta diventando sempre più rilevante perché le montagne sono oggettivamente sempre più pericolose a causa del cambiamento climatico. La massa di idioti che vediamo in giro per le montagne, i famosi cannibali, sono sempre piu’ frequentemente destinati a morire come mosche. Casi come la Marmolada si moltiplicheranno a vista d’occhio. E voi (segmento sezionato della comunita’ alpinistica generale) come reagite? Rasserenare per caso le autorità istituzionali affermando che isoleremo i cannibali, li educheremo e al limite li espelleremo in modo tale che le autorità potranno stare tranquille che in giro ci saranno solo alpinisti maturi e consapevoli che fanno le cose per benino????
Ma figurati! Partite con la solita e stomachevole tiritera della montagna regno della libertà, dove ciascuno fa quello che vuole, parte quando vuole, si veste come vuole, va dove vuole ecc ecc ecc.
Non sto affermando che Draghi legga questo blog. Ma in questi giorni ovunque si è sentito e letto questa presa di posizione per cui le autorità sono molto sensibili.
Come pensate che reagiranno le autorità? Io dico che se la faranno addosso per la paura e chiuderanno tutto il chiudibile. Più che colpa delle vittime della Marmolada, sarà per colpa della sommatoria nazionale di tutte le prese di posizione a favore della cosiddetta libertà incondizionata in montagna. Pertanto vi starà solo bene se davvero arriveranno decisioni restrittive (totali o parziali) perché voi, anche voi qui, le siete andati a stuzzicare.
Ma probabilmente è un problema solo transitorio, di luglio e agosto. Con l’autunno le autorità stringeranno di nuovo la morsa sul tema pandemia, che quest’estate corre molto di più degli anni scorsi. Se tanto mi dà tanto, le ganasce arriveranno prima del passato (probabilmente gia’ nel corso di settembre) e saranno molto più stringenti degli anni scorsi. Quindi le eventuali restrizioni esclusivamente “montane” si perderanno in un panorama molto più vasto e severo di restrizioni generali. A ben vedere anche in questo caso la fermezza istituzionale sarà una reazione alle idiozie che si diranno, in generale in tutta Italia, su diritti individuali, libertà di movimento, Costituzione ecc ecc ecc. Quanto più anche voi, qui nel “piccolo” del Blog, strillerete e tanto più contribuire a spingere le autorità a chiudere maggiormente e anticipatamente. Questa vostra propensione a generare un effetto boomerang a vs danno io la giudico un’imbecillità totale, sia sul tema montagna che in generale. Ecco perché ho una pessima considerazione del vs quoziente intellettivo, salvo rare eccezioni. Tuttavia, se vi piace fate pure, il coltello dalla parte del manico non l’avete voi… ma Draghi. Preparate la vaselina.
Max. Mah….magari io vedo connessioni che non esistono però le sbroccate più forti si sono verificate su temi collegati alla perdita: il Covid, Valentina, la guerra in Ucraina, gli incidenti in montagna. Io stesso ho sbroccato di brutto su Valentina. E ho riflettuto molto sul motivo. Poi noto che quando si parla di queste cose emergono elementi molto personali, ad esempio lutti che si sono dovuti gestire. Anche tu ne hai parlato per la prima volta. Non mi sembra così casuale. La Marmolada ha toccato credo molte corde perché è avvenuta su una via “normale” un evento straordinario in un contesto dove ognuno di noi avrebbe potuto trovarsi. Difficile non rispecchiarsi con tutto il carico connesso. Poi sicuramente ci sono delle specificità che riguardano i singoli, ma io sono portato più a cogliere gli aspetti di gruppo.
Gentile Carlo Crovella,
per la Sua insicurezza e fragilità umana provo una grande pietà.
I miei saluti migliori renzo Bragantini
Tre considerazioni Per il sabaudo? Mah! Un centro d’Igiene Mentale ..certo che chi utilizza lascia a desiderare! Fortissimo il parroco manzoniano Don Pasini..ma è parte del parterre..certo l IP è visibile al gestore ..ma in un contesto reale e civile le minacce ..perchè quello sono..vanno denunciate..o si reticenti o complici..diversamente..non è questione di libertà di pensiero ma di un enorme bufala camuffata da social per ultimo me ne sparisco da questi lidi e con me altri.
In questi circa due anni si e’ parlato molto di piu’ di politica, vaccini, guerra che non di montagna. E anche di fronte al crollo della Marmolada bisogna subito buttarla in politica. E soprattutto in due anni di commenti su vaccini, governi, green pass, putin, nato ecc. non ho letto un solo commento di uno che abbia detto:”scusate, ieri ho scritto una sciocchezza, mi sono sbagliato”.
Direi di pensarci su. Soprattutto quando parliamo, spesso a vanvera, di pace e di ambiente ma restiamo sempre ben chiusi nelle nostre inattaccabili convinzioni, senza essere disposti a cedere un millimetro.
E’ l’espressione della comunita’ in cui viviamo, dire ” ho sbagliato ” ci risulta indigesto, quasi impossibile, come a Fonzie in Happy Days.
Anche io sono rimasto colpito dai messaggi di Crovella, di cui non raramente condivido quello che dice. Ma il modo e’ del tutto sbagliato e si passa dalla parte del torto.
Comunque, e’ estate, buone salite ( non su ghiaccio) a tutti.
Pasini, visto che i rapporti interpersonali sono il tuo campo professionale magari hai ragione tu, con la tua interpretazione in bonam partem…
A me tuttavia non pare che lo sbroccamento crovelliano in questo thread, che ha raggiunto livelli inusitati e mai visti di maleducazione e cialtroneria nell’attacco a Bertoncelli, sia legato al pathos del tema.
Mi pare più il delirio di qualcuno che ha seri problemi di ego e di identità, che si crede Napoleone e che sa che nessuno gli dirà nulla, perché evidentemente a Gogna tal Crovella serve (e ciò si possono prendere parecchie misure)
(peraltro vorrei vedere questo leone da tastiera per strada a dire le stesse cose in faccia a qualcuno)
In qualunque comunità virtuale, forum, chat uno che fa sparate così e che le reitera ad ogni successivo messaggio sarebbe bannato o, come minimo richiamato pubblicamente e sospeso per un pò, almeno finché non gli si calmano i bollenti spiriti (che nel caso di specie pare evento impossibile, essendo proprio i neuroni bollenti…)
Anyway, questo passa il convento. un convento direi particolarmente mesto.
buona serata e divertitevi :o).
Quando si scrive, conviene sempre dormirci sopra e rileggersi la mattina dopo, prima di postare. In genere si riscrivono gli stessi concetti ma in modo diverso e ci si vergogna di come erano scritti la sera prima.
Vedo solo ora cosa è successo nel blog durante il weekend. Sono rimasto ovviamente colpito, come penso altri frequentatori. Però non è la prima volta. Ho riflettutto sul fatto che in questi circa due anni che lo frequento questo genere di esplosioni sono state più rilevanti proprio su alcuni temi sensibili: le disgrazie, i pericoli, la malattia, la guerra… temi accomunati da un fattore comune, il pensiero della morte e della perdita. La morte degli altri è sempre un po’ anche la nostra morte. Soprattutto se chi perdiamo è vicino o affine a noi. Per farsene una ragione, la nostra mente usa ciò che trova disponibile nel magazzino culturale della specie, più o meno da sempre: la fatalità, il destino, la responsabilità individuale, il caso, il segno divino, la colpa di qualcuno….Ma poi emergono dal profondo,chiamate o non chiamate, forti emozioni, a volte aggressive e rancorose. La potenza di queste emozioni può far saltare pudore e educazione. Il cuore fa molta più fatica a gestire cio’ che la ragione crede di impacchettare con le sue ideazioni più o meno sofisticate. È tutto umano dunque, ma possiamo farci qualcosa? Io penso di si, le regole anche formali che governano le relazioni interpersonali e che ci vengono insegnate da piccoli servono proprio a questo. E non sono necessariamente ipocrisia e falsità. Ci difendono dal pericolo di tirarci il collo a vicenda quando siamo arrabbiati con qualcuno o per qualcosa. A prescindere. Non sarebbe male se ci impegnassimo a ricordarlo anche quando interveniamo nel mondo virtuale.
Annotazione di cronaca. Mia moglie (siamo sposati ininterrottamente da 30 anni) è infinitamente più “dura e spietata” di me. In scala uno a un milione. Non solo con me (ma io ho la pellaccia da rinoceronte per cui non patisco), proprio con tutti. La donne sabaude sono davvero toste.
Evidentemente non avete un quoziente intellettivo che meriti l’interazione. Ho preteso troppo da voi. Mangiate pane e volpe a colazione, magari vi svegliate dall’illusione fanciullesca in cui vivete. Che si incentra in due punti chiave. 1) che la vita sia un luogo magico dove gli individui si vogliono bene: la vita è una battaglia dove si…guerreggia. Molti di voi sono invece dei gran fanciulloni e vivono nelle favole, anche all’età dei nonni. 2) che sbandierare a gran voce l’idea di montagna=libertà convinca le autorità a lasciare libero l’accesso ai monti: è vero il contrario, più ci si scalmana in tal senso e più le autorità se la fanno sotto (che ricapiti una nuova Marmolada ecc) e prima arriveranno a chiudere/contingentare gli accessi. Io ho mille interessi, posso stare senza montagna, la mia vita non sarebbe vuota. Potete dire lo stesso di voi?
PS: in genere il mio istinto ci azzecca : la pronta risposta dimostra che si bazzica costantemente… Per quanto riguarda amicizie/famiglia/colleghi e clienti, rassicuro tutti: non solo non ho “vuoti” di compagnia, ma addirittura la gente mi cerca. Spesso proprio per le mie caratteristiche. Evidentemente apparteniamo a mondi diversi. Vedremo chi sapre gestire meglio questa fase in cui le montagne sono strutturalmente diverse per il cambiamento climatico. Ognuno tirerà le sue somme. Basterà fare il confronto.
L’argomento è più che serio poi c’è stato il degenero del randellatore, meglio di una telenovela brasiliana, spero solo che le sue donne e i suoi conoscenti (amici??) abbiano una compagnia migliore della sua anche solo per passare qualche ora con un po’ di serenità. Consiglio vivamente al sabaudo una visita a Chianciano terme (Chianciano fegato sano)
Frequento il forum da almeno sei anni. Mai, in tutto questo tempo, si era caduti a livelli cosí spregevoli come ieri e oggi. Mi dispiace, soprattutto per chi, sorretto soltanto dalla sua passione, ogni giorno si impegna per informarci in modo disinteressato e dando spazio a tutte le campane.
Ognuno può leggere i commenti e capire immediatamente a che cosa io mi stia riferendo. Già tanti hanno protestato; io mi unisco a loro.
… … …
Ribadisco che è stato meglio evitare censure. Abbiamo cosí imparato che si può arrivare addirittura a minacce di aggressione fisica: “Ti fracasso a randellate in mezzo agli occhi”.
Sono le parole piú vergognose mai lette in sei anni.
Ma quale fuoco? Ma facci il piacere…torna a fare i tuoi giro al mercatino di Torino. Vai li a incantare qualche fruttivendolo…e poi torna al tuo vecchio barrettino a scrivere due righe.
Ma chi credi di impensierire piccola Cassandra mancata?
un unico, ovviamente
Non ho scritto su questo blog per mesi, nelle ultime settimane ho ripostato qualche commento, sempre come Massimo Ginesi o max.
Non scrivo con pseudonimi, come la mail allegata al messaggio e l’ip, che certamente il gestore dei commenti forum vede, possono confermare.
evidentemente a Torino fa molto caldo ed è evidente che qualcuno ha sbroccato parecchio.
a margine di un tema così significativo non sarebbe male che si dicesse a questo monumento all’imbecillità umana di piantarla.
Poi contento Gogna, contenti tutti. credo di non aver mai visto così tanta pochezza concentrata in un’unico contesto.
Oggi è una bellissima giornata. Resto a casa, guardo il ghiacciaio della Marmolada dalla finestra.
Qui stamattina ho visto l’inciviltà di un VERO cannibale. Da bandire.
Con il riscaldamento globale i cosiddetti verdi scoprono che il clima si trasforma e i ghiacciai si muovono. Ma non si rassegnano al caldo né alle stagioni: nell’estate vogliono vivere al freddo e viceversa vogliono stare al caldo durante l’inverno. Ovviamente non c’è nulla di naturale nei pregiudizi dei verdi, ma un ulteriore conferma che il mito del progresso e della tecnica prevale del rispetto della natura.
@43 balengo, vale anche per te, non scherzare col fuoco
Idem per 41.
Non parliamo poi del leguleio del levante ligure che tenta di camuffarsi con una miriade di nick uno più strampalato dell’altro, ma inevitabilmente utilizza uno stile di espressione che è troppo uguale perché appartenga a così tanti individui diversi…
Badate ai temi concreti, invece di continuare a rompere le palle a me, che magari vi si sviluppano un po’ le sinapsi…
Attenti tutti!!! Il gianduiotto ha rispolverato il manganello e sta anche cercando la boccettina di olio di ricino
Brrrr che paura!!
29)c’è da prevedere un calo della frequentazione della montagna., a parte i curiosi dello” spettacolo”del ghiacciaio spaccato. ..o degli “ultimi residui “prima che i ghiacciai scompaiano. Chi potra’applicherà le attrezzature su ghiacciai lontani, raggiunti in aereo”con mezzi brucia kerosene, e quindi il cambiamento climatico continua e spariscono pure i nuovi ghiacciai.Davvero serve il monitoraggio estesissimo scientifico del territorio montano? dove ci sono frane sotto osservazione,( varie località si trovano sul web) il turismo se ne avvantaggia o gli alpinisti”della domenica, in divisa consona “si tengono lontani?
Alla faccia che eravamo noi del forum di planetmountain i cazzari. Tempo fa avete pure avuto il coraggio di scrivere un articolo per prenderci in giro. Se non fosse che state commentando una notizia tragica sarebbe da ridere. Siete patetici
@32 Cominetti, se il parametri di intelligente sei tu, sono ven felice di essere il tuo opposto. Sei così strampalato che non verrei in montagna neppure se tu mi pagassi, figurati se devo pagarti io come guida. Per cui (come ti ho gia’ detto diverse volte) anche tu fai la tua strada e non rompere le palle
Blog gogna ..ma la proprietà del blog si rende conto di essersi messa da sola alla gogna leggersi i plurideliri in pura classificazione dsm del suo collaboratore Pautasso..poi c’è il volatile dal becco giallo che strazio..poi l Albert australiano che invoca Franco Prodi e la fisica ahi ahi povero sito..sito sito.
Sei proprio stupido nel cranio. Io non sto perdendo i nervi. Sono così sempre. Dalla seconda elementare scrivo do con apostrofo/accento perché mi piace cosi. scerca di capite una buona volta, balengo: stammi alla larga per sempre sennò ti fracasso a randellate in mezzo agli occhi. Faccio così con tutti, se mi rompono le palle, da sempre. In genere al secondo giro. Quindi non solo non ho perso il controllo con te, ma anzi sono stato molto paziente, dieci volte oltre i miei standard soliti. Ti ho dato dieci avvertimenti di starmi fuori dalle palle. Per cui, stattene fuori dai miei coglioni, per sempre, sennò ti ricevi le randellate che normalmente do’ (con l’apostrofo) alla seconda rottura di palle, non alla undicesima. Sparisci
Carlo, hai notato che quando perdi il controllo dei nervi anche il tuo italiano, già precario, parte per la tangente? Ti conviene calmarti e dopo ‒ solo dopo ‒ metterti alla tastiera.
N.B. Si scrive do (voce del verbo dare) senza accento, e non dò (con l’accento) e neppure do’ (con l’apostrofo!). È roba da seconda elementare, non da strategist. Ricordatene in occasione dei prossimi insulti.
Stasera consiglio una camomilla: ti farà bene. Sogni d’oro, inarrestabile! 😂😂😂
@33 Caspita, certo che uno che non capisce proprio niente come te non è davvero facile da incontrare. Statisticamente parlando. Non sono assolutamente accecato dall’ego né dalla boria. Questo è il mio modo standard di essere, non solo in montagna o con riferimento a temi di montagna. Sono cosi da sempre e mi piace esser così, per cui non ho nessuna intenzione di cambiare neppure di un millimetro. Sono così nel lavoro, in famiglia, in politica, nei mille altri interessi e nelle relazioni sociali di ogni natura. È la mia forza, perché sono inarrestabile. Io sono un “piemontardio”, crasi fra piemontese e bastardo. Sono molto bastardo, di natira. Non sono simpatico né risultare simpatico è un mio obiettivo. Non mi interessa suscitare consenso perché tanto so che quello che sostengo è corretto e fondato e prima o poi la realtà lo dimostrerà. Per cui degli eventuali applausi alla sia “simpatia” me ne faccio un baffo. Nei tuoi confronti, poi, devi ritenerti addirittura fortunato. Mediamente, quando uno mi rompe le palle, gli do’ un vviso. Un solo avviso, intendo. Al secondo, non lo avviso più, ma gli do’ direttamente una randellara in mezzo agli occhi. A te ho dato almeno una decina di avvisi diluiti nel tempo, alcuni addirittura in via riservata, perché comprendo che sei anziano, in piu’ evidentementesei un ingenuone rincoglionito e probabilmente nonmemorizza più tanto. insomma ho avuto compassione di te d per questo ti ho dato più avvisi. Non li hai capiti, prenditela con te. Ma ora mi sono rotto. Se non la smetti e continui a ficcarti di mezzo (almeno verso di me) con ‘ste lagne da vecchio brodoso, d’ora in avanti ti prenderò direttamente a legnate in mezzo agli occhi. Hai avuto dieci avvertimenti anziché uno, mi pare che hai dimostrato di non meritarli.
Per la sostanza, poi, non ho certo bisogno che un nonno rimbambito mi venga a suggerire di cosa devo occuparmi…Ti rasdicuro: limitandoci ai soli progetti di montagna (che sono una componente collaterale del mio agire complessivo), la mia agenda prevede già delle consegne addirittura per il 2024-2025… quindi sta pure tranquillo che fra idee mie (che devo proporre a vari editori) e idee che i vari editori propongono a me, bandierine progettuali ne ho a dismisura. Rasserenati e stammi alla larga. Cerca d imdmorizzate.
Good mooooorning Vietnammm
Domenica scorsa 3 luglio ;
Lacrime per Sunday Bloody Sunday per questa domenica invece The Sohw Must Go Home temo sia più appropriata…
qualcuno propone una rete di sorveglianza sui ghiacciaii, sulle pareti con fessurazioni, ma poi? se qualche allarme risulta prematuro? se l’evento non si verifica ma le attivita’ si fermano?https://www.laleggepertutti.it/184672_meteo-per-le-previsioni-sbagliate-spetta-il-risarcimento
gia sorsero problemi per il terremoto dell’Aquila…per via delle scosse premonitrici…https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/3672-la-sentenza-d-appello-sul-caso-del-terremoto-dell-aquila
Figuriamoci se un singolo escursionista che si accorge di qualche inconveniente , corre il rischio di grane giudiziarie…(come minimo, se assolto , verrà spolpato.) oppure si precipita a dare allarmi.
Invito Alessandro a non eliminare il commento 30, nonostante gli insulti da bettola e la boria che tracima nel ridicolo.
Che rimanga a esempio di come si riduce una persona se viene accecata dall’ego ed è incapace di controllare i propri nervi.
Visione del mondo particolare, si. Strampalata ma con la convinzione dell’equilibrio.
Gli stupidi volonterosi sono i più pericolosi.
@27. Da decenni (e non da domenica scorsa) io ho elaborato una visione del mondo particolare e non sto a ripeterla una volta di più. Tale visione generale comprende anche la tematica della “libertà” o meno relativa all’andar in montagna: è un tassellino che si inserisce nella visione generale dell’esistenza. Ci ho scritto sopra quattro libri e una quantità sconsiderata di articoli. Ovviamente è la mia personale visione del mondo.
Ciò che rileva, qui, non è se essa piaccia o non piaccia al lettore Tizio e neppure se sia adeguata o meno alla realtà. Oggi se vogliamo che le autorità non chiudano la montagna (totalmente o parzialmente) dobbiamo sbandierare chiaramente che la scelta iniziale di ogni gita è una scelta di libertà individuale, ma che le conseguenze ce le carichiamo consapevolmente sulle nostre spalle.
Se tutti insieme diciamo pubblicamente: “cara opinione pubblica, care autorità ecc, non preoccupatevi degli incidenti e dei morti in montagna. Noi siamo responsabili e sappiamo a cosa andiamo incontro”. Bene se la posizione pubblica degli alpinisti fosse chiaramente e indiscutibilmente questa, le autorità si sentirebbero psicologicamente sollevate e non si vedrebbero costretta a chiudere.
Invece salta sempre fuori qualche furbone che vagheggia responsabilità giuridiche di questo o quel soggetto. Nei giorni scorsi alcuni parenti delle vittime di domenica hanno detto cose del tipo: “dovevano bloccarli, andremo fino in fondo, vogliamo giustizia”…
Bene finché il campo non sarà sgomberato da affermazioni e pressioni del genere, state certi che le autorità, impaurite, chiuderanno prospetticamente tutto il chiudibile. Se non è per i ghiacciai che esplodono, sarà per l’acqua che manca, per i danni a questo o quell’animale, ecc ecc ecc
Io sono arci convinto che della posizione intransigente (perché impaurita) delle autorità siete (indirettamente e forse inconsapevolmente) responsabili voi alpinisti che continuate a blaterale indistintamente che la montagna è il luogo della libertà sconsiderata. Possibile che non capiate che questa affermazione incute un terrore folle nelle autorità? Al contrario bisogna dire: “la montagna è un posto pericoloso, potenzialmente si può morire, ma noi alpinisti ne siamo consapevoli e facciamo le cose per benino. Se poi, per fatalità (cioè attenuazione del culo) o per scasa intelligenza (momentanea o strutturale), capita un incidente, care autorità non preoccupatevi, noi alpinisti l’abbiamo messo in conto e NON pretenderemo di andare alla ricerca di presunte responsabilità di chi ci doveva fermare ecc ecc ecc”
Ebbene se fosse detto da tutti gli alpinisiti una cosa del genere, state tranquilli che i rischi di chiusura della montagna sarebbero molto ridotti, forse nulli
@28 non e ho bisogno di imbeccate per i i miei progetti (di qualsiasi natura: professionali, politici, editoriali ecc ecc ecc). So inquadrali da solo, stai pur certo. tra l’altro di professione sono uno strategist in direzione aziendale per imprese industriali, figurati se non ho una visione di medio-lungo termine. Non potrei fornire soluzioni strategiche ai mie clienti se non riuscissi a “vedere” del loro business le cose che non arrivano a vedere neppure loro, magari dopo decenni di loro attività nello stesso business. Ho una particolare dote, non è un mio merito specifico 8nelsenso che me l’ha data il buon Dio, il mio merito è alimentarla), ma se non arrivi a capirlo da solo te lo devo dire chiaramente. Se ho una lucidità tale e una intelligenza tale per fare lo strategist per aziende industriali (dove i proprietari sono altri rispetto a me), figurati se non so vedere le cose “miei”.
Piuttosto, come ho avuto moltissime occasioni di dirti (anche in via riservata, per evitare di umiliarti pubblicamente, che la cosa in sé mi spiaceva e mio spiace tuttora, ma vedo che non meriti proprio tale rispetto) sei tu che non ti rendi minimamente conto che sei solo un povero vecchio completamente privo di lucidità analitica. Non ti critico per questo, perché ognuno ha l’intelligenza che il caso (o il buon Dio) gli ha dato: a me ne ha data tanta ma non è merito mio, a te ne ha data pochissima (o te la sta bruciando), ma non è demerito tuo.
Però, ti critico aspramente perché, dal basso della sua scarsissima intelligenza e lucidità attuale, vieni a rompermi i coglioni. Te l’ho fatto sapere in mille modi (Gogna è testimone) di lasciami perdere, che non ho tempo per essere infastidito da te. Te l’ho scritto migliaia di volte anche pubblicamente in vari interventi. Ho pazientato negli ultimi mesi, perché ho capito che sei proprio limitato di cognizioni mentali. Ora però, mi vieni ancora a fare ‘ste patetiche prediche da vecchio nonno rimbambito. La smetti sì o no? Non ti senti umiliato da te stesso a dimostrami sistematicamente che sei un vecchio rimbambito? Te l’ho già detto mille volte, anche per vie traverse, ora mollala lì. non ci vuole molto a capirlo, dai!
che poi il problema degli incidenti in attività pericolose non si risolva con i divieti siamo, credo, tutti d’accordo.
ma senza quelle filippiche.
Carlo, tu sei da lodare per i tuoi scritti su Gervasutti. Mi complimento pure per gli articoli su escursionismo, alpinismo, scialpinismo: sono davvero interessanti.
Ma quando ti cimenti in altri temi a volte è come se ti avventurassi su un campo minato, sul quale fatichi a individuare i pericoli. Di piú, quando affronti i commenti spesso perdi la trebisonda.
… … …
Accetta il mio consiglio (e stavolta sono sincero):
1) Scrivi piú articoli sull’alpinismo a quota quattromila e sullo scialpinismo.
2) Svolgi ricerche storiche anche su Gabriele Boccalatte e sugli altri alpinisti dell’ambiente torinese negli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta (Paolo Bollini della Predosa, Guido De Rege di Donato, Massimo Mila, Alberto Poma, Andrea Filippi e tantissimi altri).
Faresti opera meritoria per il GognaBlog e io ti darei un dieci e lode a scatola chiusa.
Crovella di quello che scrivi da decenni ne siamo più o meno tutti consapevoli e, nel merito, ce ne frega il giusto, libero di avere le tue idee (io le trovo strampalate, e son gentile, qualcun altro le troverà geniali, e va bene così).
Spiego, non a te, che tanto non ci arrivi neanche se te lo sparano da una baleniera, ma chi legge il perché della mia censura (altrimenti sembra un flame).
Talune tue riflessioni possono anche avere un fondo di verità (ma proprio un fondo, eh, il delirio successivo è roba da palati fini).
E il fondo è che dietro ad una morte in montagna c’è quasi sempre un errore, di condotta o di valutazione. Bravo, hai scoperto l’acqua calda.
ma non è un problema di intelligenza. rimane un problema, parecchio, di culo.
Shit happens, ha scritto qualcuno, e ha ragione. Tutti abbiamo sbagliato, infinite volte, nella vita, in montagna, alla guida, in moto, sottacqua… ma non siamo morti (fatti un esame di coscienza e vedrai quante cappelle hai fatto pure tu e ti è semplicemente andata bene).
resta il fatto che sono morte 9 persone (plausibilmente di più) in un modo anomalo in un evento anomalo in cui la loro sottovalutazione è probabilmente il fattore minore. Si rompe il belino con l’ora… sono passato di lì diverse volte una ventina di anni fa, partendo prestissimo ma se partivano prestissimo a quell’ora magari stavano scendendo su una normale dove non è mai accaduto nulla. cambiava qualcosa prendere mezza punta rocca addosso in discesa piuttosto che in salita? certo se a luglio a mezzogiorno sei a metà canalone gervasutti al tacul o sotto la brenna sei un coglione. ma è un’altra faccenda, no?
Soprattutto, spessissimo, chi ha perso cari in disgrazie così legge compulsivamente tutto il leggibile, specie se non è del settore. ha un senso dirgli apertamente (e a mio avviso del tutto infondatamente) nel muso che suo padre, figlio, marito era un coglione e che se lo stambecco stata male son cazzi suoi?
é un problema di decenza, e in questo sei indecente. il senso del mio commento era questo.
mio padre è morto 42 anni fa in montagna e so esattamente dove ha sbagliato (c’ero). ma ti assicuro che nei trentanni successivi se avessi trovato un Crovella a spiegarmi che è morto perché era poco intelligente e la legge della montagna e del camoscio, non sarebbe arrivato intero all’angolo della strada.
C’è modo e modo di riflettere e di scrivere. soprattutto pubblicamente.
Per quasi trent’anni ho fatto il soccorritore alpino e per venti il tecnico di elisoccorso, portandomi dietro un bagaglio di complicazioni dolorose proprio per quella morte. ho visto infiniti errori (un acro amico guida dicherebbe spesso che per quel che si vede in montagna e in falsa muore fin troppo poca gente, è un iperbole, ma una un fondo di verità anche quello), pensi mi sia mai venuto in mente di andare a dire a chi aspettava un sacco in fondo che quello che c’era dentro era poco intelligente e aveva saltato, come il camoscio, nel momento sbagliato?
La vicenda della Marmolada mi pare la meno indicata per riflessioni del genere. specie con quel linguaggio e in quei termini, perché nonostante si sia in un momento di grandi cambiamenti era davvero impassibile pensare ad un evento del genere.
Alcuni anni fa ho seguito professionalmente la vicenda di un ragazzo morto trafitto dall’asta di un guardrail perché la macchina su cui viaggiava è uscita di strada prendendo una curva un po veloce sul bagnato. Gli operai che tre giorni prima avevano cambiato l”unghia finale (quella tonda che impedisce questo) avevano finito i bulloni e ne avevano messi di molto più piccoli, che non hanno retto l’urto. Certo sono usciti di strada perché hanno sbagliato, andavano troppo forte per quella curva bagnata ma se ci fosse stata l’unghia in testa al guardrail l’asta non si sarebbe infilata nell’abitacolo. saresti andato a dire a suo padre che suo figlio era uno poco intelligente?
Quasi sempre c’entra la sfiga o il culo, nonostante l’intelligenza e la ponderazione che possono esserci a monte. quindi le tue invettive, almeno inquietante uesta vicenda potresti evitarle.
per decenza
Sto chiudendo importanti articoli (su tutt’altro argomento) e quindi mi è capitato nei commenti precedenti di lasciare diversi refusi, dovuti alla fretta. In particolare nel commento 23 il @21 va letto @20.
In ogni caso, a voi piace che la variabile chiave dell’andar in montagna sia il “culo” o quanto meno la casualità? Non cambia nulla nelle conclusioni. Una volta che il singolo sceglie liberamente di entrare nel modello dove c’è una variabile chiave (a me piace considerare che sia l’intelligenza – per cui gli errori derivano da appannamenti, più o meno momentanei di intelligenza – a voi piace considerare che sia il “culo” per cui gli incidenti capitano quando si appanna il “culo”, ovvero subentra la fatalità), il singolo è in balia di tale variabile chiave (nell’una o nell’altra interpretazione).
Il punto è far capire questo concetto all’opinione pubblica e alle autorità istituzionali. Ne momento in cui la pressione dell’opinione pubblica (che in maggioranza è composta da “non alpinisti”) esige la responsabilità delle autorità, queste ultime agiranno chiudendo la montagna. A sprazzo totalmente vedremo. Il sindaco di Macugnaga ha chiuso certi percorsi “per la sicurezza dei turisti”… Anche se non condivido il modo di pensare, io comprendo le autorità. Senza saper né leggere né scrivere, chiudono e si tolgono il pensiero. Ma è la conseguenza di una società che cerca sempre il respoin bsabile per sbatrerlo in galera e per chiedergli i risarcimenti. Chi glielo fda fare, alle varie autorità, di tener aperta la montagna se, in funzione di ciò, risciano di finbire in galera e di sborsare milioni di euro?
Per evitare questa situazione (che io ho già paventato da settimane) l’unica cosa è che la comunità degli alpinisti prenda posizione chiara sul concetto che chi si accinge a fare una gita (di qualsiasi tipo) si assume la responsabilità della sua scelta. E’ libero di scegliere se andare o non andare in montagna, ma tutto quello che accade da lì in poi (che si tratti di attenuazione di intelligenza o di attenuazione di “culo”) non è responsabilità di altri che dovevano “fermarlo”.
Se non sono “altri” che hanno la responsabilità, significa che ha la responsabilità chi sbaglia, anche senza rendersene conto. Cioè “in montagna chi muore ha sempre torto”. Basta dire questo e accettarlo tutti e nessun sindaco emetterà più un’ordinanza di divieto. Il fatto è che, come dimostra questo dibattito, non si vuole dire pubblicamente la frase citata (“in montagna chi muore ha sempre torto”) e allora non lamentatevi se le autorità chiuderanno la montagna, totalmente o parzialmente. Per cui siete paradossalmente di autori di un effetto boomerang che va a scapito di tutti gli alpinisti.
Quando affermo che “in montagna chi muore ha sempre torto” intendo dire che, almeno in quello specifico frangente, chi ha commesso l’errore fatale non ha avuto, anche solo per una frazione di secondo, l’intelligenza necessaria per sopravvivere in un contesto spietato come è quello dell’0ambiente non antropizzato.
L’errore può essere eclatante oppure minimo, ma sufficiente per farti passare dalla parte del torto ai sensi delle leggi della Natura. e gli errori, grandi o miserrimi che siano, sono sempre conseguenza di scarsa intelligenza, magari momentanea, magari casuale, magari per una frazioine infinitesimale di tempo, ma quello è.
Quando affermo che in montagna si ha “solo” la libertà di scegliere se salire o meno sul bastimento, ma una volta sul bastimento comanda dittatorialmente il Capitano del bastimento ()che è la montagna con le sue lkeggi di Natura), intendo dire che la libertà iniziale del singolo è scegliere se aderire o meno ad un modello dove il minimo errore (ergo la minima attenuazione dell’intelligenza) piò essere fatale. qualcuno ama chiamarlo “culo”, io preferisco vederne il lato intellettuale. Alla fin fine il risultato non cambia. Anche chi crede che la variabile chiave della montagna sia il culo, la legge di fondo è: ti va di praticare un’attività dove la variabile dominante è il culo? Se sì, falla pure, ma poi non puoi protestare perché qualcun altro non ti ha garantito il “culo”. Se non ti va di sottoscrivere implicitamente questa regola, la montagna non fa per te. Nel tuo interesse, dedicati ad altro. Sono decenni e decenni che ho questa posizione, mi pare addirittura strano doverla spiegare ogni volta.
@22 non c’è nessun buso né tanto meno un tacun. Sono decenni che scrivo queste cose. Informatevi prima di aprir bocca.
@20 sono già nella struttura politica di un partito nazionale, anche se io appartengo alla sezione locale (per scelta io, ho troppi interessi da coltivare, non mi interessa andare a Roma). so tratta di un partico tutt’altro che ondivago e voltagabbana, ma ben codificato e lineare giorno dopo giorno. quindi nessuna salto mortale da parte mia, né in politica, né in montagna, né su questo né siu quello.
Per quanto riguarda le mie descrizioni odierne, non è che mi arrampico sugli specchi, affatto (tra l’altro sono decenni che scrivo queste cose). E’ che tu non hai la lucidità mentale per saper leggere un modello così complesso. Te l’ho già detto più volte. Se tu avessi letto i miei libri di montagna, avresti maggiori informazioni per decodificare il disegno nel suo insieme.
xe peso el tacon del buso (detto veneto)
Pensala come vuoi, ma alla fine fine vedi ben che entrambi noi abbiam preso la stessa scelta (non andar più in certi posti di montagna…). A me piace pensare che si tratti della conseguenza dell’applicazione dell’intelligenza, a te piace pensare che si tratti di “culo”, ma se non è zuppa è pan bagnato, il risultato è lo stesso.
Non si capisce invece perché deve per forza esser più nobile il tuo pensiero rispetto al mio. Tu hai il tuo pensiero (e io lo considero sbagliato) e io ho il mio (e tu lo consideri sbagliato). teniamoci ognuno le rispettive posizioni ideologiche. Ma la differenza è che, come tutti i fautori della “libertà incondizionata”, alla fine fine neppure tu accetti la libertà altrui di avere una visione diversa dalla tua. Se costui (il sottoscritto) la esprime, per forza deve essere deplorevole e disgustosa.
Per quanto riguarda le vittime, di questo come di tutti gli altri incidenti in montagna (anche del lontanissimo passato), io ho sempre detto e scritto esplicitamente che “chi muore in montagna ha sempre torto”. Uso proprio questa specifica frase. La scrivo da decenni, l’ho scritta qui in altre contesti e l’ho scritta in altri spazi, cartacei, conferenzieri e informatici. L’ho detto che per i “bravissimi” e anche per persone che conoscevo da anni. Quindi sono sempre lineare e coerente con le mie posizioni ideologiche. Tra l’altro io sono arciconvinto che se tale concetto (in montagna chi muore ha sempre torto) fosse diffuso e condiviso, paradossalmente avremmo molti meno incidenti e presumibilmente molti meno morti. In primis perché molte attuali frequentatori della montagna, di fronte alla presa di coscienza che la montagna è “dura” e non empatica, si dedicherebbero ad altre attività. Si ridurrebbe quindi il bacino statistico entro il quale registrare gli incidenti. E in seconda battuta perché i perduranti frequentatori presumibilmente sarebbero molto più maturi, precisi e avveduti. Fermo restando che una percentuale di fatalità esiste anche per i bravissimi: quando scatta, non dobbiamo piangere, è legge di Natura, come è legge di Natura che iul camoscio, se sbaglia il salto, si sfracella.
Quando nei commenti precedenti ho affermato che dobbiamo esser tetragoni verso i parenti/amici delle vittime, proprio questo intendevo. Occorre esser duri e dire loro (come a tutti) che “in montagna chi muore ha sempre torto”. Non è possibile pretendere di risalire a responsabilità giuridiche di questa o quella autorità, come auspicato nei giorni scorsi da qualche parente.
Ciò non esclude il cordoglio verso le vittime e i loro parenti, ma non possiamo farci prendere dall’empatia, altrimenti ci sfugge il concetto di fondo, ovvero che se il camoscio sbaglia il salto si sfracella e, altrettanto, se l’essere umano sbaglia i conti (anche solo in termini di trovarsi inconsapevolmente nel posto sbagliato al momento sbagliato) ha torto l’essere umano e non la Natura. Se l’essere umano sceglie “liberamente” di andare in montagna, accetta le regole della Natura: “dopo” non può protestare. Se non gli piacciono le regole della Natura, scelga altro.
La montagna non è un parco cittadino dove fare una corsetta: se non piace questo concetto, meglio non andarci per nulla, in montagna. Esistono milioni di parchi cittadini nel mondo, c’è di che togliersi la voglia di fare sport… Lasciate la montagna a chi sa interpretare le regole della Natura, cioè delkla montragna stessa.
Carlo, io sinceramente mi inchino stupefatto di fronte alle tue eccezionali capacità di arrampicata sugli specchi. A te Alain Robert fa un baffo.
Tu scrivi una cosa e poco dopo il suo contrario: anche Giano bifronte ti fa un baffo.
… … …
Orsú, segui il consiglio spassionato che ora mi permetto di darti: lanciati in politica. Considerato l’andazzo del nostro disgraziato Paese, ti pronostico una brillante carriera. Magari al fianco di “Giggino” Saltafossi.
Oppure potresti rifondare i morotei, quelli delle convergenze parallele. Olé.
Lo scriveo justo stanote …
De nascosto co lo spray
Miga in pizol ma a carateri cubitaj
Basta inquinamento!W l ozono!
Che poi crollano.i ghiacciai….
poi possiamo pensare quanta tara fare a quel principio alla luce di cambiamenti epocali, ma scrivere che chi muore in montagna è uno poco intelligente è un’affermazione che si commenta, come quasi tutte le tue, da sè, specie di fronte ad una vicenda così dolorosa, dove la pietas – che non esime da analisi – è comunque dovuta a chi se ne è andato. .
Crovella, dubito tu te ne sia accorto, ma hai scritto che coloro che son morti sulla Marmolada son dei poveri stupidi (la discriminante è l’intelligenza).
io credo, invece, che la discriminante principale – nella vita come in montagna – sia il culo, la seconda l’esperienza. Stai sicuro che sopravvive più il pastore poco acuto ma che conosce bene i luoghi del fisico del cern che non li ha mai visti (estremizzo, ovviamente…).
Per scelta io non vado più in certi luoghi in piena estate, ma sono io che – per ragioni mie – ho voluto drasticamente abbassare la soglia di rischio.
L’essere umano, tuttavia, agisce di solito in base all’id quod plerumque accidit, principio tesi che ha una sua collocazione anche in diritto e in base a ciò che accade usualmente era abbastanza improbabile pensare che ti cadesse in testa mezza punta rocca.
sul resto della fuffa, ovviamente, sorvolo.
Cmq, prendete sempre Roma per Toma a mescolare le mie considerazioni su argomenti molto diversi fra loro e che si situano su piani di ragionamento molto e non mescolabili. Le mie considerazioni (in altri post) sull’eventualità di riforme di regole giuridico-costituzionalì fra esseri umani (in contesti “umani” di relazioni fra umani) non hanno nulla a che fare con la mia concezione della spietatezza delle regole della Natura. Sono due cointesti completamente diversi, mescolarli è come mescolare il football con il basket: entrambi sono sport che si giocano con la palla, ma nel primo è fallo se tocchi la palla con la mano, nel secondo è fallo se la tocchi con i piedi. Quindi regolamenti addirittura antitetici. L’intelligenza di ciascun individuo è ciò che gli permette di “capire” in qualsiasi momento se si trova in un contesto in cui si sta giocando a football (applicando quindi il relativo regolamento) o in un contesto di basket (con relativo regolamento).
Nello specifico la “sicurezza” a cui io mi son o riferito in tempi recenti (e in altri post) è quella che cittadinanza chiede in contesti umani: si tratta di elementi come la sicurezza di ordine pubblico (implicito è il problema dell’immigrazione), la sicurezza del lavoro, della casa, di un futuro sereno per sé e per i propri figli e nipoti, meno tasse e servizi pubblici più efficienti e di alta qualità. Tutti questi erlementi sono ottenibili da un governo (e, di conseguenza, possono far parte di un programma elettorale di chi si presenta agli elettori). Al contrario la sicurezza in Natura non c’entra nulla né con l’attività di Governo né con un programma elettorale e meno che mai con un’eventuale riforma costituzionale. Non ci vuole, però, molto acume (nei lettori) a focalizzare questi diversi piani di ragionamento… a mescolarli si fa solo minestrone. io tengo pentoloni diversi per le diverse riflessioni, se le mescolate, il minestrone lo fate voi.
In tutte le cose della vita, quindi anche per l’andar in montagna, la vera discriminante chiave è l’intelligenza. Difatti, come corollario di quanto da me espresso da tempo e anche al commento precedente, per l’accesso alle montagne io auspico una selezione naturale che, di fatto, si articoli su automatismi “naturali” che regolano l’accesso (alle montagne) in base all’intelligenza degli individui. Infatti se la montagna diventa più scomoda e quindi più pericolosa, è l’intelligenza che ti fa aumentare le probabilità di fare la scelta adeguata, che può andare dall’identificare a tavolino l’itinerario azzeccato per quella giornata fino alla scelta di rinunciare, per quella volta, alla gita in attesa di condizioni migliori. Quanti travolti da valanga abbiamo registrato con rischio 4 o 5 nel bollettino: l’intelligenza diceva di starsene a casa. Nelle scorse settimane la persistenza di alte temperature da parecchio tempo era un elemento che andava “analizzato” dai singoli e utilizzato per fare le proprie (“libere”) scelte. Vuoi andare lo stesso su ghiacciaio, nonostante le elevatissime temperature da settimane in qua? Per carità, liberissimo di farlo, ma ti assumi la relativa responsabilità. Non è colpa né della Natura né di altri esseri umani.
Se la montagna diventerà sempre più esplicitamente scomoda e, quindi, pericolosa, emergerà progressivamente il valore dell’intelligenza come variabile chiave per prendere la scelta migliore (o “meno peggio”). Questo meccanismo farà allontanare chi non ha voglia di applicarsi, di accogliere informazioni, di leggere bollettini meteo, di essersi costruita una banca dati mentale di itinerari in modo da scegliere al volo – dentro la sua testa – quello adeguato alle condizioni del momento ecc ecc ecc… e quindi si spera che si scremerà la folla che assalta le montagne.
In genere si fanno troppe chiacchiere e si condonde il rischio col pericolo che sono due cose differenti.
Ma la cosa importante è che sostanzialmente “shit happens” e che non ci sono precauzioni totali che tengano.
Ovvio che le mutate condizioni del clima e dei ghiacciai cambiano il pericolo, ma è anche ovvio che scalmanarsi solo quando avviene un evento spettacolare è un atteggiamento per gli abitanti dei pollai.
Se l’evento fosse successo un giorno dopo e sul Piz Stracazzi non avrebbe forse coinvolto nessuno e se ne sarebbe a stento parlato. Ma dal punto di vista della fase critica dei ghiacciai non sarebbe cambiato nulla. L’instabilità è una conseguenza della deglacializzazione in corso, i luoghi già deglacializzati hanno ritrovato, dopo un po’ una nuova stabilità. In Masino Bregaglia da una parte c’è la Bondasca e gli imponenti crolli del Cengalo, e dall’altra parte gli alti circhi della Val Masino oramai deglacializzati da un secolo e sostanzialmente stabili… anche se qualche migliaio di metri cubi di roccia si staccano anche dal Qualido che non è lambito da ghiaccio almeno da qualche secolo. E anche quelli se ti piovono in testa sono dolori.
Sono addolorato per quanto è accaduto sulla Marmolada.
La morte è uguale per tutti e ogni vita è unica e irripetibile.
Come sempre il Soccorso Alpino sta svolgendo un lavoro prezioso, immane e altamente professionale.
Scrivo alcune considerazioni personali e rispetto chi la pensa diversamente da me.
La libertà di muoversi in montagna comporta una scelta e una responsabilità individuale, sempre, in qualunque situazione e percorso, e che non può essere delegata a nessun’ altro individuo. Siamo mai stati obbligati da qualcuno ad andare in montagna ?
E anche nel caso in cui una persona decida di pagare una guida per farsi accompagnare, la decisione di andare sarà sempre e solo sua.
Il vincolo economico non sostituisce il libero arbitrio e i soldi non comprano ciò che non si può acquistare.
Inoltre, nessuno decide per noi e nessuno può fare le cose al posto nostro.
Non sto parlando di responsabilità legali inerenti allo svolgimento di una professione; sto parlando di implicazioni etiche e morali che riguardano i singoli individui.
Quando accadono tragedie in montagna, molti si interrogano sul perché degli eventi, sulle eventuali responsabilità delle guide che accompagnano i clienti, oppure sulla responsabilità dei singoli che hanno deciso di salire senza guida, o forse su auspicabili divieti che dovrebbero essere posti per impedire l’accesso ad un luogo potenzialmente ‘pericoloso’.
È necessario capire che muoversi in ambiente, comporta da sempre dei probabili rischi, determinati dal fatto che là fuori, nulla è del tutto prevedibile.
È vero, sì possono fare delle valutazioni sulle difficoltà di un percorso, sulla pericolosità oggettiva di un ghiacciaio o di una parete, si possono ipotizzare molte variabili, determinate dalle condizioni atmosferiche e dai cambiamenti climatici.
Ma, ancor prima di tutte queste valutazioni, dovremmo fare delle profonde considerazione su chi siamo, sulle nostre capacità (a prescindere da tragedie come questa) sulle nostre aspettative e sulla reale possibilità che accada anche l’imponderabile.
Accettare l’esposizione in ambiente e il fatto che gli incidenti accadono, significa comprendere che anche noi potremmo non tornare più a casa.
Se non accettiamo questo, allora non dobbiamo più andare in montagna.
Non possiamo passare il tempo cercando i ‘colpevoli’ o tirando fuori ciclicamente lo stereotipo della ‘montagna cattiva’.
Non possiamo comprare la libertà e nemmeno la sicurezza, e nessuno può acquistarle per noi.
Non saranno i cartelli di divieto a farci comprendere se siamo individui responsabili o no, intelligenti o sciocchi, forti e fragili al tempo stesso.
La realtà è che potremmo morire in qualunque momento, ma forse a volte pensiamo che non sia del tutto vero, almeno per noi.
Facciamo delle scelte, ci prendiamo delle responsabilità e ne accettiamo le conseguenze.
Questo significa vivere.
Mi affretto a chiarire l’equivoco. Se però leggete con più attenzione (confrontando i diversi miei interventi nel tempo) avreste capito da soli. Metteteci un po’ di acume.
In montagna NON esiste la libertà incondizionata intesa in senso giuridico (diritto costituzionale garantito di fare quello che voglio). In montagna (come in qualsiasi altro risvolto dell’ambiente: deserti, oceani, artico ecc) esistono solo le leggi della Natura, leggi spietate (“s” privativa di pietas), cioè leggi che non rispondono ai criteri umani di empatia e disponibilità (a chiudere un’occhio di fronte agli errori) come accade fra gli esseri umani. Se, in montagna, un camoscio sbaglia il salto e rotola giù, si sfracella. A nessun essere umano passa per il cervello di “pretendere” che la Natura sia compassionevole verso quel camoscio e dica “povero ca,oscio, ha sbagliato, ma facciamo in modo che si salvi lo stesso.” Uguale è la legge (legge delle Natura) che regole anche gli esseri umani quando si muovono in Natura, ovvero, nel nostro caso, in montagna. Caro amico, hai sbagliato? Non pretendete che ci sia accondiscendenza nei tuoi confronti. La Natura è spietata e così come il camoscio si sfracella (se sbaglia il salto), si sfracella anche l’essere umano se commette un errore (errore che può essere anche solo quello di trovarsi al momento sbagliato nel posto sbagliato).
La libertà umana cui io facevo riferimento nel precedente intervento è un concetto completamente diverso rispetto al capoverso precedente. Cioè si può LIBERAMENTRE scegliere di aderire al modello della Natura, ma una volta che hai aderito, è la Natura che comanda e non l’uomo. Il singolo individuo pensante deve essere maturo e prendere le sue decisioni, assumendosene le responsabilità esclusivamente a titolo personale. Se l’uomo accetta di andare in montagna, è come se aderisse ad un implicito (e silenzioso) contratto con la Natura. In questo “contratto” NON valgono le leggi giuridiche umana, bensì quelle della Natura. In tale modello esiste anche l’ipotesi di morire. Non è escludibile e soprattutto non va scaricata su altri essere umani, quali le autorità che dovrebbero prevedere a priori se un itinerario sia o meno sicuro.
Se tu, essere umano, vuoi andare in montagna, devi esser capace di fare le scelte giuste. Scelte che, in certe condizioni, possono anche esser quelle di NON andarci per nulla, in montagna, oppure di frequentarla in certi modi che limitino il rischio (esempio, in questo frangente io suggerisco di evitare per definizione i ghiaccia, qualsiasi ghiacciaio). Oppure se scegli (liberamente) di andar a cercare grane, perché ti va o perché non te ne rendi minimamente conto (e pensi che fare una gita sia come correre nel parco cittadino), deve essere chiaro che la scelta è tua e non puoi pretendere (tu e i tuoi aventi causa, cioè parenti, amici, consoci ecc) di scaricare la responsabilità su altri, specie sulle autorità e ipotizzare cause giuridiche.
Per andare in modo maturo in montagna occorre essere molto preparati a saper valutare a priori i rischi, per evitarli il più possibile, fermo restando che una percentuale probabilistica di fatalità persiste anche per i più maturi (di testa).
Riassumendo. Chi va in montagna, fa una libera scelte di aderire o meno a un “modello” che è quello della Natura, non quello umano. In tale modello, la regola di fondo (della Natura) è “chi sbaglia, paga.”. Chi accetta tale modello (anche senza rendersene conto), accetta tale regola di base. Per sapersi muovere adeguatamente in ambiente naturale, occorre saper intuire le leggi della Natura e muoversi in quel contesto ideologico, che NON è il contesto giuridico creato dagli uomini. Se uno è intelligente, coglie le regole della Natura e si muove al meglio dentro tale modello, come un giocatore di scacchi che elabora la sua strategia all’interno delle regole del gioco, fermo restando che, se commette un qualsiasi errore, paga in prima persona. Se uno non è molto sveglio, è difficile che colga la complessità delle regole della Natura e per questo motivo è più esposto al rischio (specie fatale) rispetto a chi coglie delle regole della Natura.
Per tutti questi motivi io sostengo che andare in montagna, non è una questione di pancia, ma di testa. L’intelligenza conto molto di più della sensibilità dei piedi sulle placche inclinate (citata come esempio di talento istintivo).
Il succo del precedente intervento, che ribadisco in conclusione, è: c’è la libertà iniziale di scegliere se aderire o meno al modello della Natura. Se uno aderisce, lo fa liberamente, ma una volta che uno ha aderito a tale modello, non può mettersi a discutere le leggi della Natura, le subisce e basta (ecco perchè sostengo che, una volta che sei in ballo in montagna, non c’è più libertà individuale: decide la Natura, non decidi tu).
Ma noi appassionati di montagna dobbiamo fare quadrato ed evitare che prevalga la tendenza di alcuni umani a voler applicare le leggi dell’uomo (cioè le norme giuridiche) anche alle uscite in ambiente, in particolare in montagna. Fare quadrato in tale senso può voler anche dire assumere posizioni difficili e antipatiche, quali quelle di dire esplicitamente ai parenti delle vittime che la Natura è fatta così e che, se i loro cari sono morti, è solo una conseguenza della loro libera scelta di esser lì in quel momento. Non c’è “colpa” né della Natura, né di altri esser umani.
Clausole di polizza assicurativa infortuni e morte: franchigia del 45% per attività alpinistiche superiori al”semplice”( ???) escursionismo. se loprevedono un motivo ci sarà, poi fano controllo su attezzature , loro omologazione e scadenza.
L’immagine n9n lascia dubbi all’affermazione di Cominetti.
Fatalità.
8 – non solo, l’omonimo scrive anche che la gente chiede più regole e sicurezza e il suo comitato di costituzionalisti di quartiere sta studiando per una nuova forma sociale dove vi siano meno libertà e più sicurezza.
questa cosa delle omonimie è davvero straniante…
‘l föm el va ‘n sö, i sass (el giazz) i va ‘n giö…
“Se rivendichiamo la nostra libertà di andare in montagna (e condivido in pieno il concetto) […]”.
Scusi, signor Crovella, la informo che nel GognaBlog esiste un suo omonimo che afferma il contrario. Piú precisamente, costui scrive che dobbiamo limitare spontaneamente il numero delle nostre salite sui monti altrimenti vi provvederà qualcun altro.
Per cortesia, gli dica che si sbaglia. Grazie.
Pienamente d’accordo con l’amico Enrico (Camanni). Però deve essere chiaro, a tutti noi appassionati di montagna, che dobbiamo fare quadrato su questo punto e respingere ogni ingerenza di chi richiede anche in montagna le regole della società sicuritaria. Queste ingerenze sono di due tipi: quelle dei politici (o dei relativi commentatori) che appunto vorrebbero mettere bandierine rosse o verdi (per vietare o no l’accesso), ma poi ci sono le ingerenze dei parenti/amici/normali cittadini che “pretendono” il monitoraggio e la sorveglianza a priori da parte delle Istituzioni sulla sicurezza delle montagne. Se rivendichiamo la nostra libertà di andare in montagna (e condivido in pieno il concetto), cioè in un contesto dove il pericolo esiste ad ogni metro, dobbiamo altresì avere la spietatezza di contrapporci alle richieste dei parenti delle vittime (richieste del tipo: “andremo fino in fondo, vogliamo sapere perché non hanno vietato l’accesso al ghiacciaio, vogliamo appurare le responsabilità…” ecc ecc ecc). Eh no, cari ragazzi. Chi ha scelto di andare domenica scorsa sulla Marmolada, l’ha fatto in piena libertà e si deve assumere la relativa responsabilità. Non ci deve essere “paparino” (Draghi? Zaia?, il sindaco del luogo?…) che ci pensa a priori e ti dice: “no amico mio, oggi sul quella montagna non vai.” Se il modello fosse questo appena descritto, non ci sarebbe èpiù “libertà”. Chia alpinismo sarebbe? Non è più alpinismo, ma un semplice sport, alternativo alla corsetta nel parco cittadino. Il gioco deve valere sempre, sul doppio binario.
“in montagna la sicurezza non esiste, si deve parlare solo di prevenzione del rischio e di consapevolezza del pericolo”. Dalle mie parti uno stesso nome (fino al secondo ‘700) le indicava tutte: montganes maudites. Oggi invece tutte “montagnes sécurisée”. Il mito prometeico si ripresenta nella modernità, incurante di come le cose stanno.
Fatalità.
Più sicurezze acquisiamo,più insicuri siamo.
Molto d’accordo con gli interventi dell’articolo
Le montagne così come i ghiacciai non sono vive ne muoiono sono soggette alle leggi della fisica punto.Così a differenza dell uomo non scelgono cambiano si trasformano per leggi studiate della fisica.così è il clima.l uomo invece molte volte non studia non analizza e relativizza secondo i propri schemi.Un esempio è il pensare che lo scivolamento a valle è colpa nostra ,così ma qui siamo nel campo della patologia il presidente del Consiglio abbia in mente..diabolico..il controllo del pensiero financo alpestre
intanto abbiamo costruito un miliardo di auto, con consumi immensi nella fase di costruzione e trasporto, più i combustibili che vengono bruciati durante il movimento: un miliardo di scappamenti in azione, senza contare le navi e gli aerei; oltre a tutti i consumi nelle fasi di estrazione e trasporto dei componenti. I cosiddetti “ambientalisti” invocano “le rinnovabili”: uno sguardo anche sommario alle quantità rende subito evidente l’impossibilità di questa “conversione alla pari”: dobbiamo invece diminuire, e di molto, il numero di mezzi e gli spostamenti (oltre a tutti gli altri consumi).TUTTO IL CALORE SMALTITO DAL RADIATORE, POI VIENE INTRAPPOLATO DALLO STRATO DI ANIDRIDE CARBONICA PRODOTTOE NON SI SMALTISCE NELLO SPAZIO.l TOTEM acronimo di Total Energy Module è un cogeneratore di fabbricazione italiana…INCERTE VALLI, SI RACCOGLIE IL LETAME E SI METTE IN BIODIGESTORI CHE ALIMENTANO COGENERATORI.https://www.biogaspredazzo.it/chi-siamo/
“Da quell’espressione e dal suo riconoscimento sociale, traiamo i motivi di autostima, che altro non sono che ragioni per ripetere il ciclo che la produce. Ma, tanto il diritto alla vanità, quanto quell’autostima poggiano su paralitiche infrastrutture psicologiche, dal momento che necessitano di continui sostegni esterni.” Un conto e’raccontare che si e’stati a Punta Penia , ben 3343 metri, un altro che si e’stati sulla Vezzana o sulla Fradusta o sull’Ombrettola o forcella del Bachet .Anche solo per gli abitanti della valle, raccontare che si e’ stati sulla Regina e’ un salto di qualita’(…sei dei nostri!)
Eppure fino a poco tempo fa:https://www.ildolomiti.it/montagna/2022/marmolada-la-lite-dei-confini-potrebbe-finire-si-parte-dallaccordo-dellai-galan-no-a-nuovi-impianti-il-ghiacciaio-soffre-e-si-metterebbe-in-discussione-unesco.IL GHIACCIAIO HA CALATO LA SUA SPADA COME BRENNO.Ma pare che ci sia preoccupazione sulla ripresa delle frequentazioni (sepur limitate e regolamentate). Dai resoconti CNSAS, c’e’da preoccuparsi molto di piu’dello stillicidio di vite nell’arco di un anno, ma un crollo e’ piu’ mediatico.