Oggi è un mese che Matteo Pasquetto ci ha lasciati. Nella tragica situazione di chi non può ancora comprenderne le ragioni.
Matteo Pasquetto
di Matteo Della Bordella
(dal suo profilo facebook, 11 agosto 2020)
Foto: Matteo Della Bordella
Non ci sono parole, non ci sono risposte. Ci sono solo tanti pensieri e domande, una su tutte rimbomba nella mia testa dall’ultimo momento in cui ti ho visto: “perché è successo a te e non a me?”.
Quando rivedo in foto noi tre in cima alla Standhardt mi sembra tutto un brutto sogno, ma l’immagine di te che camminavi pochi passi avanti a me e di quella tragica scena stampata nella mia mente mi riportano alla realtà. Quei momenti rimarranno impressi nella memoria come ferite profonde che a fatica si rimarginano e che non si cancellano. Il ricordo della persona e dell’amico che sei stato per me e per tanti di noi rimarrà per sempre ancora più vivo e lucido che mai.
Mi hai stupito fin dalla prima volta che abbiamo scalato insieme: sorriso, entusiasmo, energia, curiosità. Eri poco più che un ragazzino quando una Vigilia di Natale ci siamo legati alla stessa corda per la prima volta. Ti ho proposto di salire la via Futura al Poncione d’Alnasca partendo in giornata da casa in uno dei giorni più corti e freddi dell’anno, quel giorno ho capito subito che insieme avremmo potuto fare grandi cose.
Come alpinista eri “avanti”. Non c’è bisogno di fare classifiche o usare superlativi assoluti, ma penso che fossi una delle persone di maggiore talento che avessi mai conosciuto. Eri un passo avanti a tutti, nell’approccio alla montagna a 360 gradi: quel tuo sorriso stampato e l’immancabile voglia di sparare cazzate non toglievano spazio a una preparazione meticolosa, nel minimo dettaglio di ogni salita e a una estrema serietà e lucidità nel prendere ogni decisione. Tutto ciò unito a un fisico che sembrava avere energie illimitate e che spesso mi ha fatto dubitare di riuscire a starti dietro.
Quando un anno e mezzo fa siamo andati in Patagonia insieme, solo noi due, avevo delle ottime sensazioni e pensavo fossi il compagno giusto per quel sogno forse più grande di noi sul Cerro Torre. Con te per la prima volta ho percepito il cambio generazionale quando mi sono arenato sul primo tiro del Diedro degli Inglesi e sei stato tu, con il tuo buon umore e la tua calma a darmi il mitico “pugnetto” in sosta e a prendere il comando, forse non te ne sei reso conto, ma per me ha significato moltissimo. Mi hai spalancato davanti una porta ed allo stesso tempo hai dato anche a me energie nuove da investire nella nostra cordata.
La cosa che più di te mi ha sempre colpito, però è il tuo lato umano. Non hai mai conosciuto l’egoismo, una cosa più unica che rara nel mondo della montagna e hai sempre messo i bisogni e le necessità dei tuoi compagni davanti alle tue, in modo per me quasi imbarazzante. Come quando dopo una giornata campale mi lasciavi la migliore piazzola da bivacco, ti offrivi di portare lo zaino più pesante oppure, testardo come un mulo, continuavi ostinato a battere la traccia nella neve con me dietro che arrancavo.
Teo, certe cose io non me le so spiegare, mi hai dato tantissimo, hai dato tantissimo a tutti quelli che ti hanno incrociato in questi anni. Abbracciami Berna da lassù e pensate ogni tanto a noi che siamo qua, il mondo ha bisogno di persone come voi.
Matteo Pasquetto perde la vita sulle Grandes Jorasses
di Vinicio Stefanello
(pubblicato su planetmountain.com il 7 agosto 2020)
Oggi pomeriggio scendendo dalle Grandes Jorasses nel massiccio del Monte Bianco ha perso la vita Matteo Pasquetto, fortissimo alpinista e aspirante guida alpina di Varese.
E’ successo nel primo pomeriggio. Matteo Pasquetto stava scendendo sulla Cresta Reposoir. Insieme ai suoi due compagni aveva appena completato una nuova via sulla Est delle Grandes Jorasses. Era un altro sogno raggiunto: una via nuova su una delle pareti simbolo dell’alpinismo. Possiamo solo immaginare la felicità. Ma è bastato un attimo. Un piede che scivola. E per Matteo non c’è stato più nulla da fare. Se n’è andato così, per sempre, accompagnato dai suoi sogni, dalla sua felicità. Tra quattro giorni avrebbe compiuto 26 anni ed era un ragazzo bravissimo. E anche un grande alpinista.
Aspirante guida alpina, Matteo, benché giovanissimo, aveva un curriculum da far invidia a un veterano dell’alpinismo. Anzi ad alcuni non basterebbe una vita per fare quello che ha fatto lui. Basti solo pensare alle sue salite in Patagonia proprio all’inizio di quest’anno. Con Matteo Bernasconi e Matteo Della Bordella ha aperto Il dado è tratto, una nuova linea sulla Aguja Standhardt. Poi, sempre con gli altri due Matteo, ha realizzato la prima ripetizione della storica e difficile via del 40esimo dei Ragni di Lecco sulla parete nord dell’Aguja Poincenot. Non ancora contento, insieme a Della Bordella, è riuscito ad acciuffare anche la prima salita di Jurassic Park una nuova e impegnativa via sulla parete nord di El Mocho.
Pasquetto era un profondo conoscitore del massiccio del Monte Bianco, tanto da aver appena condiviso le sue conoscenze enciclopediche nella nuova guida d’arrampicata scritta insieme a Fabrizio Calebasso per la casa editrice Versante Sud. Tra le sue molte salite spiccano le ripetizione delle vie Divine Providence al Grand Pilier D’Angle e Groucho Marx alle Grandes Jorasses. Mentre la via Heckmair sulla parete nord dell’Eiger gli ha lasciato un segno indelebile, come la salita di Delta Minox, la bellissima placca in alta Val di Mello. Dopo una prima ripetizione insieme a Tito Arosio, Pasquetto è tornato per salirla in solitaria. Un modo particolare e del tutto personale, solo per chi ha un legame intimo e profondo con la montagna.
Matteo ci ha lasciati a due mesi dalla scomparsa del suo amico e compagno di cordata Matteo Berna Bernasconi. Inutile dire che se la perdita del Berna è stato un colpo durissimo, questa di Matteo lascia senza fiato. A volte nessuna parola basta a descrivere l’impotenza. Con lui sulle Jorasses c’erano Matteo Della Bordella e Luca Moroni aspirante guida alpina della sua stessa associazione guide. Non possiamo nemmeno immaginare il loro dolore. Né quello dei suoi genitori e cari. A loro va il nostro abbraccio e, siamo sicuri, quello di tutti gli alpinisti.
Chi va per montagne, chi fa alpinismo lo sa: c’è anche questo. C’è la passione e c’è anche il dolore. Siamo sicuri che Matteo ne era consapevole. Così aveva descritto il suo amore per la montagna: “Adoro scalare su roccia, adoro scalare su ghiaccio, amo lo sci, ma soprattutto amo l’avventura e l’esplorazione in posti nuovi: sono dannatamente curioso e adoro guardare quello che si vede da dietro la vetta che ho appena scalato”.
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Grazie per questo bellissimo ricordo!
Mamma Marina
avendolo conosciuto…purtroppo….solo di nome non posso dire molto
mi sento vicino…ma molto vicino …… a i suoi famigliari e a tutti gli amici che ha avuto e che per sempre avrà
un abbraccio
Con grande , emozione.! leggo queste parole di ” Matteo… Un ricordo, di un Amico.. che rimane per sempre…!! Grazie…!
Ho avuto la fortuna di averlo come maestro in parete all’Albigna, e compagno di tavolata al rifugio, seduti accanto per due sere. Bellissima persona, gran maestro, spero che il suo pugnetto resti con me per tutte le mie prossime scalate.
Sembra strano essere così devastati dopo un incontro così breve con una persona, ma è così che mi sento da quando ho letto la notizia, e non passa giorno che non pensi al suo sorriso.
Sono contento di questa pubblicazione.
E averla pubblicata qui, dopo un po’ di quel tempo che vela, ma non lenisce dolore e sconcerto, è un gesto di delicata sensibilità.