Su e giù per la Great Trango Tower

Non è la prima volta che Dodo Kopold e Gabo Čmarik si avventurano sulle grandi pareti: nel 2004 facevano parte di una spedizione slovacca allo Shipton Spire, dove Kopold ha ripetuto The Khanadan Buttress (VI 5.11 C1, 1300 m, di Brian McMahon e Josh Wharton, 2002). Mentre, nel 2003, Kopold e il suo compagno Ivan Stefansky hanno realizzato la prima salita di Last Minute Journey (ED, 90º, 900 m, Kopold-Stefansky, 2003) sul Mount Mahindra, Miyar Valley. Il suo commento dell’epoca dice molto: “Fare una salita in stile alpino in Himalaya è un sogno per i giovani alpinisti. Noi siamo stati molto fortunati a poter realizzare i nostri sogni”.

Su e giù per la Great Trango Tower
(andar leggeri su per una via nuova in Pakistan con il brutto tempo e scenderne a gran fatica)
di Gabo Čmarik e Joseph Dodo Kopold

Dodo Kopold: La salita della Grande Torre di Trango per me significava di più di tutte le vie che avevo fatto prima. Era un grande sogno e, non volendo lasciare nulla al caso, ho trascorso molto tempo ad allenarmi e scegliere la linea, l’attrezzatura e le tattiche. Ma il lavoro più difficile è stato trovare il partner ideale. Avevamo bisogno di formare una buona squadra, di essere in grado di fare qualsiasi tipo di arrampicata e di essere molto forti fisicamente e mentalmente. Per sopravvivere a tutte le possibili situazioni, avevamo bisogno della partnership perfetta.

Gabo Čmarik gode del bel tempo e di un carico leggero (per una via di 2000 metri) il primo giorno di arrampicata. Foto: Dodo Kopold.

Gabo Čmarik: Dodo e io condividiamo lo stesso ideale, ovvero lo stile alpino sulle pareti più grandi. Abbiamo concentrato la nostra formazione su percorsi lunghi: per esempio, abbiamo fatto la via Colton-Mclntyre sulle Grandes Jorasses in inverno con un bivacco. Lì, abbiamo testato le nostre menti e la capacità di sopravvivere in condizioni di freddo. Ma sapevo che al Trango sarebbe stato molto più difficile.

Le pareti sud-ovest e sud della Great Trango Tower: a sinistra, Azeem Ridge (2004, di Kelly Cordes e Josh Wharton); a destra, Assalam Alaikum (2005, Čmarik-Kopold). Foto: Vladimir Linek.

Dodo: Né Gabo né io potevamo essere sicuri di ciò che sarebbe successo nella salita vera e propria, quanti giorni di arrampicata sarebbero stati, quanto difficile sarebbe stata la parete sommitale, e se anche non fosse stato possibile scendere se non dalla vetta. Abbiamo pensato a lungo su tutte le evenienze, sulle nevicate, su una lenta discesa o un infortunio per uno di noi. La Great Trango Tower è alta quasi 6300 metri e la differenza di altitudine tra il campo base e la cima è superiore a 2000 metri. Le linee di fessure di roccia eccellente iniziano appena sopra allo zoccolo e finiscono molto alte. Abbiamo scelto la parete sud-sud-ovest, adatta per lo stile alpino, ma pericolosa in caso di maltempo. Arrampicare su una parete così grande non è solo esperienza, ma anche fortuna. Sapevamo che per avere successo tutto doveva andare bene, dall’avere un periodo di bel tempo all’acclimatazione perfetta. Volevamo salire una nuova linea al nostro primo tentativo e il piano era di scalarla in quattro giorni. Ciò significava andare il più velocemente possibile, il più leggeri possibile e arrampicare anche di notte.

Gabo: Abbiamo esaminato a fondo la parete prima della salita e abbiamo scelto il nostro punto di partenza. La sera abbiamo preparato le nostre attrezzature. Tutto aveva vantaggi e svantaggi. Arrampicarsi rapidamente significa essere leggeri e quindi abbiamo deciso di non prendere i nostri sacchi piuma. Abbiamo iniziato alle 4.30 del mattino. Ho fatto io le prime lunghezze. La tattica non prevedeva di perdere tempo nei cambi di attrezzatura alle soste, quindi dovevo condurre tutto il giorno. C’erano molte fessure offwidth e avevo solo un grande Camalot che più volte ho spostato mentre salivo. A volte questo Camalot non era abbastanza grande. La difficoltà era tra il VII e l’VIII [5.10-5.11]. Faceva molto caldo e avevamo solo tre litri di acqua, che abbiamo bevuto molto presto. In seguito, senza acqua per cucinare, patimmo fame e sete.

Gabo Čmarik (a sinistra) e Dodo Kopold al campo base con lo sfondo della Great Trango Tower

Dodo: Non so chi fosse più morto dopo il primo bivacco, ma nessuno dei due ha parlato di scendere. Il mattino dopo ho iniziato ad andare avanti. Dopo cinque tiri abbiamo trovato acqua. Eravamo così felici che anche qualche sasso che cadeva e una tempesta in arrivo non potevano rovinare la nostra gioia. Ma il picnic finì presto: dovevamo proseguire per lastre lisce con scarsa protezione e la pioggia stava arrivando. Trovare un buon posto per bivaccare è stato un grosso problema. Abbiamo scalato molte ore sotto la pioggia e alla fine abbiamo trovato una piccola grotta non abbastanza grande da poterci stendere le gambe. Ci siamo seduti sui nostri sacchi, ascoltando i nostri lettori MP3 e scrivendo nel nostro diario. Ha piovuto tutta la notte.

Gabo: Non era possibile scendere per via dei sassi che cadevano e della natura del terreno. Ci siamo resi conto che la nostra unica possibilità era di salire alla vetta. Con questa idea in mente, mi sono accoccolato accanto a Dodo e ho provato a dormire. Stavo pregando per il bel tempo.

Dodo: Al mattino la roccia era completamente ghiacciata. Ho raggiunto con molti problemi un sistema di fessure e camini. Più tardi, abbiamo dovuto fare una serie di pendoli per arrivare a un’altra linea di fessure scalabili. Alla fine della giornata, tramite una sezione di terreno misto, raggiungemmo una grande cengia per una notte confortevole.

Gabo: il quarto giorno è ricominciato di nuovo con lunghezze ghiacciate, con alla fine lunghi runout in placca. Apparvero i cirri, segno di brutto tempo. Arrampicavo il più velocemente possibile, nonostante non mi sentissi le dita dei piedi nelle scarpette da arrampicata. Alle 3 del pomeriggio ero alla base della parete terminale, ma nevicava pesantemente.

Dodo: Non eravamo sicuri di come avremmo scalato la muraglia finale. La cosa brutta è che avevamo poca attrezzatura per affrontare questa parete alta 400 metri. Avevamo solo sette chiodi, quindi dovevamo salire con scarsissima protezione. All’inizio, la parete era verticale e strapiombante. Abbiamo salito un sistema di fessure fino a un ampio camino e quindi altre placche verso l’ignoto. L’arrampicata sarebbe stata buona, ma nevicava. Ho combattuto fino al buio, senza trovare un buon posto per bivaccare. Allora siamo scesi in doppia per 80 metri fino a un intaglio, dove c’era una piccola cengia. Il vento era forte, la temperatura di -15° C e nevicava forte. La notte è stata terribile. Ci siamo accoccolati insieme per avere un po’ di calore.

Gabo: La mattina del quinto giorno continuava a nevicare ed era tremendamente freddo. Stavo arrampicando in artificiale e pulendo le fessure dal ghiaccio per mettere le protezioni. Ho fatto due tiri fino ad arrivare a una cengia innevata, dove abbiamo bivaccato. Abbiamo mangiato il nostro ultimo cibo. Ha nevicato di nuovo tutta la notte.

Dodo: Non ho dormito affatto. Al mattino ho dovuto forzarmi a salire. La roccia e le nostre attrezzature erano tutte ghiacciate e sopra di noi sembrava davvero duro. Per le successive quattro ore ho lottato per un solo tiro. Sognavo un sonno come si deve in una stanza calda e ben lontana dal Trango. Sapevo che senza cibo non saremmo sopravvissuti a lungo, dovevamo continuare ad arrampicare. Nonostante il freddo e la neve che cadeva, mi sono diretto a delle placche lisce. Non era possibile farle in artificiale, occorreva salire in libera. Le dita delle mani e dei piedi erano rigide e congelate. Gabo stava tremando in sosta. La sera abbiamo dovuto riscendere in doppia 60 metri per trovare un bivacco. Abbiamo lasciato una corda fissa e usato la seconda come materassino.

Gabo: abbiamo passato la notte in una grotta di neve su una cengetta. Ormai eravamo abituati alla nevicata ininterrotta. Durante la giornata ho avuto problemi di vista, probabilmente a causa di una malattia da alta quota, e di tanto in tanto non riuscivo a vedere nulla. Eravamo stanchi, senza cibo, sfiniti di fisico e di spirito. Ci trascinammo nel nostro sacco da bivacco e accendemmo il fornello nel disperato bisogno di calore. Funzionava, ma immediatamente ci addormentammo e io lasciai cadere il fornello. Miracolosamente Dodo si svegliò e lo afferrò prima che cadesse.

Dodo: Al mattino, le condizioni erano persino peggiori. Ho cercato di ignorarlo e concentrarmi sull’arrampicata. Eravamo solo pochi metri sotto la cresta sommitale. Sfortunatamente, sono caduto otto metri e ho battuto l’anca. Ma paura e impotenza si sono trasformate in un’energia incredibile. Sono salito al punto dal quale ero caduto e con rabbia ho fatto pulizia del ghiaccio. Ho strisciato gli ultimi metri nella neve. Eravamo sulla cresta sommitale. Un calvario era finito, ma eravamo solo all’inizio del secondo. C’era molta neve sulla cresta, perciò non siamo riusciti a salire in vetta e scendere attraverso il percorso normale. La nostra unica possibilità era quella di scendere in doppia la parete nord-ovest, ma avevamo solo la nostra serie di dadi e friend, otto spit e quattro chiodi. Non eravamo sicuri che questo potesse bastare per una parete così alta. Idea brillante.

Giorno 4: Čmarik in testa su roccia ghiacciata verso la parete terminale di 400 metri sulla parete sud della Great Trango Tower. Ai due furono necessari quel pomeriggio e i successivi due giorni e mezzo per salire questa ripida parete in pieno maltempo. Foto: Dodo Kopold.

Gabo: Abbiamo deciso di scendere in doppia sulla via dei Russi nella speranza di trovare i loro ancoraggi. La metà superiore della parete è verticale e strapiombante e precipita per 1000 metri. Abbiamo trovato solo due vecchi ancoraggi. Siamo scesi da uno spit o da un dado, da un chiodo o da un friend, consumando la nostra ridottissima dotazione. La parete era così esageratamente strapiombante in alcuni punti che dovevamo mettere qualcosa nel corso delle doppie per non perdere il contatto con la roccia.

Quarto giorno, arrampicata in camino

Dodo: Alle 19.00 del settimo giorno, eravamo a metà parete. Sono scivolato di 10 metri durante una doppia e sono quasi morto. Poi sono caduto per 150 metri in una slavina e mi sono fermato per miracolo. Nella scivolata ho perso una delle nostre corde da 60 metri, e questo significava che potevamo fare solo doppie da 30 metri. Era buio e potevamo vedere le luci del campo base del Trango, ma nessuno ci venne incontro. Eravamo persi e stanchi. Gabo cadde da una placca ghiacciata e scomparve ma si fermò dopo 30 metri. Abbiamo ritrovato l’altra nostra corda, ma ora ci muovevamo proprio lentamente. Avevamo da fare solo qualche centinaio di metri, ma sentivo di non potercela fare. Quando abbiamo raggiunto lo zoccolo, ho fatto solo qualche passo prima di crollare. Gabo andò avanti, sperando di svegliare qualcuno al campo base. Ma ho continuato da solo, e quando ho raggiunto il campo erano le 5 del mattino. Gabo dormiva per terra. Mi lasciai andare accanto a lui. Poi qualcuno mi ha afferrato per le mani. Era finita.

I cerchi segnano la posizione degli slovacchi durante la discesa dell’enorme parete nord-ovest della Grande Torre di Trango. Foto: Vladimir Linek.

Sommario
Area: Trango Valley, regione del Baltoro, Pakistan
Itinerario: a destra della via Azeem Ridge, prima salita in stile alpino di Assalam Alaikum (circa 90 lunghezze, ABO VIII A2) per le pareti sud-ovest e sud, terminando sulla cresta sommitale (circa a 6150 m, NdR) della cima Sud-ovest della Great Trango Tower 6286 m, Gabo Čmarik e Dodo Kopold, dal 4 all’11 agosto 2005. I due discesero la parete nord-ovest da destra a sinistra (guardando la parete) per raggiungere un canalone sul lato sinistro, facendo circa 60 doppie. Altri membri di questa spedizione ceco-slovacca hanno scalato nuove vie sull’Hainabrakk East e sulla Shipton Spire.
Una nota sugli autori: Gabo Čmarik è nato nel 1982, vive a Trencin, in Slovacchia, e lavora nel settore dell’edilizia. Dodo Kopold, nato nel 1980, vive a Bratislava, in Slovacchia, e disegna abbigliamento per outdoor. I due hanno iniziato a scalare insieme nel 2005.

Felici di essere vivi: Kopold (a sinistra) e Čmarik sono crollati al campo base poco prima dell’alba dopo la loro discesa di 16 ore.
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Su e giù per la Great Trango Tower ultima modifica: 2020-09-08T05:32:32+02:00 da GognaBlog

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4 pensieri su “Su e giù per la Great Trango Tower”

  1. Matteo, ma certo!! Anzi, la parola sconfitta definita brillante voleva proprio enfatizzare quello che hai appena scritto tu! 

  2. Sconfitta?! Solo perché non hanno raggiunto la vetta? Hanno risolto una parete nuova di 2000 m di dislivello in stile alpino e con un tempo orribile. Anche se la via non raggiunge la vetta io non la chiamerei proprio sconfitta…d’altronde nemmeno il Pilastro Rosso del Brouillard o la Fehrmann al Basso raggiungono la vetta

  3. Bel racconto di una brillante sconfitta. Con il senno di poi… Lì per lì deve essere stato terribile. La gran Torre di Trango, come mi piace chiamarla, mi emozionó oltre misura. Vederla fu come un risveglio: avevo superato i confini del mondo davvero. Fu il mio personale segno dell’oltre. 

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