Ponti tibetani, skywalk, terrazze panoramiche, zipline, passerelle a sbalzo, aperitivi in ovovia, panchine giganti, turismo esperienziale e (tanto) altro.
Non ne possiamo più di queste “esperienze”
di Luca Trentini
“Give me new noise
Give me new affection
Strange new toys from another world (da What use? in Half Mute dei Tuxedomoon, 1980)”.
Da qualche tempo, la Montagna è invasa da queste “esperienze”: inizia la fine della biodiversità umana?
L’unico ed esclusivo scopo di queste attrazioni o “valorizzazioni del territorio” è commerciale, attirare turisti facendo lavorare un po’ di bar e ristoranti, nemmeno tutti.
I costi di realizzazione, ingentissimi, sono a carico dell’Erario, in tutto o in parte, analogamente le manutenzioni pure costosissime. Un comune economicamente florido, di circa 5.000 abitanti, fa spendere, per ora, alle casse pubbliche 2.500.000,00 per ponte tibetano, altro floridissimo comune di circa 1.000 abitanti fa spendere a dette casse, per ora, 7.000.000,00 di euro in lungolago di 2 km (ciclistico?) a sbalzo, e così via.
Questa premessa, ancorché abbastanza ovvia, è necessaria perché permette di collocare queste attrazioni-valorizzazioni al loro giusto posto, al di là delle entusiastiche dichiarazioni dei politici (valorizzazione del territorio, beneficio per i residenti e per l’Umanità, ecc.) che devono giustificare la ingente spesa di danaro pubblico.
L’attrattività di un ponte tibetano consisterebbe, secondo l’artefice politico, in “… un’attrazione imperdibile per tutti coloro che amano l’avventura e le esperienze adrenaliniche… un’esperienza all’insegna dello stupore…“ (cit. Trentino.com) e quindi “offerte – hotel, ristoranti, ecc. – nelle vicinanze.
Ed ancora (cit. Il Trentino-quotidiano online della PAT) “… vista mozzafiato e che si inserisce in un percorso che intende valorizzare la zona montuosa anche grazie al vicino skywalk raggiungibile con la funivia… si arricchisce l’offerta per turisti e per tutti i cittadini…per garantire il futuro della Comunità e per dare a più persone la possibilità di godere di questi luoghi meravigliosi…“.
In sintesi, si arriva in funivia da fondovalle, si va alla terrazza, con fondo in vetro (skywalk), e poi al ponte tibetano anche con passeggini (attenzione alle grate). Il tutto in un’ora circa (chi vuole questo giretto lo può fare anche in 7 ore), poi a mangiare e a bere, prelibatezze locali, perché l’esperienza è necessariamente anche eno-gastronomica.
Tutto commercio, insomma. Ma cosa si propone in realtà:
– un’esperienza totalmente artificiale, un artefatto. Tutte opere artificiali, prive di una qualsiasi intrinseca naturalità. Si fornisce un’esperienza già possibile senza tanti artifici: per la montagna la vista mozzafiato c’è già, i sentieri pure, magari anche esposti e tutti ne possono già godere, magari a costo zero;
– un’esperienza senza alcun rischio, a dispetto dell’adrenalina vantata; almeno si spera, vista la recente skyline con morto;
– un’esperienza veloce, di un’oretta, e poco faticosa, anche per passeggin , cani sconsigliabili, visto che hanno paura del vuoto;
– un’esperienza sostanzialmente eno-gastronomica, visto che è ciò che invariabilmente accede alla proposta (sia nella sua pubblicità che negli intenti di chi la promuove).
Sono, quindi, esperienze limitate, veloci, replicabili ovunque nel Mondo (una moda che potrebbe magari esaurirsi con la fine legislatura del politico proponente) e sostanzialmente a carico dei contribuenti tutti.
Ma direi che il danno non è solo per l’Erario, ma anche dal punto di vista ambientale ed umano:
1) l’ambiente viene palesemente degradato, riempito di ferraglie e cemento;
2) l’Umano, pure viene degradato. Queste attrazioni sono un’offerta veloce, emozionale e narrativa, come quella di pianificata a tavolino da fior di esperti, eliminando ogni variazione, rischio ed incertezza, totalmente massificata e replicabile. In altre parole, si favorisce il venir meno della “biodiversità umana”.
L’esperienza, in ogni caso, deve essere veloce, in un’ora si può concludere. L’apoteosi del “turismo mordi e fuggi” che tutti deprecano, ma che le categorie di governo (politici, baristi e ristoratori) promuovono.
Si può concludere con quanto scritto da Lamberto Maffei, in Elogio della lentezza, 2014 Bologna, “… che relazione esiste, si domanderà il lettore tra pensiero rapido e lento e consumismo? Una relazione basilare ! Il consumismo è figlio del pensiero rapido perché anche il consumo deve essere per cambiare desiderio altrettanto rapidamente e tornare a comprare… bulimia dei consumi si è associata una grave anoressia delle idee e purtroppo anche dei comportamenti una volta ritenuti civili morali…”.
Sono concetti non certamente nuovi, ma che ritengo vadano ripresi, a fronte della bulimia di iniziative adrenaliniche e veloci che viene proposta, bulimia che potrebbe portare ad “… un cervello che tende a usare funzioni più primitive che lo facilitano nella socialità nel mondo globalizzato… nella necessità di avere risposte rapide… nell’ottimizzazione del tempo perché questo è denaro business e così via…“.
Non parliamo dell’enogastronomia, che nell’offerta di attrazioni tipo ponti tibetani, ecc., sembra sempre imprescindibile, ma questo è un capitolo a parte.
48
Tornato da una settimana in Alto Adige ho recuperato questo articolo e l’ho riletto con attenzione (e lentezza). Se parliamo di cosa piace a me come persona dello stare in montagna evidentemente sono d’accordo con la tesi dell’articolo e la sua critica al consumo di esperienze.
Ma sarebbe troppo semplice fermarsi a questo. Vivo in montagna (seppure toscana, bassa e vicina al mare) e il confronto con quanto vedo in Alto Adige è davvero notevole. Lì esiste un’economia turistica forte che, con i suoi lati negativi, porta anche una certa ricaduta. Certo, e-bike, ponto tibetani, biglietti per vedere una cascata, funivie e molto altro sono chiaramente espressione del consumismo. Ho soggiornato in Val Ridanna dove però, a fianco di questo sistema, ho visto ancora un mondo autentico fatto di agricoltura e allevamento veri, gestione dei boschi, civiltà, spiritualità, attenzione e buon governo.
Certo la funivia per il Monte Cavallo da Vipiteno per raggiungere il Rossy Walk (un percorso per bambini con ruscelli e giochi) non è il mio ideale personale di esperienza in montagna (con tanto di immancabile malga sforna canederli) ma se questo in minima (è sottolineo minima) parte entra anche nell’economia montana forse qualche vantaggio gli abitanti di quel territorio possono averlo.
Altro mondo l’Adige, comunque. Per la Toscana resto contrario a grandi sprechi di denaro che si trasformano poi in scheletri che restano. Occorrerebbe semmai una seria politica di manutenzione dei sentieri e di sostegno a chi vuole investire in montagna (agriturismi e rifugi). E pulizia: i sacchetti di immondizia e i rifiuti vengono lasciati anche (forse soprattutto) dove il biglietto non si paga.
@9
io penso che con “autore” intenda l’autore “del brano” e non “del post”…
Mi sembra giusto e onesto dire che per quanto mi riguarda il contributo migliore l’ha portato Carlo Crovella il cui pensiero è chiarissimo e condivisibile. Resto allibito da Bertoncelli e altri che non capiscono che per criticare gli eccessi altrui, siano amministratori/speculatori o fruitori, bisogna saper vivere (cosa non facile) nella sudata normalità.
L’articolo è fenomenale. Basta “esperienze adrenaliniche” come tre gocce di tabasco nel panino per sentirsi tutti calabresi.
Condivido e applaudo. Invece di portare nuovi abitanti nei borghi, le Amministrazioni, carenti in toto di qualsiasi spirito “montano” o amore per il territorio, si ingegnano a partorire soluzioni dispendiose e utili solo ad attirare il turismo mordi e fuggi di bassa lega che serve ad alimentare le attività commerciali e le casse personali di qualche imprenditore locale A Frassinetto C.se, per esempio, dove ogni tanto vado a farmi qualche camminata hanno già installato un Volo dell’Angelo, stanno realizzando un campo di calcio regolamentare (mi hanno detto che ci vorranno circa 600 camion di pietre e pietroni!), una pinacoteca e presto verrà riproposta la terribile idea di installare una cabinovia di collegamento con Pont C.se! Tutte attività che porteranno un sacco di nuovi abitanti in paese!
@52 a quell’allievo del tuo aneddoto mi piacerebbe raccontare che, nelle sane scuole di alpinismo “vecchia maniera”, non solo gli allievi portavano la corda nello zaino durante l’avvicinamento (e la discesa!), ma all’attacco l’istruttore piazzava i suoi scarponi nello zaino degli allievi perché lui (l’istruttore) già doveva arrampicare da primo… A nessun allievo è mai passato per la mente di prtotestare, anche perché stavi in cordata con “quel” particolare istruttore e portargli corda e scarponi era il minimo…
Eppure, di scarpone dell’istruttore nel proprio zaino non è mai morto nessuno e, anzi, intere generazioni di nuovi alpinisti sono venute su in questo modo. Oggi con l’inclusione sbandierata a tutti i costi, in montagna abbiamo lo sfacelo che vediamo tutti i giorni e si cui questo articolo ha descritto una delle conseguenze più fastidiose (non l’unica, purtroppo).
‘Ho apprezzato molto il concetto espresso da questo articolo. Lo condivido. In famiglia sono considerato un “estremista” e forse lo sono. Sono concettualmente anacronistico. Trovo odiose e vuote le “avventure” artificiali.Ho sempre evitato i vari Parchi giochi a pagamento per i miei figli a favore delle emozioni autentiche della montagna. In montagna i rischi sono veri. La montagna è fatica e disciplina. Le sue leggi sono severe. Sono scuola di vita. E quando le capisci e le osservi, la montagna è in grado di regalarti emozioni incomparabili che ti porterai dentro fino all’ultimo respiro.’
Un dinosauro si aggira per il GognaBlog: Andrea Pasini.
E io con lui. 😀 😀 😀
Ho apprezzato molto il concetto espresso da questo articolo. Lo condivido. In famiglia sono considerato un “estremista” e forse lo sono. Sono concettualmente anacronistico. Trovo odiose e vuote le “avventure” artificiali.
Ho sempre evitato i vari Parchi giochi a pagamento per i miei figli a favore delle emozioni autentiche della montagna. In montagna i rischi sono veri. La montagna è fatica e disciplina. Le sue leggi sono severe. Sono scuola di vita. E quando le capisci e le osservi, la montagna è in grado di regalarti emozioni incomparabili che ti porterai dentro fino all’ultimo respiro.
Ma capisco che non è per tutti. E probabilmente non lo deve essere. Allora i corsi del CAI o delle varie associazioni che educano alla montagna, alla preparazione nonché alla prudenza e alla consapevolezza lasciamoli ai vecchi dinosauri come me.
Voglio spezzare una lancia a favore di queste strutture come scivoli per abbattere le “strutture architettoniche” naturali che la montagna impone. Penso che sia giusto che anche chi vive e convive con difficoltà di deambulazione possa godere di alcuni doni che la montagna ci offre. E se si misura la civiltà di un popolo con la cura che si ha delle persone deboli…. Ad ogni modo è pessima l’idea di incoraggiare la pigrizia o che si può avere tutto subito senza il costo della crescita personale.
@cla #35
Applausi
Voglio offrirti da bere, ovunque tu sia, maschio femmina giovane vecchio che tu sia. ❤️
Stop al talebanesimo. Siete pesanti come dei macigni.
A un corso roccia di una quindicina di anni fa’ : l’istruttore all’allievo : ok , allora tu porta la corda all’attacco della via.
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Risposta dell’allievo ( seria ! ) : ” Io ho pagato per fare il corso , non per fare il portatore di qualcuno , la corda la porti qualcun’altro..”
Riccardo
La vedo dura riconvertire il nostro ” modello educativo” al valore della cultura, dell’ esperienza e della fatica fisica. Negli ultimi 20/30 anni si è fatto proprio l’ opposto, l’ ordine imperante è stato quello di denigrare la fatica fisica come degradante e da sottosviluppati ( ti dice nulla la narrazione ” i lavori che gli italiani non vogliono piu fare”). Solo il lavoro intellettuale è elevante, mentre chi fa lavori più fisici è uno che non c’è l’ha fatta….solo un titolo di studio elevato certifica che sei una persona importante per lo sviluppo dell società. Non parliamo poi della cultura, che nel caso tu non riesca ad ottenere il predetto titolo di studio ( che chissà perché è l’ unico certificato riconosciuto che hai una cultura) puoi aggirare la cosa dimostrando la tua importanza con la quantità di denaro che riesci a guadagnare, non importa come. Sei una persona di successo, quindi socialmente accettabile, soprattutto se hai una visibilità pubblica. Non ti sei laureato, puoi sempre fare l’ influencer o l’ opinionista del nulla al cubo in qualche programma demenziale di una televisione sempre più diseducante . La dignità e l’ orgoglio del lavoro,sia esso fisico o intellettuale non conta più nulla, figuriamoci la dignità e la soddisfazione di raggiungere una metà, qualsiasi essa sia con le proprie gambe e le proprie forze. Siamo nell’ epoca della decadenza totale ed irreversibile dell’ occidente, dove come tanto tempo fa qualcuno aveva previsto, ” dovremo usare la spada per potere affermare che l’ erba è verde ed il cielo azzurro” ( …e sul cielo però qualche dubbio mi viene…)
Condivido non si tratta di esperienze ma semplicemente di educazione all’inesperienza, le cose belle e le esperienze si apprezzano solo con la sensibilità,l’intelligenza e la fatica.
Grazie. Finalmente qualcuno dice cose reali.
Poi c’è un effetti un aspetto culturale, sul quale possiamo fare qualche riflessione senza per forza dividerci in guelfi e ghibellini. Che ci sia un’offerta sempre più vasta di esperienze più o meno adrenaliniche è oggettivo. Sulla necessità di questo tipo di emozioni si può fare anche un po’ di psicologia spicciola; io sospetto che il declino del ruolo sociale del maschio abbia qualcosa a che fare con la domanda di “brivido”, ma è probabile che gli alpinisti siano i meno titolati a discettare di nostalgia dell’uomo selvatico. È abbastanza evidente che un tratto comune di queste esperienze sia l’assenza di fatica, un elemento tipicamente associato alla montagna. Questo rischia di rendere tali esperienze superficiali? Io suppongo di sì, ma non è motivo sufficiente per invocare moratorie, credo. Posso dire che due anni fa mi sono messo in fila in cima alla Aiguille di Midi per fare la foto con moglie e figlia con due metri quadri di vetro sotto ai piedi. Il valore aggiunto di questa esperienza è stato pari a zero e anzi ho sentito che cedere all’effetto gregge e mettermi in fila per quella pagliacciata aveva un che di umiliante, di sicuro mi toglieva qualcosa. Quasi trent’anni prima in cima all’Aiguille c’ero arrivato lungo lo sperone Frendo e poi lungo la Rebuffat. In ambo i casi avevo comunque usufruito della funivia, prima o dopo la scalata. Non mi potevo quindi certo considerare “migliore” di adesso che ci venivo, un po’ vergognandomi, da puro turista, né dei turisti giapponesi che allora mi scattavano foto all’uscita della via, alimentando la mia autostima di mediocre alpinista. Ciò non toglie che in montagna, al Bianco e altrove, tutto il mio bagaglio emotivo si è riempito di esperienze, spesso indimenticabili, in cui il ruolo delle funivie è secondario. Dove c’erano le ho usate (non sempre), se non ci fossero sarebbe cambiato poco. Non è che il tuo droghiere debba essere disprezzato perché si fa il selfie sulla piattaforma trasparente, né deve essere rieducato a forza, ma interrogarsi sulla necessità di un nuovo ponte tibetano, di una nuova pista per MTB, di una nuova piattaforma, be’, mi sembra non solo comprensibile ma anzi doveroso.
@Ratman: vedo che le tue critiche all’articolo, in parte condivisibili, sconfinano presto nell’argomento ad hominen. Piccolo borghesi frustrati eccetera. Diciamo che il presunto elitismo che sta dietro a certe intemerate contro il “progresso” non si combatte con il suo opposto, cioè la demagogia del povero droghiere che vuole divertirsi nel fine settimana.
C’è senz’altro di peggio dell’assessore che fa installare l’ennesimo ponte tibetano. Forse bisognerebbe partire dalla constatazione che siamo un paese in declino, dove la crescita del turismo è l’unico fragilissimo baluardo di fronte al crollo della produzione manifatturiera e della fuga dei cervelli all’estero. La cosiddetta valorizzazione del territorio diventa spesso l’unica arma che un amministratore locale, il quale mediamente già non brilla per lungimiranza e visione, né ha un mano strumenti di politica industriale, per “creare sviluppo”. Che sia molto spesso una pia illusione (quando non è, ma tendo a cedere che siano casi minoritari, un consapevole diversivo elettorale) è un altro discorso. O meglio, è in realtà il punto chiave, perché il turismo non crea sviluppo (e dove l’economia va bene veramente, come ad Amsterdam, si fa ormai marketing territoriale al contrario, scoraggiando il turismo di massa è discriminando per quanto possibile certe categorie come la working class under 30 inglese in cerca di sballo).
Quindi anche in un’ottica “sviluppista” il proliferare di certe attrazioni in montagna lascia il tempo che trova. Naturalmente è un po’ miope e ingeneroso, ne convengo, demonizzare il tentativo di “attrarre” visitatori da parte di un paesino di media valle che del flusso dei turisti di norma si becca solo lo scarico delle auto di passaggio.
Anche qui, a meno di imboccare la strada di una generale decrescita più o meno felice, bisognerebbe essere in grado di discernere caso per caso. All’inizio l’idea della panchina gigante mi piaceva molto, alla milionesima replica ho cominciato a pensare che facesse un danno e non più un favore al territorio.
@ Ratman
Puo’ anche essere che le tue osservazioni e critiche nel mio caso siano giustificate.
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Pero’ mi sembra che il tema dell’articolo sia abbastanza preciso : serve drogare la montagna con una paccottaglia di :”Esperienze stereotipate” ?
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Ricordo un tema che discutevamo fra ragazzi mille anni fa’ : “Ma che cazzo ci vado a fare a Riccione per stare 12 ore fra discoteche ed aftwr hours , se lo stesso tipo di intrattenimento posso trovarlo sotto casa in una periferia cittadina , senza il rischio che vedere un posto diverso dal mio mi arricchisca i neuroni ?”
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Un Luna Park lo puoi costruire in qualsiasi posto.
@43
Ma perche’ sbancare le splendide vallate intorno alla Val Settimana ?
A beneficio di cosa ?
Turismo ?
@ 41 si, ma nel tuo sistematico fare minestrone, non focalizzi i concetti. Ti dovrei rispiegare da zero tutto quello che ti ho spiegato migliaia di volte, non capisci mai quello che dico. Non può essere un limite mio perché tengo corsi di formazione professionale e rendo comprensibili concetti tecnici ben più intricati di quelli che spiego qui. Gli studenti sono sempre molto contenti di come spiego. Invece con quelli cinesi te, non sei l’unico, è faticoso perché ho verificato che non focalizzi i concetti, per cui ti fai dei minestroni in testa in cui ti perdi. Ti lascio al tuo destino. Ciao!
@37. No, errore mio, Forni di Sotto.
Piuttosto servirebbero fondi per fare manutenzione ai sentieri. Non tutti i comuni o regioni stanziano fondi per la manutenzione dei sentieri o silvopastorali questo serve alla montagna. Per la maggior parte sono volontari che fanno manutenzione a strade e sentieri oppure gli allevatori. Con sentieri, rifugi e forestali ben tenuti gli escursionisti possono godere delle meraviglie della montagna con un po’ di fatica anche che è salutare per il corpo e la mente.
32) Crovella, io mescolo perchè è tutto legato. Non si vive, non si pensa, non si agisce a compartimenti stagni. Ogni cosa influenza l’altra.
Altre domande: quanti siete, di cosa campate, dove abitate, voi “che non ne potete più di queste edperienze”?
Se va bene una minoranza irrisoria ben incardinata in questa società commerciale- che pure schifate ma che vi ha mantenuti e arricchiti – e non abitate in montagna.
Cittadini, piccolo borghesi frustrati da questo perenne vorrei ma non posso estenuanti dalla idea di contare qualcosa, magari avvocati, ingegneri, professori, e che nessuno da retta alle vostre idee geniali diiglioramento dell’umanità e del mondo intero.
Insomma a ben guardare la base sociale si tutte le dittature storiche, rosse o nere che fosse.
Ovviamente nessuno dei presenti – puro incipit retorico- precluderebbe ad alcuno l’accesso alle sacre vette. Ovviamente previa efucazione: ecco che il picxolo Pol Pot che vive dentro di voi comincia a gongolare. Campi di formazione dell’uomo nuovo: pantaloni alla zuava, sveglia presto, canottiera di lana e andare.
Ciò che a me colpisce sempre è la presenza sullo sfondo di questi articoli di un idealtipo umano che viene postulato ma le cui caratteristiche non vengono mai descritte. Naturalmente perché questa presenza assenza permette agli abitue di questo blog di viversi come la sua incarnazione: noi e gli altri.
Gli altri sono subumani massificati indegni di usufruire, godere, partecipare nella misura delle loro capacità e attitudini alla bellezza della montagna sacra.
Poi scopri che a divertirsi senza permesso sono il tuo panettiere, meccanico,parrucchiere, idraulico, falegname.
Diciamocelo, sta schifezza di poveracci
Claut -Forni di Sopra ??
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:-ò
Cla #35: sul continuo cambiamento non posso che essere d’accordo.
Per il resto, del mio commento #26 forse ti è sfuggita l’ultima frase, dove aggiungo “non solo la montagna” e “naturali” è messo volutamente fra virgolette.
Placido Mastronzo al 26: dove comincia la montagna??? 1 cm. sopra il livello del mare è già montagna.
E un ambiente naturale??? Era un ambiente naturale il deserto dell’Egitto, prima che incompetenti faraoni lo rovinassero irrimediabilmente con piramidi e sfingi.
I nostri bisnonni d’inverno portavano le vacche dalle vallate alpine alla pianura, le vacche mangiavano, cagavano e arricchivano il terreno per poi piantare il mais, i bisnonni vendevano formaggio nella Bassa, trombavano qualche contadina lodigiana e tornavano a casa con una moglie diversa oppure si accasavano nella Bassa. Poi con la costruzione di strade, superstrade, autostrade, ferrovia, Alta Velocità la cosa è diventata impossibile. Però, alzi la mano chi di noi non usa strade e ferrovie???
Una volta le guerre si facevano con i sassi, poi arrivarono spade, lance e catapulte, però forse anche Re Artù sarebbe contrario all’uso moderno di Patriot e bombe a grappolo.
Verrà il giorno che i vostri nipoti diranno: “bei tempi quando si poteva andare su un ponte tibetano o una panchina gigante e farsi un selfie, ora purtroppo……” Non voglio nemmeno immaginare cosa diranno dopo quel “purtroppo”!
Il mondo, purtroppo per noi vecchi conservatori, è in continuo cambiamento e siamo noi che siamo di troppo, digeritela sta cosa!
Regattin #33
Oppure, ancor più squallidamente, un semplice pretesto (e non sono solo i ciclisti a finire in quel ruolo, ma chiunque frequenti la montagna).
Propongo un’aggiunta al titolo, prima delle virgolette: e di Crovella”.
@28: il problema non sono solo i bikers e gli e-bikers, ma gli amministratori che hanno visto in loro una fonte di introiti da turismo esperienziale, e per assecondare le loro esigenze costruiscono piste ciclabili (larghe 3 metri perché deve poterci transitare un mezzo di soccorso) in luoghi inusitati e sottoposti a vincolo ambientale (evidentemente facilmente aggirabile). Vedi collegamento Tuglia Chiampizzulon già devastato dalle frane appena terminata la costruzione e la progettata Claut Forni di Sopra, in una zona soggetta a varie frane che cadono puntuali diverse volte all’anno, dove per raggiungere il punto più alto dovranno letteralmente devastare un versante di una montagna per costruire svariati tornanti, con tutti i muri di sostegno necessari ecc. ecc.
E i sindaci felici che finalmente si possa usufruire di un luogo incontaminato! Un corto circuito pazzesco!
@ 31 non voglio rilanciare, ma guarda che, se continui a mescolare ancora adesso le cose (dopo che te le ho spiegate milioni di volte) ha notevoli problemi di comprensione.
24) Fabio ma che ci ragioni a fare con un personaggo come Crovella che urla “più montagna per pochi”, ma allo stesso tempo urla guai all’eretico istruttore!! che nel corso si permette di raccontare ai suoi allievi le proprie esperienza di un alpinismo un pò più tosto, spartano, non preconfezionato, fuori dagli schemi della massa.
Nell’epoca di tutto per tutti e del business sfrenato si fanno tutte queste cazzate per esibizionisti da tastiera che rompono le palle a chi ama silenzio solitudine e natura.. come lo scrivente!!
Nota: Talaria e’ una moto fuoristrada elettrica sdogantata come mtb in assenza di regole ; questa e’ la fruizione che viene proposta , e il “baccano” che si ribella viene perculato o aggredito.
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https://youtu.be/rlUU6WJwPbY?si=3O-956thDbIpH20F
@ Bruno Telleschi
Io sono un mtbiker e ho una visione parzialmente critica di questa attivita’.
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Spesso gran parte dei problemi portati dalle biciclette sui sentieri sono da attribuire ad un limitato numero di teste di cazzo , che non conoscono il rispetto ne per la natura , ne per il sentiero , ne per le persone che condividono attivita’ nello stesso ambiente.
Sopra porto un esempio di un noto biker nel Parco di Montevecchia e valle del Curone , dove il transito alle mtb e’ soggetto a limitazioni per l’erosione dei sentieri.
Un bell’argomento , pieno di risvolti non semplici :
da qualche parte , nel nostro cervello la montagna deve restare quella che ci ha imprintato il nostro amore per lei , atmosfere di altri tempi , eroi che non ci sono piu’ , economie rurali viste con compassione dal progresso dell’aria condizionata , di Netflix , dei ristoranti stellati al posto dei rifugi e un minimo sindacale di ponti e vie di comunicazione oltre le quali c’e’ la Natura.
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Dall’altra ci spiegano che nei prossimi decenni e’ irreversibile il trend di spopolamento a beneficio delle grandi citta’ , e che i montanari vanno premiati con pingui utili , ottenuti facendo fare n-giri di una giostra standardizzata a noi cittadini.
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Non riesco a dire in due righe tutto cio’ che penso , ma la montagna che amo io non ha bisogno di queste installaziomi per farci fare delle foto tutte uguali , a volte la sua bellezza sta in un insetto , un pesce , o altre cose che non avevo mai visto , o che ho la gioia di ritrovare intatte dopo tanto tempo…
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Invece l’esperienza che ci propongono da obliterare e’ una foto con una seggiola gigante.
Ciò che a mio modestissimo parere dobbiamo combattere è la visione della montagna* come terreno da sfruttare per il profitto.
*Non solo la montagna, ma tutti gli ambienti “naturali”, come ad esempio le spiagge e i mari. A titolo di esempio si veda questo articolo: Mare Libero: chi si riprende le spiagge sfidando il caos delle concessioni balneari.
Guarda che il buon senso è quello che difetta proprio a te. Se non sei disposto a fare dei sacrifici anche nella tua piccola quotidianità, con quale faccia tosta pretendi che vengano abbattute iniziative che, direttamente o indirettamente, alimentano la promozione di attività turistica da cui altri concittadini traggono sostentamento? Sul punto, io sono molto radicale, sono ormai giunto ad augurarmi di poter sterminare totalmente ogni manifestazione di presenza umana in montagna, ma mi sento moralmente a posto nel chiedere ciò perché, a titolo personale, seguo un regime di vita monacale e parsimonioso nell’uso delle risorse. Se non avete questi prerequisiti, è infondata ogni vs pretesa in merito a ciò che accade in montagna. Mi state spronando a riportare la notissima battuta da caserma sul chi “vuole fare il figo… indossando i panni di altri” (cari amici politically correct, ammette che dialetticamente so cavarmela bene, eh? Mi sono fatto perfettamente capire, senza sconfinare di un micron nel politicamente scorretto, eh eh).
@ 23
Insomma, condizionatore con 35-40°C = panchine giganti.
P.S. Io mi meraviglio di me, che ancora mi illudo di confrontarmi con argomentazioni basate sulla ragione, sul buon senso.
@21 Ho citato l’esempio dell’aria condizionata come manifestazione di consumismo anche di spicciola quotidianità. Se non accettiamo di pagare dei prezzi e dei sacrifici a titolo personale, è inutile che facciamo i fighi a fare gli “ambientalisti” a tavolino. E’ da ipocriti dire “abbattiamo le panchine giganti!” e poi avere l’aria condizionata. Prima di guadare la pagliuzza negli occhi degli altri, rendiamoci conto della trave che c’è nel nostro.
E qui mi lego al 22. Certo che l’Occidente sta ancora consumando a mani basse, ma io parlo al passato perché, oltre a vietare al cosiddetto terzo mondo di poter consumare come noi, combatto contro gli occidentali un po’ legnosi (a puro titolo di esempio, vedi 21) affinché si riduca DRASTICAMERNTE anche il consumismo occidentale. Spero quindi di ottenere dall’Occidente che riduca i consumi. Quindi NON solo dico NO al diritto consumistico dei “nuovi”, ma dico esplicitamente anche NO alla continuazione dei diritti consumistici degli occidentali. TUTTI DOBBIAMO TIRARE LA CINGHIA, ALTRIMENTI IL DISCORSO NON FUNZIONA. IL RISULTATO DEVE ESSERE NELLA TOTALITA’ DEI VARI RISVOLTI.
A puro titolo di esempio specifico (prima che qualche genio faccia i suoi soliti voli pindarici), che io NON ho (anzi non ho MAI avuto) l’aria condizionata, che mi abituo a sopportare il caldo così come d’inverno tengo i termosifoni a 17-18 gradi (e in alcune stanze, restano chiusi) e metto un golf in più, che bevo sistematicamente acqua del rubinetto mangio sostanzialmente solo frutta e verdura e formaggi a km zero (il sabato i contadini del circondario vengono nel mio mercato rionale). Più tutta una seria di altri piccoli comportamenti che, senza arrivare a salvare il Pianeta, sono però espressione di uno stile di vita. Mi pare invece che la gran parte di chi, a tavolino, dà addosso alle panchine giganti, oppure alle funivie per sciabattanti, oppure alla proliferazione di nuovi rifugi e bivacchi senza un “senso” di appoggio alpinistico ecc ecc ecc, e poi nella vita quotidiana segua uno stile consumistico, se non addirittura MOLTO consumistico.
Carlo potrei anche credere alla tua buona fede, se tu avessi scritto non godranno mai del consumismo come noi continuiamo a goderne.
Quindi la tua è la solita posizione di sfruttatore e colonialista: in breve, brevissimo tempo sparisce #menoconsumipertutti e rimane solo #ècolpadichifatroppifigli per po appianarti su #ilPILnoncresceabbastanza
Carlo, ti informo che nella Pianura Padana ora si toccano temperature quasi tropicali.
Dimmi tu in base a quali tuoi imperscrutabili “ragionamenti”:
1) Pretendi di vietare il condizionatore nelle case, di notte e/o di giorno.
2) Equipari il condizionatore, che serve per la pura sopravvivenza fisica, alle panchine giganti, che invece servono per soddisfare l’idiozia edonistica.
Bosio #16:
La libertà di poter andare dove si vuole (in base ovviamente alle capacità di ognuno) non è in discussione. Quello che semmai è in discussione è la libertà di poter costruire (inutili) manufatti che vanno a rovinare irrimediabilmente il patrimonio comune, per di più con il contributo finanziario di tutti.
Anticipo già le solite lagne dei politically correct: che diritto abbiamo noi occidentali, che in passato abbiamo consumato senza che ci fosse un domani, di evitare che tale diritto possa esser ora goduto da africani, asiatici, caraibici, ecc. ecc ecc.????
Non c’è altra risposta se non che l’umanità nella sua globalità NON può più permetterselo. Africani, asiatici, cariibici, ecc ecc ecc si devono mettere il cuore in pace: non godranno mai del consumismo come noi abbiamo fatto in passato. E’ ingiusto sul piano umano, ma non c’è altra strada. Altrimenti accadrà qualcosa (oppure un insieme di cose: da nuove pandemie a fenomeni sempre più distruttivi) per cui ci penserà la Natura a riportare la specie umana sotto ai numeri fisiologici con la sopravvivenza su questo pianeta.
Per intanto iniziamo e evitare cazzate del tutto inutili come le funivie per turisti in ciabatte, le terrazze a sbalzo, le panchine giganti, gli aperitivi in ovovia, le cubiste e musica a palla negli happyhour dei rifugi, le cene in baita con trasporto in motoslitta… e chi più ne ha più ne metta. Il destino dell’intero pianeta non dipende certo dall’esistenza o meno di queste scemenze, ma se riusciamo a evitarne di nuove ed anche a smantellare quelle esistenti, un piccolo tassellino alla salvezza del pianeta lo portiamo anche noi.
I lettori attenti del Gogna Blog sanno perfettamente che, da tempo immemore, anche su queste pagine io sono un ESPLITICO sostenitore, oltre che dell’hashtag #piùmontagnaperpochi, anche di quelli collegati ideologicamente, come #menoconsumipertutti e #conteniamolenascite (del terzo mondo, perché in Europa accade già da sè), quest’ultimo al fine di piegare la dinamica demografica. Otto miliardi di esseri umani “consumano” il pianeta in cui viviamo, a maggior ragione se, in assenza di interventi demografici, si arrivasse, fra pochi decenni, ai 10 mld come evidenziano le proiezioni in merito. E’ notizia recentissima che ieri, 1 agosto, l’umanità ha consumato la quantità di risorse (rinnovabili) che la Terra è in grado di rigenerare in un anno. In pratica da oggi 2/8 fino al 31/12 intaccheremo il “magazzino”, cioè consumeremo risorse in eccesso. questo giorno limite si sta accorciando anno dopo anno e arriveremo a un punto in cui esso coinciderà con il 1 gennaio. Quindi sono perfettamente consapevole che la battaglia per meno gente in montagna non è altro che un tassellino di una più ampia battaglia, i cui cardini fondamentali sono due: meno consumi in assoluto (anche nella quotidinità cittadina: imparate a dormire senza aria condizionata e alla sera anziché chattare, leggete un bel libro!) e meno esseri umani in assoluto. Ovviamente NON sto predicando una campagna di fucilazioni di massa, ma un controllo serratissimo delle nascite nelle zone calde quali Africa, Asia, Caraibi ecc,, in modo tale che la fisiologica somma algebrica nati-morti riduca la popolazione vivente sul pianeta. Stime indicano in 5 mld di individui la capacità di adeguata sopportazione del Pianeta. Dobbiamo quindi ridurre di 3 mld (8-5) la popolazione vivente e soprattutto evitare che si salga a 10 mld come previsto dalla proiezioni in assenza di interventi. Contemporaneamente vanno assunti comportamenti molto più scabri e spartani anche nella spicciola quotidianità degli occidentali, cioè anche degli europei, cioè anche da parte di ciascuno di noi. Blaterare contro le panchine giganti e poi avere l’aria condizionata a casa è completamente incoerente.
Le ‘giostre’ impiantate in montagna a beneficio del turismo estivo non sono che il prolungamento stagionale del grande e molto redditizio luna park invernale, ora un po’ in crisi stante il cambiamento climatico in corso. Tuttavia non possiamo vantarci dell’ esclusiva: la ferrovia della Jungfrau attraverso la pancia dell’ Eiger fu inaugurata nel 1912. Un bel business a 3500 metri, con relativo indotto.
Normale che tale modello, fatte le debite proporzioni, susciti gli appetiti degli operatori intenzionati ad incrementare il giro d’affari della meno redditizia, e più breve, stagione estiva. Cito al proposito, e con rammarico, le recenti lamentele di alcuni amministratori di una località in Valtellina a causa di un impianto a fune traversante due valli contigue, ancora sotto sequestro e dunque improduttivo a seguito di un incidente mortale.
Non ho altre parole.
Molti valori espressi nel testo e nei commenti sono sostanzialmente di puro buonsenso e quindi condivisibili. Ma.. Alcune considerazioni : panchine giganti, ponti tibetani ecc.. Restano a quote medio basse, facilmente raggiungibili con le auto. La montagna “vera” resta impervia, quasi per definizione, e quindi non frequentata e frequentabile dal gregge. Soprattutto mi pare imperativo il concetto di libertà: di andare dove voglio, fossanche ad una panchina gigante, per farmi tutti i selfie che voglio; sul spigolo nord del Badile, se credo di avere la capacità per farlo, di andare a farmi un bel giro in mtb, sui sentieri e mulattiere, dando la precedenza ai camminatori (ma di solito ne incontro pochissimi, e spesso ci si ferma a fare 2 parole). Io non mi sento sminuito da un ponte tibetano, se non mi piace o non mi dice nulla non ci vado. Quello che invece mi urta, e parecchio, sono tutte le regole e i divieti che ci stanno sempre di più soffocando. Ci concentriamo sul dito o sulla luna?
p.s. dimenticavo di complimentarmi vivamente anche per l’eccelsa scelta musicale
Alleluiah!
La prima volta che commentai su questo blog, fu su una questione simile.
La montagna è in gran parte ridotta a questo: parco giochi per merenderos e cittadini; insopportabilmente doloroso da vedere e vivere. (Noi non abbiamo la seconda casa. In montagna ci stiamo 12 mesi all’anno.)
Pensa a questo, che è diventato richiesto e famoso, per piantare panchine di ferro giganti in cima a colli e punte.. Ma che mondo è??
E i montagnini? Si sottraggono all’assalto o partecipano di gusto? Che strazio.
Un grazie di cuore all’autore di questo articolo…
La citazione di “What’s use” è raffinatissima e da applauso.
Dopodiché: il fenomeno è difficilmente arginabile.
Da un lato vi è un certo turismo che, quel luna park, lo vuole, e non va in un posto dove “non c’è niente”. I turisti “educati” a certi valori sono di meno, e solitamente concentrati in luoghi elitari e dispendiosi.
Dall’altro, gli stessi residenti e politici locali vogliono aumentare indotto e introiti e imitano altri luna park, nel timore che il turista generico medio vada in luoghi dove”c’è qualcosa”. Diceva quindici anni fa un mio caro amico, intelligente ma imprenditore e di spirito pratico, al quale esponevo dubbi analoghi a quelli dell’articolo, “la Valtellina [nota: a tutt’oggi relativamente poco toccata dal fenomeno] ha vissuto per anni sulla mucchina, adesso la mucchina non basta più”.
Ergo, invertire la tendenza somiglia un po’ a far risalire una valanga. Chissà se sarà sufficiente una rieducazione massiccia, volta a imprimere l’idea che la montagna sia “spettacolare” in sé senza (oppure, con una limitata e circoscritta) necessità di panchine, carrucole, aree attrezzate in quota, eccetera eccetera?
Balsamo (#8): vedasi la definizione di “zona di sacrificio”.
Temo però purtroppo che il cancro prima o poi si estenderà anche alle zone “sfigate”, vista la perenne fame di nuovi territori da sfruttare in nome del continuo aumento di fatturato.
Sono tanti anni che porto avanti questa frase: lasciamo in pace la montagna. Non serve altro.
Che dire che non sia già stato detto?
Nulla da aggiungere se non che il lamento di Paola nel secondo intervento “Abbiamo imboccato la strada sbagliata!” va applicato a tutta la nostra società, che questa “valorizzazione” della montagna è solo un di cui di una società, di un modello e di uno sfruttamento che coinvolge tutto e tutti.
E quindi che #piùmontagnaperpochi non ha alcun senso se non si prende coscienza che deve essere parallelo e correlato a #menoconsumopertutti con tutto ciò che comporta (meno auto, meno gadget, meno lavoro, meno PIL come misura di tutto, ecc.)
@GognaBlog: allora i complimenti per la scelta del brano vanno alla redazione.
Ho creduto la scelta fosse dell’autore perché la citazione è inserita in testa all’articolo, dopo il nome dell’autore, e quindi sembra faccia faccia corpo unico con lo scritto di Trentini.
Il lato positivo di queste c.d. opere, è che sono irresistibili attrattori per la massa appecorata ((c) Cominetti), che vi si concentra evitando così di infestare altre zone.
Non vale dunque la pena di sprecare qualche milioncino e sacrificare qualche luogo (magari già devastato da strade e impianti di risalita, che non ce lo vedo l’appecorato medio a ciucciarsi centinaia di metri di dislivello per una skyline), così che la Montagna VERA (qualunque cosa essa sia) rimanga libera dalla massa e solo per chi è in grado di apprezzarla VERAMENTE ?
Mi auguro che la scelta di associare il brano dei Tuxedomoon a questo testo piaccia anche al suo autore. In effetti per me è stato un accostamento del tutto immediato e spontaneo.
# piùmontagnaperpochi. Se prevalesse questa convinzione, eviteremmo sia l’ “offerta” turistica descritta che i cannibali che amano “quella” offerta turistica. Invece anche la maggior parte di chi, a tavolino,”protesta” contro tale offerta turistica, sostiene che andare in montagna sia un inalienabile “diritto” per tutti: non c’è da stupirsi che la conseguenza sia quella che abbiamo sotto agli occhi (e sarà sempre peggio). Non è colpa di amministratori, imprenditori, affaristi ecc ecc. Affaristi e amministratori spregiudicati esistono da sempre ed esisteranno per sempre: se incontrassero un “muro” ideologico, che impedisce loro di fare questi affari in montagna, si indirizzerebbero verso altre destinazioni e ce li toglieremmo dai piedi. Invece essi incontrano il ventre molle della diffusa convinzione circa il “diritto di tutti” ad andare in montagna. Per cui i veri responsabili di queste brutture non sono gli amministratori o gli affaristi: sono quelli che non capiscono che aprire la montagna “a tutti” porta a queste demenzialità.
Sono d’accordo con gli interventi precedenti.
Per chi come me ha vissuto il fenomeno new-wave il pezzo dei TuxedoMoon è spettacolare!
Per completezza preciso che al mio commento #4 per “ciclismo fuoristrada” intendo il cicloescursionismo (e non, ad es. il downhill assistito da impianti di risalita e/o navette).
L’autore merita un plauso anche solo per la citazione musicale, ciliegina sulla torta di un’analisi che condivido.
Lo scenario è quello che ormai purtroppo abbiamo imparato a riconoscere, quello del turismo estrattivo: un modello che, senza l’aiuto delle amministrazioni di ogni livello, è molto difficile poter contrastare.
Sono parzialmente in disaccordo con Telleschi (#3): il ciclismo fuoristrada va sicuramente arginato e regolamentato, e ne vanno giustamente stigmatizzati gli aspetti deteriori, ma, a differenza di scatole vuote come ponti tibetani, panchine giganti, passerelle a sbalzo sul vuoto, ecc., si tratta di un’esperienza AUTENTICA (parola chiave).
Ponti tibetani… e (tanto) altro. Ma soprattutto biciclette. Tra gli orrori del consumismo si diffonde come la peste il ciclismo fuoristrada che devasta le montagne e dilaga ovunque senza rispetto per niente e nessuno. Ormai è una catastrofe senza misura né provvedimenti contro i vandali e i pirati sul pedale in guerra contro gli uomini e la natura.
Concordo pienamente con il primo commento. Abbiamo imboccato la strada sbagliata! Questa non potrà che portare alla perdita di tutte le cose che finora hanno costituito il nostro amore e legame per la Montagna. Quello che lasceremo ai nostri nipoti sarà un povera, poverissimo cosa, svuotata di ogni significato VERO.
Che dire, questa analisi non fa una piega. Le c.d.offerte turistiche non fanno altro che riflettere un profondo vuoto interiore del nostro decadente mondo occidentale. Da popoli che sono riusciti a trasformarsi in cittadini, ( da non confondersi con urbanizzati) siamo diventati consumatori, schiavi del nostro benessere tecnologico materiale e di bisogni indotti apposta per mantenerci schiavi. Da tempo la montagna è stata proposta, purtroppo anche dai montanari, come un ennesimo prodotto di consumo e non come il territorio naturale su cui si sono sviluppate culture millenarie, che lo hanno anche modificato ma sempre in funzione di consentire la permanenza delle popolazioni, valutando con estrema parsimonia costi e benefici degli interventi. Ora invece i costi sono sempre più a carico di altri e gli effimeri benefici inebriano per qualche tempo le popolazioni locali, ma poi lasceranno solo scheletri difficili da smaltire. È se vogliamo, un altra forma di colonialismo che sfrutta il territorio, non solo svuotandolo di risorse ma anche distruggendo quel poco che rimane della cultura locale. È successa la stessa cosa con lo sci, dove impianti di risalita sempre più faraonici si trovano ora ad affrontare costi di gestione altrettanto faraonici a spese dell’ ambiente e del contribuente.