I parlamentari dell’Assemblée nationale approvano all’unanimità in prima lettura un disegno di legge volto a limitare la diffusione dei PFAS. In Italia Greenpeace chiede al governo di seguire l’esempio francese con una legge che ne vieti la produzione e l’utilizzo.
Pfas, il passo avanti francese
di Francesca Santoro*
(pubblicato su sapereambiente.it il 10 aprile 2024)
Il 4 aprile 2024 la Francia ha deliberato di vietare la produzione e la vendita di prodotti non essenziali contenenti PFAS, ovvero, sostanze chimiche di sintesi usate dalle industrie per conferire proprietà idrorepellenti e oleorepellenti a molti prodotti di consumo. I PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) si trovano nelle nostre case: dentro prodotti tessili e di arredamento, vestiario, cosmetici, ma anche carta forno, imballaggi alimentari, padelle antiaderenti, filo interdentale, farmaci, dispositivi medici.
Vengono detti “inquinanti eterni” perché si degradano in tempi lunghissimi. Per tale motivo si accumulano e possono contaminare anche le risorse idriche, inclusa l’acqua potabile.
I rischi per la salute
Lo scorso dicembre l’Agenzia Internazionale dell’OMS per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha comunicato l’esito di alcune analisi sui due PFAS più diffusi: l’acido perfluoroottanoico (PFOA) è stato classificato come “certamente cancerogeno per l’uomo” mentre l’acido perfluoroottanosolfonico (PFOS) come “possibile cancerogeno per l’uomo”. Inoltre, negli anni sono stati associati all’accumulo di PFAS disturbi come problemi alla tiroide, danni al fegato e al sistema immunitario, diabete, impatti negativi sulla fertilità.
PFAS nel cibo
Grave anche la questione della presenza dei PFAS nei pesticidi, con conseguenti residui sui prodotti agricoli. Un recente studio intitolato “Toxic Harvest” di PAN Europe (Pesticides Action Network) ha rilevato che la presenza di residui di PFAS in frutta e verdura è più che triplicata dal 2011 al 2021. Il tasso di crescita per la frutta è del 220% e raggiunge il 274% per la verdura.
I limiti del disegno di legge francese
In Francia dunque, dal 1 gennaio 2026, i PFAS saranno vietati nei cosmetici, nella sciolina e nella produzione di abiti, ad eccezione di quelli per la protezione professionale. Il divieto al momento non riguarda pentole e utensili da cucina, dopo la forte mobilitazione dei produttori le scorse settimane.
In Italia, dove il Po risultava già nel 2007 il fiume europeo con la maggiore presenza di contaminanti PFAS, l’allarme per quanto riguarda l’acqua potabile è stato sollevato negli ultimi mesi in Lombardia, Piemonte e Toscana. in Veneto, dove la questione risale a più di dieci anni fa, a marzo il Consiglio regionale ha aderito al manifesto per la messa al bando dei Pfas #BanPfas sottoscritto da 129 organizzazioni della società civile europea.
Dopo il voto dell’Assemblée nationale, Greenpeace Italia sollecita il governo Meloni a seguire l’esempio francese e vietare in Italia la produzione e l’utilizzo di PFAS.
Per saperne di più
https://attivati.greenpeace.it/petizioni/zero-pfas
Francesca Santoro*
Laurea in comunicazione, specializzazione in marketing e comunicazione nel Non Profit. Per 15 anni si è occupata di comunicazione e formazione nell’ambito del consumo critico e del commercio equo, trattando temi quali l’impatto delle filiere a livello locale e globale su persone, risorse, territori, temi su cui ha anche progettato e condotto interventi nelle scuole. Dal 2016 crea contenuti online per progetti, associazioni, professionisti.
Il commento
di Carlo Crovella
Il tema PFAS è tutt’altro che marginale nella vita anche del singolo cittadino, perché può condizionare la salute personale di ciascuno. Tuttavia in Italia non è immediata né la limitazione né la messa al bando di tali prodotti, nonostante le acclarate criticità, perché le autorità competenti sono influenzate dalla resistenza di importanti strati corporativi, che spesso corrispondono a significativi bacini elettorali. Prima di arrivare a prendere decisioni politiche, occorre che maturi l’opinione pubblica, la quale poi potrà spingere le autorità a votare in una certa direzione. Solo quando avremo la diffusa convinzione (almeno nella stragrande maggioranza dei cittadini) che occorre “combattere” questi tipi di inquinamento della nostra esistenza, eleggeremo rappresentanti politici che ragionano in tal senso. In Italia non è ancora così dominante l’opinione pubblica anti PFAS. Anzi ci sono non pochi “freni a mano tirati”, che si annidano dentro la società, in particolare nei comparti produttivi. È ingenuo, allo stato attuale, aspettarsi che il Parlamento italiano metta al bando i PFAS, a maggior ragione all’unanimità dei votanti, come recentemente accaduto nel Parlamento francese. Non parliamo di certe iniziative statunitensi finalizzate a eliminare totalmente i PFAS dall’acqua potabile. Qui da noi, siamo ancora al passo precedente: occorre “lavorare” a fondo sulla consapevolezza dei cittadini e a tal fine ogni contributo è lodevole, ma senza pretendere che la sola attività di protesta (anche plateale) faccia crescere l’opinione pubblica italiana. È utile, per carità, anche l’attività di protesta esplicita, ma ben altri e più profondi devono essere gli interventi, iniziando dall’insegnare, fin dalle scuole elementari, ai bambini/e a “vivere sano”, a “agire per un mondo pulito”, a “rifiutare la società consumista”. Il rifiuto degli PFAS si inserisce quindi in un più ampio progetto di educazione ambientale delle giovani generazioni. I bambini di domani saranno gli adulti di dopodomani: è lì che dobbiamo concentrare il massimo degli sforzi.
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Sarebbe interessante, pur sapendo che sono altamente nocivi, scoprire quali siano i prodotti necessari selezionati.
Purtroppo, finché si troverà manodopera utile a servire la follia, poco cambierà. Quasi inutile prendersela con i manager: vanno fermati gli operai.