Salviamo la Val di Genova

Poteva essere la più grande centrale idroelettrica d’Europa quella che Enel voleva costruire nel paesaggio incontaminato della Val Genova a metà anni Sessanta. Ma grazie alla lotta di Francesco Borzaga con Italia Nostra e la Società Alpinisti Tridentini (SAT), la valle fu salvata e si gettarono le basi per l’istituzione del Parco Adamello-Brenta. Che recentemente è venuto a conoscenza, tramite la stampa, delle proposte di estensione del demanio sciabile in alcune zone all’interno dell’area protetta.

Salviamo la Val di Genova
di Ludovica Schiaroli
(pubblicato su piemonteparchi.it il 23 gennaio 2020)

Non c’è bisogno di raggiungere la cima di queste vette per sentire il confine tra il finito e l’immenso, potremmo dire parafrasando lo scrittore e alpinista Erri De Luca. Lo sguardo si perde e si impressiona alla vista di cascate che precipitano veloci a valle, laghi, ghiacciai, solitarie malghe, rifugi e alpeggi avvolti nel silenzio. Otto vette si sviluppano oltre i 3000 metri mentre la maggior parte supera comunque quota 2500. Qui è stata fatta la storia dell’alpinismo con alcune cime che sono diventate famose in tutto il mondo come Campanil Basso, Crozzon di Brenta, Cima Tosa e Cima Brenta.

Questo è il Parco Naturale Adamello-Brenta, un’area protetta di 620,50 kmq caratterizzata da due massicci montuosi: le Dolomiti del Brenta, che è anche l’unico sito trentino Patrimonio dell’Umanità, e il Gruppo dell’Adamello-Presanella. Nel 2018 il Parco è stato riconosciuto Geoparco grazie ai suoi 61 geositi.

Sulle orme del Parco
Se ne parla dai primi anni Venti del secolo scorso quando Giovanni Pedrotti, socio della Società Alpinisti Tridentini, fece la prima proposta di tutelare l’area. L’idea era nata da una precedente visita di Pedrotti al Parco Nazionale d’Abruzzo, allora appena istituito, ma nonostante l’interessamento di politici e intellettuali bisognerà aspettare gli anni Sessanta con le prime lotte promosse da naturalisti e associazioni ambientaliste, per iniziare il percorso verso l’istituzione di un’area protetta.

Dolomiti di Brenta viste da Lago Ritort. Foto: Thomas Martini.

La battaglia per difendere la Val Genova
Negli anni Sessanta, da queste parti, dare dell’ambientalista a qualcuno era come insultarlo. Non c’era coscienza del territorio, né si pensava alla necessità di tutelare le nostre montagne“. Le prime parole di Francesco Borzaga fanno subito intuire di che pasta è fatto l’uomo che ancora oggi, dopo sessant’anni di lotte ambientaliste, non ha perso lo spirito che lo ha portato a combattere e vincere tante battaglie, fra queste anche quella contro la costruzione della centrale idroelettrica nella Val Genova.
Ripercorre quei giorni vuol dire anche ricordare come erano le nostre montagne sessant’anni fa. Ben diverse da oggi, nel bene e nel male.
Non era facile parlare di tutela ambientale allora – spiega Borzaga – nelle valli si viveva con poco e l’arrivo di una società e la costruzione di una centrale o di una funivia portavano soldi e ricchezza. Così si sono anche gettate le basi per la prima accoglienza turistica… purtroppo alcune delle nostre valli più belle sono state sacrificate in nome del profitto, altre per fortuna le abbiamo salvate“.

Cascata Pedruc. Foto: Michele Zeni.

Ciclostile e passaparola
Borzaga racconta volentieri quella che è stata una delle sue prime battaglie in difesa dell’ambiente. “Pensarci adesso, quasi non ci si crede – esordisce – ma ricordo ancora quando durante un incontro pubblico, nei primi anni Sessanta i responsabili della SISM (poi diventata Enel) dissero che noi ambientalisti non dovevamo preoccuparci per l’acqua della Val Genova perché loro l’avrebbero captata dalla cascata, portata sul fondo valle e poi restituita a comando solo schiacciando un bottone! Questa era la “faccia tosta” che aveva in quegli anni chi voleva costruire come la SISM. Ma non ci siamo fatti fregare…
Sono gli anni del boom economico e in Trentino come nel resto d’Italia c’è una forte spinta politica a realizzare grandi centrali che sfruttino l’acqua per la produzione di energia. Nella Val Genova i lavori per la costruzione di quella che sarebbe potuta diventare la più grande centrale idroelettrica d’Europa partono nel 1962 e contemporaneamente iniziano le prime manifestazioni in difesa dell’area.

È iniziato tutto in modo molto spontaneo – continua Borzaga – preparavo dei volantini e con il ciclostile li riproducevo, parlavo con le persone, organizzavo incontri dove raccontavo i rischi che avrebbe corso il territorio, ma non era facile farsi ascoltare… Mi aiutavano la SAT e la stampa locale“.
La svolta avviene nel 1963 quando grazie all’appoggio di giornalisti e ambientalisti come Antonio Cederna e Fulvio Pratesi la battaglia contro la centrale idroelettrica in Val Genova varca i confini del Trentino. “Andai a Roma a parlare con Italia Nostra. Tornai a casa con un accordo: io aprivo una sezione dell’associazione e loro mi avrebbero dato supporto nazionale“.

Le mobilitazioni coinvolgono non solo il mondo ambientalista ma arrivano al cuore delle istituzioni e poco dopo arriva anche il sostegno della Provincia Autonoma di Trento, della Soprintendenza, del Ministero della pubblica istruzione e dei comuni limitrofi.
Italia nostra e le altre associazioni chiedevano la creazione di un parco naturale che tutelasse la Val Genova – racconta Borzaga – ma determinante fu l’approvazione del Piano Urbanistico Provinciale di Bruno Kessler che definì la Val Genova “zona con particolari vincoli paesaggistici da salvaguardare“. “Anche il disastro del Vajont, nell’ottobre del 1963, con i suoi 1917 morti contribuì a scrivere la parola fine sul progetto“.
Nel 1967 viene individuata l’area protetta Parco Naturale Adamello-Brenta che, assieme al Parco Paneveggio Pale di San Martino, costituisce uno dei primi due parchi naturali provinciali d’Italia. Questo sarà il primo passo verso l’istituzione del Parco.

Dolomiti di Brenta e Lago Nero. Foto: Michele Zeni.

La tutela del territorio resta una priorità
Abbiamo vinto una battaglia, ma non la guerra” dice in modo quasi profetico Borzaga che, a 85 anni può permettersi di non avere peli sulla lingua. D’altronde valli e montagne troppo spesso sono vittime di speculazioni e sviluppo “insostenibile” come denunciano i cittadini che hanno dato vita nel 2013 all’Osservatorio spontaneo sul rispetto dell’ambiente nella Provincia Autonoma di Trento per contrastare l’ampliamento delle aree sciistiche e il progetto per la creazione di un bacino idrico (grande come sei campi da calcio) per l’innevamento artificiale, sul Monte Spinale delle Dolomiti di Brenta.
L’istituzione del Parco è stata fondamentale per la tutela delle nostre montagne – aggiunge Matteo Motter assessore del Parco Adamello-Brenta – ma se è innegabile che l’industria dello sci è stata molto vantaggiosa per il territorio, ora è arrivato il momento di dire basta a questa continua corsa a costruire piste in quote sempre più elevate. Gestiamo quello che abbiamo senza andare oltre. Il paesaggio è un valore immenso che dobbiamo salvaguardare“.
Anche il numero uno del Parco, il Presidente Joseph Masè ha sottolineato le criticità che comporterebbe l’estensione del demanio sciabile in alcune zone all’interno dell’area protetta. “Siamo consapevoli – evidenziava Masè in un comunicato stampa il 15 settembre 2019 – che l’industria sciistica rappresenti un asse portante dell’economia delle nostre vallate, ma crediamo che le scelte di pianificazione e di futura crescita del nostro territorio non possano prescindere da una particolare attenzione verso la tutela dell’ambiente e modelli di sviluppo sostenibili e innovativi, allontanando ogni rischio di omologazione con altri territori ove, per favorire gli interessi economici di pochi, sono prevalse logiche speculative, a danno della collettività“.
La questione è tornata di attualità dopo che il Parco Adamello-Brenta è venuto a conoscenza, tramite la stampa, delle proposte di estensione del demanio sciabile in alcune zone all’interno dell’area protetta, rese note durante le assemblee delle Società funiviarie di Folgarida-Marilleva, di Campiglio e di Pinzolo a metà settembre 2019. Secondo quanto si apprende da fonti di stampa le Società avrebbero già avviato un confronto con la Giunta provinciale, i Comuni e le Comunità di Valle per chiedere una revisione del Piano Urbanistico Provinciale che includa tale ampliamento.

Parco Adamello, Lago di Cornisello, Cima Cornisello e Presanella. Foto: A. Segalla

Adamello-Brenta, un Parco 3.0
Il Parco Adamello-Brenta è nato nel 1967 con l’individuazione dell’area protetta, ma è con la Legge provinciale del 6 maggio 1988 che viene istituito l’Ente parco e si stabilisce l’organizzazione amministrativa e le linee generali di gestione dell’area. “È stato un momento molto importante perché è conciso con un processo di responsabilizzazione della comunità locale nella gestione e nella tutela del Parco“, spiega Cristiano Trotter, Direttore del Parco Adamello-Brenta mentre elenca gli obiettivi per il futuro.

Il nostro è un territorio molto antropizzato, dove all’interno del parco sono presenti importanti stazioni sciistiche come quella di Madonna di Campiglio – continua Trotter – La sfida credo sia la responsabilizzazione degli attori presenti sul territorio, sia chi gestisce il Parco che chi gestisce le attività economiche. L’obiettivo è puntare sulle attività culturali, sulla ricerca scientifica coinvolgendo l’intera comunità locale in modo che le scelte che si faranno siano assunte con cognizione di causa. Dobbiamo trovare un equilibrio tra le esigenze di tutela della natura con quelle dello sviluppo economico. È una ricerca che dovremo fare insieme agli ambientalisti, agli imprenditori, ai cittadini“.

Itinerario consigliato
Alla scoperta delle cascate della val Genova che nell’Ottocento per la sua bellezza veniva chiamata la Versailles dell’Italia settentrionale. Un sentiero molto suggestivo che incanta per il numero di cascate che si incontrano: quelle del Nardis, che sono le più grandi d’Italia poi quelle di Laris e, più nascoste, di Casina muta e Pedruc.
Dalla Cascata di Nardis 927 m si prosegue risalendo le rive della Sarca mentre per visitare la Cascata del Lares si deve fare una deviazione: dopo il Ponte Maria prendendo il sentiero lastricato. Si prosegue e si raggiunge la Cascata di Cascina Muta 1350 m, da qui si guadagna il Rifugio Stella Alpina e infine la Cascata del Pedruc.
L’itinerario può essere percorso per intero oppure si possono utilizzare degli accessi intermedi o autobus.
Partenza e arrivo: Ponte verde, Val Genova
Durata: circa 6 ore
Lunghezza: km 26
Dislivello: 700
Link consigliatiParco Adamello-Brenta www.pnab.it
Si ringrazia il sito www.dna.trentino.it per i dettagli sul territorio e per l’approfondimento sulle prime battaglie ambientaliste in Trentino.
Maggiori dettagli sull’itinerario: www.sentres.com/it

DIDA

Dolomiti di Brenta viste da Lago Ritort | Foto T. Martini

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Salviamo la Val di Genova ultima modifica: 2020-04-30T04:42:25+02:00 da Totem&Tabù

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2 pensieri su “Salviamo la Val di Genova”

  1. Lo sguardo ambientalista, sostenibile è quasi sempre stato assente nelle popolazioni che abitano le pendici dell’alta quota: il rapporto tra il territorio e i suoi abitanti è purtroppo, sempre utilitaristico.

  2. Interessante.
    Sarebbe altrettanto interessante ripercorrere la nascita del Parco Regionale delle Orobie Bergamasche sulla base dell’idea base del ragionier Giovan Battista Cortinovis, alias ‘Giamba’ Cortinovis, dell’allora (1968) Pro Natura del CAI Bergamo (poi diventata TAM).
    https://primabergamo.it/personaggi/giamba-cortinovis-grande-uomo-che-ha-fatto-grande-il-cai-bergamo/
    (Questo link non menziona la cosa più importante, che è stata l’azione nel CAI Bergamo per la proposta di istituzione di un Parco delle Orobie: inizialmente con superficie limitata ad 1/4 di quella che poi sarebbe stata l’area protetta finale …. ma è l’idea di base quella che ha importanza!).
    Non entro nel merito di come il Parco sia gestito ora, ma se c’è una cosa che negli ultimi anni ha salvato le Orobie dall’abbandono totale è stato proprio quello di poter richiamare flusso escursionistico attratto dalla protezione del territorio, sebbene anche qui siano stati fatti dei veri scempi ambientali per favorire l’industria dello sci.
    Saluti.

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