Troppe mountain bike sui sentieri
Ecco un altro bel tema che suscita divergenze incandescenti: sui sentieri ci si può andare anche con la bici o no? Eppure la risposta parrebbe semplice: i sentieri sono nati per i pedoni, perciò sono incompatibili, nella stragrande maggioranza dei casi, con il percorso in bicicletta. Per ovvie ragioni: mancanza di spazio anzitutto, poi per la notevole differenza di velocità tra chi va a piedi e chi va in bici e infine per il maggiore e più veloce deterioramento del fondo. Tutte cose dette e ridette, anche nel Nuovo Bidecalogo del CAI.
Senza evocare visioni quasi scontate come quella della Gardaland della montagna, il problema è particolarmente sentito in Trentino, dove c’è una deregulation strisciante: «Con la scusa di far lavorare le malghe hanno aperto le forestali al traffico, ora per assecondare quelli delle mountain bike tutti i sentieri sono diventati potenzialmente “ciclabili”, in assenza di divieti specifici» è il commento di Alessandro Ghezzer, noto fotografo e opinionista.
Proprio qualche settimana fa c’è stato il passaggio del testimone al vertice della Commissione sentieri della SAT (Società Alpinisti Tridentini). Al presidente uscente Tarcisio Deflorian, che ha guidato il gruppo dal 2009 fino a pochi giorni fa (aveva ricoperto la stessa carica per un decennio negli anni Novanta), ora succede Ivo Ceolan, persona nella quale l’intera SAT ripone la propria fiducia per la sua competenza.
«Tutti sapevano di questo avvicendamento per consentire un ricambio e darmi modo di collaborare maggiormente con la struttura operativa del CAI nazionale che si occupa di sentieri e cartografia» riferisce Deflorian, che continuerà a far parte della commissione come consigliere.
L’impegno di Deflorian per l’escursionismo e per l’ambiente è di lunghissima data, sia sul fronte della formazione sia su quello della divulgazione online di dati sui tracciati in quota, oltre che attraverso la collaborazione alla stesura dei volumi sui sentieri del territorio (in aprile uscirà il testo dedicato a Presanella, Adamello e Brenta).
Tarcisio Deflorian (a sinistra) e Claudio Bassetti (presidente della SAT)
Ma la sfida che ormai è diventata per Deflorian una missione è combattere l’idea che la montagna possa diventare un parco dei divertimenti: «Serve prestare maggiore attenzione per favorire la convivenza tra escursionisti e biker nel rispetto dell’ambiente in quota», sono le sue parole. Quello dei sentieri è infatti un patrimonio che va salvaguardato e richiede non poco lavoro per la sua manutenzione.
Sono 1.200 i volontari SAT (aumentati di 300 unità negli ultimi 5 anni) impegnati proprio sul fronte della cura dei tracciati che contano una lunghezza totale di oltre 5.500 km.
«Dieci anni fa riuscivamo a effettuare la manutenzione sul 40% della rete ogni anno, mentre nel 2016 abbiamo lavorato sul 70% dei tracciati, per un totale di 3.700 giornate» spiega Deflorian, secondo il quale è necessario continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto i giovani nella cura dei sentieri: «È necessario far capire ai nostri ragazzi che la montagna va vissuta e rispettata. Per questo la SAT coinvolge le scuole promuovendo laboratori specifici e i buoni risultati stanno arrivando».
Trentino, volontari della SAT per la manutenzione sentieri
L’opera di sensibilizzazione sull’uso del territorio viene portata avanti su più livelli. «Non è possibile considerare le montagne come fossero un parco divertimenti a disposizione del turista al quale viene concesso tutto», osserva. Il riferimento è all’utilizzo sempre più frequente delle biciclette (anche elettriche) sui tracciati in quota. «Non tutti i sentieri sono adatti alle mountain bike, tanto che una legge del 2012 stabiliva di individuare una rete di percorsi adatti alle due ruote con caratteristiche ben precise per quanto riguarda larghezza, pendenza e terreno dei sentieri da dedicare a questi mezzi».
Ghezzer aggiunge: «In Trentino esiste una fittissima rete di strade forestali, dove gli amanti della bici possono sbizzarrirsi. Perché andare a creare inevitabili casini sui sentieri?».
Peccato che a quattro anni dall’approvazione della norma solo 8 dei 15 ambiti trentini abbiano concluso l’iter e a distanza di tanto tempo non sarebbe stato istituito nemmeno un divieto. «Eppure – è la considerazione di Deflorian – i divieti sono l’unico strumento per regolamentare il transito delle bici sui vari percorsi». Il coordinamento dell’operazione è in capo al Servizio turismo della Provincia, che ha demandato alle Apt l’attivazione dei tavoli di studio con i portatori d’interesse.
«Purtroppo la SAT è vista come un ostacolo allo sviluppo turistico ed economico delle varie aree», commenta Deflorian con un pizzico di amarezza, e aggiunge: «Un centinaio di divieti è stato fissato sulla carta e mai istituito. Il caso più eclatante riguarda la zona dell’Alto Garda, dove nonostante le forti pressioni sono stati indicati 50 divieti, ma a distanza di un anno nessun cartello è stato posizionato. Abbiamo riscontrato qualche difficoltà anche nell’area della Paganella e in val di Non, mentre in val di Fiemme non c’è stato alcun problema».
A differenza dei tracciati pedonali, per i quali va indicato un «soggetto manutentore», nessun obbligo è previsto per chi istituisce un percorso per le mountain bike: «Una discriminazione intollerabile, nonostante l’impatto di questi mezzi sia evidente, visti i solchi lasciati dalle ruote sul terreno» conclude Deflorian.
Ho letto le numerose risposte :
Realizzare nuovi sentieri per downhill costa fatica ma……
Al proprietario del terreno è mai stato chiesto niente????
La legge parla chiaro : se i sentieri esistenti non sono nelle mappe catastali (o figurano nel catasto strade), risulta gia un’illecito farci manutenzione senza autorizzazione.
Aprirne di nuovi è reato, in quanto il proprietario non ha dato autorizzazione.
Che siano costati fatica puo esserci , ma esiste un proprietario che potrebbe non essere d’accordo.
@Alessandro Gogna condivido le bellissime e sacrosante parole del tuo intervento. Ma.. è pura utopia : l’idealismo è una forza morale che ci dà speranza e fiducia nonostante e anche nel crescente sfruttamento turistico e profanazione generali della montagna , ma le prese di coscienza che ti auguri sono appunto massima utopia. Tutti e tutto ( a stragrande maggioranza ) sta andando verso il preconfezionamento e lo svuotamento del concetto di avventura in montagna ( e ovunque )
Gianni Sartori; in tutta sta manfrina che hai scritto dove sta il problema ? “Lapsus” ?!?!?!? boo…. “droga e scendere” ? i pedoni che si devono scansare ? i percorsi che dici tu dove si sale furgonati in genere sono percorsi dedicati… non vanno bene neppure quelli ? e se non lo sono comunque io non vedo tutti questi kamikaze che sfrecciano sui sentieri, e io in montagna ci vado tutti i fine settimana “tutti” ! torniamo al discorso del solo a piedi ? “Io sono a piedi e vado dove voglio ed essendo a piedi sono nel giusto perchè non ho bisogno di protesi tecnologiche ?” bene, smetti auto e bici e spostati solo a piedi…. “il rispetto reciproco solo tra uguali ?” dunque eventualmente tra diversi il rispetto reciproco non ci deve essere ? ….. dovremmo passare il tempo a fare manifestazioni in val di susa o cose simili ? ma veramente mi viene da pensare che tu non abbia gran che da fare in tutto il giorno, oppure potresti anche tu essere un politico (ovviamente è una battuta e lo dico con ironia e simpatia). No grazie!, più leggo certi commenti e più rimango sulle mie convinzioni.
Mi ero ripromesso di non intervenire ancora sulla questione dato che lo ritengo inutile: è come parlare di rispetto degli esseri viventi con un cacciatore o con un allevatore di visoni. Quando va bene si rischia di passare per patetici, ingenui e bucolici.
Ma segnalo due evidenti “lapsus” rivelatori tra i commenti. In uno si fa esplicito riferimento ad una condizione di vera e propria tossicodipendenza, nell’altro si parla dei “sentieri che scendo in MTB”…
Appunto, in genere scendono per i sentieri. Usano le strade asfaltate per salire mentre a mio avviso dovrebbero caso mai fare il contrario. Da ‘ste parti addirittura caricano 5-6-7 etc bici sul furgone e poi giù…e i tapini a piedi si devono scansare in tutta fretta per non essere travolti (vedi le decine di video in rete, vedi per es. quelli sui Colli Euganei). Poi il furgone passa a riprenderli per riportarli “in quota”, come un elicottero dei poveri.
Il rispetto reciproco vale tra simili (se “uguali” vi sembra troppo di sinistra) non tra chi utilizza protesi tecnologiche di qualche genere per “stare nella natura”.
Mai pensato di utilizzare tutte ‘ste energie per qualcosa di socialmente utile? Che so, qualche manifestazione in Val di Susa? In certi casi l’adrenalina è assicurata. E poi vi guadagnereste la riconoscenza, magari postuma, delle future generazioni.
Scappo perché mi stanno fregando di nuovo la bici…
Gianni Sartori
A buon diritto potrei sostenere che “ci sono troppi pedoni sui sentieri che scendo in MTB”. In effetti ne trovo alcuni ma rallentando non ci diamo troppo fastidio a vicenda. Tutto il resto è fuffa.
Per quanto mi dissoci dalla sua equazione devo dire che Marcello riesce sempre a farmi ridere.
No, nel senso che non mi stanno sui coglioni .
Certo, ripeto, ci vuole rispetto.
“Il biker sta all’escursionista come lo snowboarder sta allo sciatore. Ovvero, sui coglioni. Mi sbaglio? ”
Per quanto mi riguarda NO!
Ho una moglie appassionata di bike . Ha fatto anche dei gran viaggi in bike: Patagonia cilena, ed Argentina, in Tibet, ect. ect.
Io invece molto meno, qualcosa ho fatto. Ma sinceramente mi piace più spostarmi a piedi.
Sulla bici dopo un pò mi annoio.
Marcello; per quanto mi riguarda si ! ti sbagli !
Il biker sta all’escursionista come lo snowboarder sta allo sciatore. Ovvero, sui coglioni. Mi sbaglio?
Esiste una comunità di mountain bikers che recupera, mantiene e modifica vecchi sentieri in disuso o ne crea di nuovi, soprattutto in zone di media montagna, spesso abbandonate all’incuria, con la vegetazione che si ingoia ogni cosa (vecchi terrazzamenti, baite).
I sentieri vengono tracciati con logiche ben precise: devono durare e devono avere un ritmo, pendenze giuste, canaline di scolo dell’acqua, curve!
Alcuni di questi sentieri sono vere opere d’arte e richiedono lavoro di ricerca, studio del tracciato, manutenzione. Si utilizza la pala, il rastrello e pochi altri attrezzi, si ri-utilizza materiale trovato nel bosco: sassi, tronchi, alberi caduti. Vecchi boschi spopolati da anni, si rianimano. Negli USA, associazioni ambientaliste come l’IMBA, fanno da tempo educazione per una frequentazione dei sentieri in mtb a basso impatto, corsi di tracciatura e mantenimento dei sentieri. Quello che dovrebbe fare il CAI invece di proporre il cicloescursionismo su sentieri frequentati da pedoni. Poi ci sono i bike park, quasi sempre dove ci sono stazioni sciistiche, già luna park della montagna, dove le biciclette portano un po’ di linfa vitale a moribondi impianti di risalita.
Il problema sta nei sentieri di montagna frequentati dai pedoni e potrebbe essere risolto, come molti hanno detto, con un po’ di buon senso ed eventualmente con qualche divieto.
Esiste una comunità di mountain bikers che recupera, mantiene e modifica vecchi sentieri in disuso o ne crea di nuovi, soprattutto in zone di media montagna, spesso abbandonate all’incuria, con la vegetazione che si ingoia ogni cosa (vecchi terrazzamenti, baite).
I sentieri vengono tracciati con logiche ben precise: devono durare e devono avere un ritmo, pendenze giuste, canaline di scolo dell’acqua, curve!
Alcuni di questi sentieri sono vere opere d’arte e richiedono lavoro di ricerca, studio del tracciato, manutenzione. Si utilizza la pala, il rastrello e pochi altri attrezzi, si ri-utilizza materiale trovato nel bosco: sassi, tronchi, alberi caduti. Vecchi boschi spopolati da anni, si rianimano. Negli USA, associazioni ambientaliste come l’IMBA, fanno da tempo educazione per una frequentazione dei sentieri in mtb a basso impatto, corsi di tracciatura e mantenimento dei sentieri. Quello che dovrebbe fare il CAI invece di proporre il cicloescursionismo su sentieri frequentati da pedoni. Poi ci sono i bike park, quasi sempre dove ci sono stazioni sciistiche, già luna park della montagna, dove le biciclette portano un po’ di linfa vitale a moribondi impianti di risalita.
Il problema sta nei sentieri di montagna frequentati dai pedoni e potrebbe essere risolto, come molti hanno detto, con un po’ di buon senso ed eventualmente con qualche divieto.
Penso che Giando non manchi di PASSIONE e capisce benissimo.
Giandomenico; discorso largamente condivisibile, ma c’è una cosa che trascuri… ed è la “passione” per un qualcosa o una attività,… non è tanto il fatto di voler ricercare per forza qualcosa di diverso per sentirsi vivi; per chi queste passioni profonde non ce le ha è difficile capire…ma ci sono alpinisti,… amanti della montagna in genere, … della mtb, ….della moto ecc.. ecc.. che hanno una vera e propria passione per quello che fanno e ne fanno una ragione della propria esistenza al punto da trascurare qualsiasi altra cosa compresa la propria incolumità in modo a volte maniacale e patologico,… in qualche caso inconsapevole del fatto di mettere indirettamente a rischio anche l’ incolumità altrui. Ci sono alpinisti e rocciatori che hanno subito infortuni gravissimi anche con invalidità irreversibili che però non hanno rinunciato alla propria passione, motociclisti e ciclisti che si sono massacrati le ossa o che addirittura sono rimasti paraplegici ma che comunque non rinunciano a tornare a quello per cui si sentono come dici tu “vivi”. Il dolore dell’astinenza per queste persone è più forte del dolore fisico e appena possibile non vedono l’ora di tornare alla attività che gli ha provocato tanto male e questo non accade soltanto hai professionisti, ma anche alla gente comune, me compreso…. sono matti ? no! semplicemente hanno una passione innata o acquisita/scoperta, che in qualche modo gli condiziona la vita quasi come una droga. Nessuno al mondo potrà impedirmi di inforcare lo zaino e percorrere i sentieri del nostro appennino tosco emiliano con gli scarponcini o in inverno con sci e pelli di foca, nessuno al mondo potrà impedirmi di inforcare la mia mtb e percorrere i sentieri che da anni percorro con la bici,… poi se un domani mi sarà vietato ne pagherò le conseguenze e se verrò sanzionato lo riterrò giusto. Ma un conto è il ciclista per svago occasionale, e un conto è il ciclista per passione, distinzioni cmq che non sono contemplate nel nostro ordinamento giuridico. Quando sono a piedi rispetto il ciclista e allo stesso modo rispetto il pedestre quando sono in bici e lo saluto e se il percorso è particolarmente stretto mi fermo, e gli do la precedenza. Per questo mio comportamento molte volte la gente si ferma a parlare (ne approfitta anche per prendere fiato e fare un riposino), questa è la convivenza che vorrei vedere sui nostri monti,.. ma se devo essere sincero vedo più atteggiamenti ostili ingiustificati da parte di escursionisti a piedi che da parte di ciclisti che proprio perchè conoscono il problema a volte abbassano lo sguardo perchè sanno (a torto) di essere considerati fuori luogo e si sentono a disagio. Poi ovviamente i cretinetti e arroganti nel fare ci sono sempre, ma questo indipendentemente dal fatto che procedano con pedali o scarponcini o con qualsiasi altra cosa.
Caro Paolo, certamente l’andare esclusivamente a piedi non rende l’essere umano migliore in senso assoluto. Se all’andare a piedi si associano alcune delle nefandezze da te citate e purtroppo vere non andiamo certo molto avanti. Se andiamo nello specifico possiamo trovare dei centauri che con le moto da trial fanno meno danni e sono più rispettosi dell’ambiente di certi pedoni che cacciano i rifiuti a destra e a manca.
La mia è una riflessione di carattere generale sulla tolleranza sottintendendo, anche se non l’ho precisato e avrei fatto meglio a farlo (solo che siamo in un blog e bisogna cercare di sintetizzare), un comportamento consono all’ambiente in cui ci si muove.
A parità di comportamento corretto, perché altrimenti non c’è storia, chi si muove a piedi produce sicuramente un impatto ambientale minore ma la mia riflessione verte sull’esigenza di dover sempre andare alla ricerca di qualche aggeggio atto a soddisfare dei bisogni. La bicicletta e, nello specifico, la MTB è un eccezionale mezzo di progressione e di impatto ambientale assai modesto purchè utilizzato cum granu salis. Personalmente non ho nulla da ridire sui bikers in quanto tali e anch’io lo sono stato per un certo periodo di tempo, peraltro divertendomi abbastanza. Il problema si verifica, come sempre, quando si esagera, quando il bisogno di adrenalina supera quello che dovrebbe essere il buonsenso nel fare le cose.
Quindi la mia domanda verte in definitiva su quest’aspetto, sul bisogno di dover sempre aggiungere qualcosa per sentirsi veramente vivi. Adesso va di moda la fettuccia sulla quale camminare in equilibrio. Credo che l’impatto ambientale di tale disciplina sia paragonabile all’andare a piedi, fatta eccezione per i trasferimenti con mezzi a motore che però accomunano qualunque attività umana (a meno che non si voglia tornare al paleolitico). Probabilmente se questa attività vedrà un incremento esponenziale degli adepti cominceranno i problemi perché magari saranno poste le fettucce in luoghi non consoni ecc. ecc.. Quindi a quel punto si comincerà a parlare di tolleranza nei confronti degli equilibristi ecc.. Ma la domanda rimane. Perché? Fa parte del nostro DNA questa ricerca di adrenalina oppure deriva dal fatto che viviamo in una società nella quale non siamo più capaci di stare fermi un secondo?
Sembra che la gente non sia più capace di divertirsi se non aggiunge sempre qualcosa e, quindi, aldilà dei casi citati e deplorevoli va a finire che chi usa meno con senso responsabile, perchè se no, lo ribadisco, non c’è storia, alla fine si trova sempre a subire chi fa di più. Voglio percorrere in santa pace un sentiero a piedi? No, perchè posso trovarmi davanti un biker a cui devo cedere il passo perché se no faccio la figura dell’intollerante. Voglio godermi il silenzio della natura? No, perchè mi trovo alle calcagna la moto da cross che rumoreggia o le pale dell’elicottero che porta gli scialpinisti in cima al monte. E guai a dire qualcosa perché se no significa che sono intollerante.
Lo ripeterò fino alla nausea, sto’ mettendo a confronto comportamenti comunque responsabili perchè non si può certo essere più tolleranti col pedone merdone e meno col biker coscienzioso. Sto’ ragionando a parità di comportamento responsabile.
Quindi a mio avviso, e sempre in nome della tolleranza, bisognerebbe almeno cercare di creare il più possibile dei percorsi separati e laddove ciò non si possa fare è ovvio che la tolleranza debba essere reciproca.
Però la domanda di fondo rimane. Riflettere su di essa non credo faccia poi male perché può essere un primo passo per vedere le cose in maniera diversa e ricercare maggiormente all’interno ciò che quasi sempre si cerca all’esterno.
Considerato che io sono uno di quelli che ha parlato di tolleranza mi sento un po chiamato in causa da Giandomenico e nonostante molte delle cose da lui dette siano condivisibili vorrei però precisare che a mio parere la tolleranza deve essere reciproca non solo da parte di chi utilizza “meno” , tra l’altro faccio fatica a concepire il concetto di “utilizzare meno” , non è che per il solo fatto che la persona va a piedi è sempre e comunque nel giusto o è più giusto nei confronti di chi va in bici o in moto ecc.. (sempre nel rispetto delle regole). Il motociclista o biker (regolare) deve essere tollerante nei confronti del pedone esattamente come il pedone nei suoi confronti, ci possono essere ciclisti a cui danno fastidio i pedoni o viceversa, a me ad esempio danno fastidio i carnai che si accumulano nei rifugi o su certi sentieri (folle veramente incredibili) nei periodi estivi di punta, ma non per questo non li tollero o vorrei imporre dei divieti o delle limitazioni. Il biker paga le tasse esattamente come il pedone e ha diritto di poter usufruire del territorio esattamente come il pedone, se poi torniamo al nostro ordinamento per la quale tutti i sentieri sono considerati strade a norma del c.d.s. questo concetto viene sancito per legge, la fruizione del territorio libero da parte di qualunque cittadino lo troviamo anche nella nostra costituzione indipendentemente se a piedi oppure no. Ci sono pedestri che vanno nei boschi e rivoltano sottosopra intere aree solo per trovare qualche fungo poi magari bastonano tutti i funghi matti che trovano in giro, o grupponi che bivaccano su prati e sentieri sfoderando panini e bibite a go-go magari (ovviamente non è vietato mangiare il panino in montagna, ma a volte questi sono dei veri e propri pick-nick non ammessi in molte aree montane) con qualche grigliatina improvvisata anche dove sarebbe vietato e ovviamente qualche cartaccia in giro ci scappa. Ad esempio è successo in diversi casi di escursionisti pedestri che all’interno di un bike park con tanto di cartelli e delimitato da fettuccie risalivano un percorso Downhill (cosa di una pericolosità assoluta) con zaini e racchette belli come il sole sentendosi in diritto di andare dove volevano solo perche a piedi, addirittura reclamando la ragione dopo essere stati ripresi dai ciclisti che li incrociavano. Naturalmente sono soltanto esempi, ma il concetto del “sono a piedi e posso andare dove voglio perche sono più puro degli altri” è un concetto a mio parere sbagliato e discriminatorio. Poi possiamo fare tutte le riflessioni filosofiche che vogliamo sull’uso dei sentieri e sulla purezza di percorrerli a piedi, riflessioni che possono anche essere condivisibili, ma lo stato delle cose è quello del nostro ordinamento legislativo. Si tratta comunque sempre di trovare il giusto equilibrio… non facile.
“Però continuo a domandarmi per quale motivo si richieda sempre tolleranza a chi fa meno, a chi utilizza meno, a chi spreca meno. In defintiva, prima o poi, dobbiamo andare tutti nello stesso posto quindi perché tutto questo fare, fare, fare come se si dovesse andare chissà dove? ”
GIANDO come non essere d’accordo con te !!
Forse perchè chi fa meno, chi corre meno, è visto come più debole. Sicuramente più tollerante. Quindi come uno di cui certamente ci si può approfittare.
Mi sono sempre chiesto perchè la gente corre sempre più forte. Sempre più veloce, fare sempre di più ?
Per andare poi dove… ???
Forse siamo andati un po’ fuori tema.. Il punti della questione sono:
1) ci sono troppi bikers sui sentieri;
2) anche se vengono individuati dei sentieri sui quali i bikers non dovrebbero andare in concreto non si fa nulla;
3) i divieti sono necessari?
Per come la vedo io.
Punto 1) Dipende. Inizialmente i bikers si recavano su strade sterrate e mulattiere, cosa che ho fatto anch’io agli albori della MTB. In seguito gli amanti delle due ruote, non certamente tutti, diciamo i più intrepidi, hanno cominciato a cimentarsi con sentieri da capre (basta vedere certi video) e a fiondarsi giù per boschi, anche su sentieri umidi dove si possono generare dei solchi di difficile sistemazione.
Punto 2) Le amministrazioni, diciamo certe amministrazioni (perché mettere tutti nel calderone non è mai corretto) non sono particolarmente attive sul fronte operativo. Colpa di interessi economici e altro. Fatto sta’ che vi sono sentieri sui quali sarebbe opportuno apporre dei divieti. E anche questo è sotto gli occhi di tutti.
Punto 3) Dipende. Anche in questo caso è difficile addivenire ad una soluzione valida per tutte le stagioni. In linea teorica il divieto non è il mezzo migliore per ottenere un risultato però a volte è difficile far comprendere le cose in maniera diversa. Diciamo che la soluzione migliore è forse quella del bastone e della carota. Qualche divieto e molta informazione/formazione non mi sembra una miscela da scartare.
In conclusione credo ci voglia un mix di tolleranza, formazione/informazione e divieti. Non vedo soluzioni alternative. Ovvio che per operare in questo modo ci vuole capacità di analisi, lungimiranza ed empatia perchè il coinvolgimento nelle scelte è spesso vincente rispetto alla presa di posizione non condivisa.
Concludo con uno spunto di riflessione. In vita mia ho fatto diverse cose in ambiente naturale e utilizzando vari mezzi. Il mezzo che in assoluto ho usato di più sono stati i piedi e spero di concludere la mia esistenza continuando ad usarli.
Vedo e conosco molte persone che sono riluttanti ad usare questo mezzo di locomozione primario che consente di vivere pienamente l’ambiente naturale con i ritmi giusti. Siamo sempre alla ricerca di maggiore velocità e di esperienze nuove ma le esperienze interiori del procedere lentamente coi propri piedi possono arricchirci molto, anche se magari non si percorre molta strada.
La cosa che faccio fatica a comprendere, anche se in termini logici la comprendo benissimo, è la continua richiesta di tolleranza da parte di chi utilizza meno. Vado a piedi, devo essere tollerante nei confronti di chi va in bici. Vado a piedi e in bici, devo essere tollerante nei confronti di chi va in moto. Vado a piedi, in bici e in moto, devo essere tollerante nei confronti di chi va in elicottero. E così via, gli esempi si sprecano.
Se c’è una persona tollerante quella sono io perchè non mi piace rovinarmi il fegato incazzandomi a ogni piè sospinto, Forse sbaglio ma c’è chi si incazza e nella sua incazzatura ci sta’ bene, io nell’incazzatura ci sto’ male. Inoltre ho scoperto che l’adattamento consente di farti star bene un po’ dappertutto. Però continuo a domandarmi per quale motivo si richieda sempre tolleranza a chi fa meno, a chi utilizza meno, a chi spreca meno. In defintiva, prima o poi, dobbiamo andare tutti nello stesso posto quindi perché tutto questo fare, fare, fare come se si dovesse andare chissà dove?
Vabbè, ciascuno la veda come vuole però ogni tanto riflettiamo sulla semplicità. Godiamo della pace e della serenità di andare a piedi, come peraltro facevano i primi montanari, anche se non lo facevano credo per diletto bensì per mera sopravvivenza. Proviamo a mettere da parte il più possibile le innovazioni tecnologiche e le attività adrenaliniche. Torniamo un po’ più spesso alle origini e secondo me avremo solo da guadagnarci.
Vedi, Paolo Barbieri, dare dello sconclusionato a qualcosa che non si comprende (a detta tua) non significa che lo smitizzi ma dimostri soltanto il tuo lato debole, del quale vergognarsi risulta senza senso: se non conosci chiedi spiegazioni, altrimenti, invece, suona arrogante… !
I politici li votiamo noi, quindi inutile definirli in mille modi diversi per discostarsi poi da quello che fanno… di cambiamenti non ne vedo da un pezzo ma a sentire la massa sembra che arrivino da un altro pianeta e che siano stati votati da chissà chi…
Non sono un politico comunque anche se ho avuto trascorsi piuttosto lunghi di militanza, più che altro, in un blog tentare di spiegare al millesimo quello che intendi significherebbe magari un chilometro di testo difficile da leggere, noioso ed a quel punto inutile, perciò tento di sintetizzare confidando nell’interlocutore… non sempre questo funziona…
Bonne année!
Stefano Michelazzi, Si lo ammetto non ci ho capito una mazza, andresti benissimo a fare il politico, due discorsi più sconfusionati non li avevo mai letti, ma del resto io sono un semplice umano che vive sulla terra con tutti i suoi limiti, non sono pronto per leggere i fenomeni maestrini che parlano strampalato per un’ora e alla fine non hanno detto un tubo… Si lo ammetto… sono ignorante ma dopo averti letto sono felicissimo di esserlo, lascio a te lo scettro di filosofo profondo conoscitore della vita e del suo senso.
Sì! Penso tu abbia compreso male, anzi… ne sono sicuro!
Ti sei mai preso la briga di leggere il Manifesto anarchico? Non credo altrimenti non avresti dubbi in proprosito o (come sembra intendere ma posso sbagliare) non intenderesti la frase sulla base di preconcetti confezionati ad arte (la storia si può imparare ma anche facilmente revisionare e la condizione del movimento anarchico è stata facile preda di quest’uòtimi…! Si ascoltasse De André colle orecchie di chi vuole capire invece che con quelle di chi vuole ballare e caticchiare non ci sarebbe bisogno di parlarne…!).
Che tutto è relativo non l’abbiamo scoperto né io né te… c’è un nome ben più illustre a specificare perché…
Resta il fatto che pontificare e poi chiudere tutto in una considerazione “benaltrista” non dibatte e non cerca compromessi ma tenta di imporre la propria fede, senza alcun rispetto per le esigenzxe e le opinioni altrui!!!
Buona messa!
Peace and love (lo preferisco!)!
Stefano Michelazzi ….. “Far piacere a se stessi caro “amico” è il modo migliore per compiacere gli altri… chi sta bene con se stesso sta bene con tutti, e Anarchia è sinonimo di auto-determinazione” Mmmm…. questo discorso mi pare di una pericolosità estrema…. perchè potrebbe essere anche quello che pensano proprio quelli che si vuole combattere.
“quindi coerenza e capacità di valutazione al di sopra dei propri interessi personali!” L’anarchia sarebbe la capacità di valutazione al di sopra dei propri interessi ? Forse ho capito male !!!
“Cosa c’è di sbagliato a seguire le proprie inclinazioni e farne una bandiera di vita?” Anche questo come sopra potrebbe essere anche la filosofia sempre di chi si vuole combattere.
“Certo… le pecorelle se na hanno a male ma… il mondo per sua concezione non è delle pecore… a parte nel periodo di Pasqua!” Questa poi mette tutto nel mucchio… quali sarebbero le pecorelle ? Cmq… forse può essere che non ho capito niente del tuo discorso, ma se ho capito bene mi pare proprio che la tua direzione sia quella opposta a quello che si vuole perseguire.
MAH… ho letto commenti di ogni genere in questo post e considerando l’argomento piuttosto attuale e pungente, soprattutto per chi la bici la vive come un mezzo di soddisfazione personale, non mi sconvolgo a leggere di opinioni del domenicale assatanato che difende a spada tratta la “categoria” (notare le virgole.. !) per seintirsi parte del branco più che per argomentare l’articolo…
Mi fa molto piacere invece, che ciò che ho potuto osservare in modo personale, abbia avuto risposte che lo accreditano… e parlo dei professionisti o ex, della bici, i quali, essi stessi, denunciano un andazzo poco ortodosso, per dirla elegantemente…
Non comprendo però queste parole a definire l’alpinismo:
” un drappello di persone, per lo più perdigiorno, che nel tempo si è alternata a tracciare, in un ambito culturale del tutto anarchico, vie ovunque facesse piacere a sè.”
Mah… ? Che l’alpinista non sia in linea coi dettami di nostra (vostra) madre chiesa? Che non pensi si debba soffrire solo per il fatto di compiacere un essere ultraterreno (o presunto tale visto che nessuno l’ha mai visto)? Che l’economia e/o la finanza non ne abbia beneficio? Che non promuova lo sviluppo umano (son oltre 50 anni che mi chiedo quale sia questo sviluppo visto che non ci manca un cavolo a parte l’amore per noi stessi…)?
Far piacere a se stessi caro “amico” è il modo migliore per compiacere gli altri… chi sta bene con se stesso sta bene con tutti, e Anarchia è sinonimo di auto-determinazione, quindi coerenza e capacità di valutazione al di sopra dei propri interessi personali!
Cosa c’è di sbagliato a seguire le proprie inclinazioni e farne una bandiera di vita?
Certo… le pecorelle se na hanno a male ma… il mondo per sua concezione non è delle pecore… a parte nel periodo di Pasqua!
Scusate ma cosa avrebbero mai fatto gli alpinisti di così terribile?
Fino agli anni ’80 al bivacco Dal Bianco in Marmolada c’era un cartello che invitata gli ospiti a gettare le immondizie nel canalone est. Tanto per fare un esempio e per dire che prima di una vera e propria presa di coscienza verso l’ambiente (prima si era in pochi rispetto a oggi sulle montagne per diletto), lo stesso aveva valenza diversa.
Lasciare corde fisse, bombole vuote, contenitori vari e rifiuti sulle montagne Himalayane era normale fino a quando anche l’uomo della strada (che mai era stato lassù) ha iniziato a dire che quelle cime erano piene di spazzatura, facendo drizzare le antenne proprio agli alpinisti, che forse si sono domandati a un certo punto se mai le “loro” montagne fossero divenute patrimonio e dominio di altri.
A parte questi danni fisiologici e gravi, se visti con gli occhi di oggi, non saprei cos’avrebbero combinato gli alpinisti?
Il compressore di Maestri sul Torre? Una “splendida” eccezione e comunque a portarlo fin lassù dov’è ancora si sono fatti un mazzo tanto… e poi?
” un drappello di persone, per lo più perdigiorno, che nel tempo si è alternata a tracciare, in un ambito culturale del tutto anarchico, vie ovunque facesse piacere a sè.”
Questa , Umberto, me la dovresti spiegare meglio. Sopratutto il finale.
Se non pregiudica quello che altri hanno fatto prima di me, mi sembra chiaro che un itinerario lo apro dove ho il piacere e l’interesse di farlo.
L’attività alpinistica è anarchica ma proprio per questo deve essere molto rispettosa.
Umberto, condivido gran parte di quello che hai scritto.
Ma questo: “quando è da sempre che gli alpinisti fan robe anche peggio? ”
NO !
lo so che gli alpinisti, gli escursionisti hanno fatto di tutto e di più. E’ sotto gli occhi di tutti.
Ma proprio per questo, credo che questa esperienza (negativa!!) possa essere usata ad esempio per agire diversamente.
Altrimenti non facciamo altro che darci la colpa l’uno all’altro.
L’attività dei ciclisti è più recente rispetto a quella degli alpinisti. Quindi che ci usino come esempio per quello che non bisogna fare.
Benassi: ti chiederei di non attribuirmi cose che non ho scritto. Fai uno sforzo e rileggi, e scoprirari che le tue idee (e quelle di Gogna) sono anche le mie, ma con un accento particolare sulla prospettiva storica che mi sta particolarmente a cuore.
Grazie.
(chiedo scusa se sono reintervenuto: questo è un blog e non un forum; mi pare corretto che ciascuno esprima la sua idea, rispetto al tema proposto, e che eventuali ed inevitabili contradditori partano dalle idee proposte da ciascuno)
Caro Umberto, sentirsi autorizzati a fare dei troiai perchè gli altri fanno peggio, non mi sembra un bel modo di fare, oltre ad essere una scusa piuttosto ballerina.
Cosa possiamo pretendere, da TUTTI ?
Rispetto, educazione e, come giustamente scrive Alessandro: “una generale presa di coscienza” .
Caro Umberto, rispondo per quel che mi riguarda alle tue domande. E’ dal 1987, quindi da 30 anni esatti, che mi occupo di cultura dell’ambiente: rifletto, lotto, poi accetto anche i compromessi con la realtà sperando un giorno di poter spostare il piano e quindi rinnovare discussioni, tensioni e magari fare altri compromessi positivi. In questa trentennale vicenda non sai quante volte, tutti i giorni, sono stato tentato di mollare ogni velleità, sacrificando quegli ideali che non vedo sufficientemente condivisi.
Poi magari basta una parola di incoraggiamento da qualcuno, basta un piccolo successo, mi basta di vedere il sorriso di chi ha lottato con me: ed ecco rinnovata la voglia di andare avanti.
Prima del 1987? Dove ero? Sicuramente parecchio in montagna, predicavo un alpinismo di ricerca, predicavo che l’ambizione personale non soverchiasse la nostra attività e le nostre emozioni e non diventasse “sipario delle vanità”. Non so se ci sono sempre riuscito, e in effetti la lotta per l’ambiente non era ancora stata lanciata. Non posso dolermi che il 1987 (anno di fondazione di Mountain Wilderness) non fosse venuto prima… posso solo rallegrarmi che, alla “chiamata alle armi”, molti di noi hanno risposto volentieri e subito. Posso essere anche felice che questa chiamata alle armi sia stata lanciata in Italia assieme ai migliori alpinisti del mondo e non magari in America (dove Muir ha inventato l’ambientalismo ma adesso si è cuccata Trump) o, che so, in Gran Bretagna o nei paesi scandinavi (che sono più avanti di noi di anni luce).
Un risultato credo di averlo ottenuto, su me stesso: credere con tutte le mie forze che ogni divieto sia del tutto inutile, anzi dannoso. Non voglio che l’eliski sia vietato, desidero con forza che nessuno richieda di farlo o lo offra; non voglio che i sentieri (e parlo di sentieri, non di strade e stradine) vengano vietati alle mtb, ma desidero con forza che non diventino un parco-giochi. I divieti non solo verrebbero aggirati, trascurati, negletti e derisi: i divieti non riuscirebbero a rendermi felice come invece riuscirebbe a fare una generale presa di coscienza.
Anche io, e mi associo ai dubbi di Paolo Barbieri, trovo pericoloso dissertare di chi siano i sentieri: dire che i sentieri sono dei pedoni perchè li hanno inventati loro (oltre ad essere falso) lascia spazio a possibili aberrazioni culturali che mi auguro non debbano prender piede (ad esempio i bikers potrebbero, come già ogni tanto accade, tracciare le loro piste ad immagine e somiglianza di quel che vogliono, e diventano istantaneamente loro!).
Il problema, invece, secondo me è culturale.
Se ci fosse educazione e consapevolezza di quel che si fa, in tutti i sensi, probabilmente gli episodi negativi rientrerebbero in un ambito statistico tollerabile, anzi, necessario.
Ma, come spesso affrontato in altri temi proposti da Alessandro Gogna, nessuno ha mai messo in evidenza il fatto che la cultura si nutre, si educa e, soprattutto, si insegna. Se si vogliono bimbi educati e rispettosi dell’ambiente, i genitori debbono essere educati e rispettosi dell’ambiente. E con ambiente intendo dire anche che la presenza dell’uomo sulla terra sta diventando, in alcuni luoghi, critica.
Sono contento che esista, adesso, il blog di un famoso alpinista per far riflettere; temo però che sia fuori tempo massimo, come si suole dire, quando i buoi son già tutti fuggiti dalla stalla.
Se la montagna, tutta, oggi, è ridotta ad un sipario delle vanità, è molto probabile che questo è ciò che è stato comunicato nel passato. Gli alpinisti la chiamano “storia dell’alpinismo”: un drappello di persone, per lo più perdigiorno, che nel tempo si è alternata a tracciare, in un ambito culturale del tutto anarchico, vie ovunque facesse piacere a sè. Trovo a questo proposito folgorante culturalmente l’atto compiuto da Maestri con il suo compressore: un vero e proprio atto di coraggio nel dire cosa era l’alpinismo.
E’ una domanda che avrei sempre voluto fare, ad esempio, a Bonatti, ma anche a te, Gogna, senza polemica alcuna: ma 40 anni fa, chi erano coloro che si impegnavano a dire, perdendo un sacco di tempo e forze, intanto che i vari eroi nostrani facevano parlare di se sui monti, chi con le piccozze, chi con gli sci, chi con le sole mani, che quel genere di cose non si dovrebbero fare in montagna in quel modo, che è sufficientemente diseducativo? E soprattutto, quindi, dove eravate voi, Bonatti, Messner, eccetera eccetera, a quel tempo? A scalare per buona parte del vostro tempo, oppure a far proselitismo culturale sano sulla montagna?
Cosa possiamo pretendere, dunque, oggi, se 10 pirla (bonario) bardati come delle stufe, scendono a 100 all’ora per pratoni e sentieri? Dobbiamo dire loro: “no, voi no, fuori dalle palle; i monti sono nostri” quando è da sempre che gli alpinisti fan robe anche peggio?
partendo la diritto sacrosanto della libertà personale. Non c’è qualcuno che ha più diritto di un altro. Esiste il dovere del rispetto. Rispetto per gli altri, rispetto delle leggi e rispetto dell’ambiente in cui ci si muove.
Si fanno le cose come si possono fare e dove si possono fare. L’ambiente in cui ci si muove è il primo che dobbiamo salvaguardare.
Purtroppo a dirsi è facile ma la realtà è ben diversa. Sopratutto in un paese come il nostro dove la civiltà viene sopratutto misurata da quanto è gonfio il portafoglio e dove pretendiamo il rispetto ma a darlo siamo piuttosto restii.
Gianni, ogni uno può naturalmente può pensarla come vuole e fare del proprio pensiero cosa certa, ma i fatti non cambiano, che ci piaccia o no i sentieri “tutti” sono “STRADE” quindi stesso diritto tra pedoni e ciclisti di usufruirne, pertanto tutte le personali considerazioni non trovano spazio nella normativa sancita dalle norme dello stato. Che poi Valerio mi si venga a dire che i discorsi sull’intolleranza sia un alibi per fare quello che gli pare denota ancora una volta chi vuole ribaltare il discorso e vede solo bianco o nero quindi chi non la pensa come lui vuole per forza fare quello che gli pare, o con noi o contro di noi, questa è esattamente l’intolleranza di cui parlavo, inoltre credo che tu non abbia letto le ultime righe del mio discorso precedente altrimenti questa affermazione non l’avresti fatta. Cmq mi fa piacere che finalmente si parli di questo argomento in modo civile e costruttivo, senza offese e maleducazione, ho letto forum in altri siti sull’argomento veramente terrificanti.
Per Paolo Barbieri. C’è sentiero e sentiero, indipendentemente dal nome che gli si vuole attribuire. Vi sono sentieri approntati appositamente per il passaggio di uomini, animali e mezzi e sentieri approntati per il passaggio di soli umani. Molte strade in origine erano dei sentieri, in seguito sono state allargati e magari pure asfaltati.
Anch’io vado in MTB ma le mie escursioni si snodano su percorsi sterrati adatti allo scopo, non vado sui terreni boschivi freschi dove è facile lasciare dei solchi per via del terreno umido.
Anche le moto fanno dei danni ma a sentire i centauri rientra tutto nella norma. Queste discorsi sull’intolleranza costituiscono un alibi per coloro che vogliono fare ciò che gli pare. Alla fine sembra sempre che l’intollerante sia colui che cerca danneggiare l’ambiente o la salute il meno possibile. Sembra semopre che l’intollerante sia colui che impedisce agli altri di fare ciò che vogliono. Questa è un’assurdità.
Da ciclista incallito, anch’io penso che il Sentiero sia nato per chi va a piedi.
In bicicletta ho percorso migliaia di chilometri, sia per “turismo” che come quotidiana alternativa all’auto per andare a lavorare. E sulle strade di mezza Europa (mezza perché in Irlanda – anche in quella “del Nord”, in Austria o in Bretagna la gente è sicuramente più civile, generalmente non guida e telefona contemporaneamente come in Veneto) ho conosciuto l’arroganza e la prepotenza degli automobilisti. Oggi, purtroppo, ritrovo lo stesso atteggiamento (rampante, competitivo…?) nei ciclisti sui sentieri, sempre per es., dei Colli Berici
(Anzi: pseudo-ciclisti perché chi arriva in auto sotto al monte e poi scarica la bici per me è un ciclista fasullo).
A uno che scendeva a tutta velocità (bardato come un cavaliere medievale: casco integrale, ginocchiere, gambali etc.) ho chiesto: “E se investi qualcuno, magari un bambino?”
Risposta in lengoa: “A xo asicurà”.
Stessa situazione sugli Euganei, nonostante siano, almeno per ora e Berlato permettendo, Parco Regionale.
Vuoi per cecità, vuoi per interesse (gare sponsorizzate, cene offerte dai vari agri-turismo interessati…) alcuni enti locali aprono sempre nuovi sentieri.
Su uno recente, sopra Nanto, ho contato (e fotografato i ceppi raso terra) una mezza dozzina di querce – età presumibile 50-60 anni – abbattute lungo un tratto di meno di un chilometro per renderlo facilmente percorribile ai ciclisti (“altrimenti ci sbattono contro”, mi hanno spiegato. Ma non basterebbe rallentare?).
Addirittura, ho incontrato un gruppetto di “appassionati” (mi pare di Sossano) che passavano a togliere i sassi, quelli incastrati, dai sentieri per renderli “più scorrevoli”. Naturalmente quando piove l’acqua completa il lavoro.
In molti casi si deve procedere “a gambe larghe” poggiando i piedi sui bordi del sentiero trasformato in solco più o meno profondo.
I danni ambientali, non solo estetici, sono evidenti.
Per dirne una: il solco che ormai si vede anche da lontano, dai campi, che scende dal “Sagraro”: una vera cicatrice, deturpante.
Ovviamente, come altre, anche questa è una causa persa. La Società dello spettacolo si appropria dell’immaginario, anche quello alternativo (come è stato in gran parte quello legato alla bici: ecologica, francescana, pacifica e pacifista, sostanzialmente) per rivenderlo sotto forma di merce spettacolare
(rileggere sempre G. Debord).
Il problema sta altrove, a mio avviso, nel bisogno di “compensazioni” (per quanto”farlocche”, fasulle) prodotto da una vita sostanzialmente alienata (sussunta al capitalismo, se me lo concedete).
Che fare?
Non ne ho la più pallida idea, naturalmente, ma ormai non è più un problema mio (per ragioni anagrafiche, su questo concordo con Gogna).
Chissà, magari prima o poi l’Umanità rinsavisce, si dà una calmata e comincia a guardare il mondo con occhi diversi…Boh!?
ciao
Gianni
Da noi in Apuane ( ma credo anche altrove) certi sentieri, si chiamano MULATTIERE.
Forse perchè ci passavo gli uomini con i muli ??
Io ho quasi 60 anni e vado in montagna da quando ne avevo 12, sia come escursionista pedestre che come biker e mi piacerebbe che qualcuno potesse concretamente indicare anche con foto, quali sono i danni ai sentieri che fanno le mtb ? io onestamente non ne vedo, per lo meno dove giro io e di mtb ce ne sono parecchie durante l’anno, (cosa diversa sono le moto), gli unici sentieri che conosco letteralmente devastati e resi impraticabili, sono alcuni frequentati da cavalli, ma questa è un’altra storia; poi Alessandro ha detto, “Vuoi forse negare che i sentieri sono nati per i pedoni? ” a si ? i sentieri sarebbero nati per i pedoni ?? questa me la si deve spiegare, perche mi risulta che i sentieri non nascono da soli per scopo pedonale ma si formano per il passaggio di uomini o animali, e non si specifica passaggio di uomini a piedi, tant’è che si da poi il caso che “tutti” i sentieri siano normati dal codice della strada dove sia pedestri che animali che mezzi (anche motorizzati dove non c’è esplicito divieto con ordinanza sindacale) possono circolare nel rispetto della normativa e del c.d.s; Sappi che il codice della strada all’art 3 conmma 48 definisce sentieri, mulattiere e tratturi “STRADE” a fondo naturale createsi per opera dell’uomo o dal semplice passaggio di animali. E già hai capito bene, i sentieri sono “strade a fondo naturale” createsi per “opera dell’uomo” “non passaggio a piedi” e come tali sono regolate dal c.d.s. . Cmq secondo il mio parere alla base di tutto c’è sempre l’intolleranza per tutto quello che ci da fastidio, il pedone non tollera il ciclista e ne fa una questione di sicurezza e di danno al territorio (che io non vedo, ma può essere che sia cieco o inconsciamente non voglia vedere) , poi ci può essere un problema di convivenza e interferenza tra pedoni e bikers, i maleducati esistono in tutte le categorie “nessuna esclusa”, basterebbe usare la testa e comportarsi in modo civile ed educato nel rispetto delle regole, del territorio e degli altri con umiltà e buon senso.
Valerio, non credo che i punti patente abbiano ridotto gli incidenti sulle strade, di statistiche ve ne sono più d’una e nessuna concordante… sono sicuro invece che per evitarlo ci sia chi si è inventato diversi metodi… il segnalatore di auto-velox ad esempio… classico modo di ingannare la legge… poi ci sarebbero altri esempi ma credo questo possa già essere indicativo.
Mi ha invece lasciato piuttosto perplesso (favorevolmente) come nella raccolta rifiuti differenziata, gli italiani abbiano accolto favorevolmente la condizione ove esiste e questa, malgrado le multe ed i divieti sorti in seguito (per fare cassa spesso… e ne ho le prove…) è stata assorbita molto bene come atteggiamento civile (non fu imposta da nessuno all’inizio ma consigliata)… poi spesso accade oggi che sapendo che i rifiuti che Tizio accuratamente seleziona e scarica in maniera oculata, vengono poi differiti ai vari inceneritori (solo il 40% viene riciclato – dato avuto da CONAI – fonte non pubblicabile ma pubblica…) ed anche se il cittadino non ha dati certi magari ma si rende conto che non esistono ad esempio centri di raccolta dedicati e quindi: Dove finisce il rifiuto???
Allora questa prassi che all’inizio in moltissimi hanno salutato come una presa di coscienza oggi spesso viene esercitata senza più tanta attenzione…
Le istituzioni non sono state capaci di fare tesoro della coscienza del singolo ma in realtà il tentativo di acculturamento iniziale funzionò egregiamente…
Quindi rimango convinto che un’educazione civica ben portata dia frutti più consapevoli e duraturi che un’imposizione o divieto di qualsiasi genere…
Per Stefano. Quella di spiegare ai Comuni che la multa sarebbe un modo di fare cassa era una modalità ironica per evidenziare la scarsa sensibilizzazione che si può ottenere con altri metodi.
Nemmeno io sono d’accordo con i divieti però è un fatto, giusto per riagganciarmi al tema della strada da te citato, che l’introduzione della patente a punti abbia contribuito a far calare gli incidenti sulle strade e pare, almemo fino a questo momento, che un lieve calo degli si stia registrando anche dopo l’introduzione della legge sull’omicidio stradale.
Io non come funzioni all’estero però è un fatto che gli italiani, e di ciò se ne approfittano anche gli stranieri in Italia, è un paese dove la cultura del bene comune è a livelli molto bassi. Colpa dei politici ma anche colpa di molti compaesani che ritengono lecito fare ciò che si vuole.
Sensibilizzare va bene, anzi va addirittura meglio però quando ci vuole ci vuole e molto spesso capita che noi italiani maturiamo una certa sensibilità solo con divieti, multe e altri elementi coercitivi. Se no non capiamo.
Molte “sedi CAI”, su tutto il territorio nazionale, organizzano corsi regolari di ciclorscursionismo tenuti da titolati e qualificati di questa disciplina, riconosciuta ufficialmente dal Club alpino. Dove si dovrebbero organizzare questi corsi e dove si dovrebbero svolgere le gite sociali di cocloescursionismo (non di ciclismo) del CAI se non on montagna e sulla rete di sentieri disponibili? Il cicloerscursionismo non è freeride né dh e chi frequenta i nostri corsi sa che il rispetto per l’ambiente, per gli altr fruitori della montagna e per chi vo vive e ci lavora viene sempre al primo posto. Volete sincerarvene? partecipate ad una gita sociale o ad un corso organizzati da una qualsiasi sezione o sottosezione italiana e poi ne riparliamo. AE -C Fabrizio Acanfora Scuola di Escursionismo F. Barbicinti CAI ULE Genova
La mia prima mtb l’ho presa nel 1986. All’epoca andare in montagna su sentieri con una bicicletta sembrava impossibile. Eravamo in pochi. Oggi l’utenza è cresciuta e i mezzi aggevolano molto la percorrenza nello sconnesso, cioè anche nei sentirei alpini. Ovviamente i biker danno fastidio ai pedoni. Rappresentano un potenziale pericolo, allo stesso modo del pitbull che si può incrociare sul marciapiede. Mi morsicherà? Mi urterà ? Il succo è lo stesso. Bisogna educare l’utenza. Il proprietario del pitbull deve metterli la museruola e tenerlo al guinzaglio, il biker deve rallentare e ringraziare il pedone per essersi messo da parte, o scusarsi per il disagio provocato. E un piacere essere educato.
Vivo in un posto dove molti nascono con la bici già attaccata al culo… condivido la mia vita con una ex campionessa di mtb e guida…
Non sono appassionato di bici anche se ogni tanto un giretto mi piace farlo più che altro perché mi permette di coprire maggiore distanza ed osservare più fette di territorio che a piedi non riuscirei a fare in una sola volta ma sono convinto che in questo modo perdo buona parte di ciò che potrei osservare con un andamento pedonale e quindi più lento, ma questa è una mia sensazione ed un mio modo di voler intendere l’andare in natura.
Conosco ex campioni di mtb e conosco gente che ancora frequenta e più o meno tutti si rendono conto che l’esplosione dei numeri di frequentatori di questa attività sta diventando deleteria per l’ambiente. C’è tra questi anche chi si prodiga a rimettere in sesto ciò che altri senza il minimo di ritegno distrugge, girando con la vanga per risistemare le buche ed i canali creati sul terreno umido che da soli sarebbe ben difficile si rimettessero in sesto… mi è capitato personalmente di ritrovarmi lungo un percorso che un tempo era usuale per i bikers ed oggi è diventato impercorribile con grossi problemi per gli abitanti della casa sottostante, in quanto dopo lo scavo selvaggio del sentiero, grazie sempre a chi più che amare l’ambiente (scusa spesso usata), ama farsi i cavoli propri e basta, ora quando piove si forma un bel torrentello che prima ovviamente grazie all’assorbimento del terreno non esisteva scaricadno valanghe di acqua sul muro dell’abitazione… bel modo di amare l’ambiente…!
La convivenza comunque non sarebbe impossibile se questa fosse, in primis, condita da rispetto sia per gli altri che per i terreni dove si va a giocare ed ho notato infatti che mentre i locals di solito tendono a considerare questo aspetto, le “orde barbare” in visita se ne sbattono allegramente e dopo aver divelto tutto ciò che si poteva, cambiano zona… Finale ligure citato in un commento ne sa qualcosa e già da un pezzo parlano di provvedimenti specifici.
Colpa è anche o forse soprattutto, di chi ha visto in questo movimento nascente il business e fa di tutto per sfruttarlo con i soliti atteggiamenti da “vivi l’adrenalina!”…
Il divieto non è mai costruttivo ed anche, come ho letto tra i commenti, sollecitare i comuni a fare multe per fare cassa… direi che bisogna essere non poco masochisti spingendo in avanti un atteggiaemnto come questo che già sta facendo danni sule strade urbane, spesso con atteggiamenti criminali da parte di chi fa la multa (e parlo con cognizione di causa visto che per ben due volte il giudice di pace mi ha tolto contravvenzioni fatte con sistemi illeciti!!!). Il problema, che sia bici, moto, elicottero, automobile o anche per quegli escursionisti che fanno merenda e lasciano un immondezzaio è l’arroganza insieme a quel atteggiamento definito maleducazione, i quali non tollerano un limite se non quello imposto per poter contestarlo o infrangerlo sentendosi pure dei gran fighi, invece di sentirsi come dovrebbe essere il mancato rispetto di una regola di convivenza civile, degli sfigati… ! Una condizione sociale dilagante che vede il rispetto auto-imposto come una sorta di debolezza invece che come una capacità di auto-determinazione e quindi di life-style corretto e soddisfacente. Si ricerca la soddisfazione nel branco che distrugge (ad incontrarli da soli uno ad uno, anche i più arroganti, sono tutti rispettosissimi e timidi quasi…) e nel sentirsi padroni anche dove siamo solo ospiti…
Bidecaloghi e leggi servono a ben poco, se non a limitare e creare dissapori ed odi, dovrebbe partire proprio da realtà come quella del CAI (statutariamente in dovere di creare cultura della frequentazione in ambiente naturale), una campagna di informazione-fomazione, in concorso con le realtà dei diversi territori per instillare quel germe di rispetto di ciò che è un bene comune e non un possesso di pochi siano essi camminatori o bikers!
Per Fabrizio Tacchino: hai ragione a pensare che nessuno è padrone del mondo, tanto meno il CAI. Ma se credi che i sentieri siano un parco giochi (ignorando quindi la loro storia) stabilisci la distanza siderale che c’è tra il mio pensiero e il tuo.
Per Stefano Morsini: è il tuo di incipit che fa tremare. Vuoi forse negare che i sentieri sono nati per i pedoni? Sarebbe come dire che anche i treni possono percorrere le autostrade!
Né il Bidecalogo del CAI né io personalmente abbiamo mai voluto vietare nulla, semplicemente vorremmo stabilire dove ha senso divertirsi con la bici e dove non ce l’ha, chiarendo finalmente cosa significa pedalare su una forestale e cosa significa buttarsi giù per un sentiero (ripido o meno) in downhill.
Per Mirko Tambascia: Ma di quali diritti stai parlando? Quelli del CAI? Dei miei? Quali, insomma.
Trovi le forestali noiose? Mi dispiace, ma allora ti consiglio fare altro. Buttati giù in downhill che ti passa, ma così facendo avrai dimostrato finalmente a te stesso e agli altri che della montagna e della natura ti frega poco. Io non abbaio e non vieto, cerco solo di metterti davanti alle tue contraddizioni. E’ da anni che mi batto per evitare qualunque divieto. Qualunque. Sostenendo che prima di vietare occorre convincere, persuadere. Sono d’accordo sul rispetto reciproco, dunque comincia con l’evitare di pensare che tutti vogliano vietare per difendere i propri diritti.
Ti lamenti dei pedoni che “vagano” disordinati, che “tagliano” da una parte e dall’altra. Ma ti rendi conto di quanto vorresti il sentiero a “tua” misura? Sei tu che vuoi il sentiero solo per te. E non parlare di cani al guinzaglio o di mozziconi, perché qui questi argomenti sono fuori tema. Infine: tra dieci anni magari non sarò neppure più in grado di fare il “bipede” su un sentiero, dunque non mi preoccupo molto per me. Sono assai preoccupato ora, quando vedo lo spettro di altri divieti che qualche amministratore poco illuminato istituirà a colpa di quelli che trovano le forestali noiose.
Riporto una selezione di alcuni commenti apparsi su facebook al riguardo di questo articolo:
Tacchino Fabrizio, 3 marzo alle ore 8.26
Bah, ognuno tira acqua al suo mulino il CAI non è il padrone del mondo ,che ci siano regole del buon uso e più che giusto ma pensare che vadano tutti a piedi no. I sentieri sono il più bel parco giochi che ci sia (li si usa per divertirsi o sbaglio?), molte associazioni bikers ne hanno aperti di nuovi adatti a loro fanno manutenzione per altri. Il CAI dovrebbe trovare accordi segnaletica per far convivere tutti poi qualche esaltato bikers ci potrà anche essere ma l’ignoranza non è da tutti.
Stefano Morsini, 3 marzo alle ore 15.03
I sentieri sono nati per i pedoni… già l’incipit mi fa tremare. mentre tutto il mondo va avanti offrendo servizi ANCHE per il turista in bicicletta noi rimaniamo indietro. Parliamone della legge trentina sul divieto di percorrenza sui sentieri in base a pendenza e larghezza… una boiata assurda! Piuttosto CAI, SAT, ecc. aprano il dialogo ad un corretta redistribuzione dei sentieri con divieti solo ove necessario, non il lamento di chi siccome è arrivato prima ora da fastidio che ci sia il nuovo che avanza.
Francesco Cappellari, 3 marzo alle ore 15.24
E’ solo e unicamente una questione di rispetto reciproco. E il rispetto si crea con la regolamentazione, non con i divieti. La mtb è un’attività sportiva degna della montagna, tanto quanto quella dell’escursionismo e della corsa. Se il buon senso, ogni tanto, si impadronisse del CAI (di cui faccio parte) avremmo più gente per i sentieri con conseguente protezione della natura nei confronti, per esempio, dei motori e delle funi. Lì e solo lì dovremmo concentrarci e debellare.
Alessandro Strid, 4 marzo alle ore 16
I sentieri sono per pedoni, può anche andarmi. I trail per le mtb infatti sono per le bici ma spesso ci trovi i pedoni. Ciò sta a significare che sia dalla parte dei bipedi che da quella dei ciclisti ci sono quelli con meno buon senso. Naturalmente di ciclisti ne è pieno, anche di quelli rispettosi, che se passano nel sentiero per pedoni (perché magari è l’unico esistente, è largo e soprattutto non presenta divieti di categoria) lo fanno rispettando e chiedendo permesso. Ora la domanda è semplice, da marchigiano: qui nei Sibillini (togliendo il fattore terremoto, ultimo arrivato che ha fatto danni su danni), circa un anno fa, sono cominciati i divieti di circolazione di mtb su alcuni sentieri che, oltra ad essere lasciati alla meno peggio (perché se è il CAI a doversene occupare è il CAI che se ne frega a ‘sto punto) erano almeno trafficati. Il turismo mtb conta molti numeri, parecchi, soprattutto con gente che viene dall’estero. Ma veramente si vuole sputare un introito che potrebbe far rifiorire la montagna sotto vari aspetti? Oppure vogliamo continuare a puntare esclusivamente il dito senza adattarci ad una semplice abitudine che è quella del turismo sportivo?
Mirko Tambascia, 5 marzo alle ore 6.20
Solito articolo per difendere i diritti di alcuni. Mi aspetto il prossimo contro l’uso dello snowboard e simili…
Leggo “hanno a disposizione le forestali, perché creare casini sui sentieri”. Perché le forestali sono noiose… nemmeno a piedi sono divertenti o sbaglio?
Si vede che anziché capire il fenomeno vi basta abbaiare e vietare. Meglio promuovere la cultura della montagna, del rispetto, della cura e conservazione dei sentieri. Ma lo sapete che grazie a numerosi trail builder e as di mtb sono stati recuperati migliaia di sentieri abbandonati (Finale Ligure è il primo esempio). Lo sapete che un biker tra un sentiero pensato per mtb e uno per andare a piedi sceglierà sempre il primo (proprio perché è più sicuro per tutti avere questa distinzione). Ma quando questo non può avvenire, come per i sentieri in alta montagna, bisogna far capire che la coesistenza è possibile se c’è cultura e rispetto reciproco.
Da biker potrei lamentarmi nei confronti dei pedoni che vagano sparsi per i sentieri, che tagliano da una parte all’altra, che non tengono gli animali al guinzaglio, che buttano mozziconi o altro. Credo che il rispetto dell’ambiente e degli altri dipenda sempre dall’educazione e non dallo strumento che si usa.
Mi chiedo se tra 10 anni vi saranno molti più bikers vs escursionisti a piedi e i primi siano in grado di vietare l’uso dei sentieri ai bipedi, caro Alessandro Gogna, come la prendereste?
Il turismo ciclistico è importante come lo sono quello pedonale, l’alpinismo, lo sci alpinismo, lo sci alpino e quello che io chiamo “il turismo della pastasciutta” (che ai locali piace tanto, perchè molto poco impegnativo ed altamente remunerativo).
Il ciclista che cerca pace e posti isolati difficilmente li troverà lungo i percorsi ciclabili dedicati (che per loro definizione vengono spianati ed attrezzati per render il percorso adeguato al grande pubblico), per questo noi ci dobbiamo battere CONTRO l’eccessiva attrezzatura dei percorsi, CONTRO i ristoranti d’alta quota e CONTRO l’esasperata normazione.
La mountainbike è uno strumento eccezionale: permette di coprire distanze e dislivelli impensabili a piedi e genera una suddisfazione che io paragono a quella dello sci alpinismo: la conquista della vetta con il riposo del traguardo, e la gioia della discesa con il suo puro divertimento.
Se nella manutenzione dei sentieri venissero lasciate tutte le asperrità che caratterizzano il terreno, questi non risulterebbero ciclabili. Se non risultassero ciclabili le biciclette non li percorrerebbero. Torniamo qui al discorso sull’eccessiva attrezzatura dei percorsi. Io personalmente credo che la miglior qualità di un sentiero sia l’individuabilità della traccia e l’evidenza della direzione: tutto il resto dev’essere lasciato come la natura comanda.
Da forestale, quindi a conoscenza dei problemi di compattamento e di lavorazione con mezzi meccanici e degli enormi danni da pascolo credo che il problema dei solchi sia legato solo alla manodopera necessaria alla sistemazione, e non è cosa da poco! Ma la soluzione dei divieti, pubblicizzata da un promotore chiamato “osservatorio LIBERTÀ in montagna” sia quantomeno INOPPORTUNA.
Le soluzioni alternative sono: vietare il transito durante i giorni di pioggia intensa, nei quali il terreno è molto più soggetto ad erosione e compattamento. Adattare quei piccoli tratti di sentiero perennemente umidi con passerelle costituite da assi/pietre in modo da limitare l’erosione.
Volete la LIBERTÀ? Garantiamola insieme, ISTRUENDO l’utenza perchè ami la natura senza dover odiare le amministrazioni e disobbedire a divieti opprimenti ed inopportuni.
Commento fatto anche su corrispondente articolo del sito Ossevatorio per la Libertà
Sulla base di alcuni discorsi bisognerebbe vietare i sentieri a tutti sia a piedi che con qualsiasi altro mezzo, visto che c’è chi dice che i bikers sono tanti (troppi) e che a causa di pochi maleducati ci rimette tutta la categoria considerato che i maleducati ci sono in tutte le categorie nessuna esclusa anche tra i pedestri e che il numero di escursionisti a piedi in certi periodi è un vero e proprio carnaio, sulla base di questo ragionamento vietiamo a tutti di andare in montagna “TUTTI” !!!
Sono un ciclista ma anche un amante della natura. Purtroppo non possiamo volete il mondo tutto per noi, quindi la convivenza è una necessità. Il problema non è condividere gli spazi, ma la mancanza di rispetto di alcuni a danni di altri. Evito di andate veloce o fare il cafone quando ci sono persone sulla mia stessa strada, ma conosco amici che inspiegabilmente accelerano invece. Mi vergogno per loro e mi sento in torto come categoria. Però devo anche dire che spesso sono aggredito in modo ancor più cafonesco da escursionisti perché non vorrebbero che io passassi dove passano loro. Morale della favola, la mancanza di rispetto e buon senso ci rende sempre più intolleranti a chi è diverso o la pensa diversamente da noi.
Quando arriveremo al “troppi escursionisti sui sentieri” potremo finalmente sperare che un bel po’ di loro vadano in elicottero (?). Scusate la battuta.
Frequento i sentieri da escursionista e inevitabilmente considero le cose da un solo punto di vista: certo è che le MTB stanno diventano un fastidio insopportabile. Dipende sempre tutto dall’intelligenza e dall’educazione delle persone. Ma spesso chi “cavalca” la MTB si fa prendere dalla foga…chissà perchè…in particolare io detesto i bikers che scendono a rotta di collo sui sentieri, ma anche sulle sterrate con pedoni. Spesso ti arrivano alle spalle silenziosi, come belve in agguato. Magari , all’ultimo, urlano anche “pista!”. Per la maleducazione di alcuni (che comunque non sono pochi) patisce l’intera categoria.
Ci sono sentieri percorribili sia da chi va a piedi sia da chi va in MB, altri sui quali l’utilizzo della MB andrebbe vietato. E questo indipendentemente dai numeri. Per quanto concerne tutto il resto andrebbe vietato e basta.
Sono però fiducioso. Ci vorrà tempo ma sono convinto che prima o poi le multe saranno applicate. E’ che secondo me ci si sta’ muovendo in maniera corretta ma con chi non è sensibile a certi discrosi. Bisognerebbe spiegare ai Comuni che le multe potrebbero essere un modo per fare cassa.
Un paio di ciclisti non mi danno disturbo. Rispetto chi avanza con i propri muscoli e con il proprio sudore. Però fuggo dalle folle, che si tratti di escursionisti, ciclisti o cordate in parete.
Piú di tutto detesto moto da cross, quad, motoslitte, fuoristrada, eliski, eliturismo, le abbuffate al rifugio raggiunto in elicottero. Le volte (per fortuna ancora di rado) in cui incrocio questa gentaglia maleducata mi monta subito il sangue alla testa. È l’apoteosi dell’arroganza becera, e io non la posso sopportare. Che devo fare?
Condivido in pieno questi ragionamenti e ne darò risalto anche su FaceBook. Grazie. Ho recentemente commentato la notizia diramata dal CAI riguardo ad una sede locale che ha messo in cantiere un corso per mountain bike su sentieri….