Il turismo montano? Sempre più “bestiale”!
di Alessandra Longo
(pubblicato su verticales.it il 27 agosto 2017
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Sono oltre 10.000 le strutture ricettive italiane in montagna che accettano gli animali domestici: il dato, rilevato dall’associazione animalista Aida&a (Associazione italiana difesa animali ed ambiente) fa riflettere. Il Mahatma Gandhi sosteneva che la grandezza di una nazione ed il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali. L’accoglienza estesa a cani, gatti ed altri animali costituirebbe, in questo senso, un significativo segnale dell’accresciuta sensibilità per gli altri esseri senzienti, troppo spesso relegati in secondo piano dall’umano-centrismo.
Ai nobili intenti s’aggiungono le esigenze di mercato. Secondo le statistiche (segnalate da Repubblica) i possessori di animali in Italia sono 60 milioni ed il 57% infila in valigia guinzaglio e collare. La svolta animalista è quindi una necessità dettata dalla crescente domanda di alloggio pet-friendly. Non stupisce allora che il boom del “turismo bestiale” trovi maggior riscontro nelle regioni che maggiormente pongono attenzione ai trend in atto: ben 1.600 delle strutture censite si trovano nella provincia di Trento.
Cani nei rifugi
A livello normativo non esiste alcun divieto di far entrare i cani nei pubblici esercizi, salvo quelli in cui si producono alimenti, con l’obbligo di condurli con guinzaglio e museruola ai sensi dell’art.83 (lettera d) del Decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954 n.320, recante “Regolamento di Polizia veterinaria“. Il Regolamento Generale Rifugi del CAI indica che “non si possono introdurre animali nei rifugi, salvo diverse disposizioni concordate tra Sezioni e Gestore. Resta comunque il divieto assoluto di accesso agli animali nei locali adibiti a pernottamento”. Tuttavia la grande differenza di tipologie e logistica delle strutture alpine, nonché la loro diversa posizione geografica, non permette di generalizzare le disposizioni normative relative all’accesso agli animali: spetta al gestore, anche in base alle ordinanze comunali, stabilire o vietare l’accesso agli animali. Insomma: a seconda del rifugio, troverete un cartello di benvenuto o di restrizione, magari riferito solo ad alcune aree (cucina, dormitorio, ecc.).
Cani nei parchi e nelle aree protette
La circolazione dei cani è regolamentata al fine di garantire la salvaguardia della fauna selvatica e dell’ambiente. Sciocca esagerazione? Mica tanto. L’omessa custodia e mal governo di animale è un reato penale (art. 672). Sicuramente il cane sarà ubbidiente, ma l’istinto predatorio può giocare brutti scherzi: avreste voglia di beccarvi una denuncia per l’uccisione di una marmotta? Capita: il guinzaglio è un semplice accorgimento per salvarvi la vacanza e garantire escursioni e passeggiate in tutta sicurezza.
Umanità? No, dignità!
I cani, come gli altri animali, condividono con noi la sensibilità: percepiscono, soffrono, amano. Ignorare tali sensazioni o svilirne la portata, in quanto non umani, non è un comportamento corretto. Allo stesso tempo umanizzare il cane è fraintenderne la natura. Perché pretendere di far mangiare il cane a tavola? Perché costringerlo in cappottini, trasportini e collarini fashion dalla dubbia utilità pratica? Nel romanzo di George Orwell “La fattoria degli animali” quando i maiali assumono tutte le abitudini dei “due zampe” hanno tradito se stessi. Eppure c’è chi crede che non attribuire umanità all’animale sia negargli la dignità. La sfida del settore turistico, ed in particolare delle zone montane, sarà elaborare soluzioni e strategie che trasmettano un giusto senso di accoglienza canina in grado di garantire la dignità animale e le esigenze dei padroni nel rispetto del vivere civile, delle norme di igiene e di sicurezza. Magari con un po’ di simpatia, per sdrammatizzare un po’. Come al rifugio Terzo Alpini (in Valle di Susa) che propone il bistrot du chien: un nome accattivante per una proposta semplice, ma indispensabile, come una postazione di abbeveraggio.
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