Verniciati il cervello
di Marco Lanzavecchia (da Fuorivia 1 marzo 2012)
Verniciati il cervello, Condor maledetto… (“Condor maledetto” cassato in un secondo tempo, vedi la guida La Chiusa della Valsàssina di Andrea Savonitto, 1999): molti anni fa (1980), il Gigante (il Savonitto, appunto) aveva aperto una via assieme a me, Danilo Zuliani e Luca Mozzati e aveva scelto di battezzarla con questo nome in segno di protesta per la pesante verniciatura di un’altra via sulla stessa struttura (lo Zucco dell’Angelone).
Ma che a distanza di quasi trent’anni il problema fosse ancora attuale… questo non l’avrei creduto…
Ieri sono stato con il Gigante a scalare alla Pala Condor prima e al Sasso di Introbio poi. Una vita che non andavo al Sasso, mai stato prima alla Pala. Ci sono bei tiri per ogni livello e, a parte un po’ (tanto) unto al Sasso, direi che è un posto che merita.
Dispiace veramente vedere che è assai poco rispettato, come altre falesie, e che alla base è invaso da cartacce e bottiglie di plastica. Ma non basta. Qualche demente (non so trovare un altro termine) ha pitturato i nomi delle vie all’attacco a caratteri cubitali con colori rutilanti e orrendi. E non si tratta di cose giurassiche ma riguarda anche i tiri duri del Buzzoni che sono abbastanza recenti. Non capisco e non voglio capire i motivi di questo scempio.
E’ vero che al Sasso di Introbio le scritte ci sono sempre state… un “peccato di gioventù” fatto in tempi meno consapevoli di oggi e a cui si potrebbe forse anche rimediare… ma allora il tempo è proprio passato invano.
E’ uno schifo.
Qui sotto alcune delle foto, dove talvolta lo spit dà l’idea della dimensione delle scritte:
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DANIELE BRUNELLI, non è proprio come dici tu, le pennellate ci sono ancora, non sul sasso, ma per esempio a Baiedo. Sono recenti, colorate e belle grosse.
piesse: i piccoli manufatti non ci sono più.
Croda, quello che tu chiami “refresh accusatorio” con un termine in cui è implicito un giudizio negativo non è stato mia iniziativa ma di Alessandro. E, forse giustamente, quello che passa sul suo blog è un po’ meno facile ed immediato da seppellire con una disinvolta palettata di pupù come fu fatto col mio post su Larioclimb. In quanto al fatto che le scritte al Sasso di Introbio siano sbiadite sarà anche vero… ma contemporaneamente ti posso assicurare, visto che ci sono stato venerdì, quelle alla pala sono invariate nel loro orrore, tanto quanto quelle alla base di Baiedo che sono perfettamente visibili anche passando in auto. Quindi, cortesemente, pensa pure a me come un miserabile invidioso e meschino, per di più ateo e bestemmiatore e traditore di tutti i più sacri valori della solidarietà alpinistica e pure quella del cortile. Ma non come ad un cieco e pure cretino. Perchè così non è. E stanno cominciando a girarmi davvero.
FORSE NON TUTTI SANNO CHE…
Marco, e’ un dato di fatto che, sull’onda della tua poco velata denuncia,
da ormai due anni e mezzo a questa parte le “vergognose” (peraltro storiche) scritte al Sasso sono sparite,
o quanto meno precocemente ingrigite grazie all’azione di un abile pennello riparatore.
Piccoli manufatti in sasso dal piu’ discreto profilo, oltre che maggiormente in linea con le attuali tendenze,
danno ora ad intendere con estrema esattezza, oltre al nome delle vie, anche il punto in cui le stesse vadano approcciate.
Proprio per questo (perdonami, ma pur sempre di materia grigia stiamo parlando…)
mi sfugge il senso di questo tuo nuovo refresh accusatorio.
“Io critico un comportamento, non delle persone.
Tutti abbiamo fatto errori di gioventù e pure parecchi di mezz’età e anche di vecchiaia.
Ma non è che seppellendoli sotto il tappeto diamo questo gran bell’esempio.”
Sarà, ma io trovo che nel caso specifico l’effetto di reiterar la denuncia a battaglia ormai vinta
abbia come unico effetto quello di ricaricare l’accensione degli animi di quelle stesse persone.
“Una falesia appartiene in qualche modo a chi l’ha scoperta, valorizzata, chiodata
o in qualche modo resta comunque un bene pubblico e come tale va trattata?”
La seconda che hai detto, ovvio…
e l’opera di “valorizzazione” delle guide alpine foraggiate dalla comunità montana ne è ahimè la riprova.
ciao
Forse è solo questione di tempo. Andavo da quelle parti col Carletto Molinari quando noi eravamo ancora vecchi con gli scarponi rigidi a fare i gradi, si diceva cosi. E vedavamo sto ragazzotto che poi avremmo incontrato a Machabi ad aprire vie con sti passi cosi lunghi, da gigante. Allora se pur più vecchi passavamo le nottate ad imbrattare muri ed attaccar manifesti di rivolta nei quartieri popolari di Milano o sui muri delle fabbriche di periferia in barba ai ben pensanti che non volevano i muri sporcati. Oggi mi da un fastidio boia vedere scritte o manifesti inutili attaccati ovunque. E mi chiedo se facessi ancora quelle cose o me le facessero sui muri di casa mia penserei che son fuori dal tempo, che oggi i mezzi di comunicazione sono altri, anche per sfogarsi. Ci stavano una volta quelle scritte, erano un segno. Oggi no. Aspettiamo forse è solo questione di tempo.
G.Valagussa
A me viene da dire solo “peccato” perchè in realtà il posto sarebbe bello.
fatele vedere a Salvini queste scritte fatte dalle civile genti italiche. Forse avrà un ripensamento sui campi Rom.
Non è un segreto ma a me è sempre piaciuto di più l’ Angelone! I Alto la natura ha sempre avuto il suo ruolo. Solo quando alcune scritte sono comparse ,anche,lì …già trent’anni fa, mi sono girati i “santissimi” . Sotto,giù in fondovalle,stava la feccia? Non si capiva ma poteva esserci visto come si presentava l’ambiente che di naturale ormai conservava ben poco…A quelli ,lì piaceva stare. Un prete cercava di redimerla ed a questo servono i preti. La porcilaia condiva di miasmi un posto già pieno di cave e discariche non solo di inerti,copertoni abbandonati, dappertutto rifiuti…..scritte sui muri e sulla pietra perché degrado chiama degrado. Del resto se la sensibilità non c’è,come la fede,non la si compra. Col tempo magari,con pensiero attivo, la si costruisce. E, per condivisione,cresce…. non sempre succede. A nulla serve bonificare e cercare di riordinare, promuovere un modello socialmente favorevole,fare sermoni ne manco pregare. Se il virus del disprezzo e del chichelamecacchechicomandemecche si è insinuato nulla c’è da fare.Non esiste cura.Esisterà assoluzione? (Pregate fratelli!! Voi che ci credete) :-p
e meno male che gli incivili sono gli estracomunitari.
ok ok … ci sono ricaduto ….
Mi ero riproposto di non scrivere più commenti personali su forum e cose simili … ci sono ricaduto stop !
Solo una cosa “in molti dovete molto” forse non ti è molto chiaro il mio rapporto don il Don Agostino, ma ovviamente non ha nessuna importanza!!
Ti saluto, a presto Luigi
…. non so come considerarlo, la data è solo un dato di fatto, oggettivo.
Quello che penso, questo ovviamente è del tutto soggettivo, l’ho scritto dalle seconda riga in giù …
Perchè dici “rancoroso”? Ammetto che trovai seccante ed omertosa la piega della questione. Come la troveresti tu se il tuo commento sparisse in quanto non allineato ai nostri. Anzi. Io trovo proprio che l’aspetto sgradevole della questione ha più a che fare con l’altrui “intoccabilità” che con un ipotetico mio rancore. Quando mai si è visto far sparire un’osservazione e lasciare spazio solo alle repliche? E’ perchè io sono l’ultimo delle merde e Don Agostino un benemerito al quale in molti dovete molto? Davvero credete di rendergli un buon servizio con questo atteggiamento? Io sono arciconvinto di no e abbastanza convinto che anche lui la pensi allo stesso modo. Messo quindi da parte, tra le questioni irrilevanti, il mio supposto rancore e l’incespicone formale di larioclimb, il nocciolo della questione resta immutato. Io critico un comportamento, non delle persone. Tutti abbiamo fatto errori di gioventù e pure parecchi di mezz’età e anche di vecchiaia. Ma non è che seppellendoli sotto il tappeto diamo questo gran bell’esempio. E a parte il caso specifico il problema è anche più vasto: una falesia “appartiene” in qualche modo a chi l’ha scoperta, valorizzata, chiodata o in qualche modo resta comunque un bene pubblico e come tale va trattata? Conta l’opinione di tutti o solo quella dei cittadini di serie A? 😉
Caro Luigi Fantoni, visto che è del 2012, dobbiamo considerarlo un “cold case”?
Caro Rel ( e anche Alessandro dato che hai pubblicato tu ) la “notizia” è del marzo 2012 !!
Ho l’impressione che il problema sia una “guerra santa” che dura da 30 anni … poi, se vogliamo parlare delle scritte, del 2012 o del 1980 è senza dubbio interessante, magari parliamone con altro spirito più costruttivo e meno rancoroso …
E invece questo è tutto “quello che è rimasto” su Larioclimb (uso il C&I perchè non si può linkare il singolo post):
13 Aprile 2012.
IL CASO DELLE SCRITTE AD INTROBIO
Nella primavera del 1974 Don Agostino Butturini, sacerdote ed educatore al Collegio Alessandro Volta di Lecco, propone ad alcuni ragazzi di seconda e terza media di partecipare al Corso di Alpinismo “Attilio Piacco” del C.A.I. di Valmadrera. L’esperienza si rivela positiva, e le prime arrampicate piacciono a tal punto che molti di loro (tra cui il sottoscritto, che allora aveva 12 anni) vogliono andare avanti. Don Agostino intuisce così che l’arrampicata può essere un valido strumento di crescita per ragazzi di quell’età; il fatto poi di essere a Lecco, una delle capitali dell’alpinismo italiano, fa il resto.
Nel 1975 nasce il Gruppo Condor, ispirato al grande rapace andino sinonimo di libertà, grandi spazi, montagne, e l’arrampicata costituisce l’attività principale del Gruppo. Ovviamente, il livello delle “imprese” domenicali viene proporzionato alla giovanissima età dei protagonisti; non esistevano le falesie attrezzate, ne tantomeno i fix of i resinati.
Dopo un primo periodo passato a ripetere le divertenti vie classiche della Grigna Meridionale, “il Don” comincia ad esplorare alcune strutture rocciose in Valsassina, appena a Nord di Lecco, dove apre a suon di chiodi, sempre dal basso e con i ragazzi come compagni di cordata, un gran numero di vie nuove. Questi itinerari sono brevi, due/tre lunghezze di corda, ma di buon livello tecnico, tanto che già dopo pochissimi anni, si potevano trovare sulle vie più impegantive della Medale e della Grignetta, cordate autonome di quindici/sedicenni che si erano fatti le ossa proprio sulle verticali pareti del Sasso di Introbio e della Pala.
Dal canto suo Don Agostino non fa solo da accompagnatore ai piccoli Condor, ma, essendo dotato di un ottimo stile di arrampicata, ripete da primo di cordata alcune belle salite in Dolomiti e nel Masinom-Bregaglia. Citandone alcune: la Cassin alla Cima Ovest di Lavaredo, la Steger al Catinaccio, lo Spigolo Vinci al Cengalo.
Questo per inquadrare a grandissime linee l’argomento…. Non molto tempo fa infatti è uscita sul web una polemica intorno ad alcune grandi scritte colorate, presenti alla base di molte vie del Sasso di Introbio e dei settori vicini. Riporto quindi di seguito una riflessione dello scopritore (30 anni fa) ed attualissimo frequentatore di questa falesia: Don Agostino in persona, per l’appunto.
Pietro Corti, Aprile 2012
UNA STORIA PICCOLA, MA CON UN PO’ DI FASCINO.…
Giorni fa mi telefona il Pietro (“Condor” di vecchia data) per dirmi, con la sua velata diplomazia per addolcire la pillola, che qualcuno è sconcertato (eufemismo) per le vistose scritte alla Pala Condor di Introbio. E’ un po’ che non la frequento, perché nei pochi sabati a disposizione durante l’inverno, incoraggiato da un amico Guida Alpina e dal suo simpatico clan, mi sono dedicato a rivisitare, con un po’ di nostalgia, le vecchie vie Baiedo e Sperone alla Rocca, la struttura di fronte al Sasso di Introbio. A proposito…. Queste vie ora sono percorribili perché riattrezzate a fix (Enzo Nogara) e ripulite (da me). Gli ultimi ripetitori, già parecchi, manifestano soddisfazione… Tornando alla vicenda: incuriosito, sono tornato alla Pala Condor ed ho capito. Forse per farmi piacere (?) alcuni ragazzi hanno calcato la mano ed hanno “rinfrescato” con colori appariscenti alcune scritte, peraltro già presenti, molte delle quali (lo confesso) da ne realizzate con i ragazzi di allora negli anni ’80. A questo punto, ecco la piccola storia: quando arrivammo, in un periodo a cavallo tra gli anni ’70 ed ’80, c’erano rovi a volontà, erba e zone friabili sulle rocce, il tutto condito dall’incolpevole lezzo di un allevamento di maiali lì nei pressi. Ci siamo calati infinite volte per ripulire, sistemare, “abbellire” le nostre viette aperte rigorosamente dal basso (allora si usava così…). L’unica nota un po’ allegra e colorata erano le scritte alla base, che indicavano ai futuri ripetitori il nome dell’itinerario appena terminato. In parte, queste scritte erano anche frutto di orgoglio: per quei giovani scalatori, i 20-30 metri di parete vergine salita dal basso, erano… l’Everest. Ragazzini, appunto! Non erano del tutto giustificabili, col senno di poi; ma tant’è… così è stato. Poi sono arrivati i fix, i resinati, e alcune vie nuove “calate dall’alto”. Il giocattolo è finito in altre mani. Ci è sembrato giusto, la roccia è di tutti. E’ rimasto però un retrogusto di nostalgia ed un po’ di rimpianto per i miei vecchi chiodi, solo parzialmente restituiti (sto scherzando). Ora tutta la zona è diventata una rinomata falesia e, dopo un inizio folgorante ed un successivo periodo di stasi, il flusso dei frequentatori ha ripreso vigore; le scritte perciò vengono maggiormente notate. Quindi, se dovessero rappresentare una offesa al “comune senso del pudore” ambientale ed arrampicatorio (senza ironia) mi riprometto di farne perdere le tracce, o di ridurne l’impatto. Forse però, senza minimizzare il fatto in questione, i veri problemi sono altri e per quelli vale la pena darsi da fare. Sarà il caso di lasciare perdere cattedra e penna per riprendere quello che sappiamo fare meglio (e tantissimi molto meglio di me): continuare cioè ad arrampicare e gustare, magari insieme, il ruvido contatto con la pietra. Siccome infine, nonostante gli anni, non sono ancora fuori di testa, e qualcosa mi è rimasto nei piedi e nelle mani, mi piacerebbe avere solo amici con cui continuare a condividere questa passione, e lasciare questa terra (più tardi possibile) in pace.
Fatemi sapere…. Con gentilezza.
Don Agostino
P.S.
1) Molte scritte non sono nostre; forse ha giocato l’imitazione .
2) Condivido l’opinione che nei siti di arrampicata ci sia la massima serietà in termini di sicurezza; ciò nonostante, senza scadere nella logica da Luna Park, non fa male qualche concessione allo spirito goliardico. In fondo la falesia, oltre ad essere un ambiente da prestazione sportiva, è anche un luogo di aggregazione, lontano dall’agonismo esasperato.
Per chi avesse tempo da perdere… tutto il thread: http://www.fuorivia.com/forum/viewtopic.php?f=8&t=31950&hilit=verniciati
Hai tutta la mia solidarietà, soprattutto per gli insulti che ti sei beccato! Ma robe da pazzi!
Casualmente oggi mi è successa la stessa cosa. È sparito un mio post dove avevo denunciato la stupidità di certe persone (quelli che pontificano quando qualcuno muore in montagna).
Ma io l’ho già ripostato! Mai mollare!
Buonanotte!
Ai tempi mandai più o meno queste due righe sulla bacheca di Larioclimb. Sperando di suscitare un po’ di dibattito. Mi beccaii gli insulti di qualche realista più realista del re. Poi una risposta, a dire il vero molto pacata e corretta, anche se un filo evasiva, di Don Agostino Butturini, poi il mio post sparì “magicamente” e rimasero solo le repliche da cui pareva io mi fossi abbandonato al più scomposto torpiloquio. Alle mie proteste mi fu consigliato per vie traverse di starmene zitto perchè avevo pestato piedi impestabili. Sono contento che la storia torni fuori perchè sono tuttora convinto che sia importante. Che sia importante un po’ di educazione e rispetto in più per il nostro terreno di gioco, che è di tutti e non merita di essere sfregiato, scempiato o anche solo schiamazzato. Oramai, purtroppo, siamo in tanti. Forse troppi. Come facevo notare a qualcuno un po’ di tempo fa protestando contro i vocalizzi che emettono alcuni personaggi per esternare la loro personale soddisfazione quando sciano. Se sei da solo in mezzo alla taiga puoi anche permetterti di pisciare contro un albero. Se sei in piazza, in uno spazio condiviso, ed ancora più fragile in quanto molto condiviso, le regole diventano importanti e più stringenti.
Concordo in pieno, ha veramente esagerato con le dimensioni dei caratteri e colori.