Conoscenza senza scienza
di Raimondo Bultrini
(già pubblicato il 12 febbraio 2019 su repubblica.it)
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Dalla laurea in fisica al monastero buddhista. Lo yogi Alan Wallace spiega i training contemplativi. “Il samadhi porta l’attività mentale al livello della stessa natura della coscienza ed è in questo stato che molti contemplativi e scienziati dall’intuizione profonda hanno scoperto cose che sono poi state riscontrate dalla scienza”.
Wallace con il Dalai lama. (Foto dal sito di B. Alan Wallace)
Alan Wallace si laureò più di 30 anni fa in fisica prima di specializzarsi negli studi di filosofia e religione, seguiti da 14 anni in un monastero buddhista sotto la guida del Dalai lama e altri maestri di meditazione. È da questa esperienza a cavallo tra mistica e scienza che l’ex monaco americano si è trasformato in uno dei più attivi divulgatori dei progetti di ricerca sostenuti dal leader tibetano sugli effetti delle antiche pratiche dei sutra e tantra himalayani sulla psiche umana.
Invitato ormai in tutto il mondo a condurre seminari e corsi spirituali sta lavorando da anni alla creazione in Italia di un centro dove saranno invitati yogi e meditatori disposti a un esperimento mai tentato su vasta scala, il loro “monitoraggio” fisiologico e biochimico durante e dopo le pratiche meditative condotte per lunghi periodi, fino a tre anni.
Mindfulness
“Da Galileo in poi – ci dice Wallace – la nostra conoscenza del mondo è affidata a una scienza sempre più esatta in grado di quantificare, misurare e scoprire la formule che accomunano i fenomeni del cosmo. Dalla fine dell’800 nel campo degli studi sulla mente la ricerca è stata interamente confinata all’osservazione oggettiva del cervello umano, ma nonostante i progressi di Freud, Jung e della psicoanalisi non si è compreso che per “mente” non si può intendere qualcosa di materiale soggetta a misurazioni e calcoli”.
Come la definirebbe dunque?
“La mente può paragonarsi a un invisibile stato di coscienza, qualcosa che la comunità scientifica non può riuscire a definire e nessuno sa quale sia la sua causa o la relazione tra mente e cervello, né tantomeno cosa accade dopo la morte. Infatti l’ipotesi che mente e cervello umano siano la stessa cosa è una semplice speculazione, una credenza: anche se lo stato di coscienza è strettamente legato all’attività del cervello, questa correlazione tra funzioni cerebrali e mente umana non significa che siano identiche, e neanche che le due cose siano collocate nello stesso luogo fisico”.
Ha un esempio più comprensible per un profano?
“Possiamo pensare a un interruttore, quando spingi il pulsante accendi o spegni la luce, ma non vuol dire che la luce si trovi nel posto dove fai clic. Si sa che il cervello influenza la mente e viceversa, come quando si creano aspettative o si provano delusioni che influenzano l’attività del pensiero. Nessuno può negare che tutte le branche della scienza stiano progredendo nella ricerca delle cause dei fenomeni e del “pensare”, ma la scienza non è in grado di osservare la mente introspettiva. È il buddhismo, come l’induismo, l’unica tradizione contemporanea capace di sviluppare metodi molto sofisticati per portare l’attenzione su quella che oggi tutti chiamano mindfulness, introspezione o samadhi in sanscrito. Di fatto la diretta osservazione della mente è ciò che il telescopio rappresenta per l’astronomia”.
Lei intende aprire a Castellina Marittima, nelle campagne toscane, un centro per meditatori “professionali” disposti a sottoporsi a controlli scientifici. Ma è possibile verificare con delle tecniche una verità tanto mistica come uno stato di coscienza?
“È un esperimento senza precedenti, ma proprio come uno scienziato ha bisogno di laboratori, un contemplativo deve avere un ambiente favorevole che permetta un alto livello di attenzione e concentrazione, dove sia possibile dimostrare che gli stati di samadhi possono essere misurabili, e che sono ripetibili anche da altri proprio come formule matematiche, purché siano individui altrettanto allenati agli stati di coscienza profondi. Psicologi e neurologi potranno osservare i meditatori non solo come soggetti di studio, ma come collaboratori in grado di permettere osservazioni dirette sul cervello e il comportamento, con un beneficio reciproco basato sull’esperienza di entrambi. Si tratta di una vera rivoluzione nella scienza della mente”.
Queste sue teorie sono già state dimostrate?
“La ricerca che ci proponiamo di svolgere a Castellina sarà la continuazione di un progetto scientifico chiamato “Shamatha” che ho iniziato 12 anni fa ed è un esperimento pilota ben noto negli studi sui training contemplativi e lo sviluppo della samadhi, che è uno stato di concentrazione e chiarezza molto focalizzato e continuato. In realtà è uno stato applicabile in ogni tipo di attività ma porta l’attività mentale al livello della stessa natura della coscienza ed è in questo stato che molti contemplativi e scienziati dall’intuizione profonda hanno scoperto cose che sono poi state riscontrate dalla scienza. Per questo la ricerca di Castellina credo possa dimostrare che la meditazione del buddhismo, dalla calma profonda della Shamatha all’osservazione dell’energia attraverso le tecniche del Vipassana, non riguardi soltanto delle credenze religiose. Più volte Sua Santità il Dalai lama ha detto che certe scoperte sul potere della mente contemplativa possono essere rese pubbliche per il beneficio della conoscenza umana di un mondo altrimenti sempre più difficile da interpretare e governare. Non ho timore di affermare che, come nei primi postulati matematici, proprio i contemplativi possono essere la chiave della terza rivoluzione scientifica del futuro. E credo che sia di grande auspicio un luogo come Castellina, tra il cuore del Rinascimento e la culla delle grandi scoperte di Galileo.”
Il 2 aprile Alan Wallace terrà una conferenza a Bologna, poi tra aprile e maggio guiderà un ritiro spirituale nel centro buddhista di Pomaia in Toscana.
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Molto interessante!