Queste toccanti quanto amare riflessioni intrecciano la storia personale dell’autore (un periodo di qualche anno fa, buio e disperato, dovuto alla grave malattia della figlia Giorgia) al recente episodio del duplice omicidio di Lecce (commesso per “invidia di felicità altrui”).
Abitiamo tutti a Lecce
di Davide Scaricabarozzi
(dal suo profilo fb, 29 settembre 2020)
Quando Giorgia aveva il cancro vi ho odiati tutti, vi ho detestato per almeno due anni e mezzo, quasi tre.
Mi facevano schifo le vostre vite normali, le vostre passioni, le vostre vacue preoccupazioni, il vostro tempo perso, la vostra vita, la vostra gioia, la vostra invidiabile quotidianità. Mi facevate vomitare.
Scavavo dentro di me per cercare una sola cosa che avrebbe potuto salvarmi da questo abisso insondabile di rancore e dolore, ma non la trovavo perché tutto forse era perduto.
Se perdi tutto probabilmente perdi anche te stesso… senza sapere dove andrai a finire o cosa farai.
Il labirinto nelle nostre teste è inestricabile.
Milioni di bivi, migliaia di giri in tondo, un vicolo cieco dopo l’altro e nessuna ala di cera che ti sospinga in alto e che ti permetta di vedere da un’altra angolazione il delirio nel quale ti stai arrabattando nel tentativo di bastare a te stesso e aiutare chi ti sta accanto. Ci ho messo anni a riconciliarmi con il pianeta.
Il confine tra questo smarrimento e la “pazzia” è labilissimo, è un fragile diaframma diafano, una specie d’imene: una volta rotta non si torna più indietro a quello che si era un attimo prima.
Spesso mi chiedo quale sia il percorso orripilante di chi decide di farla finita o di finire il prossimo.
Sto zitto e provo pena e strazio per tutti: colpevoli, vittime, sopravvissuti…
Ognuno ha il proprio labirinto e talvolta ne esce, non sempre.
Abitiamo tutti a Lecce…
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Questa breve riflessione assume maggiore peso e consapevolezza del testo sapendo che Davide, Giorgia e Lodovica sono delle bravissime persone e una splendida famiglia
Ricordo che la Legge Basaglia è spesso ridotta dai suoi detrattori al semplice apriamo i manicomi.
Il valore culturale dell’opera di Basaglia risiede nell’aver dato – non si può nemmeno dire restituito – piena dignità di persona ai pazzi.
I fatti di Lecce sono l’emblema della (disastrosa) situazione italiana della malattia mentale.A partire dalla legge Basaglia (n.180/78) che ha di fatto abolito i manicomi e poi a cascata la legge 9/2012 che ha abolito gli ospedali psichiatrici giudiziari, si è andata via via appiattendo l’attenzione pubblica e del legislatore sulle malattie mentali e sul disagio psichico diffuso a macchia d’olio.Molto probabilmente il ventunenne di Lecce che ha fatto strage di due giovani,colpevoli di essere felici,troverà un avvocato che sosterrà l’infermità mentale per riuscire ad ottenere una pena più che ridotta per il suo assistito,cui seguirà un dispositivo di condanna al ricovero presso una R.E.M.S. (così si chiamano oggi le strutture che hanno sostituito i manicomi giudiziari),cui seguirà dopo (breve) tempo il ritorno alla vita (a)normale con l’aggiunta di psicofarmaci a non finire ed il follow-up dello psicologo per il reinserimento sociale.Con il rischio più che concreto che,tra dieci e vent’anni, possa commettere nuovamente qualche altra sciocchezza.Se pensiamo che appena 100 anni fa bastava una innocua crisi d’ansia per finire richiusi in manicomio per tutta la vita con una diagnosi di pericolosità sociale,sarebbe da chiedersi quale vantaggio abbia tratto la società dall’aver ridotto le malattie mentali psicotiche ,quali la schizofrenia,la al rango di una qualsiasi generica malattia,curabile con i farmaci come tante altre,lasciando spesso il malato abbandonato a sè stesso e con la prospettiva (fittizia) di una (im)probabile guarigione.
Tutte le psicopatologie hanno come riferimento la centratura del punto di attenzione su se stessi.
La semplice autoreferenzialità delle proprie certezze è la prima e comune forma di pazzia.
È da lì che si generano i sentimenti che distinguono noi dalla realtà che crediamo di osservare a mo’ di oggetto.
Ne derivano dinamiche concezionali e relazionali precise.
Nelle quali e con le quali crediamo di poter definire la realtà.
Averne consapevolezza è il primo passo per alzare il rischio di allontanarsi dalla pazzia comune e da quella classificata dagli specialisti in materia.
Averne consapevolezza ci avvia all’evoluzione.
Un percorso che permette di riconoscere l’infinito che siamo e le potenzialialità ad esso relative; di riconoscere la recita che recitavamo e suoi piombi dolorosi.
Tutte le terapie di tutte le psicopatologie, incluse quelle che possiamo elaborare da soli, hanno come referente l’accettazione di sé stssi e del mondo, ovvero la liberazione dall’identificazione con il giudizio che esprimiamo.
Nel punto opposto si trova chi si dà la morte.