Negli ultimi quarant’anni sono stati urbanizzati ben 302 chilometri di spiagge. In Liguria il caso dell’isola di Palmària.
Altro che Capri ligure
di Mario Tozzi
(pubblicato su lastampa.it il 22 agosto 2024)
Nella insana battaglia, tutta italiana, che si sta combattendo senza esclusione di colpi fra una straminima minoranza di “padroncini delle coste”, che dire corporativi è dire poco, e la stragrande maggioranza di fruitori del libero mare, quello che rischia di rimetterci è, come al solito, l’ambiente. Prima di tutto perché non si sta sfruttando l’occasione al fine di recuperare e riqualificare le spiagge, eliminando, distruggendo e abbattendo tutto ciò che è stato illegittimamente costruito dove non si poteva. Strutture ricettive, bar, ristoranti, spogliatoi tutt’altro che rimovibili, attestati sul patrimonio di tutti, senza alcun titolo, accampando come unica, risibile scusa l’inconcepibile tolleranza delle amministrazioni e i condoni dei governi che non avevano e non hanno alcun diritto di essere concessi lungo i litorali (come recita financo il Codice della Navigazione).
Gli stabilimenti balneari “fissi” e infrastrutturati soffocano e mettono in pericolo gli ecosistemi costieri, distruggono ambienti, portano all’abbattimento delle dune e al prosciugamento delle zone umide. Sono un’aberrazione ecologica che certamente non viene evitata neanche dalle spiagge libere, quando sono fuori controllo, ma che almeno evitano, perfino in quei casi, che si instaurino per sempre strutture e costruzioni.
Le spiagge libere sono qualche volta ricettacolo di rifiuti, ma questo significa che abbiamo bisogno di educazione e spazzini, non necessariamente di stabilimenti. Per tacere poi del paesaggio cancellato e delle linee di spiaggia artificialmente alterate nell’illusione di contenere l’erosione: moli, pennelli, barriere e scogliere, oltre ad essere brutti, spostano solo il problema erosivo più a monte o più a valle, non lo risolvono, e, alla lunga, lo aggravano.
Ma l’aspetto culturale particolarmente negativo è dato dall’idea che il mare possa essere considerato privato, isole comprese, come sta accadendo all’isola di Palmària nel Golfo di La Spezia, che, insieme a Tino e Tinetto, fa parte del patrimonio Unesco e del Parco Regionale di Porto Venere. Si tratta di un’area marina protetta che ospita ancora una piccola prateria di posidonia, ed è una delle rare isole italiane ancora sostanzialmente intatta.
Tuttavia, la Regione ha commissionato un Masterplan con l’intenzione di trasformare addirittura Palmària nella “Capri della Liguria”. Peraltro, la “questione Palmària” è stata da detonatore dell’inchiesta delle procure di Genova e La Spezia che ha portato all’arresto del presidente Giovanni Toti, del suo capo di gabinetto, Matteo Cozzani (già sindaco di Portovenere) e di altri personaggi della scena imprenditoriale e amministrativa ligure. Il protocollo d’intesa (firmato nel 2016) è stato redatto seguendo le leggi del cosiddetto federalismo demaniale, che prevede il trasferimento a titolo non oneroso alle amministrazioni locali di beni immobili appartenenti al Demanio.
Il Comune si è impegnato, sottoscrivendo il protocollo, a restaurare e mantenere in ottimo stato quei beni che rimangono nella disponibilità della Marina Militare. Si tratta di due stabilimenti balneari, evidentemente strategici per la sicurezza del Paese, riservati ai dipendenti o ex dipendenti del Ministero della Difesa e di alcuni immobili adibiti a residenze estive per gli stessi dipendenti. Ma il rifacimento/restauro dei beni della Marina Militare comporta spese di notevole entità che il comune di Porto Venere non può sostenere, se non vendendo a privati tutti i beni che gli vengono trasferiti, ad eccezione dei beni storico-artistici, principalmente fortificazioni e batterie, che saranno dati in concessione pluriennale sempre a privati e trasformati in parte in strutture ricettive. Così verrà realizzata una trasformazione dell’isola sia nella sua natura, sia nella proprietà, che diventerà in gran parte praticamente privata, con la vendita o la cessione per lungo tempo di numerosi immobili.
Un altro pezzo di costa infestato da stabilimenti e da “proprietà private”. Dei cinque scenari di sostenibilità ambientale, si poteva scegliere il numero 1, “Palmària Paradiso della Natura”, con valore di ecologia + 3 (il massimo). Si è, invece, scelto lo scenario 5 bis, che cambierebbe profondamente l’aspetto dell’isola.
Dal 1985, quando entrò in vigore la legge Galasso che tutela i litorali fino a trecento metri dalla costa, sono stati urbanizzati, nella penisola, ben 302 chilometri di coste con una media di 13 chilometri all’anno “consumati” dal cemento, 48 metri al giorno. In Italia complessivamente sono oltre 3.500 i chilometri di paesaggi costieri trasformati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie.
In alcune Regioni i numeri raggiungono situazioni incredibili, come in Abruzzo e Lazio dove si supera il 63%, in Liguria il 64% e in Calabria il 65%, e dove si sono salvate solo le aree meno appetibili, con rilievi, o più difficili da aggredire, come foci di fiumi e rilievi montuosi. E i dati devono ancora essere aggiornati. La risorsa spiaggia, nel nostro Paese, è scarsa, visto che per spiaggia si deve intendere meno della metà delle coste e visto che non possiamo considerare appetibili quei chilometri vicini alle foci dei fiumi, alle discariche, ai porti commerciali, agli stabilimenti industriali o infestati da divieti di balneazione, servitù militari, aree cittadine o metropolitane.
Invece il tavolo tecnico del Governo ha recentemente statuito che le coste (si badi bene, non le spiagge) hanno uno sviluppo variabile che dipende dalla scala: l’Italia ha circa ottomila chilometri di coste per tutti, salvo che per i balneari, che ne contano 11 mila, allo scopo di dimostrare che la risorsa non è scarsa e invocare la non applicazione della direttiva europea. Nell’attesa di vedere rifatti i conti con la scala 1:1, applicando astute reminiscenze borgesiane, per arrivare a decine di migliaia di chilometri di coste, suggerisco di riprenderci le nostre spiagge e di difendere le isole da un attacco senza precedenti al bene comune. A partire dalle piccole isole ancora intatte.
22
Quello che non comprendo, soprattutto in relazione ad un Parco Regionale, sito UNESCO, il perché di un Master Plan, per degli interventi nel, quanto sul territorio.L’idea stessa , di una “Capri” nel Mar Ligure, fa presumere un investimento non di mantenimento naturale, ma di rilancio economico, che sfrutta le ricchezze locali, naturali, quanto paesaggistiche. Un’operazione, che con la scusa di una sistemazione, in realtà sfrutta il territorio, quanto la stessa popolazione. L’idea di un Museo, negli ambiti delle strutture fortificate, potrebbe essere valida, se vi fosse qualcosa da musealizzare, oltretutto per discorsi logistici, a questo fine, sarebbe più adatto il castello del borgo. Se vogliamo trovare delle scuse, per il bene dell’interesse pubblico, per agire in zona protetta, politicamente ed economicamente le giustificazioni si trovano; peccato che fino ad ora, nessuno abbia tenuto conto, delle proteste della popolazione.
L’articolo fa i conti senza l’oste. L’oste è arrivato, è Silvio.
Parlate tutti di cementificazioni ..di espropri di vecchi fabbricati pericolanti..
Come al solito politicizzare tutto..chi vuole fare qualcosa per rendere fruibile a Tutti servizi che ora mancano ,e parlo di fognature che sono la cosa piu’ urgente per l’isola parlate come al solito di disastri ecologici…
Strano che si possa fare uno scempio a cielo aperto con la complicità degli enti preposti e dello stesso UNESCO…complice anch’esso a questo punto.
Chi ha girato un po’ di mondo conosce benissimo realtà dove si è costruito senza impatto..e tutto green..come deve essere.
Qui si parla di ristrutturare vecchi edifici..vincolandoli nella forma e nella sostanza come erano un tempo .Se poi dentro faranno modifiche strutturali..non vedo come possano impattare.
Perché voi palladini pseudo verdi o ecologisti
Non andate a fare picchetti per Marola dove ci sono i murati vivi o a Fossanastra altri murati .e dulcis in fondo..sono bellissimi tutti questi container multicolori .che colorano il Golfo dei poeti..e le navi..portacontainer..e poi le strade .tutte rotte dai numerosissimi tir che fanno la spola con l’autostrada… Certo qui non c’è l’UNESCO..
Credo proprio .che a voi interessano solo alcuni giardini..che anche se pubblici considerate Vostri ..e non vi interessano altre realtà ,forse perché qualcuno lavora nel porto ..o i vostri figli.. Vi da fastidio il turismo..pensate tutti che predicando lo scempio potete goderne in futuro ..si ma quale futuro..si muore tutti..prima o poi..
Ricorderei a tutti che che non siamo più negli anni 70..Oggi a la Spezia come a Bolzano..i colori delle case le dà il comune e la regione..se devi aprire una finestra devi andare a Genova e se i beni culturali approvano ..la fai altrimenti no .
Quindi Voi ….pensate davvero che si riesca corrompere così tanti organi competenti per poter “devastare” un isola in modo scellerato?
Vorrei venire a casa vostra uno per uno a controllare quanti siete green ed ecologisti
Ricordo una cosa .sicuramente qualcuno avrà aderito al 110%Vi voglio ricordare che se avete fatto il cappotto termico avete rivestito le pareti esterne di polistirolo materiale plastico e rifiuto speciale..ma anche qui
forse qualcuno di voi era direttamente interessato
in termini economici.
Urlate pure al lupo al lupo.. arriverà un giorno ,forse voi non sarete più vivi .che mancando servizi fognature e problematiche dovute al pericolo dell’ abbandono che chiuderanno l’ isola.ma a voi che Ve ne frega non ci sarete più.
La situazione descritta si ritrova in tutta Italia, in alcune regioni in modo imbarazzante. Se restiamo in Liguria, così per paragone, spostiamoci in Francia, bastano pochi km di auto per scoprire come ci siano molti tratti di mare liberissimi, guai a toccarli, e sì che la prima che si incontra è la “cote azur” , che non è dissimile geograficamente dalla Liguria, di sicuro ha molte “privatizzazioni” ma è stata gestita in modo sapiente e intelligente e per i cittadini ci sono tantissimi accessi al mare per fruirne. In conclusione i balneari ed i politici siamo noi stessi, “italiano medio” che pensa ad arraffare e basta e a cui sta benissimo non pensare al futuro ma vige la regola “finché è così sfrutto, poi domani si vedrà”.
“Esposti, manifestazioni e denunce sono caduti nel vuoto.”
Non è affatto vero Franco: il governissimo meloni si è fatto carico del problema.
E prossimamente non potrai più manifestare!
La legge delle Tangenti ha fatto espropriare la cittadinanza del bene pubblico delle spiagge, soprattutto in Liguria, dove sono carenti e ancor più nel Levante, provincia La Spezia, dove le spiagge libere sono, anno dopo anno, quasi totalmente sparite. Molti stabilimenti hanno devastato col cemento baie e bellezze naturali intoccabili, costruendo strutture stabili addirittura sulla spiaggia. Esposti, manifestazioni e denunce sono caduti nel vuoto. Le protezioni degli sfruttatori del bene pubblico sono sempre attive e perduranti, come la cecità degli addetti ai controlli. I guadagni dei balneari sono altissimi, con affitti irrisori e libertà assoluta di gestione del bene comune. Il cittadino, tartassato di tasse, si ritrova abbandonato dalle istituzioni e sfrattato dal suo territorio comune, che serve ormai solo a turisti da spennare per arricchire ulteriormente i gestori dei bagni.
Una situazione insostenibile, vessatoria e contraria ad ogni principio democratico e legale.
Il miracolo del governo Meloni, ossia l’allungare artificiosamente le coste italiane di ben 3,000 km allo scopo di salvaguardare -e se possibile accrescere- le concessioni ai balneari, era già stato bene messo in luce quasi un anno fa da Gian Antonio Stella (https://www.corriere.it/cronache/23_novembre_21/guerra-lidi-spiagge-occupate-balneari-trucco-sgonfiare-dati-b5f4d3cc-87e7-11ee-a0e2-1e188114736c.shtml ).
In un anno la situazione è solo peggiorata, e il master plan di Palmaria, come pure la trasformazione del parco naturale di Porto Conte ad Alghero in parco giochi nautico (col beneplacito del governo di sinistra in carica nella regione Sardegna), sono solo due ulteriori esempi del disastro ecologico in atto e della furfanteria politica che ne è artefice.
Qualcuno sa se la falesia chiodata della Palmaria è accessibile?
Grazie.
annamarua
Difficile resistere. Noi che siamo di lì da sempre abbiamo visto il passaggio da “non si tocca nulla” a “capri ligure” . Merito di politicanti che vi siete votati e dei loro lacchè. Fatevi furbi, liguri
Assolutamente d’accordo, finalmente un articolo schietto e “pulito”. Aggiungerei nell’elenco anche la Puglia (il Gargano in particolare, dove sono stati letteralmente recitanti gli accessi di molte cale e spiagge, divenuti proprietà di resort).
Tutto il mondo è paese. Il problema è grave, ma non ha dei “colpevoli” ben definiti. Infatti si verifica in tutte le regioni, qui si parla in particolare delle regioni che si affacciano sul mare, ma se cambiamo “mare” con “montagna” o “campagna” o “laghi”, il problema è lo stesso anche per le regioni che non si affacciano sul mare. Quindi i colpevoli sono i politici di ogni colore. Il patto scellerato è ben chiaro: “io politico vi do lavoro/business e voi cittadini mi votate.” Vale per la destra affaristica e vale per la sinistra ipocrita e filo capitalistica. La soluzione non arriverà dal mondo politico che ha troppo le mani in pasta. La soluzione, se arriverà, arriverà dai cittadini che pur di non avallare il patto scellerato, rinunceranno ai loro business. Voi ci credete che l’opinione pubblica si evolverà TUTTA in quella direzione? Mah… io qualche dubbio continuo ad averlo…