Chartreuse e Vercors (GPM 060)
le Dolomiti francesi
di Gian Piero Motti
(pubblicato su Rivista della Montagna, settembre 1978)
Lettura: spessore-weight**, impegno-effort*, disimpegno-entertainment***
Percorrendo l’ampia Val d’Isère nel tratto che da Chambéry discende verso Grenoble, non si può fare a meno di notare una lunga e regolare bastionata rocciosa che delimita a destra il fianco vallivo per parecchi chilometri, quasi senza interruzioni rilevanti, come un gigantesco e netto gradino orizzontale. E’ il bordo orientale del massiccio della Chartreuse. Dopo Grenoble, scendendo ancora più a sud verso la bellissima regione della Drôme, sicuramente una delle meno conosciute e al tempo una delle più interessanti di Francia, in un paesaggio che via via acquista luci e caratteri provenzali, il Vercors alza le sue imponenti pareti calcaree grigie e giallastre, racchiuse da fitte e scure foreste, in un paesaggio insolito, affine a quello dolomitico, ma notevolmente diverso all’occhio dell’osservatore attento e sensibile.
All’inizio della via Leprince-Ringuet sulla Paroi Rouge del Jardin du Roi. Foto: Gian Piero Motti
Le pareti rocciose non sono che il bordo esterno di un vastissimo altopiano boscoso e pascolivo, una delle oasi naturali più belle di Francia. Pressoché tutti gli aspetti del paesaggio naturale e umano vi sono rappresentati, con una varietà inesauribile di «tagli» sempre differenti. D’altronde una buona rete stradale si insinua tra le fitte foreste e risale i gradoni dell’altopiano, permettendo di scoprirne gli angoli più riposti e suggestivi. Paesaggio dunque d’insolita bellezza, dominato dalla luce e dal silenzio, territorio di immense foreste dove l’opera dell’uomo ancora non è giunta. Qui la natura si distrugge e si rinnova nel ciclo di un equilibrio sconcertante: i tronchi invecchiano, cadono, marciscono nel sottobosco, altri ne crescono. E sopra la fitta foresta, ancora ricca di suoni, con uno stacco improvviso e inaspettato, senza ghiaie, senza conoidi di raccordo, si alzano verticali e strapiombanti le pareti calcaree. Qua e là sui terrazzi ancora qualche pino riesce a crescere sporgente sul vuoto. Sopra non vi è vetta. Quasi come al termine di una scalata mitica e simbolica, dal mondo del verticale e dal vuoto nauseante, approdi sull’altopiano orizzontale, dove la foresta è più rada e dove tra ampi e molli pascoli il silenzio è rotto solo dallo scampanio dei greggi. Un misto di Dolomiti, Sardegna e Grecia… Mondo di sensazioni vive e di suggestioni profonde, esaltate in autunno quando la luce provenzale si fa ancor più trasparente e brutale, creando incredibili giochi con il fogliame della foresta. Mondo di suggestioni quando in primavera il mistral fa cigolare i lunghi pini dell’altopiano, ancora ricoperto di neve, mentre l’occhio spazia libero sulle brulle colline che senza fretta digradano a sud verso il Mediterraneo. La storia ha lasciato su queste montagne delle grandi testimonianze, dai graffiti dei primi uomini fino ai giorni nostri. Qui alcuni villaggi arroccati, quasi fermi nel tempo, là lo splendido Convento della Grande Chartreuse e la memoria di san Bruno, più a sud l’Abbazia di Valcroissant, diroccata e cadente, fronteggiata dalla lunga Muraille de Glandasse. I «maquisards» vi hanno combattuto la loro più grande battaglia, resistendo per anni, rifugiati negli angoli più selvaggi e inaccessibili dell’altopiano. Gli alpinisti francesi vi hanno trovato uno dei loro territori di gioco preferiti, scoprendo un modo d’arrampicare fine a se stesso che comincia a riscuotere consenso.
Il territorio è interessantissimo e affascinante, sotto tutti i punti di vista. Sia che lo si visiti in auto, a piedi, in sci o per compiervi scalate. Una fitta rete di sentieri quasi sempre orizzontali, rende possibili alcune «Grandes Randonnées» molto remunerative. Anche la traversata in sci del massiccio è molto apprezzata dagli specialisti e non dimentichiamo le grotte, tra le più profonde d’Europa. In questa prima parte vorremmo presentare il gruppo agli alpinisti, attraverso una raccolta di scalate scelte, di notevole interesse tecnico e ambientale. Con sorpresa alcuni scopriranno che esse non hanno nulla di meno delle nostre vie dolomitiche. Indicheremo anche a grandi linee il tracciato di una visita automobilistica di tutto il massiccio. In un secondo tempo vedremo di presentare il gruppo sotto il profilo escursionistico e scialpinistico.
Come ci si arriva
Chartreuse e Vercors nord:
a) Da Torino la strada più breve è quella che passa attraverso il Moncenisio e scende poi verso Chambéry per la Valle dell’Arc. Veloce, a parte il tratto Susa-Lanslebourg, permette di tenere buone medie. Purtroppo il Moncenisio è chiuso da novembre a maggio.
b) Si può usufruire del treno-navetta che collega Bardonecchia a Modane, realizzando un notevole risparmio di tempo e di chilometri. Il prezzo non è elevato e i convogli sono molto frequenti. Quindi da Modane sempre per la Valle dell’Arc verso Chambéry.
c) Si può raggiungere Briançon attraverso il Monginevro, poi valicare il Lautaret e scendere a Grenoble per la stretta e tortuosa valle della Romanche. Consigliata per il Vercors nord.
Vercors sud e Drôme:
Raggiungere Briançon attraverso il Monginevro, poi scendere fino a Gap lungo la Valle della Durance. Proseguire in direzione Valence, toccando Veynes e Aspres-sur-Bueches. Valicare il Col de Cabre e raggiungere Ia Valle della Drôme, toccando Luc-en Diois e Die.
Quando andarci
Primavera e autunno sono i periodi più adatti. In estate fa molto caldo e sovente è nuvoloso. In maggio Ia fioritura nel sud del Vercors è eccezionale e vi sono forti contrasti con il bianco della neve che ancora è rimasta sugli altopiani e nei canaloni. In autunno le fitte e immense foreste acquistano un fascino incredibile, per il gioco di colori che in esso si scatena.
Come vedere in auto le cose più interessanti
Come già si è detto nell’introduzione, una buona rete stradale si insinua negli angoli più interessanti e caratteristici, permettendo di vedere le cose migliori a chi non ha velleità alpinistiche o escursionistiche. Dall’esperienza acquisita durante parecchie «visite» della zona, ho preparato un itinerario consigliato, che praticamente tocca tutti i maggiori poli d’attrazione del massiccio, offrendo un gran varietà di paesaggi sempre differenti. Più che una descrizione dettagliata del percorso, che inevitabilmente finirebbe per essere prolissa e anche per non suggerire al visitatore emozioni e sensazioni che appartengono esclusivamente a lui, ho preferito segnare sulla carta il tracciato, lasciando a discrezione di ognuno varianti, soste, tappe e deviazioni.
Come documentarsi
Per l’alpinista è essenziale avere la guida delle Escalades en Chartreuse et Vercors, di Serge Coupé, edita da Arthaud e in vendita a Briançon, a Grenoble o a Torino presso la Libreria Dematteis. Il volume descrive accuratamente tutti i centri di scalata del massiccio, con ricchezza di particolari, schizzi e cartine di grande chiarezza.
Di grande utilità anche En Chartreuse et Vercors – Randonnées et escalades dello stesso Serge Coupé, recentemente uscito, ed. Arthaud. Il volume presenta tutto il massiccio indicando le escursioni più suggestive e le scalate più interessanti, descritte però a grandi linee. Molto bella la documentazione fotografica. Per il turista (e anche l’alpinista più curioso e sensibile) è molto utile la guida Verde Michelin, volume ALPES-Savoie et Dauphiné. Per l’escursionista, Topo-guide des sentiers de Grande Randonnée GR 9 (Isère sud e Drôme nord, nel parco naturale regionale del Vercors, da St-Niziers-de-Moucherotte a Saillans, con varianti GR 91, 93, 95, balcone di Glandasse, balcone est del Vercors e Giro del Mont Aiguille). Indispensabile la carta Michelin 1/200.000, molto precisa, fogli 74 e 77, necessaria per seguire con esattezza il tracciato automobilistico. Per chi vuole saperne ancora di più (alpinista), consigliamo la lettura degli Annuari del G.H.M., dal 1950 ad oggi, dove sono raccolte tutte le note tecniche delle salite, con moltissimi schizzi e fotografie.
Un po’ di storia alpinistica
II primo fatto alpinistico accaduto nel Vercors, ci riporta a una data insolita che generalmente ha più relazione con la scoperta dell’America, ad opera di Cristoforo Colombo, che con l’alpinismo stesso. Infatti nel 1492 Carlo VIII, re di Francia, ordina ad un certo Antoine de Ville, signore di Domp Julien, di scalare una montagna dall’aspetto vertiginoso e inaccessibile, il Mont Aiguille. L’impresa fu condotta a termine con altri sette compagni, dall’estrazione sociale più disparata: tra essi due avvocati, un teologo, un carpentiere e un altro nominato «escalleur du Roi»! La descrizione della vetta non ha nulla di romantico e suggestivo, in quanto soltanto si dice che è «grande come un campo di grano che 40 uomini riuscirebbero a falciare in un giorno intero»… Comunque la prima scalata del Monte Aiguille, oltre ad essere un curioso evento storico, costituisce un fatto di per sé eccezionale, se si pensa alle difficoltà che presenta la montagna. Sarebbe interessante poter rivivere il passato e assistere alle varie fasi della scalata per fare un paragone con le tecniche e i mezzi attuali. Comunque gli scritti che narrano dell’impresa sono numerosi e possono darci un quadro abbastanza reale dell’epica scalata. Poi, per più di 400 anni, l’interesse alpinistico del Vercors è pressoché nullo. Le grandi pareti calcaree per lo più possono intimorire passanti e visitatori della zona, ma certo non suscitano nei loro animi nessun desiderio di salita. Ed anche quando l’alpinismo comincia a esplodere come fenomeno esplorativo e come sete di conquista, il pensiero di scalare delle pareti rocciose sovrastate da pascoli e foreste è del tutto remoto. L’interesse è rivolto alle vette e alle cime delle Alpi ancora inesplorate. Nasce l’alpinismo moderno ed ecco che si incomincia a intravvedere l’utilità della palestra come allenamento in vista di imprese da compiere sulla catena alpina. In questa prima fase inizia l’esplorazione del Vercors ma, è bene sottolinearlo, l’intento non è ancora puramente fine a se stesso, essendo subordinato a una attività alpinistica da compiere poi in altri massicci a quote più elevate.
E’ soprattutto nel dopoguerra che gli alpinisti francesi scoprono il Vercors. Ormai hanno capito cosa può offrire quest’immenso massiccio calcareo e ne iniziano un’esplorazione pressoché sistematica. I pionieri sono Serge Coupé, che inizia l’esplorazione soprattutto a nord e nella Chartreuse, e quel Georges Livanos che ama più di ogni altra cosa il mondo verticale delle pareti calcaree e dolomitiche. Livanos agisce più a sud, nello splendido territorio della Montagne de Glandasse e del Rocher d’Archiane, dove anche Jean Couzy, il genio teorico dell’alpinismo francese, apre una via interessante. Ma è Livanos ad aprire la prima «grande» via del Vercors e proprio sulla Muraille de Glandasse. In seguito prende corpo l’assalto dei lionesi e soprattutto dei ginevrini, i quali guidati da Robert Wohlschlag, detto Pellebrosse, aprono un numero infinito di vie, quasi tutte di estrema difficoltà, in ogni settore del Vercors e della Chartreuse. Oltre a Pellebrosse, la cordata di punta è formata da Marc Ebneter, Christian Dalphin ed Erika Stagni, sicuramente una delle più dotate arrampicatrici dell’epoca. Il vertice viene raggiunto sulla bella parete del Gerbier, dove nelle placche convesse ed «impossibili» del Bouclier, in diversi giorni d’arrampicata, aprono una splendida via in artificiale di estrema difficoltà. Prima dei giorni nostri va ricordata ancora la bella figura di Dominique Leprince-Ringuet, tragicamente scomparso allo Huascaran, che soprattutto nel settore meridionale lasciò traccia della sua intelligente bravura e del suo senso estetico aprendo alcune vie di bellezza e difficoltà assolutamente al di fuori del comune. In questi ultimi anni l’assalto è proseguito e ormai i problemi sono stati quasi tutti risolti. I nomi sono quelli dei più forti alpinisti di Francia: Georges Nominé, Patrick Cordier, Claude Deck, Yannick Seigneur, Jean-Claude Droyer, René Desmaison. Le vie sono veramente estreme, ormai il gioco è fine a se stesso e va alla ricerca della difficoltà pura. Nel contempo molti itinerari sono divenuti classici, chiodati e percorsi da numerose cordate di diverse nazionalità, attratte a ragione da questo magnifico terreno di gioco.
Segue la selezione degli itinerari.
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