La sesta edizione della Campagna Glaciologica Partecipata.
Climbing for Climate 6
di Ines Millesimi
(pubblicato sul suo profilo fb l’8 settembre 2024
Foto di Enrico Ferri
Ci sono degli appuntamenti di cultura e di impegno civile dove l’assenza, secondo me, è peccato grave. Sono andata alle due giornate di studio in Marmolada per conto della mia università. Qui è stato reso pubblico il Manifesto per una nuova Marmolada, redatto dalla rete delle Università collaboratrici e da diversi soggetti, tra cui il Comitato Glaciologico Italiano, il CAI, Legambiente con la Carovana dei ghiacciai, il comitato scientifico de “L’Altramontagna”, Cipra e Mountain Wilderness. Tra gli interventi di altissimo livello, cito quello non accademico, ma operativo e concreto di Mountain Wilderness, che per prima ha difeso il ghiacciaio della Marmolada, e quello dell’ “Altramontagna” (Marco Albino Ferrari). Il Prof Varotto (UniPD), macchina pensante e promotore dell’iniziativa, è stato bravissimo in tutto, orgogliosa che mi abbia chiesto di parlare in breve di microplastiche e di geotessili a copertura dei ghiacciai (un mio capitolo della tesi di dottorato). Docenti e ricercatori universitari hanno prodotto panel e comunicazioni ricchi di dati aggiornati, osservazioni, analisi e possibili previsioni.
Non ho mai visto tanto interesse carico di attese, tanti giovani, tanta attenzione da parte dei giornalisti (ieri un bel servizio su TG 1 nazionale). Ho la sensazione che siamo testimoni di fatti epocali, l’accelerazione della fusione dei ghiacciai è ben monitorata sulle Alpi. Ma ancora non sappiamo con lucida chiarezza le conseguenze. E di queste dobbiamo farci carico, prepararci. Ho parlato con gli operai, quelli che stavano togliendo i teli sporchi sotto i nostri occhi, teli che apparivano come sudari sui corpi viventi della pista da sci pronta a ricevere la neve naturale. I geotessili non salveranno i ghiacciai, ma in parte – e per poco – rallenteranno la fusione della superficie nivale sulle piste da sci sui ghiacciai. Il bilancio di massa comunque si riduce. E i costosissimi geotessili sono parte del problema. Un operario mi ha detto senza girarci intorno: – È plastica! Sono consapevoli anche gli operatori degli impianti di risalita di questo accanimento terapeutico su un comparto di industria pesante ormai maturo, come lo sci.
Anche se possiamo definire inesorabile l’attuale fusione del ghiacciaio, tutta la comunità scientifica ha ribadito: bisogna abbassare drasticamente l’emissione di CO2, arrivare alla neutralità di emissioni nel 2050. L’Italia è molto indietro. L’Europa lo chiede a tutti i paesi membri di fare azioni concrete.
La strada è in salita. Non si salveranno tutti i ghiacciai, produttori di acqua dolce per la sopravvivenza, ma se ne salveranno molti dalla totale perdita. Ogni azione per un solo ghiacciaio è infatti importante e si deve agire con un’alleanza tra tutti i soggetti, la politica e le comunità.
La Marmolada soffre (vedi foto che ho scattato). Sono rimasta molto impressionata da questo scenario del “turismo delle ultime possibilità”. Questo ghiacciaio iconico della Regina delle Alpi sparirà del tutto nel 2040 circa. Una previsione “agghiacciante” che ci deve far riflettere su cosa abbiamo combinato.
L’evento
a cura di Climbing for Climate 6
La Marmolada è il ghiacciaio icona delle Dolomiti e uno dei più studiati delle Alpi, oggi al centro di un accelerato processo di fusione, che ha assunto i tratti della tragedia nell’evento parossistico del 3 luglio 2022. Ma è anche un ghiacciaio-simbolo, conteso e al bivio tra due modelli di sviluppo: quello ski oriented, che proprio sulla Marmolada vede costruire nel 1947 uno dei primi impianti di risalita in Italia, e la proposta più recente di un turismo alternativo e una fruizione sostenibile della montagna, avanzata nel 2020 da una rete di associazioni e soggetti locali.
Dal 2019 la Marmolada ospita anche il primo esempio in Italia di campagna glaciologica “partecipata”, iniziativa di sensibilizzazione sugli esiti della fusione glaciale, che vede la collaborazione tra Comitato Glaciologico Italiano e Museo di Geografia dell’Università di Padova, quest’anno giunta alla sesta edizione, come Climbing for Climate (CFC).
L’evento CFC 2024 si è proposto due obiettivi. A livello nazionale far conoscere rapidità e drammaticità della fusione del ghiacciaio, attraverso la raccolta e diffusione di dati e studi aggiornati. A livello locale lanciare un documento per “un’altra Marmolada”: non più solo “montagna perfetta” per l’alpinismo e per lo sci (secondo la definizione di Dino Buzzati), ma “montagna maestra” in grado di indirizzare la fruizione delle alte quote favorendo mitigazione, adattamento e sensibilizzazione al global warming. Una strategia di cui le Università aderenti alla RUS (Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile) si propongono come parte attiva, in collaborazione con gli enti locali, le istituzioni e le associazioni.
Al termine dell’evento i partecipanti hanno sottoscritto un documento condiviso sulla fruizione futura della Marmolada e delle montagne italiane alla luce delle sfide del cambiamento climatico e della necessaria transizione ecologica.
Cronaca delle due giornate
a cura della Redazione
Sabato 7 settembre 2024 i partecipanti si sono ritrovati alla diga del Passo Fedaia 2057 m e sono partiti a piedi lungo la pista da sci che sale verso la fronte del Ghiacciaio di Seràuta, a quota 2600/2700 m. Qui si sono svolte osservazioni e misurazioni frontali con la partecipazione di Comitato Glaciologico Italiano, Centro Valanghe di Arabba – ARPAV Veneto, Carabinieri Forestali, Museo di Geografia dell’Università di Padova.
Dopo un pranzo al sacco in autonomia tutti i partecipanti sono tornati al Passo Fedaia verso le 17. Chi era munito di ramponi ha potuto fare anche una breve escursione su ghiacciaio in prossimità dei segnali frontali.
Dopo la cena a Malga Ciapela la comitiva si è trasferita alla Sala Teaz del Comune di Rocca Pietore, dove si è tenuto il seminario-dibattito dal titolo: “Un’Altra Marmolada: progetti e visioni per un futuro sostenibile”.
La domenica 8 settembre 2024, alle ore 9, il ritrovo è stato a Malga Ciapela presso la Stazione di partenza della Funivia Marmolada: destinazione Stazione intermedia di Seràuta 2910 m per la visita al Museo della Grande Guerra seguita alle 10.30 da una conferenza stampa sul futuro della Marmolada. In seguito c’è stato il lancio del Documento “Un’Altra Marmolada – Quando il ghiacciaio non ci sarà più”.
Dopo pranzo trasferimento alla stazione terminale di Punta Rocca 3265 m, con osservazione ravvicinata del ghiacciaio nei pressi. Assai coinvolgente Rimaye, la performance en plein air a cura di Azioni Fuori Posto, con Filippo Stocco e Silvia Dezulian.
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E al grido di: si stava meglio con il consumismo sfrenato, tutto andò avanti come prima.
Ben venga se davvero in eventi del genere si ravvisa un “entusiasmo” intenso e diffuso, come relazionato. E’ un piccolo passo avanti. Piccolo, ma determinante, anzi rovescio l’affermazione: determinante, ma piccolo. infatti occorrerà utilizzare tale entusiasmo per operare nelle direzione indicata. Questo entusiasmo, se si ferma lì (all’entusiasmo e basta) non serve a nulla. Serve se è prologo di profondi cambiamenti nei comportamenti, anche a spicciolo livello individuale: se tutti assimilremo che “fare” la Marmolada significa partire a piedi dal lago e arrivare a piedi in cima, ciò ci faciliterà nell’arrivare a chiudere gli impianti (che oggi vomitano orde di pseudo-alpinisti, consumisti e basta) e magari smonteremo il rifugio, della cui “inutilità” abbiamo parlato pochi giorni fa. Questo per la Marmolada, ma i concetti per estensione varranno ovunque.
Più in generale occorre calibrare a puntino le mosse. Come possono verificare gli osservatori attenti, il Green Deal così rigido come previsto dalla Commissione von der Leyen-1, sarà rivisto, ammorbidendolo e spalmandolo in tempistiche meno devastanti per il sistema economico. Infatti bisogna trovare i giusti equilibri. Inutile azzerare le emissioni di CO2 se questo significa chiudere di colpo intere filiere produttive, con milioni di disoccupati: non moriremo di inquinamento, ma in compenso moriremo di fame. Alla fine, se non è zuppa, è pan bagnato. Quindi, pur confermando il mio totale sostegno alla causa ambientalista, ricordo che bisogna fare i passi uno per volta, con sale in zucca. Quindi non aspettiamoci inversioni di tendenza brusche e immediate: sarebbero negative perché poi riproporrebbero più facilmente una visione consumistica. Per intanto occorre acculturare l’opinione pubblica (anche con eventi del genere), sensibilizzandola al massimo sul tema. Con un’opinione pubblica a favore, ogni passo nella direzione ambientalista sarà recepito senza rigetto e si potrà procedere ulteriormente. In montagna l’obiettivo operativo è smantellare quelle infrastrutture antropiche (impianti, strade, rifugi “inutili”) che non hanno un “vero” senso alpinistico, nel significato che abbiamo già definito di questo concetto.
Nel frattempo sono già scomparsi i nevai delle Dolomiti. Ne ricordo due piccoli e terrificanti: l’uno sul Boé ostacolava la discesa al rifugio sul versante settentrionale e l’altro interrompeva la ferrata del passo Santner.