Con le mani così

Con le mani così
(colloquio con Mauro Corona)
di Maria Corbi
(pubblicato su lastampa.it il 19 dicembre 2021

Mauro Corona crea oggetti di legno. Ma non chiamatelo scultore: «Io sono un abile artigiano come diceva Michelangelo. Da quando sentii Valeria Marini dire “noi siamo artisti” mi sono tolto da questa categoria». Per lui le mani sono molto di più di una parte del corpo, connesse intimamente all’anima, al pensiero, all’origine: «Toccare con le mani è istintivo, che sia un oggetto o la testa di un figlio, la spalla di una donna. Jean Giono disse che in pochi conoscono la divina capacità di fare qualcosa con le mani».

Un talento naturale è sacrificato da un’educazione che non dà importanza al «saper fare». «Negli asili, alle elementari manderei a insegnare contadini, guide alpine, boscaioli, falegnami, per dare ai bambini il senso dell’uso delle mani, la capacità di farsi le cose da soli». In attesa di una riforma scolastica arriva in soccorso la «moda» del bricolage. «Più che moda definirei questa tendenza un recupero. Ma non per la nostalgia di un passato che non esiste E’ l’assecondare questa naturalità che ogni essere ha. E’ questo è il futuro, non per salvare un lavoro, un’ etica, un mestiere, ma per salvare l’ultima cosa che rimane della natura nell’uomo: le mani». «Io ho 71 anni e quindi ho visto un passato in cui le mani e i piedi erano tutto», continua lo scrittore. «Ho iniziato con mio nonno che faceva sculture di legno, oggetti che poi vendeva d’estate. I miei genitori mi avevano abbandonato e io avevo solo questo vecchio a cui affidarmi. E mentre formavo oggetti con il tornio mi sentivo bene, non pensavo al dolore, alla malinconia».

Poi però non è diventato un falegname ma uno scrittore, un intellettuale che usa la testa, più che le mani. «Lavorare con le mani guidate dal cervello è come scrivere. Io scrivo a mano perché sento l’idea che va giù dalla testa, passa dalle mani e si colora sul foglio. Io ho bisogno delle dita, poi ricopio in stampatello perfetto, faccio fotocopie e mando tutto alla casa editrice. Usare le mani mi toglie dalle insicurezze, dalla stanchezza dei giorni e della vita, dalla malinconia. Vorrei mettere in piedi una scuola manuale, e anche se Crozza mi fa il verso, lui ha capito che ho ragione. I bambini sono tristi perché gli fanno fare cose che la loro natura non sente. Oggi ci si vergogna a dire voglio fare il falegname, perché si deve fare il notaio, l’avvocato, il commercialista».

Per Corona lavorare con le mani è una ragione di vita, per altri solo un hobby. «Anche un contrappeso a tutta questa tecnologia che in qualche moda ci toglie il talento naturale. Ma non è una critica, attenzione, voglio solo ricordare che l’uso delle mani è importante anche per una soddisfazione personale, per la sicurezza. Ripeto, occorre insegnarlo ai bambini».

Lui con i suoi figli lo ha fatto: «Loro da bambini si sono fatti il presepe di legno, o di dash, sanno spaccare la legna, fare l’orto, ma vorrei insegnarlo anche a tuo figlio. Vorrei portare i ragazzi con me. Quando ero in collegio con i preti al Don Bosco c’erano 45 ore di lavori manuali, e anche alle scuole qui al paese. E ripeto, non per nostalgia ma perché è una cosa insita nell’uomo. Quando l’uomo si drizzò in piedi fu costretto a usare le mani, è nell’archetipo umano. Oggi orribilmente ci si saluta con un gomito, ed è di una banalità sconcertante, meglio farsi un cenno con la mani».

La mano è meglio degli occhi perché ti dà contatto. «Quando metti le mani su una pianta lei sente che gli dai calore. Da ragazzino andavo con mio nonno a fare gli innesti e quando incideva la pianta mi diceva “mettigli le mani intorno, così lei capisce che ci teniamo a lei, che non vogliamo farla soffrire”». Il tatto come senso di elezione. «Al mio paese c’era un tornitore, Giacomo, che aveva fatto la guerra di Africa e che torniva quasi al buio. Io gli dicevo “metti una lampadina”, ma lui rispondeva “a me non serve vedere, io sento”. Io che ero un provocatore allora gli chiesi: “se devi leggere un giornale?” Lui mi disse, serenamente “non so leggere”». Corona torna continuamente al suo essere bambino, quando capì che per scalare le montagne e la vita aveva un solo alleato, le mani. E torna alla necessità di educare al tatto i bambini: «I bambini usano le mani sulle tastiere, ma è monotono. Toccare la plastilina, il legno l’argilla è toccare materia viva».

Come fa lui nel suo laboratorio di Erto, poche centinaia di abitanti in Friuli Venezia Giulia nella valle del Vajont. «Ultimamente da circa un anno e mezzo non faccio più sculture come opere d’arte, scolpisco gnomi, folletti, gufi, civette con il pino cembro e quando passa un bambino gliene regalo uno e vedo nel suo volto una gioia che ricorderà a vita. Quando saranno adulti ricorderanno quel vecchio con la barba bianca che gli regalò un gufo. Io da un paio di anni mi sono liberato della vanità. E’ l’età. Sono stato anche io competitivo, nell’arrampicata, nella scultura, nella letteratura. È nell’animo umano, più si è stati bastonati dalla vita e più si cerca affermazione. Ma ho capito che ero sulla strada sbagliata, ero un guerriero che perdeva, o vinceva tutte battaglie perse, perché la società mi diceva che dovevo emergere. Volevo i premi letterari, ma oggi, ti giuro, che anche se venissero a dirmi che ho vinto il premio Nobel, non mi affaccerei nemmeno dalla porta. Ora sono un uomo pacifico, sereno, non felice. Non ho più venduto una scultura». Una l’ha regalata però alla sua “Bianchina”, Bianca Berlinguer. «Le ho mandato giù un gufo perché aveva bisogno di un porta fortuna. Faccio sculture che siano utili, se mi chiedi un ritratto di donna e lo metti in salotto dopo un mese non ti accorgi che c’è. Ma se ti scolpisco una sedia tu hai la scultura e anche la sedia. Ho fatto delle librerie piene di creature del bosco».

Le mani per fare e anche per arrivare in luoghi inerpicati nella propria anima o nella testa. «Quando ci si arrampica è tutto un tastare, toccare. La roccia non è morta. Io non arrampico per conquistare, ma per sentire, per palpare, per sfiorare. Ogni appiglio ha una sua struttura. Ogni centimetro è pieno di sensazioni, ogni metro mi propone la sua sensibilità, io ci chiacchiero con le mani. È come giocare a scacchi, a ogni mossa ne possono seguire migliaia, come nella vita».

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Con le mani così ultima modifica: 2022-01-02T05:30:00+01:00 da GognaBlog

20 pensieri su “Con le mani così”

  1. 20
    albert says:

     Come mai esistono le scuole Montessoriane , religiose, genitoriali e altre ecc di tutto di piu’..https://www.mammapretaporter.it/scuola-efficace/6-metodi-didattici-da-prendere-in-considerazione.. e poi scuola che passa il convento? Esperienza di genitore-zio :pratica musicale poca, tanta teoria e storia della musica. Pratica artistica poca e tanta storia dell’arte menmonica.Tante nozioni tecniche e poche-nulle  realizzazioni di manufatti.Tanta geometria  con formule e problemetti e poche costruzioni di modellini solidi o giochi  tipo tangram..mosaici ecc.Dulcis in fundo:laboratori di chimica e fisica alla scuola liceale..visti una volta con armadi a vetro contenenti misteriose attrezzature..mai toccate ne’ da allievi ne’da docenti..ma tante formule ed esercizietti. In un mondo fatto di immagini , suoni ed eletticita’, saltati esperimenti di ottica acustica , elettricita’ calore e..un martellamento esasperato di fisica atomica e sub sub particelle…esasperazione di trigonometria senza sapere a cosa serva e neppure un uso corretto del goniometro…della bussola, mai visto un teodolite, sconosciute le costellazioni visibili ad occhio nudo ma..formule e  leggi di Keplero a memoria e applicate.Sembra che  la pratica sia tempo perso e il programma deve correre. E’stata inventata la pratica” alternanzascuolalavoro” con alterni risultati.In molti casi  l’impresa accogliente sie’resa conto che  gli allievi non sapevano fare niente e li ha tenutiparcheggiati, in altri invece ha esaltato e valorizzato competenze fornite fortunanatmente a scuola.Corsi  3-5 anni per perito edile, perito industriale specializzato..carpentiere, saldatore  snobbati..sempre con  meno iscritti dei posti offerti con tanto di borse di studio.

  2. 19
    Lusa Mutti says:

    Da ragazzino quando frequentavo la chiesa e i confessionali, il prete mi diceva che non bisognava toccarsi con le mani (le parti basse) perchè si faceva peccato.
    La manualità non era certamente incentivata…..
     
     

  3. 18
    Paolo Gallese says:

    Lorenzo concordo.

  4. 17
    Enrico Defilippi says:

    Di questi tempi giovani e meno giovani “toccano” per lo più schermi tablet e smartphone, mouse e tastiere del pc, la vita scandita e dominata dal “touch”. Se ne verrà fuori solo quando non ci sarà più energia elettrica. Forse.

  5. 16
    lorenzo merlo says:

    Rasoterra.

  6. 15
    piero.po says:

    Sig.Cominetti alla grande la sua riflessione  gira verso il senso giusto,vi sono studi e ricerche  che vi è una manifesta incapacità manuale nelle odierne  generazioni,però il pensiero s’ingrippa,Lei  come molti di questo blog stigmatizzano  le scienze economiche  ,finanziarie, frutto di un mondo povero di extrasinistri d’antan, e di social cattolici alla Dossetti,più o meno.Ieri è deceduto F.Forte un economista, molte delle sue idee Lei come  molti altri, oggi indirettamente le vivono, questo modo di pensare che traspare da questo sito,come l’ attacco alla cultura occidentale che spesso viene avanzata da Sig.i che bene farebbero a criticare il Buddismo in Cambogia,la TV iraniana in Iran e/o criticare il regime Cinese da Pechino.Riflettere in termine di società globale è un discreto punto di vista.I partiti presi sono piccole parrocchie.

  7. 14
    bruno telleschi says:

    Ha ragione Mauro Corona: toccare è un’esperienza fondamentale che educa all’amore e alla bellezza. Toccare gli altri e toccare le cose per stabilire un rapporto sentimentale con il proprio mondo, il mondo della bellezza e dell’amore.
     

  8. 13

    Piero.po, l’associazione politica fatta nel suo commento poteva tenersela. Sono profondamente anarchico e se non fosse che finirei in galera, ai mercatini di Natale “taglio laser” e, aggiungo, made in China, ci metterei le bombe. Ma che facciano solo dei gran botti, senza uccidere nessuno. Mai piaciuta la violenza. Probabilmente il mio pensiero si era formato anche per aver viaggiato molto e a lungo pure nei paesi che ha citato. Nonostante ne abbia rispetto come categoria professionale,  preferirei dei figli disoccupati che commercialisti. 
    A scuola, uno dei ricordi più vivi che ho è quello del mio prof. di applicazioni tecniche. Un tipo violento e poetico originario di Arzana (un paese del centro Sardegna famoso per gli omicidi tutt’altro che rari) che mentre ci insegnava a scolpire il noce e il leccio ci tirava spesso pesanti ceffoni. Erano le mie scuole medie di Tortolì, dove in classe, in caso di incidente, c’era uno di noi addetto a pisciare sulla ferita per disinfettarla. Cosa vuole, ognuno si forma (va) alla scuola che c’è nei paraggi. Questo penso.
    Ognuno ha i suoi gusti.

  9. 12
    albert says:

    4) studiare economia e commercio..se fatto bene, apre la mente ed evita di finire impallinati  da Gatti & Volpi …anche  poi si intraprendono altre strade. Una formazione di base la renderei obbligatoria in ogni ordine di scuola superiore.Poi contanto di laurea in economia aziendale in tasca o  nel curriculum si puo’anche andare a finire a scaricare camion col muletto e a rifornire gli scaffali..ma almeno conoscendo regole antinfortunistiche e criteri di disposizione mercie ,di modalita’ di magazzino e cassa.Se un artigiano del fai date vuole almeno ricavarci un piccolo guadagno(legno, scalpelli, colori e strumenti, energia, locale laboratorio  costano)..o vende  in nero o deve assumere un commercialista fiscalista
    https://fiscomania.com/guida-fiscale-per-hobbisti-homemade/
    Un dubbio:  i ninnoli venduti nei mercatini natalizi, sono veramete frutto di lavoro creativo dei venditori o di onlus   oppure  sono importati? Si vede un’inflazione di cuoricini o presepietti  perfetti dal bordo “taglio laser”.

  10. 11
    albert says:

    La manualita’ si addestra lentamente anche coinvolgendo i piccoli e giovani nei lavori casalinghi alla loro portata, compreso aiuto in cucina nella preparazione di semplici ricette , ma anche in  bagno, pulizie, letto.Poi anche lavoretti artigianal artistici..altrimenti la casa si riempie di   gufi, sculture o altro dal valore solo estetico. ecc. .Per esperienza quando si consente di impastare farina, lavare piatti si divertono un mondo, specie se intorno si alzano nuvole di farina o schiuma…annaffiare le piante poi..una pacchia!.Persino, proseguendo, tanta geometria si puo’ motivare con cartoncino colorato, colla e forbici ,bolle di sapone , pantografi ecc.A scuola poi si insegna anche musica, arte, tecnologia , scienze basta che il metodo esclusivamente teorico-mnemonico  non causi crisi di rigetto per questa ed altre attività.

  11. 10
    lorenzo merlo says:

    Piero alza il livello. Così non prendi niente. 

  12. 9
    Piero.po says:

    Egr Sig.Cominetti apprezzabile la riflessione nel suo complesso un solo neo la critica …ma no  è il solo su questo blog…riguardo gli aspetti della Economia e Commercio li lei si rifà ad un concetto molto diffuso tra una certa area sinistrosa e un area social cattolica dove il denaro e ciò che lo genera  e promuove è  sterco del diavolo..questa ideologizzazione porta ad una visione radicale e grezza del procedere  dell’umanità allo stesso pari  di chi ha  in oddio tutto ciò che esprime il mondo occidentale e sarebbe giusto che tutti costoro vivessero in Iran Cina e poi scrivessero quello che pensano sui..blog locali 

  13. 8
    Paolo Gallese says:

    Non so chi di voi abbia figli piccoli, o nipoti. Ma qui il problema sono i bambini, donne e uomini di domani. Noi siamo tutti vecchi, che si sappia o meno usare le mani, o la testa, o tutte e due.
    Ma con i bambini come la mettiamo? Che mondo si sta preparando?
    Perché il problema esiste. Noi facciamo qualcosa per dare valore alla manualità, al lavoro “inferiore”, come meriterebbe? In funzione sociale naturalmente, pensando a chi sarà adulto un giorno. 

  14. 7
    Mario says:

    Usare le mani o usare la testa non sono alternativi , né l’una cosa esclude l’altra o è meglio dell’altra. Splendide persone non hanno mai avuto approcci ‘ manuali ‘ alla creatività, tra di loro autentici geni del passato e presente , serve umiltà che non pare appartenere al ‘ nostro’ 

  15. 6
    Geri Steve says:

     
    MANUALITA’

     
    Poi, per correre a lungo e per costruire sempre meglio abbiamo avuto bisogno di sviluppare il cervello e l’intelligenza artigianale.
    Contariamente a ciò che in un commento si scrive, nella nostra evoluzione la manualità e l’intelligenza sono fortemente collegate fra loro, non contrapposte.
     
    E’ vero però che poi si è affermata una certa intelligenza sociale, non sempre costruttiva, fondata sulle belle parole con cui convincere gli altri e che quegli intellettuali hanno volentiere lasciato agli altri i lavori più manuali, ma tenendo ben stretto per se l’uso manuale delle armi:
    il potere della spada e della parola…
     
    Geri
     

  16. 5
    Geri Steve says:

     
    MANUALITA’
     
    Bello!
     
    vorrei però fare un appunto:
    Quando l’uomo si drizzò in piedi fu costretto a usare le mani, è nell’archetipo umano.”
    In realtà stavamo già in piedi (soprattutto sui rami degli alberi) e le mani le usavamo già tantissimo.
     
    Poi, con le mani ci siamo costruiti tanti attrezzi e armi e, per portarceli appresso in mano, abbiamo preso l’abitudine di camminare sulle sole gambe.
     
    Poi, per correre a lungo e per costruire sempre meglio abbiamo avuto bisogno di sviluppare il cervello e l’intelligenza artigianale.
    Contariamente a ciò che in un commento si scrive, nella nostra evoluzione la manualità e l’intelligenza sono fortemente collegate fra loro, non contrapposte.
    chissà perchè, mi si risponde che il commento sarebbe troppo lungo. Perciò devo spezzare in due
     

  17. 4

    Appartenendo a una classe orgogliosamente inferiore, mi guadagno da vivere con le mani, ho costruito con le mie mani la casa in cui vivo e ai miei figli, che vanno o sono andati tutti all’università, ho detto di studiare quello che volevano purché non fosse economia e commercio e suoi derivati. In quel caso non li avrei sostenuti e per fortuna nessuno di loro ha intrapreso quella strada che io vedo come viscida e insidiosa più di una rampa di ghiaccio quando non hai i ramponi. Con il contatto manuale di cui parla Corona (non perché lo dica lui ma semplicemente perché penso anch’io che sia così) i giorni in cui scorre la vita sono pieni e veri. Non si sogna la fuga o la vacanza ma si sta semplicemente in armonia con ciò che ci sta attorno. Poi si muore tutti e guardando indietro è meglio vedere la semplicità e il contatto con la vita più diretto e onesto possibile.

  18. 3
    lorenzo merlo says:

    La nosta cultura è intellettualistica. Ha privilegiato le attività dell’intelletto. Quelle artigianali sono considerate di classe inferiore.
    La nostra cultura intellettualistica ha mercificato la creazione artistica invece di vedere in essa, come in quella artigianale una modalità sostanziale dell’espressione umana, una fonte cioè di equilibrio, scoperta, crescita e realizzazione personale.
    Una cultura fondata sulla natura dell’uomo, non sul suo sfruttamento da parte di pochi passa attraverso la consapevolezza di cosa significhi creare attraverso sé.
    Voci come quella di Corona sono urla di verità.

  19. 2
    albert says:

     Arriva ancora il traforo manuale in scatola con BabboNatale o Befana??o una   scatola di Pongo o  Das? Di moderno ci sono,per i giovani che vogliono lavorare il legno, guanti e protezioni antitaglio e antiperforazione..anche se si perde in contatto.Unghie e dita e pelle meglio lasciare intatte, aggiungere i pastelli , colori, cere e mordenti e pirografo . In qualche valle , esempio Fassa, esiste liceo sportivo&artistico…e palestra di arrampicata…e poi il territorio con varie possibilita’di applicare..anche idee nate dal computer e con esso diffonderle.

  20. 1
    Paolo Gallese says:

    Ognuno ha la sua opinione su Corona e si possono pensare tante cose sul personaggio. L’uomo non lo conosco. È certo un montanaro che sa cosa ama sentirsi dire la gente di città. 
    Personalmente non mi dispiace.
    Però sulle mani e i bambini ha perfettamente ragione. Io lavoro nel mondo e a fianco della scuola e anche mia moglie è docente di primaria. Hanno perso gravemente di manualità e tante “nuove” tecniche dai roboanti nomi inglesi, proposte oggi in classe, sono attività vecchie come il cucco, riproposte come acqua calda da un mondo adulto che vive la stessa incapacità. 
    Io ringrazio la mia infanzia e la mia formazione. E sorrido al “nuovo” con molto disagio.

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