Davide contro Golia

Davide contro Golia
(solo dal basso si possono fermare Pfas e Solvay)
di Lino Balza, Movimento di lotta per la salute Giulio Alfredo Maccacaro
(comunicato di Rete Ambientalista)

Non si allenta sulla politica la morsa della lobby industriale chimica. Dei colossi produttori di Pfas, in capo a Solvay Syensqo. E degli illimitati utilizzatori: dalle pentole antiaderenti agli indumenti impermeabili, dalle giacche goretex alle scarpe, dagli imballaggi alimentari ai dispositivi medici, dai pesticidi alla tappezzeria, dalla carta da forno alle cromature, dalla pelletteria alle schiume antincendio, dal filo interdentale alla carta igienica, dalle scioline ai gas refrigeranti, dall’industria elettronica ai semiconduttori, dall’attività estrattiva dei combustibili fossili alle applicazioni dell’industria della gomma e della plastica, nelle cartiere, nei lubrificanti, nei trattamenti anticorrosione, nelle vernici eccetera. A tacere tutti gli utilizzi, strategici, nel settore militare. Per avere una dimensione del business, si consideri che la lobby FluoroProducts &PFAS for Europepuò contare su 72 singoli lobbisti attivi a Bruxelles, con una spesa annuale compresa tra 18,6 e 21,1 milioni di euro e 59 pass al Parlamento Europeo.

La lobbying degli enormi interessi finanziari e mercantili, che è sempre intervenuta coi propri mezzi “persuasivi” sull’OMS Organizzazione Mondiale Sanità (in contrasto con l’americana EPA Ente Protezione Ambientale) e in particolare sull’Unione Europea per imporre legislazioni e regolazioni particolarmente neo-corporative, esempio nel bando al Bisfenolo, ora è riuscita ancora una volta a impedire la messa al bando totale delle migliaia di sostanze “per- e polifluoro alchiliche”: PFAS.

Le possiamo immaginare come  catene di ferro avvolte  in una protezione di gomma: gli anelli di ferro sono atomi di carbonio saldamente uniti fra loro, che rendono la catena forte, mentre la copertura rappresenta atomi di fluoro, che proteggono la catena dagli agenti esterni facendoli scivolare via. Questa accoppiata conferisce ai Pfas portentose proprietà di resistenza alle alte temperature e agli agenti esterni, idrorepellenti, oleorepellenti, ignifughe, però conferisce altrettanto pericolose proprietà di pericolo per la salute di milioni di persone. Infatti sono bollate da una sterminata letteratura scientifica internazionale come sostanze inodori insapori incolori indegradabili, “forever chemicals” inquinanti eterni, ubiquitari, trasportati dai venti e dalle acque in ogni parte del globo, estremamente persistenti e accumulabili  nell’ambiente vegetale e animale.

Dunque nell’organismo umano: non decomponibili biologicamente, le indistruttibili tossiche e cancerogene sono state trovate nel sangue, nelle urine, nella placenta, nel cordone ombelicale e persino nel latte materno. Inalate e ingerite con cibo e acqua, si introducono infatti nel sistema circolatorio e si diffondono nel nostro corpo, nel sistema endocrino ovvero nella produzione e regolazione degli ormoni, con malattie della tiroide,  danni al fegato, obesità, diabete, colesterolo, problemi cardiocircolatori,  cancro ai reni, alla prostata e ai testicoli, ridotta fertilità maschile e femminile, diabete gestazionale, patologie neonatali, riduzione del peso alla nascita dei neonati, riduzione del quoziente di intelligenza nei bambini, riduzione della risposta immunitaria ai vaccini eccetera.

Malgrado tutte queste certezze scientifiche, ma nascondendosi dietro ostruzionistiche confutazioni, per cui non esisterebbero metodi d’analisi in grado di scoprire o quantificare tutte le migliaia di Pfas con svariato peso molecolare e differenti proprietà chimiche e strutturali, la lunga mano di Solvay & C. ha determinato una lassista normativa europea: estraniata dai controlli delle emissioni atmosferiche (micidiali per il circondario delle fabbriche utilizzatrici, come il “colabrodo di veleni” della Solvay di Spinetta Marengo, unico  produttore in Italia), nonché  permissiva, a non dire condiscendente, per quanto riguarda la parametrazione della qualità delle acque per consumo umano: si tratta ora di limiti-soglia massimi ai quali gli Stati dell’Unione europea sarebbero tenuti a conformarsi entro il 12 gennaio 2026.

Resta, come sempre, la facoltà di includere e anticipare disposizioni nazionali, come hanno fatto alcuni Stati, tramite valori più rigorosi o parametri aggiuntivi, fino al “limite zero”, ovvero con palliativi come in Francia (1). Facoltà che comunque l’Italia si è ben guardata da usufruire, per veto di Solvay che ad Alessandria sfora tutti i limiti inimmaginabili di inquinamento. Così il Parlamento ha affossato il Disegno di Legge Crucioli per la messa la bandoAnzi, l’Italia ha perfino evitato di aderire all’iniziativa – presa da Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, nel febbraio del 2023 – per introdurre una restrizione universale sui PFAS a livello dell’Unione Europea, per vietarne la produzione, la vendita e l’utilizzo. Dal canto suo, si è mostrata ininfluente l’esortazione di quasi 150 0rganizzazioni della società civile europea agli Stati membri dell’UE e alla Commissione a vietare tutti i PFAS in tutti i prodotti di consumo entro il 2025 e a vietarli completamente entro il 2030.

Nel frattempo, stante appunto questa complice paralisi della politica italiana ed europea,la presidente di Solvay Syensqo, Ilham Kadri, ora ritiene procrastinabile il processo avviato di trasferimento delle produzioni in Cina (dove, per i disastri già compiuti non è più accolta a braccia aperte) e valuta le condizioni di resistere a Spinetta il più a lungo possibile. 

Però, c’è un altro però (2). Per Kadri si affacciano ulteriori problemi entro il 2026 per lo stabilimento di Spinetta Marengo: esce dall’invisibilità mediatica il TFA, acido trifluoroacetico, che si forma dai PFAS per degradazione. Come i Pfas, si trova ovunque (ubiquitario), come i Pfas è perenne (forever chemical), come i Pfas tossici e cancerogeni è micidiale per la salute, ma, ancora peggio dei Pfas, a differenza dei Pfas non è ancora normato per legge e “Pesticide Action Network” (PAN Europe) chiede ai governi di agire con misure urgenti: il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati. Ma Kadry opporrà il consueto ostruzionismo (3).

Invece, nel mentre, il fattore tempo sta scadendo a Spinetta Marengo per quanto riguarda le emissioni atmosferiche. La lunga mano di Solvay ha estraniato la lassista normativa europea da controlli che non siano delle acque, e dunque non esisterebbero  limiti di legge per i PFAS in aria ambiente e nelle deposizioni al suolo. Esistono, in realtà, per il cocktail micidiale di 20 veleni tossici e cancerogeni, di cui fanno parte PFOA, ADV, C6O4, che è scaricato sulla popolazione da 72 ciminiere  e dai 15.000 punti di perdite incontrollate: così come abbiamo denunciato alla Procura. Un cocktail confermato dall’ultimo monitoraggio dell’Arpa (4).  E… dal continuo andirivieni dei Vigili del fuoco in emergenza (5). Il tutto, per un Sito classificato alto rischio chimico e di catastrofe industriale, per il quale (denunciamo da 40 anni come delittuosa vergogna dei politici locali) non esiste un Piano di emergenza in grado di affrontare a) l’allarme, b) l’evacuazione, c) il soccorso, d) le cure della popolazione (6).  

Veniamo ai dunque. Dunque, da un lato, neppure a pensarci che sia la politica a fermare i Pfas in Italia (a tacere i fallimenti delle Procure). Dall’altro, l’urgenza della condizione eco sanitaria della popolazione di Alessandria rende indifferibile la chiusura immediata delle produzioni Solvay a Spinetta Marengo. Dunque, a tal fine, resta la via dell’azione giudiziaria inibitoria risarcitoria, avviata dal basso, ovvero intraprendere l’impresa titanica di affrontare Solvay Syensqo, che non rappresenta solo se stessa ma anche la “European chemical industry council (cefic)” , la lobby delle industrie chimiche europee che ha riunito i maggiori produttori e consumatori di Pfas, tra cui figurano Agc, Arkema, Basf, Bayer, Chemours, Daikin, Du Pont, Exxonmobil, Gfl, Merck, Gore.

Alle azioni inibitorie risarcitorie contro Solvay di Spinetta incitava il Procuratore Generale di Cassazione: “Mi auguro che seguano centinaia, migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio”. E fuori dall’Italia, è proprio  Solvay, e proprio per i Pfas, a doversi mettere le mani al portafoglio pagando una class action in USA da 1,3 milioni di dollari (7). Ad Alessandria è inimmaginabile che il sindaco faccia causa a Solvay per inquinamento del Bormida, come il suo omologo americano contro Monsanto: 160 milioni di dollari (8)! Viceversa, l’azione inibitoria risarcitoria, oltre che contro l’azienda, può essere rivolta anche contro le Istituzioni, cioè contro Comune e Provincia di Alessandria e  Regione Piemonte.  Come in Olanda (9).

La storia di questi decenni ha dimostrato che codeste istituzioni piemontesi sono complici di Solvay (Syensqo, già Montedison): speculari al colosso chimico, subordinati non solo culturalmente e politicamente. I sindacati, a loro volta, si nascondono sempre dietro il ricatto occupazionale (neppure a stento si salva la CGIL), al punto che quando sono stati chiamati al Tavolo tecnico permanente del Comune, addirittura… hanno chiesto di farsi rappresentare direttamente da Solvay.  

L’ultimo scandaloso anzi grottesco episodio, sulla spinta delle ripetute immagini sui media delle incontrollate invasioni di schiume di Pfas dall’obsoleto stabilimento ridotto a colabrodo per sfacelo tecnologico e di manutenzioni, è stato lo spettacolo del bluff della Provincia di Alessandria: obtorto collo, sospendeva le produzioni e nel giro di poche settimane ne autorizzava la sciagurata ripresa sulla base di una perizia addomesticata (classico caso di “controllato controllore”) e malgrado la totale disapprovazione dei tecnici dell’Arpa (Ente normalmente non tanto severo). Addirittura le impronte dello zampino di Solvay si intravvedono nella firma apposta alla lettera di autorizzazione (10).

Su questa vicenda la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali ha convocato il direttore generale di Arpa Piemonte Secondo Barbero e il procuratore capo di Alessandria Enrico Cieri. Queste stupefacenti audizioni hanno scandalizzato Alessandria. In particolare il sottoscritto. Il quale, per evitare termini pesanti, ritiene sufficiente questo “commento terzo”  di una preparata giornalista (11).

Come effetto di questa nuova licenza di inquinare falde acquifere – suoli – fiume Bormida – atmosfera del Comune di Alessandria e degli altri Comuni della provincia, discende la reiterazione del reato: la cosiddetta “barriera idraulica” attualmente si conferma impianto non idoneo a contenere le fuoriuscite degli inquinanti dello stabilimento, dunque violando la sentenza della Corte di Cassazione dal 2019. 

Sentenza che, vogliamo ribadirlo ancora una volta, riguardava ben oltre i Pfas: la bonifica di una massa di veleni, una ventina insieme al cromo esavalente, bonifica che è stata, su ordine di Bruxelles, consapevolmente disattesa sull’altare dei profitti da Solvay, la quale, anzi, ha peggiorato la situazione ecosanitaria. Su questo punto, il capo di accusa nell’imminente processo penale bis andrebbe riformulato sul versante dolo. E portato al massimo livello apicale di Syensqo. E anche in sede civile con azioni inibitorie che risarciscono le Vittime, come stimolava a fare il Procurate generale in Cassazione: “Quella gente dovete toccarla nel portafoglio”.  Con la Procura di Alessandria è difficile nascondere il dissenso (12). Sorprende infine che sia nel processo di Alessandria che in quello di Vicenza non ci siano medici tra gli imputati (13).

1) Ecologisti francesi sconfitti da sindacato operaio e multinazionale a braccetto.

2) La Cina per Solvay non è più la terra promessa.

3) L’ “invisibile” TFA nell’esistenza nebulosa della Solvay di Spinetta Marengo, tra processi e class action.

4) Procuratore, fermi il cocktail tossico cancerogeno da 72 ciminiere e 15mila punti di perdite incontrollate.

5) Nubi di fluoridrico spediteci dalla Francia.

6) Il Piano di emergenza di Solvay…scritto da Solvay: grazie alla complicità del sindaco.

7) Migliaia di cause civili per toccare questa gente nel portafoglio. E Solvay in USA paga con dollari sonanti.

8) Viene da ridere pensare che il sindaco di Alessandria fermi Solvay.

9) Anche l’Olanda invasa dai Pfas. Scattano le azioni inibitorie risarcitorie.

10) Puzzano gli amministratori di Provincia Regione Comune di Alessandria. E i sindacati…

11) Imbarazzante esibizione di Procura e Regione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti ambientali.

12) Rimettere in funzione gli impianti Pfas inquinanti: è una condotta sempre più dolosa della Provincia.

13) Saranno o non saranno risarcite le Vittime di Miteni e Solvay ad Alessandria e Vicenza?

l Dossier “Pfas. Basta!” è disponibile on line a chi ne fa richiesta. In 173 pagine racconta la storia in Italia delle lotte contro gli inquinatori Solvay e Miteni, dalle denunce degli scarichi in Bormida degli anni ’90 fino ai processi 2021 ad Alessandria e Vicenza. Una lunga storia di mobilitazioni anche contro connivenze, complicità, corruzioni, ignavie di Comune, Provincia, Regione, governo, Asl, Arpa, sindacati, magistratura e giornali. Tutti i nostri libri sono stampati a spese degli autoriIl ricavato è interamente devoluto alla Ricerca per la cura del mesotelioma di Casale Monferrato. Il Dossierè esaurito in stampaPer la versione digitale, occorre comunicare a lino.balza.2019@gmail.com  l’indirizzo mail e l’avvenuto versamento (minimo euro 20) sul conto IBAN IT68 T030 6910 4001 0000 0076 215 (specificando causale) oppure tramite PayPal lubaja2003@yahoo.it.

Davide contro Golia ultima modifica: 2024-10-13T04:46:00+02:00 da GognaBlog

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3 pensieri su “Davide contro Golia”

  1. Come contrastare la produzione di questi materiali? Esiste un elenco di materiali alternativi a quelli composti da pfas?

  2. Si pensa che scrivere spezzettando le frasi sia più d’effetto, invece riflette solo la frammentazione e la dispersione d’energie proprie di questa epoca.

  3. Condivido il messaggio di fondo tranne un punto. Condivido la pericolosità dei PFAS e la necessità di contingentarli o, meglio, eliminarli del tutto. Condivido che l’azione immediata non possiamo aspettarcela dalla politica, ma non può che derivare da azioni giudiziari inibitorie dal basso. Non condivido invece che la soluzione strutturale debba arrivare anch’essa da basso. Non uò che essere figlia di una illuminata azione della politica (europea-nazionale-locale). L’azione di base, cioè il progressivo cambiamento della mentalità dei cittadini, tenderà, in futuro, a premiare candidati NO PFAS a scapito dei SI PFAS (o dei neutrali). avremo quindi classi dirigenti più sensibili al problema di quelle passate/attuali. Tocca alla politica creare le condizioni strutturali per il superamento del modello PFAS, anche perché se si chiude  un polo produttivo, in quanto inquinante, si ferma certo il pericolo sanitario (e ci mancherebbe! Questa è la priorità assoluta), ma poi occorre avere la soluzione alternativa sul piano dei posti di lavoro. Altrimenti la cittadinanza si salva dai PFAS, ma poi muore di fame. La soluzione di questi problemi nel loro complesso è il fine principe della politica, non tocca né alla magistratura (che al limite può chiudere uno stabilimento, ma non si deve preoccupare di trovare soluzioni alternative) né alla popolazione in modo diretto.

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