Non ho apportato correzioni o modifiche perché penso che un diario deve rimanere tale (Salvatore Panzeri)
Diario di una spedizione al K2 (1996)
(K2 Geoexpedition 96)
di Salvatore Tore Panzeri
11 giugno 1996
Partenza da Milano per Roma. Conferenza stampa a Montecitorio e intervento nella trasmissione Giorno per giorno di Rete 4. Roma di notte… stupenda!!
12 giugno
Roma-Karachi-Islamabad. Fuso orario: 3 ore in più rispetto all’Italia.
13 giugno
Arrivo a Islamabad, Hotel Shalimar a Rawalpindi.
14, 15, 16 giugno
Preparazione materiale, affrancate cartoline per un giorno intero. Cene nei migliori ristoranti della città e una stupenda serata a casa di dipendenti dell’ambasciata amici di Agostino (Da Polenza, capospedizione, NdR). C’erano anche il vino e la pasta. Un mezzo pomeriggio di relax nella piscina dell’albergo. Visita alla moschea di Islamabad e al centro di Rawalpindi.
17 giugno
Partenza alle 5 per Chilas lungo la strada per Skardu. Arrivo a Chilas alle 18.30 dopo solo poche fermate per rifornimento e per pranzare. Bel viaggio dalle metropoli ai più piccoli villaggi attraverso stupende foreste e promontori deserti attorniati da oasi.
18 giugno
Partenza ore 6 per Skardu lungo la Karakorum Highway seguendo il corso del fiume Indo. Arrivo alle 15 all’Hotel K2. Bello, accogliente con cibo molto buono e camere grandi e pulite.
19 giugno
Giornata grigia e piovosa e nel pomeriggio pure noiosa. Scrivo una lettera ad Antonella e la invio in Italia per mano di Maurizio Giordani di ritorno da una salita. Facciamo le ultime compere constatando che comunque qui a Skardu si può trovare di tutto nei bazar del centro.
Compro un cappello baltì e una stecca di Camel e riesco anche a trovare le caramelle per la gola Streepsils. Problemi di pioggia e di frane ci impediscono di organizzare la partenza per domani nonostante sia tutto pronto.
20 giugno
Pioggia intensa tutto il giorno. Noia assoluta spezzettata da piccole cose da fare, dal pranzo e dalla cena. Fatta intervista filmata da Carlo Besana e assoldati 180 portatori. Caricate 10 jeep in una breve pausa di pioggia. Di notte arriva in albergo Oreste Forno in tempo per un saluto.
21 giugno
Finalmente partiamo, non piove più ma il cielo è una massa compatta di nuvole. Sveglia alle 4 e via sulle jeep lungo le tortuose e sterrate piste del Karakorum. Dopo varie avventure nei torrenti e nelle masse fangose delle frane, raggiungiamo Dassu e pochi chilometri dopo ci fermiamo a campeggiare causa una grossa frana che ha distrutto completamente la strada. Scarichiamo, controlliamo e distribuiamo i carichi a 180 portatori che sembrano assalirci per la fame di lavoro e di soldi. Il sole regna nel cielo e tutto sembra, ed è, molto più bello. Abbiamo accumulato due o tre giorni di ritardo ma non ci preoccupiamo. Incomincia la vera storia del K2.
22 giugno
Prima vera tappa verso il K2. Sette ore di marcia veloce per raggiungere Chon-go, un minuscolo villaggio sulle rive del fiume Braldo. Tappa molto difficile nella parte iniziale soprattutto per i portatori che sprofondavano più di noi nelle valanghe di fango scese gli scorsi giorni di pioggia. Nella seconda parte del percorso, scomparso il fango, sono comparse le scariche di sassi che ci hanno impegnato fino al punto di sosta. Il sole è caldissimo e siamo tutti scottati. Domani finalmente raggiungeremo Askole.
23 giugno
Tappa cortissima fino ad Askole. Giornata stupenda e caldissima. Bagno alle 6 di mattina nelle vasche di acqua calda solforosa. In serata ci raggiunge Aldo Verzaroli.
24 giugno
Bellissima tappa lungo il fiume Braldo attraversando il termine del ghiacciaio Biafo, il più lungo ghiacciaio dell’Asia, 120 km. Facciamo tantissimi chilometri alzandoci di un centinaio di metri e attraversando con una teleferica un torrente impetuoso e arrivando a Jula dove ci accampiamo. Il sole è bollente e non c’è l’ombra di una pianta e nemmeno di acqua. Sullo sfondo si erge possente il Masherbrum con i suoi 7800 metri di altezza. Solo verso le 16 qualche nuvola oscura un po’ il sole dandoci così sollievo. Questa sera ho visto una stella cadente lunghissima e ho espresso il primo desiderio che mi è venuto in mente.
25 giugno
Sveglia alle 3 del mattino per correre verso Paju con Carlo (Ferrari, NdR), Giulio (Maggioni, NdR), Mario Panzeri, fratello dell’autore, NdR) e due portatori speed. Il motivo? Prendere possesso dei posti più belli all’ombra nella splendida ma sporca oasi di Paju. Alle 7 siamo già arrivati, passeremo così la giornata ad oziare e mangiare, a medicare i vari malanni dei portatori, a leggere e così via. Domani sarà un giorno di riposo per dare il tempo ai portatori di prepararsi il cibo e la legna per tutte le tappe sino al campo base. Poco distante dall’oasi si vede la mastodontica forma del Ghiacciaio del Baltoro con le prime vette. Spero di arrivare al più presto al campo base e iniziare a salire il K2.
26 giugno
Sosta forzata a Paju, per cui con Giulio e Carlo decidiamo di far passare la mattina facendo una bella camminata verso la base del Paju Peak, posto proprio sopra il nostro accampamento. Saliamo, così, veloci su ripidi pendii sabbiosi sino a quota 4600 m, dove è impossibile proseguire per le scariche continue che scendono dai canali sovrastanti. Ci riposiamo a lungo su questa simil-cima godendoci il calore del sole e la stupenda visuale sul ghiacciaio che domani dovremo attraversare. La discesa è velocissima e dopo tutta questa polvere non c’è niente di meglio di una doccia completa sotto una cascatella che scende da alcune placche di granito. Rinfrescati e profumati, pranziamo a base di carne di bufalo che hanno ucciso questa mattina i portatori per avere cibo a sufficienza per il lungo viaggio verso il campo base. Solito pomeriggio ad oziare con una stupenda sorpresa, la telefonata di Antonella, talmente sorpresa che non riesco a dirle più di tanto. È una cosa strana e nuova per me ricevere una chiamata in un posto così lontano e selvaggio, comunque è una cosa stupenda che mi rende felice e mi fa nello stesso tempo pensare molto alla vita che conduco e a quella che vorrei condurre. Comunque sono pensieri che vanno e vengono senza lasciare traccia. Finalmente domani si parte, così che il tempo per cominciare ad agire si avvicina.
27 giugno
Partenza, come al solito, presto per camminare il più possibile senza sole o perlomeno con il sole ancora molto basso. Lunghissima tappa, 6 ore, su e giù per i ghiaioni morenici del Ghiacciaio del Baltoro, di una grandezza impressionante. Come al solito con Mario, Giulio e Carlo ci portiamo avanti in modo da poter accaparrarci il posto tenda migliore. La quota nelle salite incomincia a farsi sentire ma non ci preoccupa, ormai sappiamo come funziona. Finalmente Urdukas a 4010 m, un posto stupendo tra enormi blocchi di granito con molte terrazze per le tende e davanti a questo balcone sul Baltoro una vista stupenda che copre tutte le più importanti torri di granito della zona. Dal Paju Peak all’Uli Biaho, dal Trango alle Cattedrali sino al Lobsang Spire che chiude il quadretto. Un vero e proprio belvedere che fa passare la stanchezza del camminare su e giù per questi interminabili ghiaioni. Il tempo va peggiorando, le montagne, anche le più basse, vengono coperte da una fitta cappa di nuvole che di notte si scaricano sulle nostre tende senza però creare grossi problemi.
28 giugno
Il tempo non è per niente bello, anche se in lontananza i primi raggi di sole illuminano le torri del Trango. Continuiamo a risalire il Baltoro, su e giù per ghiaccio e ghiaioni sino a Gore 2 a 4300 m circa. Camminiamo veloci senza il problema del caldo, anzi fa quasi freddo. In 4 ore raggiungiamo la destinazione, delle piccole piazzole dissestate dal movimento del ghiacciaio. Sistemiamo innanzitutto la nostra tenda in modo stupendo, poi pensiamo a quelle degli altri che, come al solito, ritardano ad arrivare. Verso mezzogiorno si apre il cielo e ci si presenta davanti uno dei più bei paesaggi del mondo. Sullo sfondo il Gasherbrum IV con la sua imponente parete ovest, ciò mi fa pensare molto a Slauco (Slavko Svetičič, NdR) e alle avventure che abbiamo passato insieme, ciao Slauco.
Lateralmente stupende montagne di ghiaccio di altezze minore fanno da contorno. Alle 13 appuntamento con tutti i malanni dei portatori, aiutato da Antonio (Taglialegne, NdR), per oggi solo problemi di mal di testa e stomaco e solo due piaghe da curare. Un altro po’ di lavoro per distribuire la merenda per domani e finalmente un po’ di riposo in tenda. Ancora due giorni e saremo al campo base, finalmente.
29 giugno
Le nuvole basse ci tolgono la visuale su uno dei più bei posti del mondo. Risaliamo ancora il Baltoro su e giù per le sue onde, di qua e di là per le sue vele, sino a Concordia, il centro di convogliamento di ben sette ghiacciai. Incomincia a nevicare, così che aumentiamo il passo; seguendo delle vecchie tracce raggiungiamo il campo base del Broad Peak dove siamo accolti molto simpaticamente dai componenti di una spedizione universitaria coreana. Loro sono già tre settimane che sono qui e hanno già posto l’ultimo campo a 7800 m. Nuovo ordine via radio, non fermarsi ma proseguire sino al campo base del K2. Se non fosse per la neve che scende sempre più e la nebbia fitta, la cosa non ci preoccuperebbe, ma non possiamo fare diversamente. La cosa strabiliante è che non sentiamo più di tanto la quota e continuiamo a risalire il ghiacciaio a passo veloce. Non sappiamo nemmeno dove siamo con questa nebbia e dobbiamo così fare alcuni giri strani per ritrovarci miracolosamente al campo base del K2. Ci mettiamo un po’ a decidere il posto dove mettere le tende e subito iniziamo i lavori per costruire delle piazzole dove sistemarci. Pian piano arrivano anche i portatori stanchi e infreddoliti. Prendono la loro paga e poi giù di corsa verso i loro villaggi ancora così lontani. Solo alcuni decidono di restare e si sistemano nelle loro tane fatte di sassi e cellophane.
30 giugno
Prima giornata intera a 5000 m. Alla sveglia la testa fa un po’ le bizze, ma non si può pretendere di più. Comunque sono contento perché complessivamente sto molto bene. Il tempo non ci regala altro che nevicate e cielo sempre coperto. Il duro lavoro della sistemazione dei due magazzini, uno per il materiale alpinistico e l’altro per il cibo, mi impegna tutta la mattina sino a pranzo. La tenda mensa è nella grossa tenda a cupola, non grandissima ma calda e accogliente. Finalmente nel pomeriggio riesco a preparare la piazzola e a piazzare la mia tenda. Ora mi sento proprio al campo base con tutte le mie cose sistemate per bene. Gianpietro (Verza, NdR), da bravo tecnico, ci regala la corrente elettrica nella tenda mensa e nella tenda vicina, dove piazza la stazione radio e il telefono satellitare con i vari carica batteria. Domani, se tutto va bene, saliremo al campo deposito a portare un po’ di materiale, ma più che altro per sentirci veramente in azione sul K2. La prima sera al campo base viene festeggiata con una bresaola di Giuseppe (Lafranconi, NdR) e una buona bottiglia di vino rosso. Ottimo inizio. Anche il K2 vuole festeggiare e, con una stupenda luna, si illumina completamente mostrandosi per la prima volta ai nostri occhi curiosi. Buona notte K2.
1° luglio
Salita veloce al campo base avanzato, dove posizioniamo una tenda e portiamo del materiale. Giornata stupenda con vista eccezionale su tutto l’arco del Baltoro. Finalmente entriamo in azione e da domani In šāʾ Allāh si va avanti. Sono felice di stare bene ed inoltre ho potuto scrivere una lettera ad Antonella che un portatore imbucherà nella cassetta delle lettere ad Islamabad.
2 luglio
Tempo bellissimo con un leggero vento che rinfresca l’aria. Partiamo, Mario, Giulio ed io, verso il deposito con i nostri grossi zaini pieni di materiale personale e di rifornimento. Poco prima del campo deposito troviamo Aldo Verzaroli e Carlo Besana ben piazzati con le loro telecamere per riprendere la nostra salita in mezzo ai seracchi e poco più avanti troviamo tutto il resto della truppa, che è venuta fin quassù per rifornire il deposito. Noi tre siamo in ottima forma e ne siamo contenti, ci dispiace per Carlo Ferrari che si è dovuto prendere qualche giorno di riposo per qualche linea di febbre. Talmente in forma che nonostante i grossi zaini impieghiamo solamente un ora e venti minuti dal campo base a qui. Mentre gli altri ritornano al C. B. sistemiamo una tendina come magazzino e una tenda più grossa per noi, ottimo campo, direi. Nel frattempo il vento si è rinforzato molto e a lungo andare dà quasi fastidio, speriamo bene per domani. Un ottimo pranzo a base di risotto ai carciofi e affettato, chiuso da un buon caffè ci fa star meglio. Giornata completamente di relax.
3 luglio
Sveglia alle 2, un’ora di preparativi e poi via lungo il ripido pendio dello Sperone degli Abruzzi. La neve è ottima e la giornata stupenda, la luna ci illumina il pendio che si fa sempre più ripido fino a creare alcuni problemi ed a impegnarci a fondo per raggiungere il Campo 1. Nei programmi dovevamo essere raggiunti da Carlo Ferrari, Carlo Besana, Lorenzo (Mazzoleni, NdR) e Antonio ma, partiti tardi, incontrano subito problemi e, mentre Carlo Ferrari prosegue, gli altri tornano al C. B. Su nostro consiglio anche Carlo dopo un po’ ridiscende, è inutile salire senza corda per attrezzare il pendio. Il campo1 è a 6100 m in uno stupendo terrazzo panoramico, abbiamo montato due tende che si presentano molto accoglienti e comode. Giornata stupenda senza una nuvola e un filo di vento, forse troppo bella per restare in tenda tutto il giorno. Dal C. B. al C1 ore 4.15.
4 luglio
Dormire per la prima volta a 6100 m. non è proprio dormire, ci si sente un po’ strani, soprattutto la mattina, cioè di notte quando ti alzi e ti prepari per proseguire il tuo lavoro di alpinista. Così alle 2 incominci a scaldarti l’acqua per il tè e nel giro di un’ora hai già i ramponi ai piedi e il vento freddo che ti punge il viso. Saliamo lungo le vecchie corde fisse verso il Campo 2 tra roccette e nevai carichi di neve fresca, dove ogni passo è una vera e propria fatica, ma non ci si può lamentare, l’abbiamo scelto noi. Con Mario ci diamo il cambio a battere la pista con le dovute soste alla ricerca di ossigeno per arricchire i nostri muscoli di energia. Aldo e Giulio sono molto più lenti, ma ci seguono a distanza. La vista alle prime luci del giorno sembra ripagare la nostra fatica. Aldo gira alcune riprese ed eccoci finalmente al famoso camino Bill House, un salto verticale che ti porta via molto di più di quello che puoi dare, e poi, a poche centinaia di metri il Campo 2 con i resti delle precedenti spedizioni. Depositiamo il nostro carico sotto una roccia tra le sferzate del vento gelido e poi giù di corsa attrezzando con la nostra corda i punti più impegnativi. Campo 1, campo deposito e campo base, finalmente, una remata paurosa per sederci comodamente a pranzare nella tenda mensa. Il tempo cambia rapidamente, nevica e soffia una forte bufera, si sta bene qui al campo base nelle nostre tendine diventate ormai le nostre case.
5 luglio
Un alto manto bianco copre tutto e un silenzio ovattato regna nella valle del Baltoro. Sono svegliato presto dalla voce di Agostino che parla con quelli di Campo 1. Stanno già scendendo velocemente per non essere sorpresi dalle paurose slavine. Continua a nevicare molto forte e non ha idea di cambiare guardando il cielo. Di colpo il sole si infiltra tra le nuvole alzando la temperatura a livelli paurosi, tanto da non trovare riparo in nessun luogo. Le montagne si affacciano tra le nuvole, sembrano osservarci per poco tempo, poi con un soffio di vento si ritirano tra nere nuvole e ci sputano addosso un freddo terribile. Che tempo pazzo e che pomeriggio eterno.
6 luglio
Altra giornata nuvolosa con nevicata mattutina. Ne approfittiamo per andare in esplorazione sotto la cresta del Broad Peak dove i ricercatori posizioneranno un punto geodetico. Purtroppo il sole non c’è, ma filtrando tra le nuvole mi ustiona molto la faccia provocando gonfiore e fastidio. Una partita a monopoli conclude la serata e poi a nanna, non prima di aver visto parte delle riprese girate. Oggi è stata anche giornata di interviste riprese da Carlo Besana.
7 luglio
Vestiti che entrano ed escono dalle tende, materiale che viene selezionato per essere trasportato, piccole pause per fumare, la tazza con la bevanda preferita (non c’è birra, purtroppo) sempre a fianco, qualcosa sta succedendo, qualcosa si sta muovendo, noi dovremo muoverci… questa notte… ore 23… una grande corsa… Campo 2… e poi scavare per le tende. In šāʾ Allāh, naturalmente. Nel pomeriggio arrivano Enrico Rosso e compagni (Giancarlo Ruffino e Giorgio Sacco, NdR). Non ci tocca più di tanto, noi dobbiamo pensare a salire e in fretta, anche.
8 luglio
Solo 2 ore di sonno e poi la sveglia a voce, il cielo è stellato all’inverosimile e non fa sto grande freddo, gli zaini sono pesantissimi e la strada che ci aspetta è veramente lunga. Ore 23 partenza dal campo base, piccola sosta al deposito e poi su verso Campo 1 battendo una neve altissima e stronza, piccola sosta nelle tende per far passare il freddo dell’alba e poi via di nuovo nella neve sempre più alta. Da qui in poi è una vera via crucis, si avanza ad una velocità da 8000 metri e si cercano mille scuse per tornare indietro, ma nessuno vuole mollare per primo così che, bestemmia dopo imprecazione, raggiungiamo il fatidico camino Bill che ci toglie l’ultimo respiro rimasto. Verso le 12 con Mario, Giulio, Carlo Ferrari e Rosi raggiungo il Campo 2 al limite delle forze. Ma non ci basta e con piccozza e pale ci apriamo un bel terrazzo nel pendio dove piazziamo la nostra tenda accogliente anche se in quattro, siamo demoliti. Dormire, dormire.
9 luglio
Anche se stretti, nessuno si è lamentato della notte passata e vorremmo dormire ancora, ma siamo svegliati da continui richiami via radio di Agostino che vorrebbe vederci in azione verso Campo 3, ma forse non si rende conto del materiale che abbiamo trasportato fin quassù ieri e con quale fatica abbiamo aperto la via nella neve alta. Di prima mattina arrivano in ordine dal Campo 1: Carlo Besana, Lorenzo, Aldo e Marco (Negri, NdR). Carlo Besana, apparentemente in forma, scende quasi subito mentre gli altri restano. Dobbiamo così aiutarli a fare la piazzola e dobbiamo cedergli del cibo e dei materassini da noi, con tanta fatica, trasportati fin quassù; non è una novità per me e quindi non ci faccio molto caso.
10 luglio
Un’altra notte al campo 2 e incomincia a sentirsi la scomodità di stare in quattro in una tenda. In superforma incomincio subito a battere la pista e ad estrarre le fisse dalla neve. Il percorso è ancora impegnativo e molto faticoso, ma ci permette di salire di quota velocemente. Carlo Ferrari rinuncia, non ha recuperato lo sforzo dell’altro giorno. Poco dopo anche Aldo e Marco mollano la presa, quindi noi quattro continuiamo a salire con una buona velocità verso il tanto sognato plateau. Finalmente il seracco e gli scivoli di neve, che sembrano sostenere la piramide del K2. Sembra di essere su di una vetta, la vista spazia ovunque e l’emozione é tanta, siamo a 7700 m. proprio sotto il canale che conduce alla vetta. Il montare la tendina e il correre lungo le fisse fino al campo base viene tutto automatico e di secondaria importanza, noi siamo ancora lassù, su quella magnifica piazza che tante volte abbiamo visto sui libri e altrettanto abbiamo immaginato.
11 luglio
The rest day is the best day. Riposare sì, ma una giornata sembra già troppo, vorrei correre sul Broad Peak ma, si sa, i permessi non lo permettono e non mi resta che correre con la fantasia.
12 luglio
Persiste il brutto tempo e quindi anche la noia di dover stare al campo base: sì, c’è sempre qualcosa da fare, ma la giornata è lunga. Oggi sono saliti a trovarci due della spedizione al Broad Peak del CAI di Introbio. Molte telefonate fatte e ricevute che ascoltiamo per fare qualcosa di diverso.
13 e 14 luglio
Tempo pessimo, giornate pessime, morale normale ma scazzato. Domenica, come fosse tradizione, facciamo gli gnocchi che escono molto buoni; è tutta la novità di questi giorni. Le partite a monopoli non si contano.
15 luglio
Inizia la settimana e, come se dovessi iniziare a lavorare, vengo spedito (mi sono offerto volontario) con il nostro caro Rosi a Concordia per avere notizie, o meglio per incontrare Maria Assunta e Goretta che dovrebbero trovarsi in zona. È bello spostarsi dal campo base, così ci incamminiamo chiacchierando lungo le ondulazioni del ghiacciaio. Prima sosta al campo base del Broad Peak, dove scambio quattro chiacchiere con gli amici della Valsassina bevendo un tè. Richiamato all’ordine dall’orologio, che avanza imperturbabilmente, riprendiamo il nostro cammino. A Concordia sostiamo in un accampamento di trekker belgi dove siamo accolti molto bene. La loro guida è un grande amico di Rosi, così per noi è una garanzia di star bene. Piantiamo la nostra tendina sotto una fitta nevicata, poi in 10 minuti di cammino raggiungiamo la base militare dove chiediamo notizie via telefono delle due donne. I soldati, soprattutto questi soldati collocati in questo ambiente, fanno una certa impressione su di noi, ma passati i primi minuti e vinte le prime incertezze, capiamo che è gente molto ospitale e molto disponibile ad aiutarci. Dopotutto sono solo tre poveri disgraziati che per scelta loro o per ordini superiori passano un lungo periodo in questo posto tanto incantevole quanto fuori dal mondo. Durante i tentativi di telefonate ad Urdukas beviamo del tè, mangiamo della frutta in scatola e fumiamo; dopo circa 1 ora e mezza capiamo che non c’è niente da fare, l’esercito pakistano è già sconfitto in partenza, così rientriamo al nostro accampamento. Solo più tardi sapremo da un portatore amico di Rosi che non c’è traccia di donne sino a Paju, dove ci sono diversi gruppi fermi per il maltempo. Passo la serata in ottima compagnia dei belgi, i quali mi offrono anche una specie di loro grappa e poi a nanna.
16 luglio
Una schiarita mi apre gli occhi e la voglia di restare in questo immenso paradiso; sopra la nostra tenda si innalzano i Gasherbrum e il Mitre Peak. Tutto intorno è ancora nero e tempestoso. Via radio apprendo che c’è stato un forte vento al base che ha distrutto la tenda magazzino; qui al Concordia sembra di vivere in un’altra dimensione, comunque devo ritornare al base. Risalendo la lunga lingua di ghiaccio mi fermo e mi giro ad osservare molte volte come se stessi lasciando qualcosa di caro; diverse volte guardo verso Paju, che si intravede da quassù, come per salutare quello spiraglio di mondo che c’è oltre la curva della valle. Il sole mi abbandona con i sogni e rientro nella dura realtà dell’alta montagna, realtà che mi sono scelto e talvolta imposto, non so per quale motivo e ragione. Ritrovo felicemente la mia tenda come se ritrovassi qualcosa di vecchio a cui sono molto affezionato e, nel giro di pochi, minuti rientro nei miei ranghi e nelle mie abitudini da campo base.
17 luglio
Contatto con Maria Assunta e Goretta (Casarotto, NdR) che sono finalmente a Gore 2. Tempo sempre incerto con leggere schiarite. Provo a correre, ma il terreno è troppo sassoso e sconnesso per riuscirci bene.
18 luglio
Dopo una nevicata notturna il sole ci dà il buongiorno con il K2 splendente. Il campo è in agitazione. Si stendono i sacchipiuma e gli indumenti ad asciugare, ci si lava e si incominciano a fare i programmi per la salita. Probabilmente parte del Campo 2, se non tutto, è andato distrutto dal vento, speriamo bene per il Campo 3 dove abbiamo le nostre cose più importanti, tra le quali il saccopiuma. Ci raggiungono il treppiede con i prismi e il GPS con il povero Rosi stanco morto. Questa notte non ci resta che partire e sarà dura. Ed ora a noi K2, siamo venuti ad ammirarti e vogliamo conoscerti a fondo, non vogliamo turbarti e nemmeno disturbarti troppo, concedici qualche minuto per stringerti forte la mano sulla tua cima, poi ce ne andremo felici e contenti come siamo arrivati, orgogliosi di avere fatto una conoscenza così grande. Ti prego, non ti arrabbiare, siamo dei poveri animali indifesi attratti dalla tua bellezza.
19 luglio
Supergaloppata dal campo base al Campo 2 e ritorno con Mario. Solo 5 ore dal campo base avanzato al Campo 2, poi il vento forte, la neve e la desolazione del campo ci hanno fatto fare retromarcia.
Ottima forma che potrò rimettere in pratica fra pochi giorni per la cima, sperando nel tempo che non si vuole sistemare. Sorpresa al campo base per una lettera dell’Antonella di quasi un mese fa portatami dalla dottoressa.
20 luglio
Tempo bello con sempre quelle strane nuvole che non fanno capire l’evoluzione del tempo. Telefonata di prima mattina all’Antonella e poi sotto a bere; non c’è cosa migliore prima della partenza. Questa sera sul tardi riparto infatti con Mario, Aldo e Marco alla volta del Campo 2, poi ci dovrebbe essere il Campo 3 e il 23 si spera di poter tentare la cima. Bere e riposare, quindi, senza nessun ritegno. La tranquillità innanzitutto, la tranquillità di stare bene, la tranquillità di potercela fare, la tranquillità di fare fatica per una cosa in cui tanto credi, la tranquillità di camminare veloce comunque e ovunque, la tranquillità…
21 luglio
Partiamo, Mario, Aldo, Marco ed io alle 9 di sera di ieri per il Campo 2, seconda destinazione la vetta. Tutto sembra ok, il tempo e le sue previsioni sono perfette, le nostre condizioni ottime. Ripercorriamo il ghiacciaio che ha appena iniziato a gelare e poi via di corsa verso le fisse del Campo 1. Lo jumar scivola veloce sopra le corde, la tendina del Campo 1 ci accoglie per un attimo, un sorso di tè, qualcosa da sgranocchiare in attesa di Marco, che poi non arriverà perché ha rinunciato. Ancora una filata di fisse ci attende e noi siamo già pronti. Seguiamo la nostra luce della frontale come se fosse una meta da raggiungere, un po’ come la carota per gli asini. L’ultima fatica lungo il camino Bill House ed ecco la sorpresa: una bufera tremenda, infernale, gelida e mozzafiato ci attende, ci piega, sembra volerci strappare via dalla montagna. Veloci entriamo nella tendina dove ci sono gli altri ad attenderci. Siamo senza parole, tutto andava per il verso giusto, in sole 7 ore siamo arrivati fin quassù per trovare tutto questo inferno. Dal campo base Agostino capisce, è meglio rientrare al più presto, potrebbe precipitare la situazione provocando grossi problemi al campo e soprattutto a noi. Smontiamo le tende e poco dopo il discensore scivola già veloce lungo le fisse verso la pace del campo base. Nella stessa notte tre coreani si giocano la vita sul Broad Peak e la perdono senza che nessuno possa muovere un dito per aiutarli. Ma forse qualcosa si poteva fare!?
Trenta, ventiquattro e venticinque anni avevano e ora sono lassù con la cima del Broad Peak nella memoria. Tutto ciò non ferma le attività nel Baltoro, ma fa pensare molto a tutti quelli che, come noi, stanno vivendo la loro avventura; è duro da accettare ed ancora più duro da imparare.
22, 23, 24 luglio
Mai niente di nuovo, o perlomeno mai niente di stimolante, solo scuse o pretesti per far passare le giornate. Il miglior passatempo è mangiare, poi sparare cazzate. Qualche mezz’ora viene occupata nel farsi fare i massaggi dal buon pranoterapeuta Francesco e nel vedere che li fa agli altri. Anche l’arrivo dei ricercatori non ha cambiato molto nel nostro campo, mi ha occupato soltanto una mattina con un geologo che ho accompagnato verso la Sella dei Venti per delle misure di gravità. Un piccolo svago l’abbiamo avuto con l’invito a pranzo nel nostro campo base della spedizione della Valsassina al Broad Peak. Oggi, 24, il tempo è migliorato ma non è buono.
25 e 26 luglio
Alle 5 sono svegliato dalla gioia di Agostino che, saltellando da una tenda all’altra, dà la splendida notizia dell’arrivo del bel tempo. Passiamo la mattinata a fare le foto di gruppo con le varie divise e poi a bere, a bere e poi ancora a bere. La giornata è veramente stupenda, forse la più bella del periodo, questa notte tocca a noi. Scrivo una lettera ad Antonella che invio tramite la dottoressa che se ne torna a casa. Prepariamo gli zaini con euforia e poi, sony nelle orecchie, non ci resta che rilassarci. Stasera la pista di decollo sarà illuminata, il K2 ci attende a braccia aperte.
27, 28, 29 luglio
Campo 2, Campo 3 e finalmente vetta. Ore 16 circa con Mario, Giulio, Lorenzo e Masa, il giapponese (Masafuni Tadaka, NdR) dopo 16 lunghe ore di salita a battere neve. Vetta molto impegnativa con discesa al buio. Troppo sconvolti per pensare agli altri, la discesa è avvenuta in ordine sparso con la disgrazia che ha colpito Lorenzo, caduto nella zona del Collo di Bottiglia e ritrovato soltanto il giorno dopo da Aldo e Giampietro 1000 metri più in basso vicino alla via Cesen.
30 luglio
Faticosa e logorante discesa al campo base da Campo 3, dove arriviamo alla sera stravolti dalla fatica e dalla non tanto ancora compresa perdita di Lorenzo.
Caro Tore, io stessa scrivo e ho letto diversi diari, tutti diversi nello stile e nel contenuto.
Non penso ci siano regole per. stilarli: ognuno di noi dà importanza diversa a qualunque aspetto, amplificandone alcuni e mettendone in ombra altri.
La mia è solo una sobria osservazione.
E, per quanto mi riguarda, così per i portatori che per il compagno di cordata, mi interessano maggiormente i sentimenti provati, non certo futili dettagli che non cambiano il risultato di una vicenda.
Buon cammino e grazie per aver condiviso la tua esperienza.
un diario, essendo tale, descrive la quotidianità della giornata e cerca di essere il più preciso possibile su quello che si vive.
Penso di aver scritto tanto riguardo i portatori; in tutte le mie spedizioni ho vissuto più con loro che con i compagni di salita; mi sono sempre fatto in tre per loro.
non capisco questa curiosità morbosa riguardo la scomparsa del compagno alpinista.
è capitato allora come altre volte e capiterà sempre
cosa volete sapere ?
quali dettagli vorreste avere?
BAH
la curiosità la lascio ai navigatori di social
Confesso che mi stupisce una dovizia di dettagli sulla quotidianità e poche parole sulla realtà dei portatori e sulla scomparsa del compagno alpinista.
Emozionante racconto Tore. Mi sembrava di essere lì e per me, che ormai anche il nostro Resegone o le Grigne sono un ricordo lontano, mi sono sentita parte di quella che deve essere una delle zone più belle della nostra terra. Grazie amico.
Un diario scritto con una emozione intensa e solo chi ha provato certe sensazioni può descriverle. E questa emozione si sente ad ogni parola letta.
Grande Tore sei unico.
Grazie Tore un diario semplice che racconta fatica e tenerezza dà un poco idea di quello che avete vissuto …vero non ci sono passaggi dei tre giorni cruciali ma credo siano stati così intensi da non avere il tempo di fissarli …restano nella tua testa. Grazie ancora di aver condiviso.
@ 4
Scusate, ho sbagliato parola. Non si tratta di solidarietà ma di compassione.
Ho sempre provato solidarietà verso le vittime della montagna.
A diciassette anni vidi precipitare per centinaia di metri lungo uno scivolo ghiacciato una cordata che si stava muovendo di conserva appena sotto di me. Uno dei due era scivolato e cosí aveva trascinato l’altro. Morirono entrambi. La ragazza esalò l’ultimo respiro all’arrivo della squadra di soccorso.
Sono esperienze che lasciano una cicatrice nell’animo acerbo di un adolescente non ancora avvezzo alle cattiverie della vita, ammesso che mai ci si possa abituare.
Non è per curiosità che desideravo conoscere gli ultimi momenti di Lorenzo, ma solo per conoscere la fine di un uomo – un ragazzo sognatore – che aveva spinto al limite il suo sogno. Che è poi il sogno di ogni alpinista, quello di volare alto, ciascuno al suo livello, fosse solo per pochi istanti privilegiati.
Dopo tanti decenni, volente o nolente, con l’età ho dovuto imparare ad accontentarmi. Non è certo la stessa cosa di una volta, ma sono convinto che ne valga comunque la pena.
Ti auguro buona vita. E ancora tante belle scalate.
Hai raccontato una bellissima avventura anche se hai perso un tuo caro amico anzi un nostro caro amico grazie mi hai ricordato una bella avventura
la curiosità riguardo la morte di Lorenzo se sei cosi curioso posso scrivertela per quanto vissuta
essendo un diario, secondo me deve essere scritto quotidianamente e ti assicuro che scrivere a quelle quote con le mille cose a cui devi pensare è difficile
scusami
per me me è stato difficile
poi se ci sono personaggi che riescono a documentare tutto …solo grande rispetto
solo un racconto-diario molto rustico
solo per raccontare una salita al K2
PS
caxxo come ero in forma
Purtroppo manca in sostanza il racconto delle giornate di vetta e ritorno (27, 28, 29, 30 luglio) e soprattutto della morte di Lorenzo Mazzoleni.