Li riportiamo entrambi perché si integrano molto bene.
Ricordo di Francesco Santon
di Riccarda de Eccher
(pubblicato su Alpi venete)
Il modo migliore per ricordare Francesco Santon, mancato il 25 agosto 2022 all’età di 83 anni, sarebbe stilare un semplice elenco di tutti gli alpinisti che grazie a lui hanno avuto la possibilità di partecipare a una spedizione extra-europea. Forse lo spazio non basterebbe.
L’elenco sarebbe nutrito, perché Francesco, con instancabile entusiasmo, inanellava una spedizione dopo l’altra. Ogni cima ne chiamava un’altra, ogni spedizione generava quella successiva.
L’elenco sarebbe composto da alpinisti di punta, quelli in grado di arrivare in cima, che in Himalaya ci sarebbero andati comunque, ma anche da semplici appassionati a cui era data l’occasione di vivere un sogno.
Comprenderebbe nomi femminili che nel 1977, al tempo della spedizione all’Annapurna III, nessun altro si sarebbe sognato di includere. Sì, perché in Nepal, in quegli anni, non c’erano le agenzie che pensavano a tutto, non bastava contattare e pagare: per andare in spedizione, bisognava essere invitati. Ci voleva qualcuno che avesse l’idea e che si assumesse il compito di chiedere il permesso. Qualcuno che organizzasse ogni aspetto della logistica, qualcuno che pensasse a procurarsi tutto quello che serviva, trovare i soldi, le sponsorizzazioni, i materiali.
E di solito quel qualcuno pensava solo a portare a casa la cima e quindi si avvaleva esclusivamente degli alpinisti più forti. Francesco no, lui aveva altre idee.
Ci sarebbero anche nomi nepalesi in quel lungo elenco, perché solo a lui, all’Everest nel 1980, era venuto in mente di organizzare una spedizione congiunta e comprendere anche i nepalesi in qualità di members.
Di dare anche a loro la possibilità di vivere l’esperienza da protagonisti, anziché essere pagati per aiutare noi sahib (così ci chiamano) a salire le loro montagne. Sulla lista ci sarebbe anche Toni Gianese, alpinista veneto che pur avendo perso la vista continuava ad arrampicare. Francesco nel 1975 lo aveva coraggiosamente incluso nella spedizione sulle Ande Peruviane che doveva tentare il Nevado Huandoy Nord, un seimila.
A questo punto chi non ha conosciuto Francesco può immaginare una fantastica mente organizzativa, precisa ed efficiente. Niente di tutto questo. E bisogna dirlo: di tanto in tanto i problemi saltavano fuori. Qualcuno alzava gli occhi, ma poi Francesco diceva «gho un amigo», e l’amico saltava fuori e risolveva il problema.
Perché il suo entusiasmo era una corrente a cui era difficile resistere e tutti, dico tutti, gli davano una mano. Aveva delle intuizioni geniali. Come gli sarà venuto in mente di andare all’IVECO Gruppo Fiat a chiedere dei camion per portare la merce in Nepal? E pensare poi a una simbolica partenza niente meno che da Piazza San Marco a Venezia? Sua figlia Anna ricorda che quell’evento, quei camion davanti al palazzo Ducale, avevano avuto sui veneziani l’effetto del leggendario concerto dei Pink Floyd.
La sua prima spedizione in Asia è con le Aquile di San Martino di Castrozza al Dhaulagiri nel 1976, in qualità di vice-capo spedizione, è nientemeno che il terzo Ottomila raggiunto da spedizioni italiane.
L’anno dopo, nel ‘77, riesce a ottenere il permesso per l’Annapurna III, 7535 m, e decide di essere lui a condurre la spedizione. E nonostante l’organizzazione poco ortodossa (non voleva denaro pubblico che gli avrebbe tolto libertà di azione) e l’elenco dei partecipanti stilato in base all’amicizia anziché all’eccellenza alpinistica, la vetta viene raggiunta.
A questa, nel 1980, segue l’Everest, dove condizioni del tempo proibitive costringono a rinunciare alla cima per una manciata di metri.
E poi il K2, la montagna degli italiani, versante cinese per lo Spigolo Nord, nel 1983. Ben quattro alpinisti arrivano in vetta.
Francesco, a Fiesso d’Artico, centro a pochi chilometri dal Dolo, come dicono loro, aveva uno studio da geometra. Non so se e quando andasse a lavorarvi, perché tutta la sua vita era dedicata alle spedizioni. Casa sua era perennemente invasa da materiali, da un via vai di gente che mangiava e dormiva, nonostante ci vivessero anche sua moglie Roberta e i loro due bambini, Anna e Mauro.
Ho visto Francesco l’ultima volta a Ponte nelle Alpi, durante una storica serata per commemorare i vent’anni dalla salita al K2. C’era la crema dell’alpinismo.
E sul palco anche la nostra tanto amata e rimpianta Silvana Rovis. C’era Lino Lacedelli, ormai avanti con gli anni, che per una serata si era concesso il lusso di tornare ragazzo. Emozione e amore aleggiavano nell’aria. Una di quelle magie di cui Francesco era capace. Penso di interpretare il pensiero di molti se ringrazio Francesco per averci dato queste opportunità. Io, più fortunata di altri, dopo tanti anni, ho avuto la possibilità di farlo di persona.
K2 lo spigolo nord, documentario di 133’23”, diviso in quattro parti:
Francesco Santon ci ha lasciati
a cura della Sezione CAI di Dolo
Carissimi soci,
Francesco Santon, “vecio orso” è mancato il giorno 25 agosto 2022.
Nativo di Fiesso d’Artico il 14 settembre 1939, si era trasferito in seguito a Ponte nelle Alpi, negli ultimi anni viveva a Brunico vicino alla figlia Anna.
Francesco ha il merito di aver dato vita, negli anni anni 70’, ai primi corsi di alpinismo riconosciuti dal CAI Centrale e di aver fondato, nel 1974 nella nostra Sezione di Dolo la Scuola di Alpinismo “Paolo Bortoluzzi”, della quale fu il direttore per più di vent’anni.
Alpinista, molte sono le sue salite di vie classiche, su roccia e ghiaccio, sulle Dolomiti ed Alpi Occidentali, alcune delle quali prime assolute ed invernali.
Incoraggiato dai ben più famosi alpinisti e Accademici del Club Alpino Italiano, Alessandro Gogna e Carlo Zonta, nel 1975, inizia una notevole serie di spedizioni extraeuropee che lo renderà noto in tutto il mondo alpinistico.
Sulle montagne extraeuropee
L’avventura di Francesco Santon nelle montagne extraeuropee inizia quando, nel 1975, propone e guida come vice-capo la spedizione “Riviera del Brenta” nelle Ande Peruviane voluta, organizzata e finanziata dalla nostra Sezione di Dolo in occasione del 25° anniversario della sua fondazione.
La meta è il Nevado Huandoy nella Cordillera Blanca; la spedizione raggiunge sia la vetta del Huandoy che di altre montagne della zona ma sarà solo l’inizio…
Il K2
Nel 1983 Francesco Santon è alla guida dell’importante spedizione italo-nepalese che affronterà e conquisterà dal versante cinese lo spigolo nord del K2. L’ascensione, inizialmente, si prospetta con poche difficoltà grazie al tempo favorevole ma poi si rivela estremamente dura e richiede oltre trenta giorni tra i mesi di luglio e agosto del 1983. Tra le varie pubblicazioni a riguardo segnaliamo il documentario presente nell’archivio del CAI centrale che fu premiato alla Biennale di Venezia con la regia di Francesco Santon e la fotografia di Kurt Diemberger (vedi sopra).
In Cecoslovacchia
Rimanendo invece nell’ambito della nostra Sezione, negli anni ’80, grazie ai contatti con il Club Alpino Cecoslovacco, è promotore e organizzatore di scambi culturali e tecnici, permettendo ad alcuni nostri soci di fare l’esperienza di arrampicata sulle torri di arenaria in Boemia mentre molti alpinisti di quella nazione, grazie all’iniziativa, possono poi uscire dal loro paese per conoscere le Dolomiti e partecipare anche alle spedizioni extraeuropee.
In Argentina
In occasione del 50° della Sezione, Francesco organizza una spedizione nelle Ande Argentine e dà il nome ad una vetta: “Cima Città di Dolo”.
Ma nel 1989 è di nuovo sulle Ande Argentine, nel gruppo del Sosneado, con una spedizione composta principalmente da istruttori della nostra Scuola salendo due cime non censite dalle autorità Argentine proponendo la denominazione di “Cerro Riviera del Brenta” e “Cerro Condor”.
Queste sono solo le attività più conosciute, ma Francesco ha fatto molto di più per la Sezione, per la Scuola di Alpinismo e la Riviera del Brenta in generale, dai cori di montagna alla Villa di Strà alle manifestazioni Riviera pulita, alle marce in Riviera da Venezia-Fusina al Foro Boario a Padova, e ancora l’organizzazione di trekking in Africa, Ladakh, Argentina aperti a tutti ed ai quali hanno partecipato numerosi soci ed altre spedizioni in Argentina sull’Aconcagua e al Cerro Venezia.
Grazie alla sua opera, la nostra Sezione di Dolo, ha conosciuto alpinisti come Ardito Desio, Toni Gianese, Pierino Radin, Andrea Cassuti, Gian Luigi Visentin, Roberto Malgarotto e tanti altri.
A parlare della vita di Santon si andrebbe avanti per ore, ma alle persone che gli sono state più vicine, di lui, nonostante il carattere da “Vecio orso”, piace ricordare che ha saputo trasmettere l’amore incondizionato per la montagna ma anche generosità e condivisione.
Da il libro Verso il cielo – K2 appuntamento dal versante cinese (1982) di Francesco Santon:
“Al K2 penso, praticamente, da sempre. Non so dire da quando sia cominciato, ma certo molto presto.
Ero ragazzo, nel 1954, e la conquista di Desio, il 31 luglio di quell’anno, mi colpì profondamente lasciandomi, dentro, come la sensazione di aver partecipato anch’io, in qualche modo, all’impresa.
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Anche quando, rinfrancato dalle esperienze in varie parti del mondo, mi impegnai nell’avventura dell’Everest, l’idea di affrontare un giorno il K2 non l’avevo abbandonata. Tutt’altro. Restava un sogno proibito perché la salita al K2 è il massimo che un alpinista possa desiderare.
E la via che mi tentava sopra tutte le altre, quella attraverso lo spigolo Nord, il massimo, fors’anche più del massimo, se possibile. Un sogno nel sogno, dunque.
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Poi, per una serie di fortunate circostanze, quello che m’era apparso niente più che un sogno si è trasformato in un’avventura realizzabile.”
Da K2, lo spigolo nord (1983) di Francesco Santon:
“La nostra impresa dunque è nata anche sulla linea di una ripetizione: gli italiani, 29 anni dopo, si presentavano dal versante cinese della montagna che avevano salito per primi il 31 luglio del 1954. Quasi trent’anni di distanza, una generazione di idee, esperienze, sentimenti. L’alpinismo nel frattempo ha corso in fretta”.
Grazie Francesco per… tutto. Buon viaggio…
La Sezione CAI di Dolo.
Buongiorno, una piccola accortezza. Nel 1975 la spedizione “Riviera del Brenta” nelle Ande Peruviane, non raggiunse la metà prevista, e le “altre vette conquistate” sono solitarie di altri alpinisti della spedizione.
All’epoca lo sperone nord del K2 – seconda salita – fu una delle piú notevoli dell’alpinismo italiano e internazionale.
La prima era stata dei giapponesi nel 1982. Uno degli alpinisti scivolò sul pendio sommitale e scomparve per l’eternità. L’anno successivo gli italiani avevano in programma il percorso integrale dello sperone, cioè anche della sua parte superiore, ma dovettero rinunciarvi per seguire il grande pendio ghiacciato a sinistra del filo, come avevano fatto i giapponesi l’anno precedente. Lo spigolo superiore è tuttora vergine.
Un racconto avvincente della spedizione Santon si trova nel libro K2. Il nodo infinito. Sogno e destino di Kurt Diemberger, che tratta anche in modo commovente della tragedia del 1986. Con gli occhi della mente pare di vedere i Trecento di Leonida alle Termopili. E non è retorica.
Leggetelo!
Grazie!