Ermanno Stradelli

Ermanno Stradelli, rampollo di una famiglia nobile dell’allora ducato di Parma e Piacenza, dilapidò il suo patrimonio per saziare la sua fame di scoperta. Arrivò per la prima volta in Brasile nel 1879 e si innamorò di un paese allora poco conosciuto viaggiando nella foresta amazzonica e imparando la lingua degli indios. Fu il primo a fotografare gli indios dell’Amazzonia. Dimenticato in patria, è celebrato a Rio de Janeiro.

Ermanno Stradelli
di Mario di Ciommo
(pubblicato su repubblica.it il 12 dicembre 2019)

Ermanno Stradelli è un esploratore italiano che ha dato un grande apporto allo sviluppo della fotografia, della sociologia e della divulgazione delle lingue indigene amazzoniche, eppure il suo nome è sconosciuto ai più. Una figura trascurata in Italia ma celebrata a più riprese in Brasile, la sua terra d’adozione. L’ultima esposizione dedicata alla sua vita, Ermanno Stradelli – fotografo pioniere in Amazzonia, si tiene in questi giorni al Museu Historico Nacional di Rio de Janeiro, fino al 28 febbraio 2020.

Nato nel 1852 a Borgo Val di Taro in una famiglia nobile dell’allora Ducato di Parma e Piacenza, Stradelli ha un percorso già segnato: proseguire la tradizione notarile che aveva reso ricchi e influenti i suoi avi. Si iscrive così alla facoltà di giurisprudenza all’Università di Siena, ma la sua passione, nel secolo delle esplorazioni, lo spinge a lasciare l’università e a imbarcarsi per il Brasile. “Molti a quell’epoca andavano in Africa, ma lui sceglie di attraversare l’oceano probabilmente per essere il primo a scandagliare una foresta molto poco conosciuta. Prima di partire si costruì una formazione scientifica da solo e studiò da autodidatta botanica, geografia e cartografia“, dice Livia Raponi, curatrice della mostra e direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Rio de Janeiro.

Ritratto di Ermanno Stradelli, s/d. Archivio della famiglia Stradelli

Giunto a Manaus nel 1879, Stradelli risale i principali fiumi amazzonici, in particolare il Rio Purus, il Rio Negro, il Rio Branco e il Rio Vaupés. La svolta per la sua attività di esploratore arriva nel 1884, quando partecipa come fotografo alla missione per la “pacificazione degli indios crichanás” del Rio Jauaperi. Qui Stradelli supera le difficoltà logistiche legate al trasporto di una tecnologia fotografica allora molto ingombrante e pesante e riesce a immortalare scene di altissimo valore storico e antropologico.  

Incontro di Joao Barbosa Rodrigues con gli indigeni Crixanas sul fiume Jauaperi, 1884 (Archivio Fotografico Società Geografica Italiana)

Nel 1884 è il primo a fotografare gli indios nel proprio habitat e il primo a documentare un incontro pacifico tra gli abitanti della foresta e alcuni membri del governo brasiliano. “Gli indios della foresta erano stati già fotografati prima, ma solo dopo essere stati portati fuori dalla foresta, in uno studio. Stradelli invece è il primo a immortalarli nella loro terra“, afferma Raponi, che su Stradelli ha anche scritto un libro in portoghese, A unica vida possivel – Itinerarios de Ermanno Stradelli na Amazonia, pubblicato in Brasile nel 2016 e di cui è in preparazione un’edizione italiana. “Il viaggiatore italiano fu in grado di superare le limitazioni tecniche e fu un pioniere nello sviluppare le fotografie ‘sul campo’, ovvero nella foresta amazzonica, una necessità imposta dai processi di rivelazione dei negativi allora in uso“, ha aggiunto il co-curatore della mostra, il fotografo e antropologo brasiliano Milton Guran.

Gente del Tuxuana Manary (Ipurina) e maloca nell’Igarapé, 1884 (Archivio Fotografico Società Geografica Italiana)

Oltre a realizzare fotografie, Stradelli durante quel viaggio si innamora della cultura degli indios. “Aveva imparato la loro lingua e riusciva a comunicare con loro. Era consapevole del valore delle culture indigene, e considerava costumi, saperi e modi di vita degli indios alternativi e non inferiori a quelli occidentali. Per le concezioni della sua epoca, era sicuramente una posizione innovatrice“, continua Livia Raponi.

Al termine della spedizione Stradelli ritorna in Italia per concludere i suoi studi e si laurea nel 1886 all’Università di Pisa. Ma ormai la sua mente è dall’altra parte dell’oceano e l’anno successivo fa ritorno in Brasile. Corrisponde per la Società Geografica Italiana, contribuisce a realizzare una mappa dell’Amazzonia e realizza la sua opera principale: un vocabolario dalla lingua indigena Nheengatu al portoghese. Un lavoro peculiare e accurato dato che Stradelli non si limita alla semplice traduzione dei termini ma racconta il significato di ogni parola snocciolando miti e tradizioni.

Jauaperi, 1884 (Archivio Fotografico Società Geografica Italiana)

Nel corso degli anni instaura una relazione sempre più stretta con le culture indigene. Conoscendo la lingua Nheengatu riesce a scoprire la tradizione narrativa e la mitologia indigena che venivano trasmesse per via orale. È il primo in assoluto a trascrivere il mito di Jurupary (un racconto su uno spirito maligno che accomuna molte popolazioni dell’Amazzonia, soprattutto quelle di Brasile, Venezuela e Colombia, NdR) e nel 1890 pubblica La leggenda del Jurupary. Gli antropologi occidentali che studieranno questo mito partiranno proprio dallo scritto di Stradelli“, aggiunge Livia Raponi.

Rio Jauaperi, 1884 (Archivio Fotografico Società Geografica Italiana)

Gli ultimi anni della sua vita sono a Tefé, dove ricopre l’incarico di promotore pubblico. Viene colpito dal morbo di Hansen e cerca di tornare in Italia, ma lo stato avanzato della sua malattia glielo impedisce. Muore nel lebbrosario di Umirisal, nei pressi di Manaus, il 21 marzo 1926.

Ripercorrere la vita di Stradelli è un’occasione per richiamare l’attenzione sulla storia dell’Amazzonia e delle sue comunità indigene per cercare di ripensare il Brasile dei nostri giorni“, ha dichiarato il direttore del Museu Historico Nacional, Paulo Knauss.

Ermanno Stradelli ultima modifica: 2020-06-07T04:53:49+02:00 da Totem&Tabù

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