GFA – Gluten Free Alpinism

GFA – Gluten Free Alpinism
(cronache di un celiaco)
di Patrick Tomasin
(pubblicato su Alpinismo goriziano 2/2019)

Sembra quasi l’inizio di una barzelletta … Al ristorante: “Non si preoccupi, ora pensiamo noi a lei, le abbiamo preparato la minestra d’orzo (N.B. l’orzo contiene glutine)”.

Questo articolo è solo una raccolta di recenti esperienze provate da celiaco e non ha alcuna pretesa scientifica o diagnostica, aspetti che si demandano a professionisti competenti.

Nei primi mesi del 2018 è arrivata la conferma ufficiale, come circa l’1% della popolazione mondiale, è “celiaco”, dieta strettamente aglutinata (solo alimenti privi di glutine), anche piccole dosi di questa proteina presente nei cereali mi provocano effetti a breve termine facilmente percepibili (diarree varie e simili) ed altri meno direttamente palpabili (infiammazione cronica dell’intestino e appiattimento dei villi intestinali). Un bel colpo per il figlio di un panettiere, abituato praticamente dalla nascita a vivere di pane, pasta e simili.

Si può arrivare a 36 anni senza sapere di essere celiaci? Evidentemente sì. Al momento di scrivere un articolo per Alpinismo Goriziano ero in dubbio tra un articolo su come fa un celiaco a sopravvivere in montagna e uno dedicato a come reagire con disinvoltura a una “cacarella” improvvisa in parete, sentiero, bicicletta, tenda, passeggiata oppure cena galante. Di questi aneddoti ero un gran esperto. Ho optato per il primo, temendo di non sapere rimanere brillantemente in equilibrio tra il divertente e il sarcastico, evitando di sfociare in argomenti di poco gusto. Una cosa è certa. Tutti gli episodi citati non sono stati frutto della mia fantasia: si sono verificati negli anni di vita e di montagna.

La dieta senza glutine
La dieta senza glutine non prevede deroghe, neanche le più piccole; si mangia senza glutine e basta. La normativa degli alimenti confezionati è abbastanza chiara: marchio con spiga barrata oppure scritta “SENZA GLUTINE” significano che l’alimento è “sicuro”; alcuni alimenti lo contengono di certo, altri sono a rischio per le contaminazioni, in alcuni casi la specifica “senza glutine” non serve. Il glutine fa male a un celiaco in piccolissime dosi: ingerire dai 10 ai 50 mg di glutine al giorno sembra favorire l’infiammazione intestinale, mentre quantità superiori a 50 mg provocano sicuramente un danno (poco più di una briciola di pane, mezzo maccherone, una pennetta).
Il celiaco diagnosticato deve mantenere questo regime alimentare, ma ha senso per una persona sana consumare alimenti appositamente formulati per celiaci? Sicuramente no.

Locali certificati
L’Associazione Italiana Celiachia AIC ha sviluppato una app che permette di stabilire istantaneamente se un alimento a rischio sia certificato e certifica i locali che rispettano determinati protocolli “senza glutine”. A Gorizia ad esempio ce ne sono alcuni, diversi nella Bassa friulana e nelle grandi città. Ma, in montagna? Esistono rifugi certificati? Non mi ci sono ancora imbattuto ma non escluderei. Una piacevole sorpresa è stata il Rifugio Venezia, sotto al Pelmo, attrezzato per celiaci ma non certificato da AIC. Avevano prodotti preconfezionati e sicuri, più che sufficiente per un singolo pernottamento.

Il “Venezia” è stato una piacevole sorpresa, altri “miei esperimenti” hanno dato gli esiti più disparati. In caso di mancata certificazione, carne o pesce alla griglia sono sicuri, senza insaporitori a rischio e con griglia/pentola pulita. Formaggio, uova (attenzione a quelle pastorizzate in cartone…), patate (attenzione alle precotte e all’olio di cottura) e verdure (attenzione a quelle saltate in padella…) vanno pure bene. Per complicarmi le cose non mangio carne…

Alcuni episodi di questo anno e mezzo da celiaco: come mi sento? Sopravvissuto. Le regole del gioco non sono difficili, eppure… eppure evidentemente lo sono.
Ecco la cronaca di alcune esperienze:

Fanes. 1-0 per Tomasino
Il caso più grottesco è stato al Rifugio Fanes dove si è sposato un mio amico. Erano stati avvisati da mesi e sono stato accolto con un: “Ah, è lei il celiaco. Le porto subito la minestra d’orzo“. L’orzo assieme al grano è un cereale contenente glutine: questo è l’ABC. Alle mie rimostranze la titolare è sparita. Una volta “stanata” e ulteriormente stimolata mi ha spiegato che la cuoca, celiaca pure lei, la mangiava senza problemi. A dir poco, imbarazzante. Nonostante il rocambolesco inizio sono sopravvissuto mangiucchiando con terrore quello che mi pareva più sicuro.

Arco. 1-1 palla al centro
Albergo non certificato, mi garantiscono di avere fatto il corso AIC, non si sono certificati per scelta ma risotto al Teroldego, filetto di trota e crema catalana sono senza glutine. Sanno quello che fanno. I ragazzini di una comitiva, che mi è sfilata davanti il giorno successivo mentre ero accovacciato nell’erba con le braghe calate fianco al sentiero, non erano della stessa opinione. Riflettendoci potrebbero avere “tirato” il risotto con l’acqua di cottura della pasta, oppure non saprei.

Arco. 2-1 la rivincita
Torno ad Arco: prenotano degli amici. L’albergo non è certificato, conscio della precedente esperienza sono terrorizzato. Penso di mangiare qualcosa di precotto in camera o scaldarmi qualcosa con il fornelletto in parcheggio. La titolare mi chiede se sono solo celiaco oppure anche allergico a lattosio o uova. Penso a uno scherzo. Gli amici ironizzano sul fatto che sono già abbastanza sfigato così. La sfiga invece ci vede benissimo. La figlia della titolare è celiaca, inoltre non può mangiare alimenti con uova e lattosio. Sono completamente formati e informati, mi sento tranquillo e a casa: va tutto bene. Ci sono tornato serenamente più volte.

Rifugi estivi in montagna. Lascia o raddoppia?
I rifugi in alta montagna sono piuttosto spartani, ne abbiamo visitati parecchi nell’estate 2018. Comprese le regole si impara a giocare. Cenare con uova, patate e formaggio non mi ha provocato problemi da inquinamento di glutine in altri alimenti che di base ne erano privi. Fortuna? A volte aiuta. Sicuramente non si vive di solo formaggio.

Primavera 2019 – Caporetto
Nel 2019 assieme ad Elena ho partecipato a un’iniziativa che aveva a che fare con la montagna. L’esperienza ha avuto parecchie situazioni paradossali. Dal punto di vista della celiachia è stata forse l’esperienza più dura in questo anno e mezzo da celiaco. La celiachia è una malattia ma tutti i sintomi sono eliminabili con una dieta aglutinata, non è necessario vivere da malati, piuttosto vivere da persone accorte. Soprattutto essere celiaci non è una colpa, cosa che in determinate situazioni potrebbe sembrare. Ho provato a spiegare agli organizzatori la situazione, incontrando un muro di gomma. Nei detti popolari c’è un po’ di saggezza: “Non c’è più sordo di chi non vuol sentire”. Problemi organizzativi e comunicazioni dell’ultimo minuto non mi hanno permesso di pianificare con serenità le attività previste. A volte sarebbe bastato sapere anticipatamente (non mesi prima, sarebbe bastata una settimana) luogo di pernottamento e attività prevista, così da potermi regolare. Non è stato possibile, così a volte abbiamo dovuto cenare da soli, altre prenotare autonomamente l’albergo, altre ancora dormire in macchina e cenare con il fornelletto. Alla fine, nonostante i disguidi, ce la siamo cavata formando un bel gruppo e portando a casa il risultato.

La tappa finale di questo “percorso tragicomico” era in Croazia. Per non sembrare completamente asociale mi sono aggregato alla cena in tipica “Konoba” nei pressi di Buzet (Pinguente). La titolare, grazie al poco croato che parlo e a qualche parola di sloveno, ha dimostrato subito di avere capito il mio problema:
Lei: “Va bene, facijo kalamari friti”.
Io: “Signora, hanno la farina”.
Lei: “Ah, sì sì, facijo grilija”.

Il lettore a questo punto si starà chiedendo com’è finita. Verso le 8.30 del giorno successivo eravamo al parcheggio di Črni Kal (Slovenia): una trentina di persone stava salendo verso la falesia mentre uno, isolato, carta alla mano fertilizzava le campagne sperando fosse cosa sì fluida ma altrettanto breve. Successivamente mi sono ripreso ed ho superato la prova di difficoltà, ma l’amaro in bocca è tanto ancora oggi, il “bruciore no”, quello fortunatamente è passato.

Non ho mai voluto sentirmi un malato, non ho mai cercato compassione, diversamente, un po’ di empatia in queste situazioni delicate mi fa sentire più a mio agio e rilassato. A volte basta poco per farmi accennare un sorriso.

Corso Ghiaccio Scuola Isontina 2019
“Venga, si accomodi, gradisce una doccia?”.
Giugno 2019, uscita finale del corso ghiaccio di cui ero direttore. Telefono al rifugio italiano già prenotato per avvisare che sono celiaco. Con teutonico accento mi dicono: “Non zi preocupi, abbiamo cibo per malati”. Sarà umorismo “noir”, sarà che a mio nonno sloveno prima gli italiani e poi i teutonici, una settantina d’anni fa, avevano regalato due viaggi dai quali è tornato a piedi (al tempo la tratta Dachau – Bloška Polica non era servita da voli o bus “low cost”) ma a una frase del genere avevo realmente pensato di dormire in sacco a pelo fuori dal rifugio.

Com’è andata? Benissimo
Erano davvero informati, conoscevano molto bene le basi, avevano sempre parte del menu senza glutine (minestra di verdure senza insaporitori, uova e patate, insalata). Per l’italiano si sarebbe potuto fare qualcosa ma al mio intestino va benissimo così.

Volendo imparare qualcosa
Giusta o sbagliata, mi sono fatto un’idea: un buon compromesso per uno/due giorni consecutivi in quota possono essere barrette e integratori salini senza glutine per la parte attiva. Per la cena si trovano parecchi risotti liofilizzati con la dicitura SENZA GLUTINE e diverse catene li hanno normalmente a disposizione. Pesano poco, sono facili da trasportare e una volta reidratati e scaldati sono pronti. Bastano una pentola e un mestolo puliti, acqua e una bustina di riso che in certi casi può essere utilizzata come dosatore per l’acqua.

Quello che mi sento di dire per concludere questo breve articolo è che in cucina come in montagna la prudenza non è mai troppa. Ora basta, vado a bermi una birra, rigorosamente SENZA GLUTINE.

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GFA – Gluten Free Alpinism ultima modifica: 2019-11-13T05:23:48+01:00 da GognaBlog

13 pensieri su “GFA – Gluten Free Alpinism”

  1. Giusto per tornare sul pezzo a distanza di qualche anno. Recentemente sono stato al Vallandro. Menu con specificati con simboletto i piatti senza glutine. E più d’uno. Una bella sorpresa, forse con gli anni qualcosa è cambiato e decisamente in meglio

  2. Sono l’autore dell’articolo. Con sommo ritardo mi permetto di aggiungere alcuni commenti a questo testo. Avrei voluto farlo prima ma scrivere per me non è mai così facile, ho bisogno di tempo, tempo per scrivere o solo per raccogliere le idee. Necessità non sempre compatibili con i tempi d’oggi, blog compresi.
    Se ben ricordo, l’articolo è nato a giugno e non racconta un’esperienza “gluten free” vissuta questa estate. A ferragosto Elena ed io abbiamo pernottato presso il Rifugio Velo della Madonna, in Pale di San Martino.
    Solo alcuni giorni prima questo blog raccontava di quel magnifico rifugio e dei suoi giovani e coraggiosi gestori.
    https://gognablog.sherpa-gate.com/lesempio-del-rifugio-del-velo/
    Conservo di quel rifugio alcuni dei più bei ricordi di questa estate. Cose piccole se volete, ma che reputo piuttosto importanti. Competenza, conoscenza, preparazione, passione e serietà, questo quello che ho trovato tra i ragazzi che lavoravano in quel rifugio.
    Dal punto di vista del “Senza Glutine” erano molto preparati, merito forse anche di qualche esperienza di persone a loro vicine. Confrontarmi con l’umanità del rifugista e dello staff, essere loro ospite, è stata un’esperienza bella quanto la via del giorno dopo.
    Ricordo le informazioni puntali sulla via di discesa, a darmele il cuoco. Lo stesso che senza esitare ci aveva rabboccato il piatto di patate dopo che le avevamo finite e lasciato delle meringhe per la colazione. È stato un brutto colpo, qualche mese dopo, leggere che quel ragazzo non c’era più. Ele ed io ci avevamo avuto a che fare solo per pochi minuti in due giorni, eppure quegli occhi e quel sorriso li abbiamo portati con noi.
    Ancora grazie.

  3. Ragazzi, andiamo per gradi. Ho una certa dimestichezza con i cavalli ma: briglie lente, morso che non morde, comprendere senza intellettualmente intendere, cosa vuol dire? 
    A parte la merlopatia, si dice ciliaci o celiaci? Io ho sempre detto e sentito celiachia e chi ne soffre ha tutta la mia comprensione. Non dev’essere facile quando si è in giro. Ma ricordo che molti anni fa avevo avuto un gruppo di clienti americani vegani che si erano raccomandati su ciò. Io non avevo dato peso a questo aspetto e nei rifugi era stato un gran casino con il cibo. Ma io andando a letto presto mi sollevavo dal problema che, col senno di pi, avevo ingiustamente sottovalutato. Oggi in autogrill ci sono i panini e le brioches vegane, chi l’avrebbe detto? 
    C’è da sperare che con la celiachia e ciliachia, succeda lo stesso.

  4. Senza di voi sarebbe tutto più grigio.
     
    E se si lasciano le briglie lente, se il morso non morde, si comprende anche senza intelletualmente intendere.
     
    In ogni caso sono certo io il responsabile per chi non comprende.

  5. ERRATA CORRIGE
    Ho appena consultato uno dei miei famosi vocabolari: si dice “assiriologia”. ???

  6. Io no, pur essendo laureato in ingegneria.
     
    Io no, pur disponendo nella mia biblioteca di una ventina di manuali di grammatica e di stile, oltre che di due famosi vocabolari.
     
    Io no, ma non sono laureato in assirologia e scrittura cuneiforme. ???
    …. … …
    Scusa, Lorenzo. Accetta la mia battuta e prendila con spirito. E se vorrai rispondere a me e a Marcello come ci meritiamo, noi staremo zitti. ???

  7. Caro Merlo, non me ne volere, ma io di quello che scrivi non riesco a capire nulla. Parto sempre pieno di entusiasmo a leggerti ma mi areno subito perché mi si torce il cervello. Leggo, a volte rileggo, ma niente… Non ci capisco una mazza!
    Qualcun’altro capisce cosa dice Merlo? Forse ho una psicopatologia da curare, ma vi prego, ditemi se ci capite?

  8. Ciao Paolo, ecco il mio pensiero.
    Fino a venti anni fa le energie erano tratte dal cibo secondo un calcolo prettamente algebrico (positivismo). L’uomo era materia ordinariamente paragonato a una macchina (meccanicismo).
    La relazione con il cibo e il suo valore terapeutico è sempre esistita almeno finché la scienza di tutto calcolatrice, non ha inebetito tutti.
    Basti guardare la fitoterapia, la naturoterapia, l’omeopatia, i fiori di Bach, ecc per registrare che ne dicono i paladini della modernità.
    In passato una vita con dispendi energetici assai maggiori di quanto non accada dal dominio del benessere e del terziario in avanti, tendeva ad impedire i depositi tossici introdotti con il cibo.
    La degenerazione è certamente del sistema immunitario. Una catena con qualche punto debole per tutti. È lì che poi cede se martellato dai veleni.
    Anche le cosiddette malattie mentali o psicopatologie godono e risentono dello stile di vita, cibo incluso.
    La spiegazione sufficiente è dentro il mettersi in gioco.
    Se hai tempo e motivazione sufficiente prova a ridurre fino a sottrarre – ma anche un cold turkey (1) va bene motivazione permettendo – cereali, zuccheri e amidi. È naturalmente necessario sapere quali sono e in quali cibi sono presenti
    Metti in conto un paio di mesi.
    Questi – purché monitarati da te stesso (se serve scrivi sempre cosa mangi, chewingum incluse) – saranno giorni indispensabili per constatare sia la recessione di qualche noia – certo, più anni si hanno, più i tempi si allungano –  sia uno standard quotidiano migliorato nel sonno, nella concentrazione, nella resistenza, ecc.
    Come sai, i plinti sui quali si potranno erigere le nostre convinzioni sono in noi.
    Così i libri diventano accessori e i dogmi non ci fregano.
    Dopo i due mesi, o quanto vuoi, hai anche a disposizione la prova del nove in forma umana.
    Riprendi a man bassa a ingurgitare pizza e birra, patatine e coca cola, dolci a fine pasto, spaghettate e brunello di montalcino, riso e fagioli.
    Osserverai decrescere tanto il quotidiano quanto i problemini.
    Inutile dirlo. Tanto l’automonitoraggio, quanto lo zelo realizzato nel test sono entità allenabili: più ne fai più la tua indagine su te stesso sarà raffinata.
    NOTA (1) Così, nella letteratura underground, era chiamata la feroce modalità di disintossicazione adottata da chi sceglieva di farsi chiudere in una stanza da un amico che non avrebbe aperto per nessuna ragione finché i dolori, le preghiere e le urla non sarebbero passati. Ci volevano almeno tre giorni, e solo per la parte fisica.

  9. Domande.
    Fino a venti anni fa non se ne parlava: il problema era sconosciuto o quasi?
    E’ sempre esistito?
    E’ una degenerazione genetica?
    E’ una malattia mentale dovuta al modo di vivere?
    E’ una roba tipo l’anoressia?
    E’ una incapacità all’adattamento mentale e fisico?
    Non riesco a trovare spiegazioni soddisfacenti, mi sembra che vengano solo proposte soluzioni, che mi sembrano più o meno palliative, come quelle per le allergie comuni che poi passano con la crescita e se ne faccia un “business”.
    Grazie in anticipo se mi date spiegazioni ragionate…. ho quasi tutti i sintomi.

  10. Non è necessario essere ciliaci per tenere cerali, zuccheri e amidi a distanza.

  11. Spassoso (si fa per dire!) racconto. Ma capisco benissimo l’autore, pur non essendo io ciliaco. La cooperativa di educazione ambientale che in parte dirigo (siamo in 8 e tutti capi) organizza campus in natura e l’attenzione ai bambini ciliaci (o altri problemi alimentari) è maniacale, oltre che debitamente certificata. Ed effettivamente, seguendo precise procedure e acquistando prodotti certificati, non abbiamo mai avuto problemi. Molti genitori e i bambini stessi ci hanno spesso raccontato episodi simili a quelli dell’articolo.

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