Giovani, politica, fede
(fuggire in un altrove che non c’è)
di Giovanni Cominelli
(pubblicato su santalessandro.org il 21 maggio 2024)
Nell’intervista fatta da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera di domenica 19 maggio 2024, il cantautore Niccolò Moriconi, in arte “Ultimo”, 28 anni, dichiara: “Essere giovani oggi è tremendo”. Da prendere sul serio, perché si tratta di un esponente “intellettuale”, lo dico senza ironia, della generazione Zeta, quella che decorre dal 1995.
Intellettuale, perché fornisce autocoscienza e materiali per la costruzione del Sé a milioni di ragazzi-follower, più di 3 milioni e 600 mila. Canta “l’ira funesta”, le pulsioni belliche, il nazionalismo aggressivo, le velleità rivoluzionarie, la volontà di rivolta di una generazione? No, ne canta “il disagio”, la depressione, il ritiro dal mondo verso la propria interiorità…
Dice Ultimo: “… la realtà non è sensata. La realtà è tremenda. È schifosa. Guerra, paura, sottomissione, chiusura… Per questo ci costruiamo un altrove”. Perché, siamo tutti dominati dal Mercato.
La mancanza di incisività della politica
Le uniche forze che potrebbero fornire un senso allo stare nel mondo sono la religione e la politica. Ma in chiesa non ci va più nessuno. Quanto alla politica, Ultimo confessa di non avere mai votato: “… siamo stufi di questa spaccatura tra destra e sinistra… sono contrapposizioni che hanno stancato. Fascisti e comunisti: i giovani non ne possono più. Cos’è la sinistra? L’ipocrisia del buonismo? Cos’è la destra? Il cattivismo di chi chiude i porti a coloro che muoiono in mare?”.
Liquidata così la politica, prigioniera degli opposti estremismi del buonismo e del cattivismo, che cosa resta ad un ragazzo? Beh, un universo di universi, à la Matrix, il mondo virtuale dei social, di Tik Tok, di Instagram. Ma, osserva Ultimo, “i social ti anestetizzano… ti stuprano il cervello”.
Così “… ci stiamo addormentando… stiamo diventando amebe”. Che cosa resta, infine? “L’interiorità, l’idea di superare se stessi”. O la generosità dell’impegno personale. Resta il privato dei buoni sentimenti, di una carezza all’alba, prima che “lei” se ne vada e tu resti nel tuo letto – così nella canzone “Alba” – magari avvinto ad un social. Qualora non bastasse, c’è sempre uno psicoterapeuta con cui fare quattro chiacchiere. Oppure, e qui Ultimo cita Carl Gustav Jung, restano “le sincronicità: come incontrare la persona giusta al momento giusto”.
Alla domanda “Qual è l’altrove per lei?”, Ultimo risponde: “Bere un buon vino con i miei amici. Guardare Shameless, una serie americana, con la mia fidanzata Jacqueline. Le canzoni. Non è scappare dal mondo; è guardarlo con gli occhi dell’altrove”. Questo è quanto.
La percezione falsa della storia umana
Si potrebbero avanzare maliziose considerazioni sulla redditizia industria del disagio, che fa la fortuna di cantautori e rapper. Ma il disagio è un fatto. È quello dei nostri ragazzi, che sono l’avvenire delle nostre famiglie e, in ogni caso, dell’Italia.
Intanto, occorre, in prima istanza, circoscrivere l’area geopolitica del disagio. Si tratta dell’Occidente. I giovani cinesi o indiani o iraniani o africani non paiono soffrire della “sindrome del non-senso”.
Si confrontano direttamente con un mondo scabro, con una storia dura. Secondariamente, e nonostante le retoriche sulla povertà e sulla disoccupazione giovanile, il disagio in Occidente non nasce da ragioni economico-sociali, benché esistano, ovviamente, fasce minoritarie “povere”.
La gioventù italiana e occidentale di oggi, se paragonata a quella delle generazioni precedenti, non è mai stata così opulenta, così benestante, così assistita, così protetta.
Mi sarei aspettato che l’intervistatore Cazzullo, in quanto giornalista e persona adulta, movesse una contestazione elementare: “Sei proprio sicuro che la realtà sia così schifosa, tremenda, insopportabile?”. “Guerra, paura, sottomissione, chiusura” sono fenomeni apparsi solo dopo il 1996, anno della tua nascita?
Perché è mancato il coraggio di far notare a Ultimo che la sua percezione della storia e del mondo è radicalmente falsa? Forse la Storia del ‘900 e dei secoli precedenti è stata più sensata? Donde viene questa visione del mondo, per la quale ci si attende un improbabile l’Eden, così che la Storia reale che ci viene incontro è vissuta come un Inferno?
La crisi metafisica delle giovani generazioni e di quelle adulte
La mancanza di senso dei giovani non nasce dallo stomaco, ma dal loro cervello e da quello dei loro padri/madri.
È una crisi metafisica. È effetto della caduta della Fede e della Ragione. Per chi ha Fede, il senso della Storia è già dato. Devi solo decidere se stare o no nella corrente di senso, che Dio immette nella storia, da sempre. Per chi ha solo la fede nella Ragione, la Storia si presenta certo come Caos e come Caso, ma alla Ragione è attribuita la capacità di individuare e di introdurre delle nervature di senso nella Storia. Così dal Caos si passa al Cosmos, dal Caso al Destino. Le tre virtù teologali – fede, speranza, carità – sono sempre state il motore della Storia umana, perché sono le leggi della vita, dei corpi viventi, dell’evoluzione autocosciente. Solo che la Storia come la Vita ha anche un’altra faccia: dello scacco, della lotta violenta per l’esistenza, della morte. In una parola, della finitudine. La Storia reale è questo intreccio. È la condizione umana. Non ce n’è un’altra.
Ora et Labora
Alla domanda sul perché questo motore si stia spegnendo nel cervello collettivo dell’Occidente bianco sono state date molte risposte, da Friedrich Nietzsche in avanti. Qui le by-passiamo, tanto sono note.
Anche perché sono costretto a confessare di non avere risposte né per il destino dell’Occidente né per quello dell’umanità né per Ultimo. Ma mi soccorre il racconto che san Gregorio Magno (540-604) nel Secondo libro dei Dialoghi – riportati dalla grande Patrologia del Migne – fa della vita del giovane quasi suo contemporaneo Benedetto da Norcia (480-547), mandato dalla sua nobile famiglia di provincia a studiare a Roma.
Trovatosi nella Roma del declino dell’Impero, tra la jeunesse dorée della dissoluta aristocrazia romana, Benedetto “retraxit pedem”: “ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell’immane precipizio. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la casa e i beni paterni e volle far parte della vita monastica”.
Ne scaturì quell’” Ora et Labora” che ha fondato l’Europa. Tradotto: “Ora” – prega – significa andare verso il mondo con il senso del proprio limite e della propria finitudine. Quanto al “Labora”: lo si può tradurre con la stoica esortazione che Max Weber rivolse ai suoi studenti a Monaco nel tragico inverno del 1918: “Ci metteremo al nostro lavoro e adempiremo al ‘compito quotidiano’, nella nostra qualità di uomini e nella nostra attività professionale”.
Aggiungo un consiglio accorato ai genitori degli Ultimo: accompagnateli nel mondo, non proteggeteli dal mondo. E ai figli: non disprezzate gli studi letterari. Lo studio della Filosofia, della Storia, degli scrittori e dei poeti vi fa vedere la storia umana così com’è e come possiamo, ogni generazione che viene al mondo, renderla abitabile per ciascuno di noi. L’Altrove non esiste. “Il ritorno all’interiorità”, vuota della Storia reale, è solo narcisismo.
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@ Grazia
Io , purtroppo , mi trovo nella stessa situazione di Ezio : ci ho provato tante volte , ma non riesco ad “ingranare”.
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Il rilassamento che mi da’ guardare un insetto , che fa’ le sue cose al di fuori delle categorie umane , o l’intesa con un gatto o con un cane funzionano , con un’ interfaccia umana che mi spiega che cosa devo sentire , si spezza l’ incantesimo.
Anche quelle pratiche tipo mantra o campane tibetane , per me purtroppo si fermano al rumore delle parole , senza sentirne i benefici.
Buonasera Ezio,
per quanto riguarda la meditazione, magari si è diffusa un’idea fuorviante, per cui ci si riferisce a quella disciplina svolta nel silenzio o in ambienti armonici. Mi sento di dire che non è questo: si entra in meditazione sempre durante un lavoro ripetitivo – interessante o faticoso che sia. E’ una pratica che può essere svolta in ogni dove e, anzi, più si è in grado di entrare nel silenzio interiore in mezzo al caos, più elevata sarà l’unione con se stessi e con il tutto.
Troppo facile meditare in una sala yoga isolata tra le essenze degli incensi!
Forse per la prima volta abbiamo una generazione che si autoassolve su tutto..
Tutto cio’ che accade loro ( Test medicina , disastro invalsi , etc. ) e’ sempre colpa di qualcun’altro.
A me non spiace affatto per quegli occidentali che, oggi, o in buone fede (cioè “molli” per inefficace educazione ricevuta) o in male fede (cioè sostenitori del “volemose bene”, che è spesso intrecciato all’ideologia woke) finiranno prospetticamente a fare gli schiavi di cinesi, indiani e africani. In una certa misura è la pena del contrappasso che si meritano.
A me spiace, invece, per quella parte delle giovani generazioni europee che ancora credono nei valori europei e si danno da fare in tale direzione. Purtroppo temo che finiranno anche loro schiavi degli antagonisti dell’occidente, per cui saranno i veri danneggiati da tutto questo fenomeno, che è in parte alimentato anche al ns interno dalla mentalità woke (Nota: la Harley Davidson ha appena annunciato una retromarcia sui messaggi relativi al tema inclusività, woke, diritti, ecc: chissà che non sia l’inizio di un’inversione del trend generale?…).
Mai affermato che si stava meglio quando si stava peggio, piuttosto che si stava meglio quando si stava meglio (negli anni Ottanta, l’Italia competeva con UK per la quinta posizione fra le potenze economiche – e quindi anche politiche – mondiali). dopo tutti questi decenni di sbagasciamento, ora siamo alla deriva, altre che quinta potenza mondiale! Le tre principali criticità dell’attuali società occidentale, europea in particolare e italiana ancora più nello specifico, sono: due endogene e una esogena. Le due interne al sistema sono: 1) la diffusione a tappeto della tecnologia (da internet agli smartphone), cosa che inebetisce gli individui (i bambini vengono piazzati, fin da piccolissimi, davanti a un cellulare per non “disturbare”) e 2) il fatto che le nuove generazioni, non tutti ma numericamente in misura significativa, vivono in modo assistito o dal sistema pubblico o per una assistenza familiare (=consumano risparmi accumulati da genitori/nonni e/o vivono attingendo alla pensione di genitori/nonni, ecc). Neppure quest’ultima forse è una novità assoluta in senso storico: per esempio le giovani generazioni dell’ultimo arco temporale dell’Impero romano d’Occidente trascorrevano le giornate a gozzovigliare, molli e remissivi, e sono stati spazzati via e/o sottomessi dai barbari. Qui si inserisce la terza novità che molti osservatori di ampie vedute (in genere appartenenti alla visione woke) NON voglio accettare. Gli attuali antagonisti degli occidentali, che si tratti di cinesi, indiani o africani (quindi tre forme molto diverse di esser antagonisti al modello occidentale), non si “occidentalizzeranno” mai, ma invece imporranno all’Occidente i loro modelli socio-politico-economici. Mentre i barbari si convertirono al cristianesimo (ovviamente per decisione politica dei loro sovrani) e così si “romanizzarono”, ovvero si “occidentalizzarono”, incorporando le precedenti consuetudini e i valore europei (e invece abbandonando il loro stile precedente), le nostre giovani generazioni, fra 2-3-4 decenni, saranno di fatto resi schiavi dagli antagonisti dell’occidente. E’ proprio una questione numerica, alla quale, forse, ci si potrebbe contrapporre con un ns modello sociale tetragono e robusto: ma se la giovani generazioni europee sono già oggi, a maggioranza interna, molli e remissive, di sicuro non sapranno, quando sarà l’occasione, contrapporsi alla sottomissione socio-culturale, e quindi anche economica e politica, che subiranno inermi da parte degli antagonisti dell’occidente.
Riassunto dell’articolo e di gran parte dei commenti (escludendo la piacevole ed interessante digressione sull’ozio di Bonsignore):
– Si stava meglio quando si stava peggio
– Non ci sono più le mezze stagioni
– La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla dell’autorità e non ha alcun rispetto degli anziani. I bambini di oggi sono dei tiranni. Non si alzano quando un vecchio entra in una stanza, rispondono male ai genitori. In una parola sono cattivi [Socrate, 470 a.C.]
– Non c’è più alcuna speranza per l’avvenire del nostro paese se la gioventù di oggi prenderà il potere domani poiché questa gioventù è insopportabile, senza ritegno, spaventosa [Esiodo, 720 a.C.]
– Il nostro mondo ha raggiunto uno stadio critico. I ragazzi non ascoltano più i loro genitori: la fine del mondo non può essere lontana [antico Egitto, 2000 a.C.]
– Questa gioventù è marcia nel profondo del cuore. I giovani sono maligni e pigri. Non saranno mai come la gioventù di una volta. Quelli di oggi non saranno capaci di mantenere la nostra cultura [antica Babilonia, 3000 a.C.]
Aggiungo che se “fustigare i vecchi per difendere i rampolli e’ un’ idiozia”, mi pare lo sia altrettanto fustigare i giovani a prescindere (giustificandosi con rozze generalizzazioni) e rimpiangere i bei tempi andati.
#30 Franco Bertoncelli:
Esattamente, per quello che puo’ valere io trovo la lettura di un buon libro e una giornata in montagna come elementi di arricchimento equivalenti, che mi fanno sentire di non aver buttato via il mio giorno e anzi di avergli dato un senso. La meditazione no, in tanti anni non sono mai riuscito a farla ingranare, forse sbaglio qualcosa o sono proprio fatto male.
Pero’, e senza volermi assolutamente attribuire chissa’ quale superiorita’, vedo tantissima gente che legge molto piu’ di me e in montagna fa cose bellissime – ma senza “crescere” se non sul piano dell’accumulo delle conoscenze e su quello delle capacita’ tecniche. Forse, l’ “otium” richiede l’assunzione preventiva di una certa mentalita’.
@ 30/ 29
Concordo.
Io oggi sono in un bosco con la bici , senza ansie da prestazione o tempi e dislivelli da rispettare , e semplicemente perdermi guardando una lucertola o una formica che niente c’entrano con il “negotium” che incontrero’ quando tornero’ sul lavoro , e’ bellissimo , mi sento Ovidio 🙂
@ Ezio
Grazie per la divagazione etimologica otium / negotium , non avevo idea !
“E’ pero’ anche vero che oggi, al di fuori del lavoro e di “divertimenti” assai discutibili sembra esistere solo la noia, e che riuscire a vivere almeno parzialmente in un “otium” latino e’ un privilegio rarissimo.”
La lettura di libri degni del loro nome – non solo i classici – è un arricchimento dello spirito.
Andar per monti, in particolare l’alpinismo, può essere un meraviglioso arricchimento dello spirito. Ho detto può, non necessariamente è: tutto dipende dalla predisposizione d’animo. Detto in altro modo, dipende da ciò che vogliamo fare di noi stessi e della nostra vita.
Meditare in solitudine, spersi in una radura tra i boschi oppure a una sella di crinale, è un otium di straordinaria potenza.
Il concetto di “ozio” in positivo, cosi’ come descritto da Crovella, non e’ certo una fisima sua, ma corrisponde invece esattamente al significato del termine latino “otium” – significato che e’ esattamente il contrario della parola italiana, e non ha nulla a che vedere con la noia.
“Otium” descriveva tutte le attivita’, sopratutto mentali ma anche fisiche, in cui ci si impegnava per la crescita della propria personalita’, in quanto distinte dagli impegni, privati o pubblici, finalizzati a risultati pratici (affari, politica, ecc.). Questi ultimi erano anzi definiti come “negotia” (plurale di negotium”) cioe’ con un termine al negativo (“nego otium”) quasi a significare che l’ otium fosse la condizione ottimale, e le attivita’ pratiche delle seccanti pur se inevitabili distrazioni.
Si potrebbe peraltro osservare che questi concetti erano il privilegio delle ristrette classi dominanti di una societa’ basata sulla schiavitu’, e che la loro applicazione al mondo attuale sarebbe alquanto problematica. E’ pero’ anche vero che oggi, al di fuori del lavoro e di “divertimenti” assai discutibili sembra esistere solo la noia, e che riuscire a vivere almeno parzialmente in un “otium” latino e’ un privilegio rarissimo.
@23. E’ vero. c’è noia e noia. Anzi io uso due termini molto diversi, ma sarà una mia fisima, c’è “ozio” e “noia”. L’ozio è un momento di relax in cui divaghi, leggi, pensi, scrivi… una piccola parentesi dalla vita frenetica. Ma una parentesi positiva, perché cmq la mente gira. anche a me piace questo apparente far niente, che io chiamo ozio e che ai mie occhi ha un valore positivo (ovviamente se si mantiene dentro certe dimensioni, se diventa la regola delle giornate, allora c’è qualcosa che non va). Ho imparato nei mie lunghi mesi in ospedale a rimanere immobile e far “girare” il cervello. §riflettere, pensare, meditare è altrettanto importante che “fare”, è un modo alternativo di avere una vita dinamica e “piena”. L’ozio così come ho cercato di definirlo è la mia versione dell’ “ora” (ora el labora) di S. Benedetto, non avendo io la fortuna di una fede profonda e genuina, ne ho elaborato una versione “laica”. Questo ozio è un elemento positivo e in genere io diffido di individui che ne siano totalmente privi perché fagocitati dell’eccesso del fare e basta.
Nella mia visione, invece, la “noia” è negativa (cioè è l’ozio quando diventa esclusivamente negativo), perché è il vuoto, o meglio è la manifestazione del vuoto. chi si annoia 8e le ultime generazioni sono piene zeppe di individui che si annoiano a morte) si lascia andare: per dare una scossa ti butti in cose disdicevoli, addirittura immorali, nell’alcol nella droga, nelle sfide sul filo de4lla morte… Da questo punto di vista i rampolli di famiglie con disponibilità economiche corrono perfino più a rischio (chissà quante “feste” private incorporano fatti penalmente rilevanti che però non emergono per vari motivi, fra cui le mancate denunce…). In altre parole, la parte non sana delle ultime generazioni è totalmente incapace di vivere l’ozio (per esempio pochissimi leggono dei libri, specie se “ponderosi”) ed è invece dominata dalla noia. La diffusione della tecnologia ha facilitato a dismisura questo trend, ecco perché io faccio risalire l’inizio dello sbagasciamento in corso a circa metà anni ’90. Da allora, e a maggior ragione dal primo decennio del 2000, si sono rotti gli argini.
@ Regattin
Ti rammento quallo che tu stesso hai scritto :
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un individuo nato e cresciuto durante il più grande boom economico di tutta la storia dell’umanità che fa le pernacchie ai giovani d’oggi dopo aver reso invivibile il pianeta. Ma non ti vergogni di quello che scrivi?
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I giovani di oggi non cogliono :”il lavoeo” , vogliono “il reddito senza lavoro”.
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A che minchia servirebbe essere nato durante :”il piu’ grande boom economico della storia dell’umanita’” , se poi ti fanno lavorare anche il sabato ?
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E Crovella dovrebbe pure “vergognarsi” per avere 65 anni e avere :”reso invivibile il pianeta” , quando “il pianeta” e’ divorato non nei 60 , adesso ! Dalla insaziabile voglia di energia e di benessere di queste stesse generazioni ?
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Secondo me tutto questo fustigare i vecchi per difendere i rampolli e’ un’ idiozia.
@15. E dove avrei scritto che negli anni 60 non si lavorava?!
E ancora, dove avrei scritto che il pianeta è stato reso invivibile negli anni 60?!
Mi sembra ci siano seri problemi di comprensione del testo. E non aggiungo altro perché quello che ho scritto è già molto chiaro
@ Grazia
Avere molti interessi e molti amici e’ un ottimo antidoto alla noia.
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Quanto a quello che dici sul “trail running” , anche io noto cose simili : sembra una necessita’ vestirsi ed apparire come parte del “gruppo dei figaccioni”.
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Mi vesto cosi’ , cosi’ sono arrampicatore , cosa’ cosi’ la gente crede che sia un base jumper , e il tutto deve essere “estremo” , se no sai che schifo….
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A me ridurre l’esperienza di un giorno in montagna a un “tempo” , un “grado” o una prestazione , interessa fino a un certo punto , e se mi va di andare in bici quando ho ancora su i pantaloni da montagna non mi sembra di inventare uno sport nuovo…
Expo, ai nostri giorni pare che annoiarsi non sia consentito e che si debba tutto il tempo far qualcosa, soprattutto pubblicando qualche foto su internet a riprova dell’impegno, fosse anche correre per due secondi lungo un sentiero per mostrare che si faccia trail.
Forse perché ho molti interessi e, come dici tu, il silenzio e l’inattività accendono lo spirito creatore portando alla luce idee e intuizioni, ma non temo mai di annoiarmi.
@ 21
A complemento e non in contrapposizione con quanto hai detto sulla noia , vorrei dire che non sempre e’ un valore negativo.
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C’e’ noia e noia : per qualcuno dalla noia e dalla contemplazione nascono idee , ricordi , poesie , rivangamenti di interiorita’…
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Per altri la “noia” e’ solo l’ occasione per fare qualcosa di molto conformista : prendere a sassate un gatto per sentirsi figo , farsi una pista di “dama bianca” , vandalizzare un auto non tua , o andare allo stadio a fare l’ultras.
Bella discussione.
Il “ora et labora” di S. Benedetto venne formulato come base del monachesimo occidentale, in opposizione a quello orientale che invece poneva l’accento sulla pura vita contemplativa (preghiera e meditazione, un po’ come i monasteri buddisti), perché mirava a inserire la vita monastica in un contesto complessivo in cui tutte le strutture politiche e sociali stavano rapidamente crollando. Non era quindi pensabile che dei monasteri potessero sopravvivere contando esclusivamente sul sostegno da parte dello stato e/o di privati, come era invece pratica corrente nell’Impero Bizantino.
Questo approccio di base venne mantenuto anche quando i monasteri divennero a loro volta centri di ricchezza e di potere, e ha indubbiamente avuto un’influenza profondissima su tutta l’evoluzione mentale delle società occidentali quanto meno sino alla Riforma protestante (e, nella parte rimasta cattolica, anche dopo). Il suo senso nel quadro attuale, a meno di pensare ad un crollo totale di ogni forma di vita civile paragonabile a quanto avvenne nel IV/V secolo, dovrebbe quindi essere quello di indicare come il desiderio di dare alla propria vita un senso che vada oltre il semplice soddisfacimento di istinti e desideri non richieda o giustifichi di per sè il ritiro totale dai compiti della vita pratica.
Allargando il discorso, il progressivo distacco delle ultime generazioni (mi permetto di usare questo termine perchè vado per gli 80) da qualsiasi percezione che la propria vita possa e anzi debba avere un senso e uno scopo – si tratti di religione o di politica – che trascenda i bisogni materiali è un fenomeno evidentissimo e innegabile, e che IMHO è alla radice di tutti i problemi dell*Occidente di oggi. La domanda è se questo processo si sia innescato e stia continuando al galoppo per cause esterne, indipendenti dalla volontà di chiunque, e se invece rifletta un piano preciso e coerente. Io ho le mie idee in proposito. ma non starò a seccarvi con tesi più o meno complottiste.
“Educazione” è il sistema di valori che ti insegnano i genitori, l’incidenza della classe sociale e delle opportunità economiche è pressoché irrilevante, se non del tutto irrilevante. L’approccio, storicamente molto torinese, del “Prima il dovere e poi il piacere” è trasversale a ogni estrazione sociale. Lo riconosci sia in Sala Presse a Mirafiori (quando là si lavorava), sia fra i colletti blu. Anzi, per esperienza personale, analizzando la Torino dai Sessanta in poi, meno aveva la tua famiglia e più severa era l’educazione impartita.
Viceversa oggi c’è “troppo” a disposizione e tutto è “facilmente ottenibile” e quindi non ci sono più obiettivi individuali, disciplina per raggiungerli, disponibilità al sacrificio. Ormai la noia impera, ecco qual è il cancro esistenziale delle nuove generazioni: si annoiano a morte. come ho già sottolineato, ci sono molte eccezioni, ne conosco a decine, ma il nocciolo rappresentativo delle nuove generazioni purtroppo si annoia, ha perso smalto e interesse per l’esistenza stessa.
Mi par divertente leggere che le uniche due forze a poter conferire un senso alla vita sono religione (e magari, spero, l’autore non la sovrapponga al cattolicesimo) e politica.
Nessuna responsabilità, dunque, all’individuo? Tutta colpa di qualcun altro, come sempre?
Benché ripeta spesso che i genitori moderni, in linea di massima, non siano in grado di assumersi responsabilità riguardo ai propri figli (vedasi, come ben scritto, il parcheggio al solleone dei dispositivi, il chiedere continuamente cosa vogliano fare – cosa vuoi indossare? Preferisci stare a casa oppure andare dalla nonna? Vuoi la pasta al pomodoro oppure qualcos’altro, e via di seguito – organizzare mille attività che li tengano costantemente al riparo da se stessi e dal proprio respiro), non mi sento di dire che i miei genitori abbiamo fatto un lavoro migliore, forse per l’eccesso opposto.
E neanche mi sento di avallare “poverini, questi giovani alla deriva”. Quest’inverno a Milano sono intervenuta tre volte sui mezzi pubblici, mentre ragazzini fumavano sigarette elettroniche, imprecavano, tenevano la musica alta, senza che nessun altro battesse ciglio.
A me sembra che siamo tutti anestetizzati, non solo i bambini!
Per cui, l’analisi dell’autore la trovo un po’ commerciale e superficiale.
Una cosa che mi sorprende sempre e’ la “relativita’” delle lamentazioni.
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In un mondo in cui tutti prendono 100 lavorando anche il sabato , ci si lamentava di meno di quello che accade in un mondo dove molti prendono 500 e tu che ti lamenti ,prendi 300.
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Un settantenne che discetta di giovani partendo dall’intervista a un cantante commentata da banalità politico/esistenziali/pedagogiche da sessantenni che probabilmente non sanno nulla del cantante stesso, ma pretendono di conoscere “iggiovani”…
Ma andare in montagna, no eh?
Un’analisi dove si parla dell’educazione delle persone senza tenere conto delle opportunità che si presentano loro (cioè, tristemente, della classe sociale) è inevitabilmente monca.
Allo stesso modo è monca un’analisi che ignora le condizioni in cui i tanti giovani (e meno giovani) sono costretti a lavorare ad esempio nel delivery, nella grande distribuzione, nella ristorazione, nel turismo, in agricoltura, ecc., ovvero orari impossibili, garanzie nulle e retribuzioni ridicole; e, oltre il danno la beffa, guai se si lamentano! Vengono immediatamente bollati come frignoni scansafatiche.
E’ una questione di tipo di educazione ricevuta. In una certa Torino (non c’entrano nulla né i soldi né il livello culturale), fin dalla culla ti ripetono “Prima il dovere e poi il piacere”. Se cresci così, non hai bisogno degli effetti della guerra, perché hai una forma mentis che ti fa riempire le giornate di “impegni”, per cui non hai proprio tempo per oziare. Se non hai la fortuna di ricevere un’educazione di questo tipo, un’alternativa è la necessità oggettivo, appunto connessa a difficoltà generali (“guerra”, ma potrebbero essere altri tipi di “crisi”) o individuali. Se devi lavorare pancia a terra per portare a casa la pagnotta, magari non solo per te ma anche per molti familiari, non hai tempo per svagarti. Invece se vivi in un modo “molle”, con i soldi di papà o dello Stato pantalone, ti abitui a esser frignogne e viziato, non fai altro che reclamare “diritti”, ed è facile cadere nei vizi, è un attimo perdersi, non avere obiettivi sani e finisci “sbandato”. E’ ovvio, e mi pare di averlo detto chiaramente, che nei trend sociologici ci sono sempre delle eccezioni, cioè individui che sono e vivono in modo diverso rispetto al trend medesimo. Li ho citati, i giovani “sani” di oggi, perché ne conosco diverse decine: puntano a una vita sobria e stabile, altro che “sbandati”. Ma il trend numerico esprime altre tipologie di vita. Il berlusconismo è un sintomo della malattia, non la causa. E’ come la febbre. Berlusconi ci inzuppava il pane in questo tipo di società di ebeti, perché era un venditore di massa (sia come imprenditore che come politico) e aveva bisogno di schiere sconfinate di consumatori, tutti uguali e tutti con gli stessi “desiderata”.
@ 14
Il fatto che negli anni 60 ci sia stato un boom economico non cancella il fatto che nei 60 si lavorasse eccome !
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Non era il periodo in cui :”Non e’ un lavoro adatto al mio titolo di studio” , e se venivi bocciato a scuola non facevi il NEET , facevi il manovale o l’apprendista idraulico..
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Il “pianeta reso invivibile” nei 60 e’ una pippa solo parzialmente vera : nei 60 si e’ inquinato tanto e sulla terra c’erano 2.5 miliardi di persone, non si sapeva che cosa fosse l'”effetto serra” , e si era usciti da una guerra 15 anni prima.
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Oggi sappiamo mille volte di piu’ , abbiamo un tebore di vita , un welfare ed una sanita’ inimmaginabile nei 60 , pero’ continuiamo ad inquinare come fossimo nei 60.
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La crescente “sindacalizzazione” dei bambini e ragazzi da parte dei genitori ha portato a dei giovani che non desiderano esattamente un lavoro : desiderano uno stipendio periodico a prescindere.
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1.Non comprendo come un individuo nato negli anni 60, che (lui sì!) ha vissuto 60 anni di pace, possa augurare di vivere un periodo di guerra alla nuova generazione di ventenni, un individuo nato e cresciuto durante il più grande boom economico di tutta la storia dell’umanità che fa le pernacchie ai giovani d’oggi dopo aver reso invivibile il pianeta. Ma non ti vergogni di quello che scrivi?
Ma poi ti rendi conto di quanto fortunato sei, che tra pochi anni il tuo lavoro non esisterà più (ma tu sarai beatamente pensionato), sostituito (già oggi comincia ad esserlo) dalla IA? E cosa c’entra il reddito di cittadinanza che nella maggior parte dei casi veniva percepito da individui tra i 45 e i 67 anni, tuoi coetanei?
Crovella 11, in tutte le generazioni si sono avvicendati milioni di persone. Incolparne certe fasce è un generalizzare banalotto e un po’ scontato.
Oggi ci ritroviamo con un’enorme massa di coglioni ma anche di persone in gamba.
Io, senza generalizzare, ricondurrei tutto, o quasi, al berlusconismo.
Lì c’è stato un prima e un dopo che neanche l’illuminismo….
E’ tipico dei vecchi non capire i giovani e dei giovani ignorare i vecchi.
Eppure i vecchi sono stati giovani, e i giovani saranno vecchi.
I genitori che oggi hanno 40-50 anni, sono stati ventenni esattamente 20-30 anni fa. E’ allora che è iniziato lo “sbagasciamento” della società, più elegantemente detto l’imbarbarimento sociale e culturale. Per cui i ventenni di allora stanno riversando nella loro pessima capacità educazionale odierna, il male che li ha caratterizzati. Ma non iniziamo a dire che i colpevoli erano i loro genitori, e poi anche quelli prima (cioè i nonni) e poi i bisnonni ecc. Purtroppo c’è stato un allentamento di costumi a cavallo del 2000 (forse già nel corso degli anni Novanta) che deriva dalla sensazione diffusissima che fosse tutto possibile e tutto “dovuto”. I ragazzi/e di allora si sono salvati sono se. a monte, hanno ricevuto un’educazione molto robusta nei principi. Chi non ha avuto questa fortuna, pur appartenendo anche a famiglie “bene”, è andato allo sbaraglio e i danni si sono amplificati sulla generazione successiva, cioè sui 20-25enni di oggi.
@8
Purtroppo tutto vero e tutto gia’ visto molto vicino a me…
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E presto la voce di quello smartphone sara’ piu’ alta e convincente di tutto il bagaglio di , esperienze e valori che ha da insegnargli il genitore.
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Prima di vederlo da vicino , onestamente , io credevo che tirare su un bambino fosse piu’ facile…
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Io , nel mio piccolo ruolo di “zio” , cerco di fargli vivere piccole esperienze montane e sportive , e cerco soprattutto di ostentare attenzione e rispetto per gli altri quando sono con lui.
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Di stronzi in giro ne abbiamo gia’ troppi , e so che ogbi cosa che faro’ in bene o.in.male rimarra’ impressa nella sua memoria di bimbo.
@ Benassi
In questo caso sono d’accordo con te !
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Il genitore che picchia l’insegnante o l’arbitro di calcio sarebbe da mettere al muro istantaneamente ed affidare il figlio a qualcun’altro.
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Pero’ non credo che i genitori siano davvero tutti cosi’ , sarebbe ben deprimente 🙁
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Al figlio non si garantisce tutto quello che non hai avuto , ne gli si insegna a pretendere. Caso mai gli di insegna a guadagnarselo onestamente.
.Anche qui sono abbondantemente d’accordo con te !
Anche se “dare al figlio tutto quello che non hai avuto e’ una tentazione fortissima , io mi incazzo con.mia sorella quando lo fa’ troppo spesso ed alleva un bambino pieno di regali nemmeno richiesti , indolente e capriccioso , pieno di se’ , sempre pronto a pretendere qualcosa piuttosto che a lavorare per essa.
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E’ un po’ duro parlare cosi’ di un bambino e per giunta tuo familiare , ma spero che malgrado tutto esca migliore di cosi’.
Expo , quando parcheggi tuo figlio davanti ad un smartphone, così non ti rompe i coglioni, vuol dire che come genitore ti sei bevuto il cervello.
Expo, te lo spiego meglio. Quando un genitore picchia l’insegnante, perché ha dato un brutto voto al figlio, il problema non è il figlio, ma il genitore, che si è vlbevuto il cervello. Al figlio non si garantisce tutto quello che non hai avuto , ne gli si insegna a pretendere. Caso mai gli di insegna a guadagnarselo onestamente.
Sono in aperto disaccordo con wuello che ha detto Benassi : allora diciamolo con parole inanbigue e chiare a tutti che cosa hanno fatto di male coloro che hanno un numerino da 1950 a 1980 sulla carta di identita’ rispetto ai “valori” dei loro genitori.
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E gia’ che sono qui , chiedo che a furor di popolo i due neologismi :”Cannibale” ( accezione crovelliana ) e “Sbagasciamento” entrino ufficialmente nella lingua italiana : altro che “petaloso” di ‘sta cippa !
Ragazzi, chiunque siano i responsabili e qualunque siano le cause, una cosa è però certa: trenta anni fa non avrei mai potuto pensare che si sarebbe arrivati a un degrado civile e sociale come quello dei nostri tempi.
E la situazione peggiora.
Crovella, il problema non sono i ragazzi, i giovani. Non sono loro ad essere diversi. Quelli che sono cambiati sono gli adulti, i genitori, quelli che dovrebbero trasmettere dei valori. Sono loro il vero problema.
Mi piace l’appello allo studio e al lavoro alla maniera dei benedettini. Sarebbe utile per tutti: giovani e vecchi!
Carlo si sveglia, si alza, legge il blog, riflette.
Poi allunga il braccio verso l’orizzonte, con l’indice disteso, e sentenzia: “Per di là! Quella è la strada”.
Bravo, Carlo! Hai ragione!
P.S. In sostanza condivido tutto, tranne l’accenno alla guerra come rimedio. È sufficiente qualche legnata (metaforica) sul groppone degli Ultimi.
Condivido gran parte dell’analisi. “Guerra, paura, sottomissione, chiusura…”: ma, da che mondo è mondo, l’esistenza è fatta così (e sempre sarà così). Perché ciò spaventa e disgusta solo i giovani occidentali di oggi? Perché sono viziati. 70-80 anni di “pace”, almeno nei territori dei grandi paesi europei, e di ricchezza li hanno viziati. Se dovessero correre di notte nei rifugi antiaerei, come i loro coetanei della II guerra mondiale, oppure se dovessero spaccarsi la schiena a portare a casa la pagnotta, non avrebbero questo “disgusto” per la vita. Le nuove generazioni vivono a sbafo, o cmq sono facilitati da una ricchezza generale (anche pubblica) accumulata nei decenni scorsi In parte con vari sussidi, di cui il Reddito di Cittadinanza è il più noto ma NON l’unico, in parte consumando risparmi o redditi di genitori e familiari. Vivono grazie ai risparmi accumulati dai genitori negli anni del boom, oppure pesando sulla pensione dei genitori, frutto di una vita di lavoro (dei genitori, non dei figli). E’ brutto da dire, ma ci vorrebbe un po’ di guerra per raddrizzare i milioni di Ultimo che infestano l’attuale Occidente. Non sono tutti così, per carità. Ragazzi e ragazze che ambiscono a una vita seria ne conosco a centinaia: cercano un lavoro non precario, l’accesso facile ad un mutuo per comperare casa, farsi una famiglia, crescere dei figli, portarli al parco nel pomeriggio… E’ vero che la società attuale, egocentrica e consumista, non aiuta in questa direzione, anzi è uno dei fattori che alimenta lo sbagasciamento generazionale rappresentato dai milioni di Ultimo Quali terapie? La Fede? Purtroppo è passata di moda, non fa presa su nessuno. La Politica? Io ci “credo” ancora nella politica, ma certo che anche la politica si sta sbagasciando, se non fa altro che passare da una polemica viziosa all’altra, offrendo poche visioni strategiche di lungo termine. Tocca quindi ai singoli individui trovare in sé, come San Benedetto da Norcia, il proprio “Ora et Labora”. Da torinese io suggerisco ai giovani: farsi il mazzo nel lavoro (che può anche essere a tavolino, non necessariamente in miniera) è il miglior antidoto, forse l’unico, nell’attuale società. Nel culo che ti fai lavorando ogni giorno pancia a terra, c’è anche una implicita preghiera (“ora): il ringraziamento perché hai un “perché” della tua singola esistenza. Non c’entra nulla il guadagno, quello è legittimo (se perseguito “legittimamente”), ma è una conseguenza, non l’obiettivo. l’obiettivo è non ridursi come i milioni di Ultimo.