In Val Vogna, una valle secondaria della Valsesia (Vercelli, Piemonte), le non autoctone vacche scozzesi divorano tutto. Da Marco Fanchini riceviamo e pubblichiamo una lettera sulla presenza di una nuova e dannosa razza di mucche in alta Valsesia.
I nuovi immigrati in Val Vogna
di Marco Fanchini
(pubblicato su notiziaoggi.it il 24 luglio 2019)
(l’articolo su notiziaoggi.it definisce il Fanchini “allevatore”. In realtà nella sua lettera lui non si presenta come tale, in quanto non possiede più le pecore e le mucche che aveva fino a poco tempo fa, pur continuando a vivere e a produrre formaggio all’Alpe Buzzo. NdR)
Da qualche anno si registra un forte incremento dell’immigrazione di povere creature in Val Vogna provenienti dalla Scozia. Eppure, in Scozia, non ci sono guerre e nemmeno la povertà che imperversa da noi. Allora perché vengono qui? Perché scappano dal loro paese? Queste bestie vengono per rubare i nostri pascoli, per distruggere la nostra flora così armoniosa e i nostri piccoli frutti. Dove arrivano loro non cresce più niente, tutte le piantine di mirtilli distrutte, i lamponi, i piccoli larici, gli ontani nani: tutto distrutto, si è innescato un processo di desertificazione della montagna. Ma Attila aveva queste bestie al suo seguito?
Eppure qui per secoli è stata selezionata una razza, la Bruna Alpina, che si è adattata perfettamente a questi luoghi e ha permesso di vivere tante famiglie con la produzione di ottimo latte, dal quale si ricavano gli eccellenti formaggi tipici della valle, che hanno contribuito a rendere importanti questi luoghi incantati e remoti. Sicuramente, anche per le scozzesi sono stati necessari secoli di selezione della razza per renderle adatte al clima e al territorio della Scozia, che è molto diverso dal nostro.
Le scelte inconsapevoli degli allevatori Attilio e Giovanni Reggiani (padre e figlio) hanno portato a introdurre nelle nostre montagne questa razza di vacche pelose scozzesi, che nulla hanno a che vedere con il nostro territorio e con la nostra storia locale. Inoltre sembra che non ci sia nessuno che le governi, tant’è che scorrazzano per tutta la valle. Il Gps incorporato dovrebbe evitare gli sconfinamenti nelle proprietà altrui ma in realtà le vacche, non essendo controllate, fanno danni anche nei terreni di proprietà altrui, dove non dovrebbero stare, anche perché ci sono anche le nostre Brune Alpine che devono pascolare.
La Val Vogna possiede inoltre una vocazione turistica, sono in molti (soprattutto stranieri) che intraprendono ogni anno il percorso Gta che attraversa la nostra valle e sono in molti a ritenere che sia uno dei posti più incantevoli e ancora veri dell’intero percorso. Ma un tempo questi camminatori incontravano lungo il percorso le mansuete Brune Alpine, i cavalli dei pastori che stanno all’Alpe Maccagno e, per i buoni osservatori, la ricca fauna locale. Oggi purtroppo si incontrano queste pelose scozzesi, ce ne sono tantissime: nei pascoli adatti a 20 capi ora ce ne sono oltre 150, troppe. Per forza diventano così voraci e distruttive, ti guardano in cagnesco,i gli occhi spiritati che pare ti vogliano aggredire e… non parlano nemmeno l’italiano.
Gli altri animali autoctoni scappano via, non hanno più niente da mangiare, il gallo cedrone, le marmotte, i cervi, i caprioli, gli stambecchi, di conseguenza le aquile e i rapaci in genere… tutti se ne vanno in Scozia.
Se non è cambiata la legge (quest’inverno era cosi): se un animale (vacca) viene sul mio terreno io sono tenuto ad avvisare il proprietario (meglio avere le prove quindi scrivo) è il proprietario non agisce dopo 20 giorni il capo/i in questione diventano proprietà del padrone del fondo in cui pascolano.
Sul Gallo Cedrone capisco. Immagino che i tetraonidi che vivono in Valle di Gressoney se arrivano sul confine con la piemontese Val Vogna e non hanno i documenti in regola vengano ricacciati giù a S.Jean. Da qui la loro estinzione in Piemonte. Così la interpreto.
Amo tutti gli animali ma per molto tempo il cane di miei vicini veniva a cagare tutte le mattine sul prato proprio davanti alla porta di casa mia. Un bel giorno gli ho dato una badilata (di piatto, sennò l’avrei decapitato) e da quella volta non ha più cagato davanti alla mia porta. Cani, vacche, oloturie… tutti animali da rispettare ma a ognuno i suoi spazi.
A giudicare dall’articolo, gli animali sono allo stato brado, cioè non controllati, ecco perché non si puo’ escludere che possano essere negativi per l’habitat
Il problema non è razziale ma pratico. Le vacche Higlander (mucca è come i cittadini chiamano la vacca, ma l’animale è lo stesso) della Val Vogna sono troppe in relazione alla superficie e soprattutto non sono controllate e sono libere di invadere terreni in cui distruggono coltivazioni semplicemente perché trovano roba buona da mangiare. Se c’è una persona che ha rispetto per gli animali (tutti) è l’autore dell’articolo che conosco personalmente molto bene. Il suo tono è ironico (anche se si è trattenuto) e forse non è compreso da chi non ha il senso dell’ironia, ma il problema c’è. So che ha chiamato anche le forze dell’ordine ma…. sembra che tutti abbiano le mani legate. Da cosa? Forse i proprietari delle Higlander sono degli intoccabili? Chissà. Se così fosse il problema diventerebbe socio-politico, ma l’attuale governo è in rifacimento. Stiamo a vedere cosa farà il nuovo.
@Serafin: dovresti leggere i miei commenti con più precisione. La citazione del pesce siluro è solo esemplificativa dei danni che può fare l’uomo introducendo specie alloctone. Personalmente non dispongo degli strumenti conoscitivi per appurare se le vacche scozzesi siano nocive o meno. Più in generale, so per certo che gli equilibri dei nostri ecosistemi naturali sono ormai molto, molto fragili e che ogni introduzione di specie alloctone (sia animali che vegetali) andrebbe ponderata con attenzione da specialisti scientificamente accreditati e non lasciate alla libera e indiscriminata iniziativa individuale. Guardate che è un problema metodologico in generale molto serio e va affrontato con maggior attenzione di quella che esprimete in molti vs commenti. Ciao!
Francamente non credo che una vacca scozzese possa far più danni di una bruna alpina e peraltro non credo sia corretto riferendosi ad animali domesticati, parlare di specie autoctone o alloctone.
Tutto e il contrario di tutto, dappertutto. Un caos creato alla perfezione, perchè nella confusione c’è posto per tutti.
Caro Sandro, come puoi immaginare il tuo blog è la mia prima lettura della giornata quando, per puro vizio, la mattina mi metto al desk a caccia di notizie per mountcity da cui non riesco a liberarmi nonostante l’età avanzata e gli acciacchi. Stamane sono rimasto sorpreso nel leggere “di una nuova e dannosa razza di mucche in alta Valsesia”. Dopo essermi stropicciato gli occhi ho scoperto che si tratta delle mucche scozzesi di cui mi invaghii una trentina d’anni fa quando le incontrai per la prima volta nel Canton Ticino scendendo dal Gradiccioli a conclusione di una delle tante gite su quella montagna a me particolarmente cara. Ho controllato sul web verificando che queste gentili e pacifiche highlander (copio e incollo) vengono usate in Val Brembana per “ripulire sterpaglie e rovi”, che in Val di Fassa “vengono alimentate senza aggiunta di mangimi e nessun trattamento di ormoni, inoltre sono libere di muoversi sui pascoli”, che la loro carne “è molto saporita e povera di colesterolo e grassi”, che appartengono a un’”antica razza di bovini”, che risultano “molto resistenti, seppure docili di carattere”, che “vivono all’aperto tutto l’anno, si alimentano solo con fieno ed erba, non soffrono pioggia e altre intemperie e si ammalano di rado”. Così ho deciso di allevarne qualcuna, ma purtroppo solo nella prossima vita per raggiunti limiti di età. Mi dispiace che nella schizzinosa Val Vogna queste scozzesi con il loro delizioso ciuffetto “facciano scappare gli animali autoctoni” e vengano considerate dei mostri alla stregua dei pesci siluro che infestano i nostri fiumi. Che cosa si può fare per risarcirle di tutte le cattiverie scritte su di loro?
GIUSTO !!!
Mi permetto di avanzare due rilievi, uno di metodo e uno di contenuto scientifico. 1) Quello di metodo si incentra sulla generale abitudine ad utilizzare, spesso a sproposito, il termine razzista. È un male dell’attuale società, non solo dei blog di montagna. Però disturba che se si hanno posizioni opposte a quelle buoniste e generaliste, allora si e’ per forza dei razzisti. Questo stride a maggior ragione perché non stiamo parlando di navi ONG o di migranti, ma stiamo parlando di animali e piante. Ammesso che le mie idee su piante e animali possano apparire razziste, rivendico il diritto di esprimerle senza vergognarmene, proprio perché sono considerazioni su animali e piante. La dittatura del politically correct a tutti i costi sta uccidendo la libertà di pensiero. 2) Sul piano del contenuto, posso assicurare che la contrarietà alla incontrollata mescolanza con specie che provengono da altri ecosistemi, ha un riconosciuto fondamento scientifico. Io non mi occupo, professionalmente, di questioni scientifiche, ma sono sposato da circa 30 anni con una docente di Scienze Naturali dell’Università di Torino. Con mia moglie condivido una profonda passione per l’andare in montagna, per cui, volente o nolente, ho assorbito molto del suo know how. So per certo che mia moglie e i suoi colleghi diffondono tale orientamento (no mezcolsnzs incontrollata di specie) nei convegni scientifici e nelle lezioni agli studenti. Mia moglie tra l’altro tiene fra gli altri, proprio il corso universitario di ecologia e, parlando di ecosistemi, illustra quanto sia nociva l’introduzione di specie autoctone. Gli esempi che ho citato questa mattina (il siluro del Po e le piante ornamentali) li ho imparati proprio da mia moglie, ma ve ne potrei citare mille altri. Molte di queste intrusioni derivano dalla globalizzazione, ovvero dell’accelerazione degli spostamenti di merci e persone: pesci che seguono le navi e tropicalizzano il Mediterraneo, semi e insetti chiusi nei container intercontinentali e così via. In altri casi pero’ vi sono delle precise responsabilità umane, nel senso che, come nel caso di specie, l’arrivo di specie alloctone deriva da precise scelte private, non soggette ad alcuna valutazione di Enti scientifici. In generale è bene non mescolare le specie di ecosistemi diversi perché gli ecosistemi in cui arrivano le specie alloctone non sono “attrezzati” per compensare l’azione di tali nuove specie. Questo orientamento scientifico non è esclusivo di mia moglie o del suo gruppo di lavoro, ma coinvolge molti altri esponenti accademici, italiani e stranieri. Aggiungo che, in campo prettamente botanico (di cui si occupa in via preferenziale mia moglie) esiste una direttiva europea, che deve essere recepita da ogni singolo Stato dell’UE, per la classificazione di eventuali specie alloctone presenti, il loro contenimento e, se del caso, addirittura la loro totale eradicazione. Se applicassimo questo modello alla specie umana, saremmo più razzisti dei nazisti, ma, appunto, il contesto di piante ed animali risponde ad altri modelli di ragionamento. Circa il caso delle vacche scozzesi, io personalmente non sono in grado di affermare se sia fondata o meno la tesi dell’articolo. Ma che esista una preoccupazione generale sull’introduzione incontrollata di specie alloctone vi prego di credere che e’ cosa fondata e assodata e non ha nulla di razzista. Saluti.
Non capisco la questione.
Le vacche sconfinano? Invece di pubblicare un pezzo su “notizia oggi ” dovresti segnalare il problema all’autorità competente.
Quanto alla scelta dei signori di allevare razze non autoctone, che facciano come meglio gli aggrada.
Diventano come i polli e i maiali tenuti, per non dire torturati, negli allevamenti intensivi.
Certo che se metti 150 vacche in un pascolo da 20…
Che demonizzazione gratuita è definire questa bellisssima razza “…vorace e distruttiva, ti guardano in cagnesco, con gli occhi spiritati che sembra ti vogliano aggredire…”, dovreste sciacquarvi la bocca prima di accusare così duramente una razza che ha un comportamento non così diverso dalle brune a cui siamo abituati.
Certo è che vadano tenute recintate e non è corretto che pascolino in territori altrui (cosa valida per qualsiasi tipo di mucche!), tuttavia non sono assolutamente aggressive e non danneggiano l’ambiente in cui si trovano, se si prendono le dovute precauzioni: recintarle e limitare il numero di capi.
Piuttosto ritengo che siano un’opportunità da prendere in considerazione per diversificare gli allevamenti e preservare l’attività produttiva nei pascoli.
Articolo molto più che bizzarro e commenti adeguati, tranne quello di Luisa e Sartore.
Il gallo cedrone, nell’articolo interessante citato da Cominetti, è catalogato con la sigla B44 ext. Direi che in 4 minuti di lettura del suddetto articolo, e più precisamente dove si spiega il significato delle sigle nella checklist, si deduce che il gallo cedrone è un po’ che non compare in Piemonte, ed è considerato ivi estinto. Informativa che con un altro colpo di google, è possibile ritrovare direttamente sul sito della regione Piemonte.
Ma questo è un blog miracoloso e vuoi mai che…
non ti sta simpatica la pelosa mucca scozzese?
Sei un razzista!
non sopporti la la zanzara Tigre arrivata qui da non si sa dove e come?
sei un razzista!
Io conosco bene la situazione di parecchi allevatori qui in Alta Valtellina, altro territorio tipico della bruna alpina, razza da latte. Anche qui coloro che hanno alpeggi (Alpi Boron, Verva, Dosdè sono i primi che mi vengono in mente) hanno introdotto, a fianco della bruna che continuano ad avere per il latte, la highlander scozzese, razza da carne che ben si adatta ai pascoli alti. Che siano aggressive è pura fantasia (molto più bizzarre e imprevedibili sono le brune), che devastino il territorio pure, anzi evitano l’avanzare arbustive nei pascoli alti. Basta guardare i pascoli degli alpeggi sopra citati per rendersene conto.
Credo che chi ha scritto con tanto livore e malcelato razzismo questo articolo abbia piuttosto un contenzioso personale con i suoi colleghi, che non si fa scrupolo di citare con tanto di generalità.
Per Sartori: http://www.sfv.it/public/uploads/Revue/2010%2064/2010%2064%20061_074%20Bocca.pdf
non è strano l’articolo.
E’ strano (….gentilezza) che si permetta di introdurre razze di animali in ambienti con i quali non hanno nulla a che fare. E fanno solo danni.
Enti che monitorano la salute di un territorio….bohhhhh????
A me il territorio mi sembra sempre più aggredito, danneggiato, inquinato, ect. ect.
Dove sono questi ENTI ??????
Mi han detto che in Trentino ora i “permessi” per portare le “bestie” altrove son diventati molto difficili da ottenere: burocrazia salvifica?
Però purtroppo ora i permessi sono da richiedere per spostare tutti i tipi di bestie…. ma faranno deroghe nei prossimi anni.
Strano articolo. Certamente bisogna fare attenzione quando si introduce una nuova razza che poco ha a che fare con la storia di un territorio, eppure non è sempre un danno. Il territorio solitamente, anche se non si vede, è monitorato da una serie di istituti che ne controllano lo stato di salute: comunità montane, forestale, comprensori alpini di caccia, allevatori. Se l’habitat di alcune specie è minacciato da una forma d’allevamento (o viceversa) di solito c’è qualcuno che alza il dito. Bisogna, giustamente, farlo presente e reindirizzare correttamente l’allevatore. Tutto per il bene del territorio e dei capi stessi. Detto questo, in Piemonte non esiste il gallo cedrone.
Evidentemente questi allevatori fantasma, che lasciano il loro bestiame libero di scorazzare nei pascoli altrui, hanno fini diversi da quello dell’allevamento. Altrimenti sarebbe normale che fossero sorvegliate da pastori, come ogni mandria. Purtroppo la convivenza impone delle regole di rispetto degli altrui spazi e un rispetto particolare lo merita Marco Fanchini che ha, da decenni, il coraggio di abitare l’Alpe Buzzo in maniera davvero sostenibile. Inoltre non è da trascurare l’aspetto della razza di queste vacche “straniere” non per documenti ma per habitat e quindi comportamento. Sicuramente, Marco (con un passato notevole da alpinista e guida alpina, dal soprannome : Gesubambino) è un tipo originale e fuori dal tempo, e la sua filosofia rude di vita per molti è improponibile e quindi infastidirá gli allevatori col Gps, ma proprio per le sua unicità e correttezza ambientale, Marco va sostenuto!
Ma avete fatto causa ai due allevatori “introduttori” ? infatti gli animali di loro proprietà hanno prodotto danni a proprietà altrui: così a naso ci sono gli estremi per richiedere i danni. Inoltre che ne pensano le autorità locali (sindaco etc)? Se il problema è generale(cioè va oltre ai danni sulle proprietà private altrui), vanno presi provvedimenti amministrativi e politici. Comunque anche questo episodio sottolinea quanto sia infondata la speranza di “facile” inserimento delle specie alloctone. La globalizzazione sta provocando dei danni micidiali: il siluro del Po (un bestione che arriva a 2 m di lunghezza), inserito nella parte finale del lungo fiume per allietare i pescatori in cerca di grosse prede, sta distruggendo la fauna ittica perché è un predatore formidabile e l’ecosistema non aveva provveduto a creare meccanismi di controllo e difesa. Analogamente nel regno vegetale molte piante tipiche delle Americhe o dell’Asia, importate per abbellimento dei giardini, stanno infestando le nostre campagne, perché l’ecosistema non era pronto per recepirle e quindi tali specie sono estremamente competitive rispetto alle specie autoctone. Nel fenomeno generale di distruzione del pianeta da parte dell’uomo, abbiamo anche questi “sotto fenomeni”, che (guarda caso) conseguono sempre a errori umani. Anche nel caso di specie, le mucche scozzesi sono state importate dai due citati allevatori, che forse non immaginavano di produrre effetti devastanti, ma intanto li hanno prodotti. Tutti questi danni sono in genere irreversibili. Se la natura ha previsto certi equilibri, occorre che l’uomo li rispetti. Le mucche scozzesi si sono sviluppate in Scozia: che restino là! “Moglie e buoi dei paesi tuoi” afferma da sempre la saggezza popolare.