Il Comune di Trieste ha deciso di dedicare a Enzo Cozzolino il piccolo Belvedere sulla Napoleonica (quello di fronte alle prime vie storiche, quando in allenamento vennero superati i tradizionali limiti in arrampicata).
Secondo Fabiana Martini, vicesindaco e assessore alla Toponomastica, la scelta dell’amministrazione locale, in risposta a una mozione dei consiglieri Barbo e Decarli approvata dal Consiglio comunale, è un omaggio della città al grande alpinista e un invito ai concittadini ad amare e rispettare la montagna e la natura.
La cerimonia è proprio oggi, 21 giugno, alle ore 11.30.
A dare maggiore significato a questa buona decisione, l’altro ieri 19 giugno, alle ore 17, si è svolto il convegno Le vie verso le cime: Kugy, Cozzi, Comici, Cozzolino.
Ricordiamo che Enzo Cozzolino, appartenente alla Sezione XXX Ottobre del CAI, morì a soli 24 anni sulla Torre di Babele (Gruppo del Civetta) il 18 giugno 1972 (via Friederichsen-Giordani). Quasi una tragica beffa per colui che, verso la fine degli anni ’60, secondo il parere di Reinhold Messner e di tanti altri esperti alpinisti, fu il primo in Italia a superare il limite del settimo grado di difficoltà. E a Trieste era considerato l’anima dell’ambiente alpinistico cittadino.
Il convegno voleva proprio l’accostamento di Enzo Cozzolino ad altri tre grandi alpinisti triestini cui da tempo erano state dedicate vie cittadine: Julius Kugy, Napoleone Cozzi ed Emilio Comici. A lui non è stata dedicata una strada, bensì il significativo Belvedere sito proprio su quella Strada Napoleonica dove Cozzolino si esercitava e dove aprì nuovi difficili itinerari. Quel belvedere non è un luogo qualsiasi.
Il Belvedere Cozzolino proprio di fronte alla sezione significativa della falesia che sovrasta la Strada Napoleonica
Dopo il saluto delle organizzazioni che hanno promosso il convegno sono intervenuti:
Giampaolo Valdevit, storico autore di una storia dell’alpinismo triestino di prossima pubblicazione. Ha evidenziato come in una sorta di “Bildungsroman”, un romanzo di formazione, conclusosi il periodo romantico di Kugy, troviamo i capitoli di Cozzi, di Comici e di Cozzolino i quali hanno connotato il loro alpinismo rispettivamente come passione, come estetica, come libertà etica. In anni successivi il messaggio di Cozzolino ha subito una deriva che ha portato a usare il concetto di libertà per giustificare un agire soggettivo dissacrante, cosa che non ha riscontri nell’alpinismo praticato da Cozzolino.
Il Belvedere Cozzolino visto dalla sommità della falesia che sovrasta la Strada Napoleonica
Luciano Santin, giornalista, ha visto in Cozzolino l’innovatore che ha sviluppato le parti intramontabili della tradizione interiorizzando nel suo alpinismo il motto di Mummery “impossible by fair means“.
Mauro Vigini, presidente dell’Alpina delle Giulie ha ricordato come questi protagonisti siano forse più grandi delle loro stesse imprese, avendo saputo tradurre la bellezza della montagna in un linguaggio comprensibile a tutti.
Flavio Ghio, compagno di salite di Enzo Cozzolino, ha presentato il corto Le vie verso le cime di Giorgio Gregorio, regista che ha spesso documentato personaggi che hanno inciso nella storia dell’alpinismo. Questo filmato non ha voce narrante, proprio per cercare, con la sola forza delle immagini, di cogliere il pathos mentre si fa storia.
Spiro Dalla Porta Xydias, scrittore, ha ricordato che senza una traccia, senza una scrittura che continuamente si interroghi sul perché delle cose, gli uomini non possono oltrepassare il limite del naturale ciclo della vita. E accanto alla soddisfazione per quanti hanno trovato il loro posto nella storia c’è il rammarico per quei grandi che sono nell’oblio per non essere stati intersecati dai sentieri della scrittura, e questo rende più povero il presente, e quindi il futuro dell’alpinismo.
Locandina per il convegno e per la cerimonia
postato il 21 giugno 2014
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E’ già qualcosa che nella città del “no se pol!” (non si può) sia stata promossa un’iniziativa di questo tipo, direi però, che per celebrare quattro tra i più grandi nomi dell’alpinismo internazionale, i quali da soli (senza contare tutti gli altri che fanno della “scuola” triestina un pilastro in questo campo), elevano la città a maestra di stile, il tutto sia stato trattato come sempre in maniera assolutamente precaria.
Se avessi saputo dell’iniziativa, non soltanto a cose fatte e tramite questo blog, mi sarebbe piaciuto fare un saltino a casa per parteciparvi ed immagino che a moltissimi altri sarebbe interessato.
Un’altra buona occasione persa per l’antica “Kleine Wien”, ma Trieste o meglio le sue amministrazioni, non sono nuove a questo tipo di atteggiamenti, purtroppo…
Enzo Cozzolino è nei racconti di tanti alpinisti. Racconti che brillano improvvisi per un attimo. Si riaccenderanno, forse, chissà quando, chissà dove o chissà se si riaccenderanno ancora.
Eppure, indifferenti alla loro sorte si danno, costringendo il tempo alla quotidiana fatica di Sisifo di cancellarli e la memoria a ricordarli. Il tempo vuole la pagina bianca, la memoria la pagina scritta.
Con qualsiasi tipo di inchiostro.
Ottima iniziativa per la quale un grazie va riconosciuto al Comune di Trieste. Il Convegno avrebbe meritato una maggiore partecipazione, non solo cittadina, ma per lo meno regionale se non nazionale. Gli interventi dei Relatori hanno offerto con un’esposizione chiara ed esauriente le più significative motivazioni, la filosofia, l’intimo sentimento che ha animato i quattro personaggi legati alla città di Trieste che hanno segnato tappe storiche nel mondo dell’Alpinismo mondiale. Qualche intervento è stato a tratti poco intellegibile, forse a causa della particolare acustica della Sala, ma questo non ha impedito di entrare emotivamente in sintonia con la personalità degli Alpinisti Kugy, Cozzi, Comici e Cozzolino. Difficile per l’ultimo relatore, Spiro Dalla Porta, aggiungere qualcosa di diverso a quanto precedentemente esposto in modo molto completo e forse talvolta prolisso. Facendo sfoggio del suo abile mestiere di “teatrante” ha esordito attirando subito la simpatia dell’uditorio citando un piccolo incidente domestico che per motivi estetici lo costringeva a non togliersi gli occhiali scuri, apparendo come uno Stevie Wonder bianco. Per questa piccola vanità ha deciso di non usare gli occhiali da vista per seguire il testo che si era diligentemente preparato che sicuramente in parte avrebbe ripercorso gli stessi argomenti. Quindi il suo è stato un intervento “a braccio” , abilità di cui è tuttora molto capace, nel quale non è mancato il suo tradizionale pathos che tutti gli riconosciamo.