Passeggiata nel tempo al Corno del Nibbio
di Ruggero Meles (Distretto Culturale del Barro)
Il presente post è tratto dalla relazione che Ruggero Meles fece a Lecco, il 14 dicembre 2013, in occasione del convegno L’Arrampicata sportiva, un’opportunità per il territorio.
Le immagini che potete vedere in questo video
sono quelle di La Grignetta, un film degli anni cinquanta di Renato Gaudioso. I due arrampicatori in azione sulla parete est del Corno del Nibbio ai Piani Resinelli sono Andrea Oggioni e Josve Aiazzi: una delle cordate più famose in quegli anni.
Sullo schermo appaiono anche delle giovani donne intente ad ammirare gli arrampicatori.
Dare la possibilità di osservare da vicino chi scala è una delle caratteristiche del Nibbio. Negli anni cinquanta Dino Piazza e altri tra i “Ragni della Grignetta” chiamavano questa parete”il rocciodromo” richiamandosi sia al velodromo, che in quegli anni era sinonimo del “Vigorelli” di Milano, che ai più nostrani “bocciodromi”.
Perché parlare del Nibbio invece che di altre falesie del Lecchese? In fondo è poco più di un dosso erboso e boschivo da tre lati con una parete rocciosa vertical-strapiombante sul versante est, ma su questa parete di soli 80 metri alcuni tra gli arrampicatori più forti del secolo scorso hanno tracciato brevi, ma importanti vie.
In Francia, probabilmente, il Corno del Nibbio sarebbe già entrato a far parte di uno spazio eco-museale tale è la ricchezza della sua storia.
Si può dire che la parete entri nella storia dell’alpinismo nel 1933, quando Emilio Comici, in cordata con Mario Dell’Oro (il “Boga”) e Antonio Piloni apre la Via dei Diedri. Non è che prima non fosse mai stato visto da qualche alpinista. Eugenio Fasana, ad esempio, aveva vinto il camino Mosca nel 1909 e il milanese Erminio Dones era salito sul sasso che poi diventerà il Sasso Cassin. Probabilmente un “locale” sconosciuto aveva poi aperto la via dei Ciuch (ubriachi), ma si può dire che i giovani leoni lecchesi (Riccardo Cassin, Mario Dell’Oro, Vittorio Panzeri, Augusto Corti, Vittorio Ratti,…) all’inizio degli anni trenta, occupati com’erano a esplorare le guglie della Grignetta, non prendessero neppure in considerazione questa piccola parete anche perché non possedevano ancora la tecnica necessaria per vincere gli strapiombi della parete est.
Fino all’arrivo di Emilio Comici.
Vale la pena di raccontare brevemente la storia dell’”invenzione del Nibbio” come parete con cui, per diverse generazioni di arrampicatori, è stato pressoché obbligatorio confrontarsi.
La parete est del Corno del Nibbio
Tutto cominciò sul finire degli anni venti del secolo scorso con il fortunato incontro di un giovanissimo Pino Comi (ottimo secondo di cordata conteso tra i due galletti Cassin e Boga, oltreché fotografo del gruppo) che per una volta, avendo due soldi in tasca, invece di infilarsi, come faceva di solito su per la Valcalolden con lo zaino in spalla, salì sulla corriera per Ballabio incontrando una coppia di distinti signori milanesi: Mary e Vittorio Varale, che sfoggiavano una corda appesa allo zaino.
Una parola tira l’altra e Mary cominciò ad arrampicare con i lecchesi arrivando a salire con Riccardo Cassin nel 1931 la celebre via intitolata a lei sulla Guglia Angelina e ad essere compagna di cordata di Mario Dell’Oro e Pino Comi nell’apertura dello spettacolare Spigolo del Fungo in Grignetta nel 1932.
Il marito Vittorio invece iniziò a scrivere di questi ragazzotti senza un soldo in tasca che, oltre ad essere avvantaggiati dalla estrema vicinanza alle pareti, erano anche ben allenati dal duro lavoro quotidiano e capaci di forgiare con le loro mani gli attrezzi necessari alla scalata.
Vittorio li presentò con una serie di articoli al mondo alpinistico coinvolgendoli nel dibattito tra chi, come lui e il gruppo di arrampicatori delle Dolomiti guidato da Domenico Rudatis, sosteneva che l’arrampicata fosse uno sport e chi negava quest’affermazione.
Mary raccontava ai giovani arrampicatori lecchesi del suo maestro Emilio Comici, arrivando a promettere di farlo venir ad arrampicare in Grigna.
Nel 1933 la signora Varale mantenne la promessa e, preceduto da una formidabile campagna mediatica del fascistissimo settimanale Il Popolo di Lecco, Emilio Comici arrivò ai Resinelli e cominciò a far sperimentare agli arrampicatori locali alcune novità arrampicatorie come, ad esempio, l’uso delle due corde con la tecnica a forbice, capace di favorire la progressione del primo di cordata su pareti strapiombanti.
In un suo articolo Mary racconta del giorno in cui il suo maestro, mentre saliva al suo fianco verso il rifugio Porta, buttò l’occhio sulla parete est del Nibbio e chiese se qualcuno ci avesse mai messo le mani. Alla risposta negativa di Mary, Comici rispose con un deciso “Andremo noi!!” Quello che successe nei giorni che precedettero la salita della ripida parete del Nibbio è degno di nota: l’invenzione del Nibbio venne annunciata dai giornali locali che indicavano ora e luogo del tentativo.
Il giorno della scalata un centinaio di curiosi si radunarono alla base, con il naso all’insù, ad aspettare l’evento. Erano così tanti che Mary rinunciò alla salita non vedendo di buon occhio una platea così numerosa.
La cronaca di quel giorno è registrata su un’audiocassetta nella viva voce di uno dei presenti, Pino Comi che racconta come, dopo il rifiuto di Mary, avrebbe dovuto essere lui a salire con Comici e Boga.
Alla fine decisero che sarebbe stato Antonio Piloni a fare da terzo di cordata superando, con un furtivo scambio di braghe dietro ad un cespuglio: il problema dovuto al fatto che Piloni indossasse quel mattino il “vestito della festa”.
I primi metri di Comici sulla nascente Via dei Diedri fecero fare un salto di qualità all’arrampicata libera della zona e tutta la via può essere indicata tra le pietre miliari dell’arrampicata su calcare in Italia.
Pochi giorni dopo Cassin la ripeté con Piloni e una settimana più tardi fu ancora Cassin a guidare la signora Varale in una delle prime ripetizioni. Da quel momento il Nibbio e i massi che gli fanno da contorno diventarono uno dei luoghi più frequentati dagli arrampicatori: un laboratorio a cielo aperto che si può dire continui ancora oggi e che ha ospitato per decenni i migliori scalatori, impegnandoli sia in eleganti arrampicate “in libera” che in faticose salite artificiali.
Negli anni immediatamente successivi cominciarono ad aprire vie o a compiere impegnative ripetizioni alpinisti del calibro di Cassin, Boga, Vittorio Ratti, Gigi Vitali, Ercole Esposito… Nell’immediato dopoguerra vennero i Ragni di Lecco con Carlo Mauri e Casimiro Ferrari e decine di altri fortissimi primi di cordata. Insieme a loro i milanesi, i monzesi, i bergamaschi, i brianzoli: gente del calibro di Walter Bonatti, Andrea Oggioni e Josve Ajazzi che avete appena visto sullo schermo impegnati nella salita proprio della via aperta da Emilio Comici nel 1933; poi ancora alpinisti del calibro di Vasco Taldo, Nando Nusdeo, Mario Curnis, Romano Perego… Negli anni sessanta e settanta, erano le faticose vie artificiali a farla da padrone.
Mise le mani sulla roccia del Nibbio anche Patrick Edlinger che, negli anni Ottanta, ebbe modo di vivere la stagione del passaggio all’arrampicata sportiva inaugurata da Marco Ballerini nel 1982 con l’apertura di Bo Derek sulla compatta placca di sinistra della parete.
Dopo di lui Stefano Alippi, Norberto Riva, Giuseppe Bonfanti, Tono Cassin … e tutti gli altri che, nelle afose giornate estive, arrampicano ancora oggi sulla storica parete est del Corno del Nibbio.
Riccardo Cassin al Nibbio nell’epoca d’oro del “sesto grado” (Archivio Fondazione Cassin)
postato il 1° giugno 2014
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Un filmato molto bello.
Però questi il Nibbio se lo vogliono commerciare.