Il prezzo ambientale dello sci

I comprensori sciistici mettono a dura prova l’ecosistema alpino, ma la ricerca non è ancora riuscita a fotografare ogni aspetto del suo impatto.

Il prezzo ambientale dello sci
di Redazione di Giardino di Albert / Simone Pengue 
(pubblicato su rsi.ch il 28 febbraio 2025)

Piste bianche anche se non nevica, tracciati privi di rocce e alberi da cima a valle, seggiovie moderne sempre in funzione. È quello che offrono i blasonati comprensori sciistici svizzeri, costi quel che costi, tra cannoni sparaneve, motoseghe e ruspe. A pagarne il prezzo, oltre agli sciatori crucciati per skipass sempre più cari, è l’ecosistema. La ricerca scientifica a riguardo è ancora limitata, ma porta convincenti prove delle difficoltà che devono affrontare gli animali e le piante che vivono da sempre nelle zone dove, nel corso dello scorso secolo, sono comparse le stazioni sciistiche, che ora occupano circa lo 0.8% del territorio alpino. Il fragile ecosistema d’alta quota, già messo a dura prova dall’innalzamento delle temperature, risente fortemente dell’invadente interruzione artificiale delle foreste e delle praterie dovuto alle piste e agli impianti di risalita. Il professore di ecologia dell’Università di Milano Mattia Brambilla, specializzato in ambiente alpino, spiega che «l’impatto varia sicuramente da specie a specie, da ambiente ad ambiente e da pista a pista. Quello che in generale si osserva è che comunque i comprensori sciistici sono sempre associati ad un’alterazione dell’ambiente in cui vengono realizzati, quindi ci saranno sempre delle specie che rispondono a questa alterazione».  

Foto: KEYSTONE/Anthony Anex

Per dare uno sguardo d’insieme allo stato dell’ecosistema, spesso i ricercatori concentrano i propri sforzi sugli gli uccelli, che vengono scelti di sovente in quanto ottimi indicatori ecologici. Tra gli impatti diretti, hanno così osservato un peggioramento delle condizioni di vita dei galliformi come i fagiani di monte e i galli cedroni, entrambe specie fortemente minacciate in Svizzera. Di notte, questi uccelli poco abili a volare non si accorgono della presenza dei cavi sospesi degli impianti e vi impattano in modo spesso fatale. Inoltre, alcuni studi sui galliformi evidenziano come la presenza degli sciatori fuori pista aumenta il livello di stress fisiologico e il carico di parassiti. «Alcune conseguenze non sono immediatamente percepibili, ma sono effetti indiretti visibili solamente con indagini apposite», commenta Mattia Brambilla.  

Un fagiano di monte. Foto: Imago.
Una pernice bianca. Foto: Imago.

Al momento la ricerca scientifica non si è ancora espressa con chiarezza circa le conseguenze dei comprensori sciistici su mammiferi di media e grossa taglia, come volpi, lupi o cervi, ma è stato rilevato che diverse specie di piccole dimensioni li soffrono molto. Infatti, agli occhi di un’arvicola o di un toporagno, una pista appare come una larga e uniforme distesa di neve priva di riparo dai predatori e troppo compatta per poter essere scavata. «Questi roditori sono quasi totalmente assenti sulle piste, mentre sono relativamente comuni nei boschi intorno. Verosimilmente non riescono ad attraversarle perché vengono percepite come barriere troppo pericolose», spiega Mattia Brambilla. 

Un’arvicola. Foto: Imago.

Anche la costruzione e la manutenzione delle piste, come di ogni altra opera edile, sono fortemente impattanti sull’ecosistema alpino, a partire dalle piante e dagli insetti, maggiormente sensibili alle condizioni del terreno. Infatti, per realizzare piste uniformi, vengono rimossi gli strati superficiali del suolo, ricchi di nutrienti e di semi. «Qualunque cosa si costruisca ad alta quota, è meglio essere attenti a come si maneggiano il suolo e le piante per molte ragioni diverse: biodiversità, erosione o estetica», commenta Christian Rixen. L’Istituto per la neve e per le valanghe si è impegnato a supportare i lavoratori e le imprese che operano in ambienti alpini attraverso la produzione di linee guida per ogni tipo di intervento edile o infrastrutturale. «C’è l’humus, la materia organica in superficie, e poi i vari tipi di suolo sottostanti. Se gestisci questi strati con cura, li ripristini nel modo più preciso possibile e poi riempi le lacune con i semi giusti, provenienti dall’habitat adeguato, puoi ridurre significativamente l’impatto», spiega il ricercatore SLF. Circa ogni due anni, il gruppo di lavoro per l’inerbimento in alta quota, di cui Christian Rixen è presidente e parte dell’Associazione Svizzera di Bioingegneria, elargisce un premio ai progetti più meritevoli, siano impianti di risalita, strade, edifici abitabili o altro. «Se vediamo che le persone che lavorano nella zona di costruzione hanno prestato grande attenzione alla natura e si sono impegnate a ridurre al minimo i danni, assegniamo loro un premio – racconta Christian Rixen – perché è importante non solo sottolineare i problemi, ma anche riconoscere gli sforzi positivi. Ovviamente, non vogliamo il greenwashing (“ecologismo di facciata”, ndr), ma riconosciamo che alcune persone sono consapevoli degli errori fatti nei decenni scorsi e vogliono davvero migliorare le cose».  

A livello mondiale, la ricerca sull’impatto delle stazioni sciistiche sugli ecosistemi non è tanto abbondante e ricca quanto ci si potrebbe aspettare dal confronto con tematiche simili. «Io spero che gli sforzi si intensifichino – commenta Mattia Brambilla – Il traguardo di avere dei comprensori compatibili con gli ecosistemi e le specie di montagna è ancora ben lontano. Ci sono alcuni segnali di una volontà di lavorare in questo senso, ma, a parte alcune lodevoli eccezioni, c’è ancora poco dialogo anche tra chi fa ricerca e chi gestisce gli impianti». Nella Svizzera italiana, il comprensorio sciistico di Airolo pone attenzione all’ambiente per temi come la gestione dei rifiuti, il consumo idrico dei cannoni e un cauto utilizzo dei gatti delle nevi, ma attualmente non prende misure specifiche per la salvaguardia dell’ecosistema. Il motivo è da ricercare ancora una volta nella scarsità sia di ricerche scientifiche che di proposte di contromisure adeguate. Il direttore del comprensorio sciistico Nicola Mora fa eco all’appello del ricercatore dell’Università di Milano dichiarando che «dinanzi a evidenze o argomentazioni scientifiche noi saremo sicuramente disposti a introdurre delle misure se non correttive, almeno di mitigazione». Alcuni comprensori francesi hanno installato delle protezioni per l’avifauna vicino ai cavi sospesi, ma non è chiaro se stiano effettivamente prevenendo le collisioni. Altre zone di Svizzera, Francia, Germania e Austria hanno bandito il fuori pista da alcune aree ben delimitate in modo da proteggere il fagiano di monte e il gallo cedrone. Solo attraverso maggiore ricerca scientifica è possibile capire dove, come e perché intervenire. A quel punto, per rendere più sostenibile lo sci, basteranno il dialogo e la volontà. 










Il prezzo ambientale dello sci ultima modifica: 2025-03-14T05:42:00+01:00 da GognaBlog

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29 pensieri su “Il prezzo ambientale dello sci”

  1. Ancora in molti pensano che lo sci abbia portato “ricchezza” alle popolazioni alpine… ma anche no, l’ arricchimento è per i soci e gli azionisti delle industrie di impiantistica e i loro manager e tecnici, tutta gente che vive in città, anche all’ estero in alcuni casi; non ci credete? Allora, nei post precedenti sono stati citati luoghi un tempo magnifici come la val d’ Ayas, ebbene, fino all’ esplosione del fenomeno sci e della devastazione del territorio, tale valle era comunque ampiamente frequentata e meta di turismo, sia popolare (colonie) che d’ elite: lo conoscete lo storico e stupendo “hotel Breithorn” a Champoluc? Non era ricchezza anche quella? Non c’ era allora lo sci come lo intendiamo ora, azi quasi per nulla. Lo stesso dicasi per Saint jacques, frequentato da intellettuali e politici, ora ridotto a un paese fantasma, dove le attività commerciali sono state chiuse . Una volta c’ era l’ arricchimento, ora no. Attualmente, sempre in valle, lo splendido villaggio di Mascognaz è stato restaurato e ora è sede di un albergo diffuso, con prezzi molto elevati, altro che se c’è arricchimento…ma non c’ entra un bel cavolo con lo sci e la deturpazione che esso comporta, anzi, i ricchi turisti stranieri ci vanno proprio perchè ancora è presente l’ antica bellezza dell Alpi, anche se a breve distanza è presente il delirio del Crest…
    Se andranno avanti a rovinare la valle, perderanno altri turisti e basta, cioè saranno meno ricchi;  per lo sci, in generale parlando, è stato fatto di tutto e oltre, la montagna, la sua bellezza e la sua civiltà alpina esistevano prima dello sci.

  2. Se il problema è limitato allo zero virgola otto per cento del territorio e da da vivere al 50 per cento degli abitanti della montagna direi che la risposta è chiara, il problema non esiste

  3. @23 gli additivi leggo sono stati abbandonati anni fa.(proteine)
    Certo e che usano in certi versanti sali particolari per indurire e far gelare in fretta che poi al disgelo bruciano gli strati erbosi.
    La compattezza e la lunga durata della neve artif. verso la stagione primaverile poi non favorisce la ricrescita vegetativa che conseguentemente ritarda.
    Quindi in definitiva hai ragione di lamentartene e che frega poco a nessuno.
     

  4. Il punto è sempre lo stesso. Sviluppo economico o salvaguardia dell’ambiente?….io non avrei dubbi però mi rendo conto che ci sono tante cose da valutare. però bisogna essere aperti mentalmente. Anche la cocaina e la prostituzione,  portano ricchezza e c’è un discreto giro economico ,però… Quali sono i limiti moralmente accettabili per stabilire se uno sviluppo economico è giusto o sbagliato…..per me gli impianti di risalita come cave dovrebbero essere chiuse, però…….

  5. @ Mario Tome’
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    Io sono cresciuto con un nonno del 1907 di quelle zone e , per quanto milanesizzato, capisco bene quello che dici.
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    Mio nonno non buttava niente e riciclava e riparava tutto, per lui la globalizzazione difficilmente sarebbe partita.
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    Il suo “sistema operativo” , a livello emozionale e sentimentale , lo porto ancora sotto la pelle quando parli di pulire il bosco , e ti capisco.
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    Dall’altra parte , credo di essere un nostalgico, affezionato ad una :”Lingua morta” , che nel mondo attuale che vuole benessere non serve più a niente.

  6. @Alberto stagionale …. certo che vado anche in altre valli e ti garantisco che non mi servono chissà che servizi perché la maggior parte della volte mi muovo con tenda bivacco da solo. Tu hai bisogno di tutto un parecio… io propongo di utilizzare quello che c’è fino all’usura consentita e poi basta … avete stressato la montagna.. la montagna è di tutti ed hai ragione ma non per tutti. Stai pure a Milano che i suv su di qua non mi piacciono. Cortina sucks! E vai via per le zone di Cognetti che è tutto più bello le Domiti Bellunesi fanno schifo… cosa ci vieni a fare? Se mi vieni a trovare ti metto a pulire il bosco altro che super ski!

  7. Ed il problema…. ma bisognerebbe andarne a fondo è; neve artificiale … cosa succede al pascolo? Perché? Perché per dare alla neve artificiale un certo tipo di durata/,consistenza e boh ecc ecc si usano degli additivi ….  …  influiscono o no ? E poi comunque tutto il resto è un fastidio totale per l’ambiente! O no?

  8. @Expo .. no.. no… no .. ma secondo te dove pascolano una parte di mucche in zona Civetta? ….. inverno piste da sci … estate pascolo mucche … ..

  9. @ Tome
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    Credevo intendessi con le mucche indicare un’alternativa ( lavorativa) allo sci  nel contesto montano.

  10. @Expo … in Rosa, da Agort/Alagna; autobus, treno…… una volta taxi da Vercelli… ma da Alagna a piedi … se con questo vuoi aprire una critica per il fatto che da Agort ad Alagna ci sono arrivato con il mezzo pubblico.. l’accetto e riconosco che dovrei migliorare la prestazione in pianura rendendola meno impattante per l’ambiente… hai ragione!(Anghileri insegna) Tu continua  a prendere anche la seggiovia fino a Salati .. in Val de San Lugan ci vado a piedi, sci da fondo, bicicletta. ma da Col di prà … pelli o a piedi inte in Angheraz … no cavi! Mucche e latte non lo contestualizzavo alla manodopera ma alla questione ; impianti sci/neve artificiale/pascolo inquinato … latte top! Cosa c’entra la mano d’opera?  Di che collegamenti parli?

  11. @ Tome’
    Alla fine va’ bene tutto, e anche a me la Valle di San Lucano piace così, ma al Rosa ci sei andato a piedi o in bicicletta ?
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    Un secondo punto che non tocchi e’ : “Quanti agordini di 13 anni vogliono andare in alpeggio a badare le mucche ?”
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    Tutti , solo quelli sopra i 60 anni , nessuno, il 20 %. ?
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    .
    Perché alla fine i discorsi sono collegati.

  12. E mentre ti scrivo … vedo Agner, Pale di San Lucano, Marmolada, Framont, Moiazza, Civetta, San Sebastiano, Tamer, Castello di Moschesin, monte Zelo, Feruch, Monti del Sole, Croda Granda……  mmhhhhhhhhh..  bip bip ? Bip,bip… ? 

  13. Beh Mario, per il Rosa io sono sempre partito da Saint-Jacques, anche per la Signal e la nord del Breithorn…pensa tu!
    Però non credo lo stesso che togliere tutto sia l’unica soluzione e tantomeno che sia realisticamente perseguibile
     
    Cmq, Matteo io 🙂

  14. Se vuoi poi ti parlo di molto altro … pascolo, mucche, latte…. ma non voglio molestare troppo la sensibilità altrui… ma Matteo chi?

  15. Esatto Matteo! Mi fa piacere che ce la fai … sono per la seconda! Senza se e ma. Bon … finiamo di tirare i soldi con le ultime certificazioni che non penso saranno eterne dopo di che ci penserà anche il meteo probabilmente ma fanculo anche il downhill o lo sci d’erba con risalita…. muovere il culo! Se dici di aver conquistato il Monte Rosa con funivia passo Salati e Cabinovia Stolenberg stai dicendo una marea di cazzate! Ed io me la godo da Alagna!  

  16. Mario Tomé, intendi dire che è giusto perciò fare impianti-piste-innevamento artificiale dovunque e comunque oppure che occorre abbattere tutte le funivie-seggiovie-skilift senza se e senza ma?
    Perché queste sono le “vie non di mezzo”

  17. Cosa cercate? Una via di mezzo? Non ci sono vie di mezzo e sinceramente mi fate schifo, perché state cercando di trovare una convivenza che non sà da fà! Siete senza coraggio, idee e amor proprio… ! Voi in montagna non ci dovete andare! 

  18. @ Regattin 
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    Sono d’accordo con te , ovviamente con i distinguo che fai.
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    Uno dei problemi e’ che le piste da sci hanno una clientela sempre più esigente, che non chiede solo il taglio del bosco, ma anche un grande sbancamento con le ruspe.
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    A Livigno quest’anno ho visto piste larghe 300 m , ed uniformi che ci potevi passare con la livella , meno idonee ad essere “integrate” nel prato.
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    Il fatto di dover “tirare a lungo” la stagione, comporta che molti pendii siano tenuti innevati e disturbati  per molto più tempo oltre al fisiologico.
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    Facendo tre passi indietro, credo che la discussione abbia bisogno di proposte alternative allo sci e loro praticabilità.

  19. Questo è per @4 e @6
    https://www.ilsole24ore.com/art/neve-italia-crescono-impianti-ad-alta-quota-dismessi-raddoppiati-rispetto-5-anni-fa-AGiwCIVD?refresh_ce=1
    Per quanto riguarda la biodiversità, da appassionato della materia devo mio malgrado ammettere che le piste costruite molti decenni fa (mi riferisco ad alcune della mia Regione, il FVG) si stanno “comportando” come praterie d’alta quota, habitat che sta lentamente scomparendo a causa dei mancati pascolamenti ed all’innalzamento del limite vegetazionale superiore di alberi ed arbusti. In altre parole c’è molta più biodiversità, con un gran numero di specie floristiche anche rare che vi si sono insediate nei prati delle piste rispetto ai boschi che le affiancano. Questo, ripeto,  per quanto riguarda la flora. argomento trattato solo marginalmente dal post. Questo non significa che sia a favore di ulteriori realizzazioni, teniamoci quelle che ci sono, per il resto ci sono già studi a sufficienza da consultare per evitare di consumare ancora territorio.

  20. Dopo aver cementificato le loro città,  vorrebbero trovare tutto bello come 100 anni fa in montagna, dimenticando che c’è chi in montagna ci vive. Non di aria ovviamente 

  21. Anche grazi alla meritevole diffusione dei concetti da parte di spazi web come questo, ci si sta FINALMENTE rendendo conto che gli impianti per lo sci sono un “tumore” che ammala profondamente e irreversibilmente l’ambiente. Lo sono gli impianti in quanto tali, ma soprattutto lo è tutto il “circo” (anche umano) che gira introno agli impianti. Per estirpare i tumori innanzi tutto occorre eradicare completamente i “fattori tumorali” che lo alimentano. Questi ultimi sono numerosi e non li ripeto (sono “agli atti”, li ho già scritti in mille commenti e articoli), ma è davvero ingenuo pensare di guarire il tumore lasciando inalterati i fattori tumorali. Ammesso di guarire l’attuale malattia in corso, se non intacchiamo i fattori tumorali, essi ricostruiranno il tumore.

  22. Un altro articolo contro lo sci alpino e fatto da ambientalisti da operetta contro il progresso e per una decrescita infelice. Il Dolmiti Superski è un modello alla faccia dei verdi

  23. Viene spontaneo e immediato il confronto con la filosofia di Milano – Cortina. Siamo sullo stesso pianeta??? Più o meno 200 km di distanza ma pare siano anni luce, non km.

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