Il weekend degli Antichi
Primo SMS: “Siamo qui dal Furly e si parla della possibilità di vederci tutti: a Laura e Furly piacerebbe che ci vedessimo il ponte del 31 maggio, 1 e 2 giugno, a Finale. Verrebbero in camper. Voi che fate, avete già programmi?”.
Risposta: “Perfetto! Sarebbe bellissimo! Per noi ok!… Ugo aggiunge: sempre che Grillo l’abbia presa in c… alle elezioni, altrimenti siamo in lutto. Baci a tutti”.
Secondo SMS: “Se arrivare al 28 o 29 per cento è prenderlo in c… vedremo. Io comunque, obtorto collo, voto l’ebetino…
Risposta: “Dice Ugo che se il 28% degli italiani per dispetto alla moglie si taglia le palle… suma bin ciapà…”.
La banda degli Antichi (Gogna, Manera, Furlani) in vetta alla Crete du Raisin, 8 agosto 2012
E’ la più bella ora mattutina quando arrivo a Loano, quella quando senti ancora le campane, quella dove riesci a trovare il posteggio.
Il viaggio solitario mi ha messo fame e sono impaziente di andare al mio forno preferito, nel caroggio principale, e comprare focaccia buona come ormai pochi sanno fare.
Accanto alla casa di Valentina e Ugo Manera staziona il camper bianco di Marco Furlani, per una volta senza biciclette appese al retro. Era chiuso, posteggiato sulla riva sinistra del torrente Nimbalto: dalle finestre e svegli potevano vedere le anatre affamate scivolare sull’acqua. Incerto sulla preferenza, suono al citofono della casa e mi apre Ugo che già stava leggendo le guide di arrampicata mentre preparava la prima moka di caffè.
Leggere le guide al mattino, e scegliere, ti mette in posizione di potere: è un’astuzia delle vecchie volpi, quelle che ormai sanno di avere più furbizia che forza. Alla nostra età le vie devono avere un carattere preciso, e situarsi in un range di continuità che ci porta al clou della giornata senza salti repentini.
Non troppo difficili, non toppo atletiche, non troppo brevi e intense, devono essere puro distillato di estetica combinato alla possibilità di un risultato.
Alla nostra età infatti non digeriamo facilmente un qualunque scacco, la nostra abilità è quella di scegliere, la non disponibilità allo scacco è confusa con l’abilità di scegliere bene, e quella non si tocca! L’errore in questo campo rischia di provocare l’aumento di livello depressivo.
Noi che abbiamo superato una certa età non soffriamo d’ansia da prestazione ma prestiamo il fianco a un terribile dispiacere, quello di aver sbagliato nella scelta della via, o magari anche della falesia. Ecco dunque che lo studio accurato e quasi pignolo delle vie descritte in una guida è fondamentale, approfondito e ingordo prima di colazione quanto vaporoso e distratto nella conversazione, una volta dato il via al comunitario lavorio di mascelle mattutino.
Sbadigliando, Valentina esce dalla camera da letto e ci salutiamo con un bacio. Il caffè sta salendo e profumando la cucina. Esco per andare al camper, dove busso discreto. Loro erano qui già da venerdì sera e ieri avevano arrampicato alla Placca dell’Artista.
Mi aprono Laura e Lucia, quest’ultima assai delusa dell’assenza della sua amata Guya. Il Furly era uscito a comprare il pane, allora vado anch’io perché da buon anziano pure io ho le mie manie e tra queste è la focaccia del mio forno preferito.
Torno con un pacco di fette fumanti, Furly ha comprato solo pane e roba dolce. Perfetto! Ci avventiamo tutti e sei sulla fûgassa e sulle brioches, sul tè e sul caffè.
– Comunque hai ragione con la storia dei liguri di merda – ride il Furly rivolto a me – ho girato tre forni prime di trovare le brioches… nelle prime due mi hanno detto, con maggiore o minore aria di sfida, che erano finite… ma me lo hanno detto in un modo…
– Ti hanno fatto sentire in colpa perché sei arrivato in ritardo, vero? Sono degli artisti in questo – lo interrompo.
– Certo, sì, sembravo io il mona…
Furly, Ughetto e Lucia verso la Rocca dell’Aia
– Vi va bene se andiamo alla Rocca dell’Aia? – chiede Ugo disinteressato alle questioni etniche ma che evidentemente aveva chiuso solo a quel punto la sua indagine interiore sul panorama delle possibilità.
– Ah, per me… io non so neanche cosa è – accetta il Furly.
– Bene – dico io – così andiamo a fare la via della Fessura, niente meno che uno degli itinerari dei Cento Nuovi Mattini!
– Certo che c’era chi andava a fare i cento nuovi mattini… e chi invece andava a farsi il culo in fabbrica – pronuncia il Furly, recitando un periodico tormentone. In genere seguito dalla struggente descrizione di come erano le condizioni di vita nel “ridente Trentino” all’inizio degli anni Sessanta.
– Perché non c’era più l’illuminato impero austro-ungarico, c’erano invece i “taliani” che prima o poi, varda, te lo mettono nel c…!
– Chi ti diceva questo? – interviene Valentina che ormai aveva cominciato a rigovernare la cucina come se la dovesse rivendere nuova.
– El me papà, casso… che ha fato la guera in Albania, Grecia e Russia!
– Beh, sì – torno io sul discorso – è vero, ero un parassita, come i “parassiti sociali” che tu, Ugo, hai descritto così bene su Scandere.
– Bel pezzo, bell’articolo quello!
– Settimogradisti parassiti sociali… ah, bei tempi! I sestogradisti erano gli alpinisti che lavoravano… i settimogradisti erano dei parassiti che non facevano un cazzo!
La discussione ha già preso una piega alcolica anche se, a quest’ora, non è scorsa alcuna goccia d’alcol.
– Sul fatto del parassita – racconta Ugo – una volta in Patagonia Walter Bonatti a momenti viene alle mani con Nanni Villani… si stavano proprio accapigliando!
Ora il discorso vira al politico, viene lanciata qualche frecciatina, ma poi siamo costretti ad alzarci da tavola e fare gli ultimi preparativi.
– Siamo in cinque più la bambina, prendiamo due auto?
– No, direi che possiamo stare in sei in una sola.
– Io mi metto nel bagagliaio – squittisce Lucia che nel frattempo non era mai stata zitta, pur essendo stata minacciata di nastro adesivo sulla bocca.
– Beh, se dividiamo la multa possiamo andare con una sola – concludo io mettendomi al volante.
In viaggio c’è uno show del Furly che si lascia andare a una filippica contro i trentini, brave persone ma individualiste e divise, e soprattutto contro il management del Festival di Trento, una critica costruttiva ma esilarante. Ma il passo successivo investe ancora grandi personaggi.
– Una volta ho chiesto a Cesare Maestri, che è mio amico, cosa ne pensava di Bonatti – racconta ancora il Furly – Bonatti? Un… mona! Tante storie per il mio compressore sul Torre, e poi lui andava a menare il machete vicino alle fazendas…
Mentre affrontiamo la stretta stradina per Castagnabanca, l’ultima frazione prima del posteggio, il discorso naviga agile nell’arcipelago delle idee preconcette e nei veti incrociati d’opinione, su Renzi, su Grillo, sui giornalisti.
– Marco Travaglio è un disfattista, è solo capace di gettare fango su tutti – afferma Ugo.
– Ma è giusto fare così, perché il marcio è ovunque… non mi piace questo PD – scuote la testa Furly (e mancava ancora qualche giorno all’esplosione del Mose di Venezia…).
– E’ un qualunquista!
– Perché Milena Gabanelli sì e Travaglio no? – chiedo io polemico.
– Perché Report della Gabanelli fa inchieste “serie” e documentate, mentre Travaglio “a l’è ‘n piciu” capace solo di mettersi in mostra. Hai visto come Di Pietro è stato distrutto da Report? E Travaglio ha mai distrutto veramente qualcuno?
– Ma anche lui ha le sue documentazioni…
– Ma va, va… basta!
Timbri e toni si stavano alzando, ma ormai eravamo vicini alla meta automobilistica.
– Ma cosa è tutta questa gente?
Nei pressi del posteggio contiamo almeno una settantina di persone di tutte le età che si sta avviando verso il rifugio Pian delle Bosse.
– Merenderos… – detto con aria di superiorità.
– Minchia, oggi il rifugio fa festa!
Giunti alla Rocca, ci dividiamo. Furly, Laura e io sulla via della Fessura; Ugo, Valentina e Lucia su una vicina struttura, di fronte alla Rocca dell’Aia.
La quarzite della Rocca dell’Aia è sempre una bella conferma, appigli saldi, arrampicata quasi sempre atletica.
Dalla parete osserviamo la microbica Lucia scalare, a circa 200 metri di distanza.
– Certo che ora i bambini hanno una bella infanzia – commenta Furly rapito dalla visione della figlia lontana.
– Eh… sì… specialmente la tua che capisce certe cose, la fortuna che ha – dico io, sottintendendo “con due genitori così”.
– Sì sì, lo capisce, è proprio brava.
– E speriamo continui a capirlo!
– Luciaaaaaa! Bravaaaaaa! – e l’eco ripete.
In cima ci stringiamo la mano, come gli antichi, incapaci d’essere diversi soprattutto perché neppure lo vogliamo.
Dopo una breve corda doppia, Laura va a raggiungere la figlia e io rimango con Furly, destinazione la via Scarason, un itinerario aperto da Gianni Calcagno e da me nel lontano 1967. Oggi richiodato è un’arrampicata libera davvero bella e consigliabile.
Poi la giornata prosegue tra le battute, un monotiro dato 6a un po’ severo e l’incontro con altri tre classiconi, due con i capelli bianchi, simpatici.
Lucia Furlani alle prese con il 6a cattivo
Valentina butta là l’idea di andare al rifugio Pian delle Bosse, anche se non sappiamo esattamente dove è.
Arrischiamo una salita che teoricamente poteva essere ben più lunga, accontentando lei ma allo stesso tempo minacciandola di ritorsioni in caso di fatica superiore al previsto. Dopo una mezz’oretta arriviamo alla radura accanto al rifugio, un volume un po’ sproporzionato rispetto alle dimensioni del sito. Commento positivamente che abbiamo lasciato lì la fontana, funzionante.
La Rocca dell’Aia, salendo al Pian delle Bosse
Non c’è più molta gente, il grosso è appena andato via: mi pregusto già una bella merenda, anche se non rinuncio a fare un po’ di terrorismo raccontando per l’ennesima volta la storiella del ristoratore ligure, notoriamente grezzo e pigro, spesso maleducato e un po’ aggressivo.
– Cosa avete da mangiare?
– A quest’ora? – e qui scatta l’instillazione di una vaga colpa per essere lì a chiedere fuori orario – a chest’ua emu trofie au pestu…
– Troffie al pesto… e poi?
– Eh, belin… trofie au pesto e piggitelu-into-cû… ma me dixian che ‘e trofie sun fini-ie!
Beh, qui al rifugio Pian delle Bosse non sono così sadici, ma la risposta comunque non va oltre al piatto freddo di affettati e formaggio.
– Se volete qualcosa di caldo dovete aspettare stasera…
Vedo la delusione sul volto dei miei compagni. Non tutti, infatti Furly era rimasto appoggiato alla fontana e non si era neppure avvicinato, limpido esempio di linguaggio corporeo.
Non oso neppure insistere quando vedo cadere nel vuoto anche la proposta mia di ripiego, quella di bere qualcosa e basta. Le facce parlano chiaro, e così ci avviamo alla discesa.
“Ma cosa ci siamo venuti a fare a questo rifugio?” rimugino tra me, prigioniero di questo pensiero da anziano saturnino che vede solo il mangiare e il bere e magari non apprezza neppure la bellezza del bosco e di una compagnia mediamente morigerata: la banda degli Antichi.
Rocher St. Julien (Buis les Baronnies, Provenza), 26.4.2001. Franco Ribetti, Valentina Villa, Ugo Manera
postato il 10 luglio 2014
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“via Scarason, un itinerario aperto da Gianni Calcagno e da me nel lontano 1967. Oggi richiodato è un’arrampicata libera davvero bella e consigliabile.”
Buono a sapersi….
Qui mi sei piaciuto. Avrei voluto esserci.
Visto che in Apuane il meteo era incerto e la roccia sicuramente umidiccia vista l’acqua che ha buttato giù sabato, ieri siamo andati alla Rocca dell’Aia. Giunti a Loano ci siamo comprati l’ottima focaccia. Non sarà stata come quella del forno di Alessandro, comunque buona.
Arrivati sotto la parete della Rocca scegliamo la via della FESSURA. Bella!! anche se la riattrezzatura a comodi fix da rinviare un po’ mi fa dispiacere. Alcuni vecchi e sicuramente originali ancoraggi sono lì ancora a testimonianza della antiche gesta…
Non c’era nessuno, la Rocca tutta per noi e siamo stati da Dio.
Non oso pensare ad una combriccola di tal fatta che impegna estremamente il rifugista delle bosse abituato a gente tranquilla… il mio pensiero và a lui poveraccio che dovra smaltire per anni le conseguenze dell’esperienza…!
Rocca dell’Aia bel posto dove ho ripetuto diversi itinerari, salendo una volta anche la via di Calcagno allo Scoglio del Butto, una struttura poco sopra.