La Battaglia dell’Assietta
di Carlo Crovella
Le montagne non sono solo difficoltà, gradi, diedri, creste, valloni, ma anche storia, cultura e tradizioni. Le Alpi sono storicamente e geograficamente una cerniera fra popoli e Stati confinanti. In quanto cerniera hanno visto transiti, commerci, scambi di idee e di cultura, ma anche numerosissimi episodi bellici. Dalle semplici scaramucce alle singole battaglie fino alle guerre lunghe e sanguinose.
Può sembrare sconveniente celebrare una battaglia, come un momento “positivo”, nell’attuale clima condizionato da ciò che accade in Ucraina. Ma la storia dei popoli passa anche attraverso le battaglie, forse più di quanto si sviluppi nel confronto commerciale, culturale e ideologico. Una battaglia è in genere un momento di affermazione dell’identità di un popolo, dei suoi valori, delle sue caratteristiche salienti.

Molte delle battaglie delle Alpi hanno ricoperto ruoli non indifferenti nella Storia europea, ma ce n’è una cui io sono particolarmente affezionato: la Battaglia dell’Assietta (19 luglio 1747). Mio padre mi ha spesso portato alla celebrazione annuale di tale evento fin da quando avevo 10-15 anni.

Più del noto Assedio di Torino del 1706 (nell’ambito del quale si inserì l’episodio eroico di Pietro Micca) è la Battaglia dell’Assietta a cui si collega la “vera” Festa del Piemonte. Anche qui, come nel 1706, si tratta di una vittoria contro l’esercito francese, ma le caratteristiche dell’episodio sono molto particolari e meritano un cenno.
La Testa dell’Assietta si trova a circa 2570 m sullo spartiacque fra Val di Susa e Val Chisone. Le due valli erano difese dai Forti sabaudi di Exilles e di Fenestrelle (strutture meritevoli di una visita turistica). Nell’occasione del 1747 l’esercito francese decise di procedere sul crinale fra le due valli, proprio per evitare i forti. Lo spartiacque non è aguzzo come la Cresta del Lyskamm, ma non è neppure un campo aperto: si tratta di una serie di ondulazioni erboso-detritiche, con alcune vette arrotondate e intervallate da varie depressioni (una delle principali è il Colle dell’Assietta).


Su tale spartiacque stazionava da tempo una guarnigione di soldati piemontesi, o meglio sabaudi, rinforzata da qualche contingente austriaco (nell’occasione erano alleati), il tutto sotto il comando di Giovanni Battista Cacherano, Conte di Bricherasio. A dispetto del cognome, che oggi forse induce ad un sorrisetto ironico, il Conte di Bricherasio era un capace comandante e infatti farà una fulgida carriera militar-politica fino al ruolo di Viceré sabaudo.
I piemontesi erano in netta inferiorità numerica: 13 battaglioni contro i 32 dell’armata transalpina. Inoltre i piemontesi erano acquartierati dietro a semplicissimi ripari, per lo più muretti a secco, con qualche ridotta qua e là, come quella situata sulla Testa dell’Assietta. Dopo cinque ore di strenua battaglia i piemontesi respinsero l’esercito invasore, registrando tra l’altro solo 200 perdite contro le circa 5.000 dei francesi (chi dice 4.000, chi addirittura 6.000 e più).
La Battaglia dell’Assietta è passata alla storia come la più probabile origine del soprannome “bogianen” (si pronuncia bugianèn) che caratterizza i piemontesi DOC. Qui si entra nella leggenda, a tal punto che esistono due versioni per la nascita del soprannome sabaudo.
Prima versione. Alla notizia dell’avvicinarsi dell’esercito francese, qualche giorno prima dello scontro, il Comandante Bricherasio mandò una staffetta a Palazzo Reale in centro a Torino, per chiedere direttamente al Re Carlo Emanuele III cosa dovesse fare. Alla staffetta appena tornata il Bricherasio domandò sinteticamente: “Cosa l’han dì?” (Cosa hanno detto?). Risposta laconica: “L’han dì che a venta nen bogese” (Hanno detto che non bisogna muoversi). Il Bricherasio concluse: “E noi a bogioma nen” (E noi non ci muoviamo).
Ecco la natura dei sabaudi: militari fin dalla culla, caparbi, testoni, un po’ ottusi, ma rigorosi, inflessibili e “insponstabili”. Provate a spostarli: impossibile. Chi ci ha provato, come i francesi all’Assietta, si è scornato e se n’è dovuto andar via. Ecco perché questa battaglia è la quintessenza del Piemonte.
Seconda versione. Durante la battaglia, il Bricherasio inviò al comandante della ridotta posta sulla Testa dell’Assietta, Paolo Federico Novarina, Conte di San Sebastiano, l’ordine di abbandonare la posizione (molto esposta agli attacchi francesi) e di ripiegare. Il Novarina non tenne conto dell’ordine, dicendo ai suoi soldati: “In faccia al nemico le Guardie non possono volgere le spalle”. La leggenda sostiene che aggiunse la frase diventata leggendaria: “Noiautri i bogioma nen da sì!” (Noialtri non ci muoviamo da qui!). La frase corse rapidamente da soldato a soldato, galvanizzandoli tutti, e i francesi vennero respinti più volte fino alla loro sconfitta finale.
Nei giorni successivi il Novarina spiegò la mancata applicazione dell’ordine ricevuto, affermando che il Comandante stesso non lo avrebbe impartito se si fosse trovato in quel momento sulla Testa dell’Assietta, potendo così valutare appieno la situazione. In realtà la mancata applicazione dell’ordine gli fu “perdonata” solo perché il risultato della battaglia fu favorevole. L’episodio dimostra però che i sabaudi, che normalmente hanno fama di essere ottusi perché solo abituati ad ubbidire ciecamente, all’occorrenza sanno “leggere” le situazioni e prendono quelle iniziative che l’intelligenza suggerisce.
San Sebastiano Po, di cui il Novarina era conte, è un toponimo che caratterizza un ampio territorio collinare, molto ondulato, posto sulla riva destra del grande fiume, più o meno all’altezza di Chivasso (che però è sull’altra sponda), cioè a Est di Torino (direzione Milano): siamo quindi distanti dal luogo della battaglia. Il capoluogo di San Sebastiano è proprio su uno dei cocuzzoli più alti, ma il territorio è molto esteso e abbraccia “bricchi” (cime), valli, boschi, forre e pascoli. Conta numerose frazioni e frazioncine. Dalla notte dei tempi si narra che una di queste frazioni avesse il nome di Crova. Non è escluso che Crova derivi da crava, che in piemontese significa “capra”: si trattava quindi di abitazioni di persone dedite alla pastorizia. Vita grama, senza tanti lussi, anzi con la classica durezza esistenziale delle nostre parti.
Pare che pian piano gli abitanti di Crova siano stati chiamati Crovella (Crova-Crovela-Crovella). A San Sebastiano, infatti, ci sono due cognomi dominanti: Crovella e Viano (un Viano è stato istruttore della Scuola di alpinismo Gervasutti di rilievo negli anni ’50-‘60). Per DNA i sansebastianesi hanno tutti i peggiori difetti dei sabaudi e per giunta in misura amplificata: militari fin dalla culla, caparbi, testoni, un po’ ottusi, ma rigorosi, inflessibili e “insponstabili”. Provate a spostarli: impossibile. All’occorrenza, però, sanno trovare quel guizzo di improvvisazione risolutiva come fece il Novarina nel 1747.
Se siete dalle parti dell’Assietta (Val di Susa-Val Chiusone) in corrispondenza con l’annuale rievocazione storica (che in genere si tiene la terza domenica di luglio, contrattempi permettendo), fate un salto. L’atmosfera emotiva è molto coinvolgente: l’alzabandiera, la sfilata dei reparti nelle uniformi dell’epoca e le salve di fucili e cannoni non lasciano insensibili.
La montagna è fatta anche di queste cose.
L’anello dal Piano dell’Alpe ai forti ottocenteschi
Testo e foto di Furio Chiaretta
(pubblicato su Alp n. 157, maggio 1998)
Accesso
Da Torino con il raccordo autostradale per Orbassano – None, da cui si continua sulla SS 23 aggirando Pinerolo e risalendo la Val Chisone; poco oltre Fenestrelle si svolta a destra per Usseaux, da cui si continua per Balboutet e il Piano dell’Alpe. Per chi effettua la traversata conviene salire a Sestrière con il pullman di linea Sapav (tel. 0121-803380; si può caricare la bici pagando un secondo biglietto).
Periodo consigliato
luglio, settembre, ottobre (troppe auto e moto ad agosto e nelle domeniche estive).
Dislivello: 1500 m.
Sviluppo: 40 km.
Difficoltà: percorso impegnativo nel tratto del Ciantiplagna.
Carte, guide e libri: IGC, scala 1:50.000, n. 1 Valli di Susa – Chisone – Germanasca; Tullio Contino, La piazzaforte di Fenestrelle, R. Chiaromonte editore, Torino 1993; Dario Gariglio e Mauro Minola, Le fortezze delle Alpi occidentali -1, L’Arciere, Cuneo 1994.
Punti di appoggio: l’agriturismo Pian dell’Alpe, tel. 0121-842672 e 0330-761819 dispone di 10 posti letto e di piazzole per le tende; più in basso, a Usseaux c’è il posto tappa Pzit Rei, tel. 0121-83876.
Informazioni utili: Pro Loco di Fenestrelle, tel. 0121-83600; IAT di Sestrière, tel. 0122-755444.
Itinerario
Dal Piano dell’Alpe 1850 m si prosegue verso nord-est sulla carrareccia, raggiungendo subito la strada militare, che si segue verso sinistra. Con una lunga ma panoramica salita a mezza costa la strada porta al Colle dell’Assietta 2472 m, 11 km; qui si può giungere anche a piedi, percorrendo l’itinerario GTA che da Balboutet porta a Cerogne e sale allo spartiacque).
Dal Colle dell’Assietta si può salire verso ovest, prima lungo i tornanti della militare e poi con il vecchio tracciato di crinale, che costeggia i trinceramenti a zig-zag del 1714, e giunge alla Testa dell’Assietta 2567 m, monumento che ricorda la battaglia. Ridiscesi alla vicina strada militare, si continua verso ovest, e in prossimità di un laghetto si trova a destra il viottolo (chiuso da sbarra) che porta in breve alla Testa di Mottas 2547 m: una piccola opera del 1888-89, invisibile dal basso; da notare la sagoma del terrapieno che nascondeva 4 cannoni che sparavano “in barbetta” (ovvero con la canna talmente bassa che la fiammata dello sparo faceva la barba al terreno). Proprio di fronte si innalza il Monte Gran Costa 2614 m, la cui vetta è stata spianata nel 1888 per costruire due batterie collegate da camminamenti coperti e una caserma per 300 uomini: la strada (chiusa alle auto) che sale in vetta si stacca da quella principale poco più a sud.
A questo punto si può tornare verso est al Colle dell’Assietta, dove la militare si biforca: si segue il ramo in salita, che in meno di 2 km raggiunge la cima del Gran Serin 2615 m, che ospita una scenografica fortezza: lunghe muraglie, un promontorio semicircolare “a caponiera”, i terrapieni per le 4 coppie di cannoni da 120 mm che sparavano “in barbetta”, le piazzole per i mortai. La strada quindi si abbassa a un colle 2587 m, dove sorgono i ruderi di grosse caserme e continua verso est, tenendosi ora sul versante della Val Susa. La strada si restringe e taglia alcune frane, per ritornare sul lato della Val Chisone al Colle delle Vallette 2551 m.
Ora la mulattiera militare si tiene presso il crinale e passando alcune pietraie raggiunge la Cima Ciantiplagna 2849 m, che offre un panorama estesissimo. La vecchia militare si abbassa verso nord-est alla Punta del Mezzodì 2690 m, poi procede verso est fino a un colletto da cui si perde quota in un valloncello affacciato sulla Val Chisone. Da quota 2450 m circa si va a mezza costa verso est, tagliando i ripidi pendii del Monte Pintas, fino a raggiungere la strada poco sotto il Colle delle Finestre 2176 m. Poco a ovest del colle si trova una ben difesa caserma che domina il ripido pendio valsusino ed era raggiungibile con un ponte levatoio; un po’ prima dell’edificio si può salire sulla sinistra, raggiungendo facilmente la piatta copertura: si notano le bocche di aerazione e i due scavi circolari che ospitavano le torrette corazzate dei cannoni da 57 mm a scomparsa, collegate da un buio cunicolo agli alloggiamenti delle truppe. A questo punto si ridiscende lungo la strada verso il Piano dell’Alpe: giunti al bivio di quota 1950 m, gli appassionati di fortezze possono fare ancora una breve digressione verso sud, fino al costone da cui appare la conca di Pra Catinat.

A valle della strada sorge infatti il Forte Serre Marie 1892 m, che ospitava una guarnigione di 200 uomini: il grandioso edificio è circondato da un largo fossato, ma ormai privo del ponte levatoio. Nello stesso punto, ma a monte della strada, parte una via militare inerbita (cartello M. Pelvo) che conduce in 15 minuti al possente Corpo di guardia del Falouel 1930 m, un massiccio cubo di pietra dagli spigoli arrotondati che offre ottimi scorci sulla fortezza di Fenestrelle. L’anello si chiude ripercorrendo verso nord la stessa strada, fino al bivio a sinistra che riconduce al Piano dell’Alpe.
Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Pasini, a proposito di aria nuova, talvolta mi sembra che il tuo buonismo prescinda da qualunque dato reale.
Crovella ha sempre ingaggiato battaglie all’ultimo sangue nei commenti sui suoi scritti, direi che il fair play non e’ la sua dote primaria… quindi se non compare nei commenti su questo misero posterei che le ragioni siano esogene
uno per tutti
https://gognablog.sherpa-gate.com/la-battaglia-dellassietta/
quanto all’aria nuova, credo che la gerontocrazia che lo imprinta ne sia il miglior antidoto.
buon 2025
Su “questa” nave, per fortuna, non abbiamo proprio il problema del capitano
“La nave è comandata dal capitano, non dall’equipaggio ne’ dai passeggeri.”
Con la speranza che non si chiami Schettino… 😂😂😂
“Vocatus atque non vocatus, deus aderit”.
Per quanto mi riguarda, queste parole hanno un profondo significato religioso, a dispetto di Jung e dell’Oracolo di Delfi. Le scoprii tanti anni fa, riportate da un autore che, senza citarne le origini, le presentava come il suo grido di dolore al cospetto del mistero della vita. Da allora mi si sono impresse nel cuore come un marchio a fuoco, e si sono aggiunte a tanto altro di cui non posso parlare qui.
Ne discorreremo un giorno, se mai ci incontrassimo a quattr’occhi: due anime che si pongono dei perché. Ben sapendo però che si parla e si parla e si parla, ma sull’arcano dell’esistenza nessuno, dalla notte dei tempi, è mai riuscito a cavare un ragno dal buco.
… … …
E ora suonino le trombe! La Seconda battaglia dell’Assietta ci chiama.
Volevo scrivere sardonico e mi è venuto sardinico. Però non è male anche sardinico. Ah l’inconscio Samantha disse con accento torinese il nostro vicino di ombrellone quando ero bambino, beccato dalla moglie a pastrugnare la barista dei bagni Vittoria.
Merlo trovati qualcun’altro sulla spiaggia con cui giocare con secchiello e palettina: lui fa il suo castellino e tu glielo butti giù con sorriso soddisfatto e sardinico e così per ore e giorni. Il tuo problema però lo capisco: quando arrivi in spiaggia tutti scappano con una scusa o si nascondono dietro lo sdraio o in cabina. Io sono ormai in ferie. Adios.
Pittiquitti fa parte di un lessico famigliare della ns famiglia, per questo non è termine noto. L’ho sentito usare solo da mia madre quando si riferiva alle beghine del condominio. Se invece voleva riferirsi a un uomo, diceva “brodoso”. Forse usare oggi pittiquitti potrebbe suscitare indignazione in qualche lettore che considera sessiste frasi termini e concetti non esaltanti riferiti a donne. Per me non lo sono affatto, anzi sono frasi e termini che ricordo con affetto. Mi capita spesso di utilizzarli, anche abitualmente in casa. Se chiedete ai miei figli, sanno perfettamente cosa intendiamo per pittiquitti e brodoso.
Tutto ciò mi serve per sottolineare quanto potrebbe risultare soggettiva la valutazione di frasi “sessiste” o meno oppure “razziste” o meno (parlare dei goregn per qualcuno è razzista…), “fasciste” o meno…oppure ancora “blasfeme” o meno e così via… Se entriamo in quel ginepraio, non ne usciamo integri… per questo sconsiglio di inoltrarsi. Cmq, io sono un presidenzialista puro e mi piace quando una qualsiasi “cosa” è governata da uno solo. La nave è comandata dal capitano, non dall’equipaggio ne’ dai passeggeri. Per cui lascio a Gogna la massima libertà di decisione sulla proposta. Ciao!
Non ci prendi neanche per sbaglio.
E sul’ipocrisia aspetto la risposta. Non sarai mica così ipocrita da sottrarti.
Fabio. Avendo scoperto di essere una “pittiquitti” grazie a Crovella (espressione che ignoravo, c’è sempre qualcosa da imparare, anche se preferivo prete manzoniano o al massimo monaca manzoniana 😀) mi permetto di ricordare che il saggio con la pipa, senza elettricità e acqua corrente (oddio, a dir la verità dopo una vita dove non si era negato nulla, compresa la bigamia convivente con consistente apporto patrimoniale via matrimonio, ma questi sono pettegolezzi dei concorrenti freudiani) intendeva probabilmente Deus non in senso letterale e teologico ma come dimensione spirituale e inconscia della vita, che come il famoso Natale di Pozzetto nello spot del panetun “quando arriva, arriva”. Se vai al mare attento alle meduse e alle loro parenti malefiche caravelle portoghesi. Ci mancavano anche quelle. Verra’ l’autunno e speriamo che non “abbia i tuoi occhi”, come diceva della fine lo sconsolato e depresso Pavese, forse con un filo di speranza recondita nell’amore della sua bella americana sfuggente e inafferrabile esattamente come la vita. In alto i Cuori.
Matteo, io sono agnostico, non ateo. So di non sapere. E invidio chi crede, perché – che Dio venga o non venga – alla fine avrà vissuto meglio di me.
Però lasciatemi almeno la speranza (o l’illusione…). In ogni caso, se devo assecondare la ragione, la vedo male.
… … …
Tutto sommato, è meglio un sano battibecco sulla battaglia dell’Assietta. 😂😂😂
Se posso, ti suggerirei di scrivere “Vocatus atque non vocatus, deus non erit”
Caro Roberto, ti trascrivo questa citazione:
“Questa iscrizione è stata incisa su pietra sopra la porta d’ingresso della casa che Carl Gustav Jung si costruì, per viverci in maniera più naturale, a Küsnacht, in Svizzera vicino Zurigo. È tratta dall’Oracolo di Delfi e costituisce la risposta che ottennero gli spartani quando consultarono l’oracolo, prima di portare la guerra ad Atene e agli ateniesi. L’oracolo rispose che il dio sarebbe stato presente (aderit)”.
Io però sto pensando di inciderla sullo stipite della porta di casa mia.
A CARATTERI CUBITALI. 😂😂😂
Fabio la citazione non fu scelta a caso. Sai vero chi la scrisse sullo stipite della porta? Buoni bagni.
Veramente io la conoscevo in modo diverso: “Vocatus atque non vocatus, deus aderit”.
Invocato o non invocato, Dio verrà.
… … …
Roberto, tu mi capirai se ti dico che, come agnostico, nei momenti di sconforto queste parole mi sono di non poco conforto.
“Vocatus atque non vocatus, Merlus adherit” Eccolo qua l’altro pretendente al trono. Te saludi anca ti (oscure parole gutturali longobarde).
Io non voglio ne’ convertire ne’ bruciare nessuno. Non ho le caldane avendo superato da tempo la menopausa. Sono diventato minimalista. Cerco, nel mio piccolo, di dare un contributo ove posso a contenere i comportamenti violenti, offensivi, razzisti, discriminatori, sessisti ….perché sono dannosi a se’ e agli altri. E non mi si dica che sono difficili e discutibili da identificare, perché è un’ipocrisia bella e buona di chi vuole fare quello che vuole e non sa chiedere scusa perché non sa cosa sia l’umiltà. Il fascismo è una categoria dello spirito prima che un fatto storico o un’ideologia o un partito. Punto.
Pasini, ma come puoi pensare che una persona di 61 anni modifichi radicalmente i suoi riferimenti di vita? Non c’entra nulla la “bontà” o meno di questi o quegli ideali… Ognuno si tiene i suoi. In questo frangente stai ragionando come i gesuiti che mettevano al rogo gli indios amazzonici perché questi ultimi non riuscivano ad abbandonarsi all’amore di Dio… Cmq, stame bin, vedrai che l’attenuazione delle temperature farà calare i bollenti spiriti. Buona estate.
Anch’io ho una lettura per l’estate Theodor Wisengrund Adorno “La personalità autoritaria” (1957). Prima traduzione italiana Einaudi recentemente ristampato (2018). Di grande attualità anche se vecchio e si riferisce ad un’altra epoca perché sotto la superficie le cose sempre quelle rimangano anche se il confezionamento cambia.
Pasini sei adirato per motivi troppo “personali” (famigliari) che nessuno oltre a te può comprendere appieno e quindi stai sparando alla cieca. Rischi di esser poco credibile a chi ti guarda.
Ho già precisato che sono un profondo conoscitore sia di Pavese che di Fenoglio, e tutto ciò sia per DNA goregn sia per mille altri risvolti fra cui la combinazione casuale di esser stato allievo di uno dei più accreditati loro commentatori (per la cronaca è stato mio professore al liceo, seconda metà dei Settanta, ma poi ci siamo tenuti in contatto settimanale fino a che è mancato nel 2018: praticamente 40 anni di conoscenza reciproca, di continuo dialogo, saltando dalla letteratura all’attualità, dalla politica alla cultura…). Abbiamo percorso insieme l’analisi di moltissimi autori, anche non italiani, da Hemingway a Kafka, da Dostojeski a Tolstoi ai romanzieri francesi, fino ai contemporanei italiani. Certo abbiamo avuto un amore letterario in comune, appunto per i due langaroli, che io ho chiamato “Gli americani di casa nostra” (il perché lo si scopre leggendo il mio romanzo “Ladri di anime”, dove il suddetto professore è uno dei personaggi che ruotano intorno al protagonista torinese).
Mi risultava che tu avessi letto, a suo tempo, un mio articolo (pubblicato su Altri Spazi) proprio sulle Langhe, in versione escursionistica, collegate però ai due cantori. Nella pausa di riflessione che ti prendi dal Gogna Blog potresti rileggerlo, sinceramente non è male, ha riscosso molti apprezzamenti.
https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/camminare-stanca-le-langhe-di-cesare-pavese/
Sul resto non mi esprimo, perché al momento non ti comprendo, il tuo ultimo intervento è troppo sibillino. Se non ti piaccio come persona, mi scopri adesso? Cerea, né? (aggiunge sempre il nè?: fa ancor più sabaudo)
Caro Roberto, è troppo crudele morire giovani in guerra.
Io credo di non riuscire a intenderlo perfettamente. Certe cose le capisci appieno se le vivi sulla tua pelle.
La schermata iniziale, sia sul sito in modo standard sia ogni volta che uno vuol scrivere un commento, è solo un’ipocrita foglia di fico. Tanto alla fine taglierebbe Gogna, come fa adesso. Con la differenza che, per correre dietro alle vostre fisime, deve metter mani nel sistema, far intervenire gli informatici, spendere qualche soldino, avere prospetticamente continue lamentele (molto più numerose e intricate della attuali). Se Alessandro ha voglia/piacere di andare in quella direzione, è legittimo, agisca pure. Ma vedrete che non migliorerà nulla del problema e anzi il modello si incasinerà (l’esempio del calcio è molto attinente)… Ma io NON sono un appassionato dei social generici, quindi ho una concezione antitetica rispetto a quella dominante nell’attuale società liquidi. Buona giornata a tutti.
Crovella. Mi tolgo una piccola soddisfazione prima di chiudere perché quello che dovevo dire l’ho detto. E tu saresti un sabaudo ammiratore di Fenoglio, Pavese e della cultura delle Langhe? Rileggiti il “Partigiano Johnny “ in particolare le ultime pagine. Ma non far piangere tanti piemontesi mezzo sangue o autentici che scrivono su questo blog. Basta. Mi fermo qui perché altrimenti poi le emozioni mi sovrastano e chiedo scusa a tutti per questo piccolo sfogo personale, ma lo dovevo a chi mi ha educato a certi valori e alla persona di cui porto il nome caduta a 24 anni per la Libertà, alpino e soldato piemontese, vero, fino all’ultimo, sacrificatosi inutilmente per cercare di salvare i suoi compagni. Scusatemi ancora. Basta qui.
Ma tutti chi?
Ma basta con questa storia che in Italia simao tutti indisciplinati,,,,come se all’estero ci fossero chi sa quali esempi di rettitudine.
Qui come altrove c’è chi rispetta le regole e chi no.
Magari ci sono paesi dove regna maggiore ipocrisia e si fa finta di essere ligi e rispettosi per poi fare in realtà le solite schifezze che regnano ovunque.
Mi spiego meglio, per evitare fraintendimenti.
Si può continuare col controllo a posteriori, come ora, ma che si sappia prima che le regole sono quelle e, se un commento viene eliminato, è perché le ha violate.
Naturalmente, però, potrebbero essere depennati senza colpa commenti che contengono riferimenti a un altro eliminato (altrimenti diventerebbero incomprensibili).
Oppure qualcuno potrebbe protestare:
– Perché il mio commento è stato eliminato?
– L’ho eliminato perché contiene offese (insulti, diffamazione, livore, ecc.).
– Ma non è vero!
– Sí, è vero! E, in ogni caso, nel GognaBlog sono io – amministratore del sito – a giudicare che cosa rientri o non rientri tra le offese.
Bertoncelli. Tecnicamente le regole non vanno messe nella schermata iniziale ma devono apparire ogni volta che scrivi un commento, come succede in molti siti e anche nei media. Prevenzione primaria. Dopo un certo numero di comportamenti recidivi scatta come in FB una sospensione temporanea. È successo su FB anche a persone di questo giro che stavano nei miei contatti. Hanno imparato la lezione.
@112 Un blog con regole come descritte è davvero spazio da pittiquitti. Ci si concentrerebbe solo più se la frase tal dei tali è coerente o meno alle regole, se quell’affermazione è sessista o meno (la valutazione spesso è soggettiva: parlare dei guai personali del Presidente del CAI implica prese di posizioni che per alcuni sono normali e per altri “sessiste”), oppure razzista (parlare dei piemontesi goregn per me è la cosa più normale del mondo, per altri è cosa razzista) e così via.
Gogna passerebbe le sue giornate (e nottate) a dover spiegare a tizio perché non ha cancellato quella frase e, invece, a caio perché ha cancellato proprio quell’altra frase. Sarebbe solo un lamentìo continuo, sia fra i commentarori/lettori sia fra questi e Gogna. Guadate il calcio: ha un regolamento che, rispetto a 50 anni fa, è arrivato a differenziare le minime fattispecie. Inoltre ha aggiunto la tecnologia (la mitica VAR) che dovrebbe compensare gli errori umani. Invece le polemiche sono esplose all’ennesima potenza.
Qui meglio così com’è. Una sola regola: decide Gogna. Su una nave, comanda il comandante, non l’equipaggio né i passeggeri. Ma io sono un presidenzialista convinto, in ogni risvolto dell’esistenza. Tra l’altro, non so se vie siete accorti che, appena iniziata la campagna elettorale, si sta già parlando apertamente, per la prossima legislatura, di riforma costituzionale: o verso una forma presidenzialista dell’intera architettura costituzionale dello Stato o quanto meno verso un modello che comporti la formalizzazione dei candidati premier, in modo tale che i cittadini passano votare per “chi” desiderano a Palazzo Chigi. Se la realtà generalista sta andando in quella direzione, proprio un blog di montagna si dovrebbe muovere controcorrente? Mi pare velleitario…
PS. L’espressione “persone educate” va intesa nel senso letterale: persone che sono state “educate” attraverso l’applicazione sistematica, rigorosa e impersonale di regole minime di convivenza civile, nella vita, in rete, sulla strada…cosa che putroppo difetta nel nostro meraviglioso paese, dove tutti sono liberali e sostenitori della legalità finché non riguarda loro.
”Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente.”
Roberto e Alessandro, le regole suddette non sono menzionate nel GognaBlog.
Perché? Io ritengo che il motivo sia il seguente: sono regole ovvie di buona educazione e vivere civile, che i nostri genitori ci hanno insegnato da piccoli e che si danno per scontate in ogni consorzio umano e quindi pure nel forum.
Se però nel mondo d’oggi non le riteniamo piú cosí ovvie, allora converrà esplicitarle nella prima schermata, cosicché i limiti da non oltrepassare risultino chiari a tutti.
Gogna. Ti rispondo privatamente perché non faccio pubblicità, per amici per di più. Minima Moralia. Regole minime esplicitate servono e rendono leggibili e trasparenti le azioni redazionali sia che vengano effettuate prima o dopo. In quelle che ho riportato ricadano tutti i casi di interventi che qui tu hai fatto e dei quali sono stato vittima anch’io non si sa bene perché o purtroppo non hai fatto. Io sono per regole minime chiare a cui tutti si adeguano. La cultura padronaIe non mi appartiene. I miei rispetti.
”Non vengono pubblicati i commenti che contengono […]”.
Se ci si esprime cosí, significa che il controllo viene svolto a priori. Ovvero si invia il commento, quindi si attende l’eventuale pubblicazione.
Nel GognaBlog il controllo è invece effettuato a posteriori. Ovvero si invia il commento e la sua pubblicazione è immediata. Nel caso in cui esso contenga termini offensivi, diffamatori, ecc. viene successivamente eliminato.
In ogni caso esiste un controllo, come ritengo giusto che sia.
Caro Pasini (112), forse lo hai già detto, ma magari ora mi sfugge. Qual è l’altro blog che frequenti, questa isola felice che forse c’è (al contrario di ciò che canta Bennato)?
Non esageriamo. Un esempio di regole semplici dell’altro blog che frequento, dove infatti certe cose non succedono anche se i temi trattati sono molto caldi. Forse tutti falsi e cortesi o semplicemente persone educate? Cerea
” Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.”
Tzes propri un pittiquitti. E’ un termine che usava regolarmente mia madre. “Pittiquitti da sì, pittiquitti da lì“, diceva, facendo una vocina stridula perché in genere era riferito a comari di righiera, quelle che protestano sempre, perché qui ci sono le ragnatele e lì le macchie di umido, e poi v’è sempre un mucchietto di polvere sulle scale e l’inquilino del terzo piano puzza d’aglio e la signorina del quarto è truccata in modo troppo appariscente e non poarliamo dell’ingengere del piano nobile “Cullì a la cunta pa giusta…”
Davvero in questi risvolti emerge in te l’animus dei piemontesi falsi e cortesi… Ma figurati se, qui, ci si deve pure mettere ad elaborare un regolamento, la famosa rule of Law come la chiami tu… Ma pisa pì curt, dai (è espressione affettuosa, tanto per non equivocare).
Mio padre diceva: “Gaute la giaca e bute a ruschè” (togliti la giacca a mettiti a lavorare alacremente-ruscare). Invece di investir tempo a filosofeggiare su fantomatiche regole del gioco (che tanto sono aria fritta perché, se uno vuole, le buca come ridere), mettiti a scrivere articoli: T&T è davvero un terreno ideale per te e per la tua esperienza di vita. Il primo ad essere felice sarà proprio Gogna. Au revoir, mon amì.
Che c’entra?
Non trovo costruttive le tue proposte. Fine.
Hai provato la camomilla?
Vedi Merlo, uno dei problemi del blog non sei tu, che sei sicuramente una persona a modo e garbata nella relazione diretta e un contributore importante a differenza di me, ma alcuni tuoi comportamenti fastidiosi. Non le idee, anche se a volte strampalate e confuse a mio parere, ma che sono in linea con alcuni orientamenti emergenti oggi in Italia e non solo, ma certi atteggiamenti/comportamenti che non posso credere non ti siano mai stati fatti notare anche da altri (perché anch’io ho le mie fonti 😀 ). Comportamenti che metti in atto qui con pervicacia e che Gogna non gestisce, per ragioni che sfuggono non solo a me. Anche a te auguro buona fortuna, senza alcun rancore te lo assicuro e buon proseguimento. Non mi avrai più a romperti le scatole. Vai giù libero e bello, come lo shampoo, che la campagna elettorale è appena iniziata.
“Caro Crovella, il problema non sono io o altri. Per quanto mi riguarda io ritengo il mio contributo irrilevante. Il tema è un po’ più strutturale. Ho detto più volte con sincerità e onestà cosa penso, ho fatto più volte proposte
costruttive. Poi giustamente Gogna dice “Il blog è mio e lo gestisco io”. Buon proseguimento”.Da opinione a legge.
Caro Crovella, il problema non sono io o altri. Per quanto mi riguarda io ritengo il mio contributo irrilevante. Il tema è un po’ più strutturale. Ho detto più volte con sincerità e onestà cosa penso, ho fatto più volte proposte costruttive. Poi giustamente Gogna dice “Il blog è mio e lo gestisco io”. Buon proseguimento.
Non devono preoccupare le dichiarazioni di abbandono, né di questo né di quello o di quell’altro ancora, perché poi, tanto, ritornano. L’esperienza storica questo dimostra. Potrei fare un elenco smisurato di personaggi che hanno “sbattuto la porta” e poi, lemme lemme, si sono ripalesati. Alcuni dopo 10 giorni, altri dopo un mesetto, altri ancora dopo due mesetti. Basta aver pazienza e li si rivede. È gia’ capitato anche allo stesso Pasini. Vedrete che con temperature autunnali rispuntera’. Aspettiamolo fiduciosi. Ciao!
@ Pasini al 104. “Fino alle 11:30 si può chiacchierare, ma a mezzogiorno la polenta deve essere sul tavolo”.
Arioti. Giusto. Se ricordi se ne parlo’ a suo tempo, come per le foto, ma Gogna rispose che una modifica sarebbe costata troppo e non poteva permettersela. Esiste in proposito anche il crowdfunding, tra l’altro. In ogni caso io preferisco i rischi di comunità grandi e aperte ai rischi di comunità piccole e chiuse. Il mondo è grande e con quello bisogna confrontarsi, anche se fa paura. Poi ognuno ha i suoi gusti. Il mitico Jepp Gambardella della Grande Bellezza diceva che aveva sempre amato l’odore della casa dei vecchi. A me personalmente produce ansia e non mi aiuta contro la depressione senile. Nessuno è perfetto. Ciao. Ci vediamo di là.
Più che altro FB è strutturato ad albero ed i vantaggi di ciò sono innegabili, soprattutto per chi non ha voglia di entrare nella gazzarra.
PS. Aggiungo che lo spostamento su FB avrebbe altri tre vantaggi: 1. I post troppo lunghi si limitano automaticamente perché appare solo la prima parte e il resto se vuoi te la leggi o no 2. Si possono postare foto e immagini, a volte più potenti di 10o parole 3. Si allarga il giro ormai ristretto qui a 50/60 persone. Attualmente ci sono pochi commenti su Fb agli articoli del blog ma se aumentassero l’algoritmo rilancerebbe gli articoli su un pubblico più ampio interrato alla montagna (ci sono comunità con decine di migliaia di iscritti) con vantaggio per tutti. Certo ci sono dei rischi, ma dove non ci sono? Poi ognuno ovviamente fa quello che vuole e che corrisponde ai suoi interessi/bisogni/obiettivi.
Bertoncelli. Il dialogo, se interessa,può continuare su altre piattaforme come FB dove vengono pubblicati tutti gli articoli di Gogna Blog. Lì, nonostante tutto (e si potrebbe dire molto il proposito) esistono regole più stabili e un controllo professionale con possibilità di segnalare i post inacettabili. Questo è la mia proposta: spostare i commenti su FB, per chi vuole ovviamente. Aggiungo anche che la buona volontà e le buone intenzioni in rete ormai non bastano più. Potevano andare bene dieci anni fa. Oggi non più. Cerea.