Liberare la Marmolada
(Petizione popolare per bonificare il Pian dei Fiacconi dalle strutture obsolete)
Incaricato di ricevere le firme, entro il 30 settembre 2020, è Guido Trevisan,via della Predolcia, 66 – 38057 Pergine Valsugana (TN). Il modulo da compilare per firmare su cartaceo è scaricabile qui.
Per firmare on line: qui.
Al Presidente del Consiglio Provinciale
Il 15 settembre 2019 la storica cestovia Graffer ha fatto la sua ultima corsa dopo ben 45 anni di servizio, dal 1974 al 2019: un’ultima ferita che si aggiunge ai rimasugli dei precedenti impianti mai dismessi a macchiare il vestito della Regina delle Dolomiti, la Marmolada.
Ben tre linee di risalita ne deturpano i fianchi:
1) l’attuale impianto dismesso ma ancora in piedi, che ogni giorno invecchia e aggiunge degrado all’ambiente;
2) la linea di plinti di cemento di un impianto di risalita avviato e poi non realizzato negli anni ’80, da Passo Fedaia fino ad arrivare al manufatto di cemento sopra al Pian dei Fiacconi;
3) la linea di plinti di cemento a eterna memoria del vecchio impianto di risalita, mai rimossi da quando nel 1974 fu realizzato l’impianto ora dismesso;
4) la piattaforma di cemento armato del vecchio skilift, demolita ma anche questa mai rimossa e che giace a pochi metri dal rifugio Ghiacciaio Marmolada;
5) i ruderi dell’impianto SISEM demolito dal Comune di Rocca Pietore nel 1973.
Tutti orrori che restano a spogliare di bellezza e naturalità un territorio selvaggio: un territorio che è possibile salvare da nuova speculazione, come minimo chiedendo che venga cancellata l’inutile e deturpante memoria delle antiche strutture.
Con questa Petizione i sottoscritti firmatari chiedono al Consiglio della Provincia Autonoma di Trento che i nuovi concessionari che hanno acquisito anche i vecchi ruderi abbandonati, vengano obbligati a demolire e rimuovere tutti i vecchi manufatti nel minor tempo possibile e che qualsiasi realizzazione di nuovi impianti sia vincolata alla pulizia preventiva e completa dei ruderi ancora manifestamente sparpagliati come tristi trincee sulla Marmolada.
Questa petizione popolare è promossa da:
Franco Tessadri, Mountain Wilderness Italia;
Guido Trevisan, custode rifugio del Pian dei Fiacconi;
Aaron Jemma, WWF Trentino e Legambiente Trentino.
Ha ragione Daidola, mantenere la cestovia è fattore di mitigazione dell’assalto capitalistico alle montagne , già ora l’impianto apriva solo agli estremi della stagione sciistica, se gli dai la possibilità i proprietari inventano un nuovo carosello sciistico, tipo la funivia alba – col dei rossi, anche perchè tra qualche anno sarà una delle poche zone dove la neve eimarrà, e non penso che provincia e comune mettano dei paletti. Creiamo un movimento per il corretto uso ambientele dei denari CEE, sono cliente ENEL e per quanto fatto sul monte Arci in Sardegna ci siano tutti i presupposti per mandare in galera chi ha inventato quella operazione di ” Capitalismo clientelare ” , perchè il motore di questa appropriazione dei beni comuni con finalità ” turistico economiche ” nella realtà non risiedono nell’impiego di capitali privati per trarne un utile, bensì nel buisness della costruzione con capitale pubblico per poi assicurarsi l’uso del territorio.
Promuoviamo un miglior uso del fiume di denaro che la politica è pronta ad elargire, ad esempio in Marmolada un progetto per rifugio a blocchi, se la valanga tornasse su pian fiacconi ( qualcuno ha memoria di una simile valanga nel passato? ) il rifugio si scomporrebbe come fosse di lego, poi ricomponendo i blocchi si ha di nuovo il rifugio; inoltre la comunità può finanziare il riutilizzo del cemento in quota per costruire un argine anti valanga, così anche i cementieri hanno lavoro.
Estendo l’ottimo ragionamento di Giorgio Daidola, in particolare l’ultima chiosa, a tutto il territorio alpino. Fare i telebani dell’ambiente non solo non porterà vantaggi tangibili ma alla lunga produrrà l’effetto contrario.
Come ho già detto a Guido Trevisan io non firmo affatto. Firmerei invece una petizione per rimettere in funzione la vecchia cestovia, prima che sia troppo tardi. Il vecchio impianto era infatti pochissimo impattante in tutti i sensi, era lento e permetteva a chi l’utilizzava di godere di una meravigliosa vista circolare, sia in estate che in inverno. Sradicarlo significa spianare la via alla costruzione di nuovi impianti di risalita simili a catene di montaggio industriali, con portate orarie elevate. Con la triste conseguenza di omologare una volta per tutte la Marmolada al triste luna park dolomitico, fatto non solo di impianti di questo tipo ma anche di piste autostrade, ornate da orribili protezioni e innevate artificialmente. Il tutto per giustificare portate di migliaia di sciatori all’ora e un ritorno economico per i gestori. Questo si è il vero orrore dal quale bisogna salvare ad ogni costo la Marmolada, non ci vuole molto per capirlo, ammesso che lo si voglia ancora capire. Fare i puristi a tutti i costi in un caso come questo non solo non ha senso ma può risultare molto dannoso.
Se una struttura di qualsiasi tipo non viene più usata il territorio DEVE essere ripristinato allo stato originario. Deve essere così altrimenti ci ritroviamo con decine e decine di ruderi a deturpare il paesaggio.
Oddio, senza voler assolutamente sminuire “tutti orrori che restano a spogliare di bellezza e naturalità” definire la Marmolada “un territorio selvaggio“, mi pare un filino esagerato, almeno a partire dal 1915…