Madre roccia
di Matteo Della Bordella
Foto: Archivio Matteo Della Bordella
(pubblicato su Lo zaino n. 20)
Avevo diciassette anni la prima volta che guardavo questa parete col naso all’insù. Poca esperienza, ancor meno allenamento, ma tanta motivazione e voglia di mettermi alla prova. Al mio fianco allora c’era il miglior compagno che potessi immaginare: mio papà. All’alba dei primi siti web e ancora liberi dalle mode dei social, la guida di Maurizio Giordani della parete d’argento, era diventata una sorta di bibbia su cui avevo passato mesi a sognare ad occhi aperti.
La Sud della Marmolada risplendeva di luce, ignara di come un pezzo di roccia potesse intrecciarsi in maniera così profonda alle nostre vite.
L’inesperienza di quel primo approccio, alcuni errori tattici, il freddo intenso del mattino ci fecero perdere un sacco di tempo e sbagliare linea di salita. Era già quasi mezzogiorno e non ci eravamo che alzati di poche centinaia di metri. Perciò quella prima volta non fu che un assaggio, perché decidemmo di calarci e tornare a casa.
La via? Non era certo una via estrema, ma la classica combinazione tra Vinatzer e Messner. Ci sono sconfitte che ti danno di più di tante vittorie e per me quella batosta su una via così classica ha avuto l’effetto di un magnete. Da quella esperienza iniziarono visite con cadenza annuale.
Dopo essere tornati l’anno successivo per portare a termine la salita in questione, abbiamo iniziato a sognare. Questi sogni erano particolarmente belli perché nascevano insieme, tra le mura di casa. Venivano coltivati, discussi, preparati per mesi, erano dei percorsi da gustare dall’inizio alla fine.
Un anno più tardi volevamo salire la via Tempi moderni, però la meteo non ci convinceva, e così dirottammo su Don Quixote. Poi tornammo la settimana successiva e finalmente attaccammo Tempi Moderni… il tiro della rigola, lo strapiombo e quelle placche finali dove non devi perderti. Eravamo in vetta prima delle 18 e tornammo a casa a Varese la sera stessa.
Ai tempi mi sembrava una cosa normale, oggi guardandomi indietro mi stupisco di quanto fossimo veloci, considerando il fatto che le difficoltà erano praticamente al nostro limite di allora. Nel 2005 fu la volta del mitico Pesce.
La via Attraverso il pesce: una via, un simbolo e mille storie. Era sempre stato considerato da me e mio papà qualcosa di mitico, qualcosa di impossibile sul quale mai avremmo potuto mettere le mani. Dopo un anno di allenamenti io avevo fatto un gigantesco salto di qualità in arrampicata e il bello era che non me ero reso minimamente conto. Alle 6 di mattina del 3 luglio 2005 ci ritroviamo insieme all’attacco di questa via. 13 ore e mezzo più tardi ci stringiamo la mano sulla cima: la parete sotto di noi salita tutta in libera e a vista. Io da primo, che scalavo con addosso il pile da istruttore di mio papà… ormai davo del tu a quelle placche argentate: quel giorno mi sembrava tutto facile! Mio papà arrancava dietro di me, con lo zaino giallo e nero, salendo veloce e deciso.
Nonostante avesse passato i cinquanta aveva una resistenza fisica invidiabile. Fu un sogno realizzato, uno dei ricordi più belli della mia vita.
La salita della via Attraverso il pesce per me non è stata tanto una performance in sé, quanto un punto di svolta nella mia vita che ha aperto la strada a tante altre salite ed avventure: l’inizio di un viaggio che mi ha poi portato negli anni successivi su tante pareti bellissime in tutto il mondo.
Settembre 2022. Mi trovo ancora qui con davanti la Sud della Marmolada ed il pensiero corre subito a quel giorno di luglio di diciotto anni fa: ma chi ci avrebbe mai creduto se un giorno mi avessero detto che avrei anche aperto una via nuova sulla Marmolada?
In parete, ogni nuova linea, ogni via nuova, deriva da un’idea, da un’intuizione.
Può essere rivoluzionaria oppure normale, ma sempre necessita di intuito, fantasia, dedizione per essere realizzata.
La proposta arriva da due amici: Maurizio Giordani, una vera e propria leggenda della Marmolada, scala su questa parete da oltre quarant’anni e la conosce come nessun altro al mondo; Massimo Faletti, guida alpina di Trento, conosciuto quasi per caso quattro anni fa, momento dal quale sono nati un sacco di progetti assieme e una bella amicizia.
La nostra avventura inizia da un vecchio tentativo futuristico nato alla fine degli anni ‘80, dall’entusiasmo di Stefano Righetti (un amico di Maurizio) che coinvolge alcuni compagni per tentare una linea ardita sul lato destro del pilastro di Specchio di Sara.
Ottenuto il via libera da Righetti, che si era arenato dopo circa 100 metri su placche difficilissime, Max, Maurizio ed io andiamo ad assaggiare la parete alla ricerca di una linea che ci permetta di proseguire.
Arriviamo velocemente nel punto dove il tentativo si era arrestato e da lì troviamo una soluzione con un traverso verso destra. Fino a qui le difficoltà sono state alla nostra portata, ma adesso ci troviamo di fronte ad un muro di roccia compattissimo, disseminato qua e là da sporadici buchetti dove infilare una o al massimo due dita, e profondi non più di una falange.
Non si può evadere dalla storia della grande parete sud della Marmolada, e proprio per questo motivo scegliamo uno stile di apertura tradizionale, che non prevede l’utilizzo del trapano a batteria, ma solo il pianta-spit a mano. Il nostro ritmo di salita rallenta bruscamente e tra voli, tagli sui polpastrelli e attese in sosta, siamo comunque felici per ogni metro che riusciamo a salire in verticale su questa roccia fantastica.
Dopo due giornate passate in parete, a fine settembre 2022, mettiamo temporaneamente in stand-by il progetto per l’arrivo della stagione invernale, ripromettendoci di tornare l’anno successivo, ancora più allenati, ancora più motivati e magari con anche energie nuove che possano aiutarci a superare le enormi difficoltà.
Marzo 2023. Inizia un nuovo ed entusiasmante progetto, non solo alpinistico, che mi sta impegnando a fondo anche adesso: il CAI Eagle Team. Su incarico del Club Alpino Italiano e grazie all’aiuto di tanti altri alpinisti esperti ed amici, mi occupo di creare e coordinare un gruppo di giovani ragazzi e ragazze, che hanno già dimostrato il loro talento in montagna e che sono determinati a crescere come alpinisti e raggiungere prestigiosi traguardi in montagna, portando con loro i valori del nostro sodalizio.
Dopo una dolorosa, ma necessaria, fase di selezione dei candidati (sono arrivate circa 250 richieste), siamo arrivati ad avere un gruppo di quindici ragazzi di età compresa tra i 19 ed i 28 anni. Davanti a loro ci sono sei settimane di attività alpinistica e formazione in tutto l’arco alpino e poi, per sei di loro, il sogno di prendere parte ad una spedizione in Patagonia nell’inverno 2025.
Una grandissima opportunità per i giovani, messa a loro disposizione gratuitamente dal Club Alpino Italiano, dove l’alpinismo è tornato protagonista. Una grande responsabilità e una sfida entusiasmante per me, che cerco di trasmettere loro quanto la montagna mi ha insegnato in questi anni.
Ognuno dei partecipanti ha il suo carattere, la sua personalità e la sua storia. Ognuno di loro è speciale, unico e troverà la sua strada, ma all’interno del gruppo, inevitabilmente, ci sono tante personalità spiccate e caratteristiche molto diverse tra di loro.
Iris Bielli, di Merate, con i suoi 19 anni è la più giovane dei quindici “aquilotti” del team. Timida ed introversa, non ama mettersi in mostra e preferisce i fatti alle parole. Quando la vedo scalare resto sbalordito da come si sa muovere in verticale sulla roccia. Lei viene dall’arrampicata sportiva, dall’agonismo ed è stata allenata per anni dal mio caro amico Fabio Palma.
Mi viene subito in mente un’idea, forse un po’ azzardata: quella di coinvolgerla nel nostro progetto di via nuova in Marmolada.
Ci penso un attimo sopra: uno degli obiettivi dell’Eagle team è proprio trasmettere a questi ragazzi tutto il bagaglio di conoscenze che permetterà loro un giorno di aprire le loro vie. Quindi perché no?
Settembre 2023. Con l’aggiunta di Iris possiamo dividerci in due cordate ed alternarci al comando in apertura. Quando torniamo in parete, risaliamo le corde che avevamo lasciato fino al tratto difficile e iniziamo a procedere su terreno incognito. Ancora una volta i progressi sono lenti e richiedono un sacco di tempo ed energie. Ma grazie all’ingresso di Iris abbiamo una marcia in più!
Max e Maurizio all’inizio erano scettici sul fatto che una ragazzina con poca esperienza fosse in grado di salire da prima in apertura su uno dei punti più difficili della Marmolada, ma tutti i loro dubbi si sono presto dissolti quando l’hanno vista in azione.
È proprio lei infatti a superare la sezione più difficile ed esposta di questo lungo tiro, un tratto di 7b+ obbligatorio con protezioni molto distanziate tra di loro.
In totale, passiamo ben quattro giornate per riuscire a superare i quaranta metri del tiro chiave della via. Ne esce una lunghezza che è veramente un capolavoro per estetica e difficoltà.
A questo punto il tempo a nostra disposizione inizia a scarseggiare, mentre la strada per la vetta è ancora lunga. Ci dividiamo così i compiti: Iris ed io continuiamo l’apertura lungo la parte bassa della via, tornando in parete per due giorni di fila e bivaccando nella portaledge: apriamo altre cinque lunghezze spettacolari su una parete all’apparenza liscia ma che poi si rivela trivellata in maniera generosa da buchi e buchetti, i quali ci permettono di salire proprio nel mezzo del pilastro fino a raggiungere la cengia mediana. Negli stessi giorni Maurizio e Max salgono per un’altra via più facile sulla cengia mediana e quindi aprono la parte alta della via: una linea logica, di stampo quasi classico, su roccia compatta e aderente, senza lasciare spit, chiodi o altre tracce del proprio passaggio.
La nuova via è cosi completata e due settimane più tardi Iris ed io torniamo per provare a ripeterla e liberare i tiri. In due terse e frizzanti giornate autunnali ci godiamo la bellezza e la difficoltà della nostra nuova creazione. Siamo soli su questo muro di roccia immenso e abbiamo il tempo di perderci nel decifrare le sequenze del tiro più difficile. Al secondo tentativo del secondo giorno in parete Iris sale in libera il tiro chiave, un 8b solido dove contano dita d’acciaio, tecnica di piedi e tanta tanta forza mentale.
Io non riesco a salirlo in libera nel poco tempo che abbiamo, ma sono comunque contento… è la nuova generazione che emerge e prende il comando, vedere scalare Iris è uno spettacolo cui sto assistendo in prima fila. E’ fantastico!
Purtroppo il tempo a disposizione ci permette di salire in libera tutti i singoli tiri della parte bassa della via, ma non di arrivare fino in cima. Ci ripromettiamo di tornare ancora il prossimo anno a scalare su questa parete magica e sulla nostra via per provare a chiudere il cerchio con la salita in libera di tutta la via dalla base alla vetta.
Siamo una cordata composta da quattro persone, di quattro generazioni diverse, ma con unico comune denominatore che ci unisce… ed è quella inossidabile, tenace passione per l’avventura in verticale, sulle pareti più belle del mondo. Madre roccia è il nome che decidiamo di dare alla via, l’elemento che dobbiamo ringraziare e preservare, che permette a tutti noi di vivere le nostre passioni.
Note tecniche
Prima salita: Iris Bielli, Matteo Della Bordella, Massimo Faletti, Maurizio Giordani tra il settembre 2022 e il settembre 2023
Esposizione: Sud
Difficoltà: 8b (7b+ obbl.)
Sviluppo: 935 m
Materiale: 2 serie di friend dal 00 BD al 3 BD
Discesa: dalla cengia attrezzata in doppia oppure discesa a piedi dalla cima.
Nota
Per correttezza occorre precisare che, dopo aver aperto le maggiori difficoltà della via piantando spit a mano, ci siamo piegati all’utilizzo del trapano per terminarla nel tempo che avevamo a disposizione.
Une belle voie.
Bravo aux grimpeurs.
Complimenti, bravissima!!!
Ecco, questo seconda modalità mi lascia piuttosto perplesso.
“A scanso di equivoci, i miei complimenti erano con il punto esclamativo (!) non con il punto interrogativo (?).”
La sindrome del punto interrogativo ha colpito ancora.
A scanso di equivoci, i miei complimenti erano con il punto esclamativo (!) non con il punto interrogativo (?)……bravi ancora !!!!
Complimenti ???????????? da un vecchio alpinista di 65 anni nato all’ombra della Marmolada che ha cominciato ad arrampicare negli anni ’70 con gli scarponi che passavano un paio di Kili l’uno.