Manifesto TTT del Nucleo Alpinisti Proletari (NAP)

Manifesto TTTdel Nucleo Alpinisti Proletari (NAP) (1)
[per un manifesto operativo delle montagne by fair means]

Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(2), disimpegno-entertainment(2)

Siamo contro l’imborghesimento delle pareti di montagna.
Contro l’addomesticamento della passione.

Diciamo basta agli spit seriali e alla violazione indiscriminata della montagna.

Se per borghese (burgeois, burg=fortezza, luogo protetto) si intende portare le facili sicurezze delle città sulle pareti dei monti, come proletari (proles=figli) rivendichiamo il diritto degli ultimi di potere vivere la natura come se non fosse stata violata irreversibilmente dall’abominio dei primi. Dai padri che non meritano questo nome.

Il nostro motto è TTT. Non semplicemente TNT. Dinamite. Di più.

«Non fermatevi di fronte alla metafora rivoluzionaria del nostro linguaggio: la prole, siete voi; la falce, le spighe del bene comune, super partes; il martello, il suono armonioso dei nostri chiodi e del nostro cuore» NAP [v. link su AM]

Togliere, Togliere,Togliere.
Tritadite! Una T all’ennesimo potenza. Che elimini la superbia, il superfluo, dalle nostre dita. Dalla nostra vita.

Come non c’è scritto da nessuna parte che le montagne debbano essere violate dai trapani e dalla superbia degli uomini, lo stesso vale per chi come noi ha deciso di togliere dalla montagna gli eccessi di quella stessa superbia che rovina, altera, modifica per sempre l’andare per montagne by fair means, con mezzi leali: senza eccessivi surrogati.

Nostra regola sarà distinguere l’alpinismo dall’arrampicata sportiva in quota, le vie alpinistiche dalle vie di arrampicata sportiva, dove pure quest’ultima ha la sua logica e la sua storia, ma non tollereremo più che “attrezzatori” (che non sono né alpinisti né arrampicatori sportivi, ma solamente spregiudicati chiodatori) violino la storia delle pareti sottraendo futuro alle nuove generazioni, spittando a destra e a manca, senza conoscere le storie delle stesse pareti, facendo opera di collage e/o di orribile mistura, solo per lasciare un segno forzato, autoreferenziale, del loro passaggio.

Diciamo BASTA a chi pretende di azzerare ogni difficoltà obbligatoria, ogni conoscenza delle tecniche e della faticosa preparazione necessarie per arrampicare e proteggersi, alimentando in tal modo schiere di neofiti teleguidati da false sicurezze e super relazioni, intruppati e pericolosi a se stessi e agli altri! Noi diciamo BASTA!

BASTA alle vie che si incrociano e si accavallano un metro una dall’altra e che cancellano la storia e la natura delle pareti! Basta agli “azzeratori” di tutto.

Per fare ciò, ripeteremo e analizzeremo le “vie critiche” proponendo una sigla dove chiunque che concordi con il nostro sentimento qui espresso sarà libero di prendere “falce e martello” – o quello che serve – per riportare allo stato naturale le pareti violate da questi sciagurati.

«Le montagne sono i luoghi di resistenza del mondo», dai miasmi delle civiltà troppo imborghesite e mercificate. Addomesticate. Sciagurate. Consumate. Vale per la pareti, vale per la passione. L’alpinista deve fare la sua parte sia in montagna. Sia in città. Scegliere da che parte stare. TTT.

L’elenco progressivo delle firme di tutti gli aderenti si trova su CCC casadicultura.it.

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LEGENDA NAP | prima ipotesi di lavoro

NAP_ALP=via alpinistica esemplare da rispettare e valorizzare
NAP_AS=via di arrampicata sportiva da rispettare
NAP_MIX=via mista alpinistica/sportiva da rispettare per ragioni storiche o di roccia improteggibile
NAP_ABO=via abominevole da schiodare
NAP_REC=via sportiva riconvertita in via alpinistica

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CONSIDERAZIONI STORICHE
L’alpinista è come un pittore che traccia un segno indelebile, ma invisibile sulla tela delle montagne. Esso è – perlopiù – un segno nell’immaginario, del quale rimangono poche tracce fisiche, sulle pareti. Non tutti ne sono capaci.

Dobbiamo prendere atto che oramai siamo ad un punto di svolta in ambito alpinistico. Il panorama verticale è stato teatro dei più diversi stili alpinistici, dall’idealistica e romantica posizione di Preuss alle direttissime artificiali, di cui in seguito fu dimostrata l’inutilità, quando queste furono ripetute dagli alpinisti successivi. Per quanto contrastanti, queste metodologie di approccio all’alpinismo erano però accomunate da un profondo rispetto per la storia delle pareti.

La pluralità e tolleranza del contesto alpinistico – rispetto al carattere specificatamente performante del contesto arrampicatorio in senso stretto – era comunque sempre contrassegnato dal rispetto della prima regola d’ingaggio di ogni avventura in montagna: modificare il meno possibile la natura con cui ci si confronta e rispettare ciò che gli altri hanno fatto passando prima, con tutti i rischi, la bellezza, il valore che questa libertà “condizionata” comporta in termini di sicurezza, limitando perciò al massimo l’uso di mezzi artificiali che modificano la natura delle rocce, condizione valida anche per gli alpinisti/arrampicatori più “sportivi”. Solo così si è evitato di rendere le pareti alpine troppo falsamente sicure, perché troppo accessibili, domestiche, vere e proprie palestre cittadine, che di quella prima regola d’ingaggio sono l’antitesi e che nascondono un pericolo molto più grande di quello che vorrebbero evitare.

Ad oggi purtroppo assistiamo ad una netta inversione di tendenza.
Con l’introduzione e lo sdoganamento dell’uso del trapano sempre più pareti vengono violate da vie che di alpinistico non hanno nulla, né dell’impegno in arrampicata obbligatoria e relativa ricerca che pure l’arrampicata sportiva comporta sulle grandi pareti, eliminando qualsiasi approccio caratteristico dell’avventura e dell’engagement. A questo aggiungiamo che troppo spesso questi nuovi itinerari vengono tracciati laddove già preesistevano vie alpinistiche, a volte sormontandole totalmente, a volte invece lambendole così vicino da confondere le linee, altre volte moltiplicando gli uni vicino agli altri troppi itinerari, per arrivare al paradosso che uno stesso ATTREZZATORE (così definiremo questi pseudo-apritori di vie) si vede costretto ad apporre frecce o targhette sulla roccia che indicano la via da seguire attrezzata da lui stesso, che disturba la sua propria linea e che per questa sua folle commistione non è da definire né alpinista, né arrampicatore, ma per l’appunto “attrezzatore”.

Peggio poi quando pensiamo ad itinerari che sormontano vie preesistenti di cui, se nelle biblioteche non si è conservato il ricordo – difficile ma non impossibile che ciò accada – la roccia invece ne porta i segni. Quando questi attrezzatori, durante gli ingiustificabili mesi che impiegano nell’apporre la loro inutile firma su una parete, trovano dei vecchi chiodi, dovrebbero fermarsi, informarsi ed eventualmente fare un passo o due indietro e schiodare, o meglio disattrezzare l’obbrobrioso abominio alpinistico che stanno costruendo.

Chiaramente i tempi cambiano e quella che un tempo era una disciplina d’elite – nel senso costruttivo del termine, ossia non “elitaria”, ma per poche e preparate persone – ora è fruibile ai più. Siamo sicuri che sia un bene?
Dare a persone che difettano di esperienza la possibilità di affrontare pareti dolomitiche, grazie a chiodature ravvicinate, con la scusante della sicurezza, serve realmente a rendere più sicuro l’alpinismo, o, in controtendenza ai propositi, ciò non avviene? Anzi. Si rischia di capovolgere il risultato.

Dati alla mano vediamo che l’incidenza degli infortuni aumenta con l’aumentare di itinerari facili tracciati su pareti facilmente accessibili da attrezzatori inesperti, ma anche da esperti in cerca di effimera gloria. Prendiamo la Valle del Sarca come esempio, dove l’opera di Heinz Grill, per quanto lodevole e priva di qualsivoglia scopo di gloria (egli è ed è stato un fortissimo alpinista/arrampicatore che non necessita di presentazioni) ha indotto suo malgrado molti neofiti ad affrontare con troppa leggerezza le sue vie. Questo ha causato un aumento degli interventi in parete nonostante o a causa dell’alto grado di sicurezza e della relativa esattezza delle sue relazioni. Troppo affollamento, troppe persone impreparate ai rischi “inalienabili” dell’arrampicata, nessuno disposto a rinunciare alla salita, tutto ciò alza l’asticella del rischio pur abbattendo quella del limite umano soggettivo, sempre costretto ad affrontarsi con quella del limite oggettivo insito nella natura delle pareti e dell’arrampicata.

Poiché proprio nell’accettazione/avvicinamento dei limiti soggettivi e oggettivi risiede l’essenza dell’alpinismo, questa accettazione e ricerca del limite deve avvenire solo grazie all’impegno ed alle proprie capacità e non grazie all’impiego di mezzi sempre più sofisticati che permettano di abbattere quei limiti invece di conoscerli e avvicinarsi ad essi.

Il trapano in alpinismo non è perciò un ausilio accettabile. Mai. Quand’anche possa essere accettabile la perforazione per tratti improteggibili da mezzi non modificanti la natura della roccia, in quei rari casi è consigliato l’uso del perforatore a mano per non cadere in tentazione di avere un mezzo troppo potente per le mani. L’uso del trapano non può e non deve essere considerato lecito in alpinismo ed una via attrezzata con spit, in tempi biblici e non salendo in un unica soluzione di continuità, non può e non deve essere considerata alpinistica. Bensì “sportiva”.

Altresì le vie sportive su grandi pareti – fuori dalle falesie mono/bitiro – hanno senso di esistere solo se rispettano le minime caratteristiche d’ingaggio. Queste caratteristiche sono regole di buon senso che impongono la ricerca del superamento delle difficoltà grazie alle proprie capacità e non alle protezioni. La presenza delle protezioni non deve modificare il grado obbligatorio della via, ma esaltarlo nella sua essenza senza pregiudicare la sicurezza. Questo significa rifiutarsi di attrezzare vie sportive con gradi elevati in potenza, ma di fatto – ossia obbligatori – bassi, per permettere a chiunque di poterle ripetere, perdendo lo scopo di valorizzare la difficoltà tecnica di arrampicata, protetta comunque con il giusto margine di sicurezza, ossia non con una spittatura seriale.

Senza entrare nel dettaglio di nomi o luoghi citiamo come esempio “l’attrezzaggio” sconsiderato e oltremodo irresponsabile di molte vie nelle Piccole Dolomiti. Teatro di oneste imprese alpinistiche, sia remote che recenti. Vecchie vie sulle cui linee alcuni attrezzatori sconsiderati di varia tipologia hanno attrezzato vere e proprie ferrate con notevole dispendio di tempo e denaro per creare dei veri e propri “ecomostri dell’alpinismo”. Senza remore e senza porsi alcuna domanda o problema, senza studiare o ripetere, hanno ricalcato, a volte quasi interamente, a volte in parte, altre linee di vie più o meno storiche, comunque preesistenti. L’arroganza di queste realizzazioni trasuda l’assoluta mania di protagonismo degli attrezzatori di questi abomini.

Si deve dare una svolta a questa tendenza che comporta lo smantellamento del rischio, la non accettazione del rischio come parte del gioco da noi controllabile mediante attitudine, intelligenza e preparazione, ma che di fatto lo aumenta, senza contare il consumo irreversibile di terreno alpinistico per le generazioni future a causa della deturpazione/distruzione/rovina della roccia e dell’immaginario storico che su quella roccia si poteva costruire.

Estate 2014, Nina Caprez e Cedric Lachat hanno lavorato sodo per ripetere una via di estrema difficoltà, Orbayu, nei Picos de Europa, in Spagna.

In questo scenario di scempi alpinistici si inseriscono a pieno titolo tutti quegli attrezzatori di vie che vanno ben oltre il loro limite tecnico-fisico con l’uso e l’abuso di mezzi artificiali. Persone che, pur arrampicando in libera su gradi medio bassi, attrezzano itinerari di livello molto alto, e per farlo – pur cercando di portare al massimo la loro soggettiva difficoltà obbligatoria, appunto bassa – sono costretti a spittare in azzero, eliminando di fatto ogni progressione obbligatoria, ciò che dà valore alla stessa arrampicata sportiva in quota.

L’azzero per la chiodatura in arrampicata sportiva dovrebbe essere eliminato (limitato) come lo spit per l’alpinismo. Solo grazie a queste limitazioni potremo preservare le pareti per il futuro della nostra passione. E per quella dei nostri figli.

In sintesi: togliere il superfluo, mettere l’essenziale. Questa è la sfida per il futuro dell’alpinismo.

Nota
(1) In onore di Giacomo Albiero, alpinista accademico vicentino e partigiano, compagno di Renato Casarotto, recentemente scomparso all’età di 93 anni, primo a togliere il primo spit dalla Carlesso sul Baffelan, a martellate, durante i suoi ultimi anni di attività. E per ricordare Lorenzo Massarotto, il Caro Potente Mass che in tutta la sua luminosa carriera non piantò mai uno spit.

Per aderire – che significa anche solo supportare gli impegni di “stile alpinistico” del manifesto – inviare mail a ttt.alpinismo@gmail.com indicando: NOME, COGNOME, LUOGO DI RESIDENZA, eventuale APPARTENENZA o ALTRO a GRUPPO/ASSOCIAZIONE, come Sezione del CAI o simili. Adesioni e informazioni su TTT su CCC casadicultura.it .

Leggi l’intervista sui NAP [http://www.alpinismomolotov.org/wordpress/2019/01/03/meridiano-di-fuoco-la-nascita-del-nucleo-alpinisti-proletari-auto-intervista-collettiva/] ad Alberto Peruffo, contatto dei NAP, per meglio capire il Manifesto TTT. E anche https://casacibernetica.wordpress.com/2019/01/02/arrivano-i-nap-nucleo-i-alpinisti-proletari-le-prime-info-sulla-nascita-dei-collettivi-e-il-manifesto-ttt-togliere-togliere-togliere/.

L’intestazione delle rivista Alpinismo Goriziano. Il Manifesto TTT e le Considerazioni storiche sono uscite per il numero 3, Settembre-Dicembre 2018, con il titolo Uno spettro si aggira per le crode, grazie allo storico redattore Marko Mosetti.

Manifesto TTT del Nucleo Alpinisti Proletari (NAP) ultima modifica: 2019-01-03T05:30:36+01:00 da GognaBlog

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174 pensieri su “Manifesto TTT del Nucleo Alpinisti Proletari (NAP)”

  1. torniamo a parlare di ciò che conta sul serio per favore? ossia l’immobilismo dei NAP e l’inconsistenza del loro manifesto a fronte dell’operatività nulla che li ha contraddistinti, tutti ingessati e impauriti da quattro scappati di casa. Perché non avete agito? Dopo averci fatto firmare, dove ve ne siete scappati? Noi stiamo ancora aspettando il vostro togliere, ci avevamo creduto, ma poi…

  2. Caro Alessandro, a dare spazio a figuri triviali il tuo blog – il nostro blog – scade a livelli triviali.

    Non va bene. Anni fa non era affatto cosí.

    Sei troppo indulgente.

  3. “Non ti conviene discutere con un idiota. Ti costringe ad abbassarti al suo livello e poi ti batte con l’esperienza.”

  4. Bertuccelli, ma come fai a dire che siamo ignoranti? ne sei certo? sono sicuro che tu non vai oltre alla quinta superiore (presa pure a calci in culo). All’occhio bertuccia, con noi caschi malissimo, se devi dare dell’ignorante a qualcuno prima di noi c’è una lunghissima fila 😉 Torna al disimpegno cui sei solito da quarant’anni a questa parte…

  5. @ 67

    “Caro” Mazzaggio/Mantegazza, mi rendi le cose talmente facili che non c’è nemmeno gusto a risponderti.  È come rubare le caramelle a un bimbo…

    Storpiare i nomi, poi, rivela una maturità da asilo infantile, non da prima elementare. Contento te, contenti tutti.

    … … …

    Una volta gli ignoranti erano consapevoli di esserlo e tacevano, ma poi imparavano. Ora invece ne sono orgogliosi e ragliano.

    Ragliano al cielo per dimostrare che esistono.

  6. Grazie Bertuccelli, meno male che ci sei tu a fare il professorino, altrimenti non mi sarei mai accorta degli errori di battitura 😉 Michelazzi, per passare a trovarti posso tenere buono l’indirizzo online? sul campanello troverò scritto “stella alpina brachicefala” giusto? Vi fanno tutti con lo stampino cazzo, non potete immaginare quanto vi odiamo…

  7. Sorvolo sulla vacquità […]”

     

    Io invece non sorvolo: “vacquità” non si può leggere. È roba da prima elementare…

  8. Mantegazza, Fracchia, Fantocci, o come ti chiami veramente…  ti ringrazio!

    Oggi è stata una giornata difficile e tu mio caro amico l’hai resa ilare e no-stress… continua così che il relax alla sera rende migliore il giorno dopo.

  9. Mantegazza… ??? Ah sì ora ricordo un lassativo … Datti una calmata piccola che in montagna, sempre che tu sia in grado di andarci mi trovi ovunque.

    Vuoi discutere col sottoscritto di br nar e bombe varie? Accomodati pirla ma fallo sul serio che ti aspetto. Quando annusato i pannolini per capire che profumo ha la merda io già ci giocavo. E ti aspetto eh.. . Campione. Non deludermi

  10. Ma come…? Uno funge da lassativo, facilitando l’evacuazione, cosa fondamentale per la salute e…  poi,  viene disprezzato!

    Potta potta Miè…!!

  11. Stefano tranquillo: se le bombe arrivano fin qui venderemo cara la pelle a differenza tua. Sorvolo sulla vacquità delle tue obiezioni, tipiche di un bambinone un po’ radical cresciuto maluccio. Tu che fai parte della generazione dei falliti (aka 50-70enni) pensa a tutte le guerre e battaglie che hai e avete perso in una sequela di fine settimana identici e infiniti: ci fate cagare, e vi disprezziamo profondamente.

  12. Quando leggo certi commenti mi viene la scagarella… ma siete veramente convinti? Ci sono bambini che creano sotto le bombe in Palestina e al contempo, alcuni coglioni che si fanno figli con motti rivoluzionari, solo perché schiodano…!?

     

    Ma siete seri o è solo una provocazione da caciara (spero di sì).

     

    Se questo sono i problemi che hanno ke palle di affrontare le nuove generazioni, che attualmente mi sembra non abbiano scritto nulla di nuovo , allora… ßiamo condannati.

     

    All’ultimo commento posso solo rispondere che il biberon è pronto! Fine dei giochi per oggi…

  13. Sono bastati un manipolo di NAR – se ne contano una ventina fra fondatori, assidui e occasionali, foresti e qualche sparuto veronese – per far apparire ridicoli i massimi sistemi di questi NAP! Tante chiacchiere e poca sostanza, e lo dico con l’amaro in bocca da ex firmatario disilluso. Spero che vi abbiano ridestato, ma a quanto sembra l’autoreferenzialità e l’immobilismo erano e sono cifre caratteristiche del vostro agire. Hasta la victoria, NAR!

  14. ben ritrovati, a tutti+senza tanti patemi, e per guardarci in faccia, per parlare, per dibattere, dissentire, proporre, ci troviamo qua (vedi link) sabato 6 aprile, sulle prealpi veronesi, come annunciato +>>https://casacibernetica.wordpress.com/2019/04/03/ttt-fuoco-alle-polveri-di-magnesio-incontro-ad-illasi-vr-dibattito-assemblea-convivio/>> https://www.facebook.com/events/813366862375835/+onore ai ragazzi che hanno mantenuto la parola e organizzato il tutto+partecipazione libera – siete tutti invitati, specie i commentatori+NON SOLOdal 12 aprile al 26 maggio abbiamo pensato ad una rassegna culturale, sui generis, con amici da varie parti del globo… Grecia, Australia, Austria, Giappone, Siberia… e Italia. Poiché la montagna non è solo spit o no spit. Ma molto di più.+Qui il progetto in itinere, con scarsi mezzi e grandi ospiti, amici, alpinisti, registi, ai più sconosciuti >> https://www.produzionidalbasso.com/project/ttt-togliere-togliere-togliere-rassegna-di-cultura-arte-performance-cammino-e-alpinismo-by-fair-means/+vi aspettiamoanche in quei gg potremo parlare insieme+buone cose, ciao

  15. Mi chiedo perché non continuare a fare come si è sempre fatto, con la semplice ma funzionale regola del lavare i panni sporchi in famiglia.

    In fondo tutta la possibile casistica si riduce a tre realtà:

    1 via esistente e pubblicata: mi aggiungi lo spit di tua iniziativa, te lo tolgo senza chiedere, lo rimetti te lo ritolgo e cosi via, siamo Neanderthal dentro, che ci vuoi fare.

    2 via esistente o variante ma non pubblicata, nota solo ad apritori e ristretta cerchia di amici: sta al buon senso del ripetitore che sale convinto di “aprire”: trovo un chiodo e decido di non mettere nulla di fisso (spit) o anche sí, successivamente se ne può discutere, ma senza azioni unilaterali, credo che anche la buona fede meriti rispetto.

    3 Via totalmente nuova: faccio come mi pare, d’altra parte se in 100 anni di scalata nessuno ci ha messo mano ci sarà un motivo. Se il risultato è spittare territorio vergine di quinto/sesto grado (francese o caiano), beh qual è il problema? Di togliere una potenziale via classica tra le migliaia esistenti delle quali molte non hanno nemmeno visto una ripetizione? O di deterioramento dell’ambiente? O di annullare la possibilità di apprendimento delle “vere” problematiche dell’ambiente alpino?

    Ma anche sticazzi.

    Se invece la chiodatura a spit è ben distanziata e si scala su difficoltà elevate allora invece va bene, sempre che abbia utilizzato l’etica larcher-ovigliana?

    Vedremo se avrete il coraggio di ripulire la sud della Marmolada dagli infissi di Larcher e di Koller.

    Attendo le foto.

     

  16. Mi ripeto: certi “problemi” diventano esistenziali e sconvolgenti quando si ha il tempo di pensarci così tanto… Oppure perche non si ha niente di più grave a cui pensare.

    Parole sante, che secondo me, racchiudono il senso di tutti i commenti equilibrati qui presenti.

  17. GognaBlog rilancerà la questione TTT il 5 febbraio 2019 con un nuovo articolo, la lista dei primi firmatari, la data di convocazione di tutti gli interessati – favorevoli e sfavorevoli – per una grande assemblea-conferenza pubblica – che rompa gli schemi della gerarchie e delle associazioni riconosciute – per affrontare la questione sollevata dal manifesto dal punto di vista degli alpinisti stessi, nessuno escluso, con particolare attenzione verso il futuro, sulle nuove aperture. Perciò la questione non è “abbandonata” qua. Di certo gli estensori non vogliono sottrarsi al confronto civile.

  18. La “fuga” dai problemi è sempre la decisione migliore !!!

    Non credo in questa affermazione, mai sentita dire da alpinisti seri che guardano sempre tutto nei particolari più minuti.

  19. Mi ripeto: certi “problemi” diventano esistenziali e sconvolgenti quando si ha il tempo di pensarci così tanto… Oppure perche non si ha niente di più grave a cui pensare.

     

    Parole sante, che secondo me, racchiudono il senso di tutti i commenti equilibrati qui presenti.

  20. Salve di nuovo, per quanto mi riguarda, la profondità e gravità di un argomento non e determinata necessariamente dal numero di parole che lo descrive.

    Credo che molte persone, come me, quando ne hanno la possibilità, vadano in montagna per divertirsi e per stare bene.

    Mi ripeto: certi “problemi” diventano esistenziali e sconvolgenti quando si ha il tempo di pensarci così tanto… Oppure perche non si ha niente di più grave a cui pensare.

    Stiamo sereni e viviamo la montagna senza per forza dovercela avere con qualcosa o qualcuno!

    Passo e chiudo, ho altro da fare…

  21. Sono sconvolto. C’è un gruppo di alpinisti che propone con un manifesto (provocatorio e dal tono un po’ aggressivo, anche) e una bella intervista di approfondimento. C’è anche quella, sul sito di Alpinismo Molotov, che a quanto pare pochi hanno letto visto il tenore delle risposte. Ci sono questi due testi, quindi, su un tema molto importante, più volte affrontato su questo blog. Importante per chi si interessa di alpinismo ovviamente, ma che dal particolare porta a riflettere su questioni più ampie, generali, universali.

    Sono sconvolto, dicevo. Lo sono perché da questa premessa il risultato sono decine di commenti fuori luogo, scritti senza aver letto attentamente quello che si vuole commentare, solo per la semplicità e velocità con cui si può digitare sulla tastiera e fare click su “Pubblica”. Commenti scandalizzati per la scelta del nome, ma nell’intervista a Peruffo è tutto molto chiaro e viene spiegato molto bene. Commenti in cui ci si chiede se non hanno meglio da fare, cosa che si potrebbe ritorcersi contro a chi la scrive: e tu? non hai niente di meglio da fare? Accuse di fuggire dal dibattito dopo lunghe risposte esplicative – chiarissime, per quanto mi riguarda. Fare una colpa se il figlio è in sintonia con il padre su un determinato argomento (perché è questo che è si fa  quando con tono sarcastico qualcuno chiede quanti sono i Peruffo). Poi ci sono quelli ansiosi di sapere i nomi delle vie incriminate,  quelli che dicono che sono solo chiacchiere: ma avete visto che appena il 31 gennaio verrà pubblicata la lista degli aderenti? Avete visto che c’è una “ipotesi di lavoro”? L’elenco potrebbe continuare, per evidenziare il nulla teorico della maggior parte dei commenti (ché di critiche non si può parlare, visto il tenore).

    Sul perché di queste poche righe (le prime sul blog di Gogna, che secondo me ha fatto bene a pubblicare il manifesto) l’ho scritto subito: sono sconvolto, soprattutto dalla pochezza di pensiero e dalla incapacità di capire cosa si legge.

  22. Finalmente sono riuscito a leggere l’articolo e SOLO una parte dei commenti… : a parte tanto rumore, tanta teoria, in parte anche condivisibile in linea di principio, diciamo che c’è poco di concreto.

    In seconda battuta mi viene da pensare che qualcuno ha davvero tanto tempo da perdere. Veramente niente di meglio da fare nella vita?

    Comunque, per essere pratici, fuori i nomi delle vie incriminate… Altrimenti rimangono soltanto tante chiacchiere (ma davvero tante).

    Auguro a tutti di riuscire a vivere andando in montagna con il proprio stile e le proprie convinzioni in maniera serena e di prendere queste cose con il giusto peso: sarebbe più sano, per tutti.

     

  23. Furlì,
    un po’ di spit sulle facili vie della valle del Sarca degli accademici trentini di recente nomina però si possono tranquillamente togliere 🙂 🙂 🙂
    Tanto per spingere le persone, nel 2019, a imparare a scalare sul quinto senza attaccarsi ai chiodi 🙂 🙂 🙂
    Sempre in sicurezza, nevvero 🙂 🙂 🙂
    Dai che non mi sbaglio!
    Ma direi anche altrove, almeno nella zona prealpi… così, tanto per far imparare.
    Ciao

  24. NAP ? ma chi è sta gente elenchi dei nomi non riesco a trovarne elenchi di vie da schiodare neanche veramente come dice Michelazzi la gente è talmente sazia che non sa più cosa fare cosa inventarsi.

    Comunque fuori i nomi e gli elenchi delle vie e poi un avvertimento lontani dalle valle della Sarca perchè seno son dolori.

  25. Guardi Bertoncelli, dato che cita l’educazione, si può essere liberissimi di abbandonare una discussione tanto quanto maleducati nel scegliere di farlo.

    Cordiali saluti

    scai

  26. I miei studi giuridici mi permettono di affermare che in Italia esiste la libertà di abbandonare un dibattito, piaccia o non piaccia ad altri.

    La libertà di abbandono dibattito – persino del GognaBlog – è prevista dalla Costituzione della Repubblica Italiana.

    Tale abbandono non riveste altresí questioni morali di alcun genere.

    … … …

    Ciò che l’educazione richiede è invece di presentarsi con nome e cognome.

    Ho detto.

  27. Mi piace questa idea che chi partecipa ad un dibattito decide di sua sponte di abbandonare quando lo ritiene opportuno, alla faccia di chi vorrebbe interloquire, perchè “io son io e voi…”.

    Mi si nota di più se scappo o se rimango?

    Lo faceva anche un certo Spagnolli , salvo poi cambiare idea, speriamo che Peruffo sia più coerente.

     

  28. Caro Marcello, non riesco a capire perché tu attribuisca il tutto a ragioni di natura sessuale.

    Potresti spiegarlo bene anche a me, che sono un’anima semplice?

    Grazie. 😂😂😂

  29. Caro Antonio, anch’io sono d’accordo con molte cose che qui si dicono, specialmente quando Alberto fa riferimento alla questione sulla finestra di possibilità ampliata o meno, oppure con i commenti di Carla e Luigino, in modo particolare sono d’accordissimo con l’idea di Luigino di installare distributori automatici alle soste. Bravo ragazzi, io firmo senza problemi. Poi sulla questione delle brigate rosse se volete ho un panzer in garage!

  30. «È piú facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che Alberto sia democristiano» (Fabio Bertoncelli).

  31. Caro Alberto Peruffo la mia di Guerra e Pace, è stata una battuta. Anche perchè, nei miei interventi mi sembra di non essere proprio del tutto lontano dalla tua/vostra  protesta. Poi magari avrei usato altri toni  un pò meno minacciosi. Ma io in fondo sono un democristiano 😔😔

  32. ULTIMO COMMENTO

    Questa volta ho provato ad esser breve. Purtroppo, caro Benassi, la storia spit-no spit, per gli alpinisti ha proprio la grandezza di un Guerra e Pace tolstojano. E altre precisazioni sono state richieste. Perciò si chiede comprensione. Chi si annoia chiuda il computer e vada a scalare. Cercherò di valorizzare qualche provocazione per riconsegnarla al mittente. Risponderò a un commento solo, esemplare, che per quanto volgare, offre una buona occasione di saluto finale.

    C’erano delle domande in sospeso. Proverò a rispondere. Comunque, proprio per rispettare le indicazioni di Benassi e Cominetti, questo sarà l’ultimo mio commento a nome TTT-NAP, perché è stato deciso di dare appuntamento, a tutti, a quando ci saranno nuovi sviluppi e a un probabile grande incontro, dove chi vorrà, sarà libero di partecipare. Così da non rendere infinito e veramente noioso questo post.

    DOMANDE

    Ma esistono davvero questi TTT-NAP?
    Certo, esistono, pure al di là della forte provocazione del manifesto, che è stato il loro primo strumento di espressione, di farsi vedere. Essi sono un gruppo di giovani molto motivati e carichi di passione e di moltissime ripetizioni – che si stanno confrontando a più livelli, anche con meno giovani di grande esperienza e preparazione – sparsi in giro per le Alpi. La dominanza è orientale, per il momento.

    Come agiranno?
    Difficile dirlo. Principalmente mediante uno scarto culturale, espresso nel manifesto. Una differenza dal prima. Hanno formulato innanzi tutto dei principi. Si ispirano a degli stili. Su questi stilemi hanno espresso la loro ipotesi di lavoro mediante una legenda operativa, ancora nel suo farsi, che avete letto nel manifesto. Dovranno riunirsi per discuterla e perfezionarla, vedere se tiene ed è utile, praticabile, non tanto come regolamento o imposizione normativa di chissà quale autorità, quindi come “linee guida” (quelle le lasciano alle Guide e alle istituzioni, considerando pure che le indicazioni del Bidecalogo del CAI, punto 13, sono state in parte disattese). Perciò nessuna linea guida o comportamenti normativi autoritari, polizieschi, sanzionatori, bensì “linee di principio” a cui ispirarsi, da declinare poi nelle singole vie, specie QUELLE DEL FUTURO. Diversamente da un regolamento, esse esprimono un sentimento, un atteggiamento, una nuova mentalità, che può piacere o non piacere: la possibilità di levare, togliere, non usare il superfluo. Scarto e differenza culturale ancora non espressa dall’autoregolamentazione del Bidecalogo citato, buono nelle intenzioni, cestinato spesso nei fatti. Ancora di più se si pensa al disimpegno sociale e ambientalista di molti alpinisti, soci o non soci, in gruppo o solitari, per ciò che non riguarda i fatti loro, la loro amata montagna, come fosse un’isola felice. Dove portano o si purgano dai miasmi della città.

    Quali sono questi stili?
    In montagna – per fare dei nomi esemplari ed esemplificativi – e per riprendere la formula di uno molto-molto conosciuto – «nulla deve rimanere in montagna» (: terzo principio dell’alpinista 🙂 – in montagna, dicevo, prediligono lo stile alla Massarotto-Verri. Pur prediligendo questo stile radicale, che chiamano – non solo loro – alpinismo, ben distinto dall’arrampicata sportiva su grandi pareti (che non è “la rivoluzione” dello strano video markettaro della pur notevole Scotonata Galaktica, senza il nome dello sponsor davanti, e in ogni frame), hanno imparato la lezione dello stile alla Larcher-Oviglia, che valorizza l’apertura dal basso con obbligatorio spinto ai limiti dell’arrampicata trad, indice di grande preparazione. Capiscono e apprezzano chi ha coltivato o cercato di elaborare le criticità di entrambi gli stili, chi più spostato di qua o di là, come Massimo Da Pozzo, o Venturino De Bona, per arrivare allo stile Tondini-Simonini-Baù-Beber, sulle grandi pareti, dove solo in caso estremo si arriva a forare. Sono contrari alla spittatura seriale. Manifestati i loro stili e le loro scelte culturali, agiranno di conseguenza dopo essersi ritrovati e riuniti, più volte.

    Quando si riuniranno e perché?
    Si riuniscono già, in questi ultimi mesi, in varie parti e luoghi. Tuttavia, essendo molti i firmatari in entrata – i quali sono semplici aderenti, e non per questo significa, operativi, attivi nella ricerca e nella proposta – ed essendo pure molti i contrari, come si apprende da tutti i commenti, oltre alle riunioni locali tra gli operativi, stanno pensando di fare ogni tanto una grande reunion, forse la prima questa primavera/estate: un assembramento culturale, invitando tutte le parti interessate, Gogna stesso, Alpinismo Molotov, le persone che hanno esposto la loro forte criticità, tipo Cominetti, Michelazzi o chi altro. Una specie di grande riunione culturale dove parlare ed eventualmente mettere sul tavolo le questioni, discutere qualche caso specifico, formulare bene le “linee di principio”, dalle quali poi, per Togliere-Togliere-Togliere, ognuno potrà ispirarsi, siano esse guide, istruttori o cani sciolti, nelle rispettive zone di appartenenza, dove la specificità del luogo offrirà il merito all’autorità dei singoli di alzare la discussione. E di conseguenza, la disapprovazione.

    In conclusione i ragazzi hanno detto e scritto, in queste ultime ore, dopo i commenti:
    «Ci stiamo organizzando, sul passato sarà difficile agire, capire cosa fare. Già diversi cani sciolti, alpinisti di fama, guide stesse, schiodano ciò che non va. Ma purtroppo il problema è l’opposto, ossia che c‘è un invasione di carpentieri – per dirla alla Larcher – sulle pareti, specie prealpine, dove è nato e si è formato l’alpinismo di ricerca di alto livello. Questo è certo: il passato è difficile e da discutere, ma per il futuro, da TTT in poi, qualsiasi chiodatura indiscriminata, qualsiasi attrezzatore che spitta a destra e a manca, dovrà fare il conto con la nostra presa di posizione e mettersi nell’ordine di idee che come ha usurpato una parete, la sua storia, la sua roccia, l’indomani della sua usurpazione potrà trovare più niente. Perché passeremo noi: con TTT. La nostra serietà culturale, preparazione, ripetizione degli itinerari, presenza nei territori, confronto con altre parti, la nostra unione di gruppo su tutto ciò ci autolegittimerà».
    Ancora, in altre parole, spiegano:
    «Nessuno legittima loro a forare. L’alpinismo dovrebbe essere una pratica libertaria senza bisogno dell’intervento di niente e di nessun altro, che ognuno produce per sé e per gli altri solo a certe condizioni, dettate dalla storia e dalla natura delle pareti, non da un trapano in mano a carpentieri, una pratica che non dovrebbe mai rovinare il terreno per chi viene dopo. Nulla deve rimanere in montagna – lo diceva uno meno radicale di noi. Questo era ed è l’ideale massimo. C’era chi lo diceva e chi lo faceva. Il Mass lo faceva. Noi ci proviamo».

    Ecco, ora tutti sanno che ci sono.

    Mi impegno di scrivere su questo blog la data del futuro appuntamento aperto a tutti, se ci sarà. Passo e chiudo. Ciao.

    +++

    @ Barbara T.
    La noia è la ragione dei morti. Mi sembra che qui dentro ci sia molta vita. Vale pure per il divertimento di Cominetti. Talmente ovvio. Che non è sufficiente. Né a chiudere il discorso, né alla pratica dell’alpinismo. Perciò Barbara, accetto le tue offese. Ma perché abbiano valore, firmati al completo, con nome e cognome. Lo stesso vale per gli altri. Magari, mettete anche il luogo, la zona. Così per sapere da dove giungono.

    Altra cosa, Barbara, sugli incidenti. I fatti dimostrano il contrario: più uno impara a proteggersi, a fare alpinismo, meno incidenti accadono in montagna. Certo, lavorano meno guide, apparati, soccorso alpino. Ma se vogliamo mettere tutto sul piano del lavoro, la partita è persa in principio. Soprattutto se partiamo dalla premessa di Marcello: io ho cominciato a fare alpinismo per divertirmi. E gli altri, per cosa? Per chiudere la porta di fronte a tutti i problemi. Divertirsi non basta.

    Chiedo così a tutti gli iscritti al CAI: che fine ha fatto il Bidecalogo del CAI citato dai ragazzi? È finito nella voce “divertimento a fondo perduto”? E dalle Scuole escono alpinisti che sanno arrangiarsi in montagna o schiere di lobotomizzati richiedenti assicurazioni e di conseguenza istruttori attrezzatori? Buona discussione.

  33. Si, e infatti da lì più o meno in poi, è una corsa ad accaparrarsi ognuno il propio pezzo di parete da forare, in nome della popolarità, o lo sponsor……………speriamo diventi anche questo antichità, e si vada avanti, e oltre!!!

  34. A me sembra una colionata galattica … La politica aziendale prevede di ampliare i profitti. Si sta vendendo un prodotto… E i mercanti lecca culo si genoflettono vendendo anche la mamma….

     

  35. … a certa gente non passa proprio per niente… Ma sono questi i problemi? Proprio niente di meglio da fare nella vita? Pichéve… ma non sté gnanca pensare dove tacarve: se spot, chiodo, cuneo de legno o friend… Va ben anca El ramo de ‘na pianta…

  36. Paolo, “molti nemici molto onore” l’ho già sentito dire. E infatti fra tutti i commentatori tu sembri proprio quello più fascistello. O forse sei solo il più rappresentativo di questa delirante iconoclastia.

  37. Ho letto che gli sloveni nel 1986  hanno aperto una via sulla est del cerro torre che non è stata ancora ripetuta. E sulla torre egger una più facile.
    Korra Pesce, ha ripetuto quella sulla egger dopo 29 anni e ha detto che è la via più difficile che lui abbia salito… e se lo dice lui sono cazzi!!!
    Secondo me noi italiani discutiamo di queste cose TTT perché siamo rimasti indietro di almeno 20 anni rispetto all’alpinismo mondiale e ormai abbiamo diffuso nei cervelli una idea molto addolcita dell’alpinismo, da spettacolo televisivo con subrettes di facili costumi.
    Barbara e altri come il villano Luciano secondo me lo confermano bene: non capiscono di cosa si parli, si offendono e offendono perché si sentono colpiti nel segno, ma senza che nulla di intelligente scatti dentro di loro.
    E come loro c’è una moltitudine allevata dal cai, ma anche dal silenzio delle guide, per non parlare dell’accademico che della vetustà e incapacità del moderno se ne fa una bandiera.
    Andiamo piano e teniamoci per mano, è il messaggio attuale.
    Ma mi sembra che loro non siano felici!

  38. Caro Carlofelice, ti sei dimenticato “la supercazzola con scappellamento a destra” (copyright conte Mascetti, alias Ugo Tognazzi). 😂😂😂

  39. Io penso che a parte le cose dette fin qui, e anche scritte, siano soprattutto oltremodo pure più in più che in meno in vista del fatto che in montagna se non sei nessuno è più che altro meglio dello spit, che poi il chiodo non c’entra, e ho detto tutto. Mi pare altresì che Peruffo e i firmatatari avessero avuto ma anche abbiano, o avrebbero in taluno caso, che dei moralizzatori per i castigamatti dei catari patari e quaqqueri, in un modo che tutto sommato dicono cose che supposte da certi… che poi le supposte dove le mettiamo?

  40. «[…] incendiari di sto cazzo […] Poi vedrete che se vi fate male viene Peruffo a tenervi la manina in ospedale… Noiosi! […] Esaltati!» (commento 117).

    Volendo giudicare in senso ironico: parole di rara eleganza, educazione e raffinata dialettica.

    N.B.: a prescindere dal merito.

  41. a me non sembra che nell’ultimo intervento di Pier Verri ci siano delle offese.

    A meno che “la fanno da padroni” non la si ritenga un’offesa.

     

    qualcun’altro invece ha scritto:

    – Incediari di STO CAZZO

    e poi cosa vuol dire “avete perso in anticipo” ?

    Chi la pensa in un certo modo avrà anche perso….e sarà  una MINORANZA.

    Ma le minoranze a me hanno insegnato a rispettarle.

     

  42. Che PierVerri sia un “maestro” in alpinismo nessuno ne discute, men che meno posso io, ma gli insulti non sono accettabili da nessuno. Ciò che voglio dire e che l’utopia non può prescindere dal contesto. In contesti fortemente turistici, facilitati, super assistiti, non è possibile proporre cose utopiche, poichè sottopone i molti praticanti e chi deve andare ad aiutarli a rischi elevati.

    Sulla nord del Col Nudo, in Carniche, in Giulie, sul Pelmo, Schiara, san Lucano e centinaia di vie e montagne appena “fuori dai circuiti” i problemi di cui si parla non ci sono o sono ridottissimi.

  43. Mi ero riguardato a risponderti Dino, per non portare la discussione fuori tema, in rispetto ai ragazzi e al loro manifesto, ma Pierangelo Verri che stimo moltissimo anche per grande coerenza, e con fatti, ha detto tutto………….l’indotto “montagna” è ormai attentissimo alle domande della clientela arrampicatoria/alpinistica, da est a ovest delle alpi, e speriamo si salvino ancora alcuni gruppi montuosi………..per i rifugi e impianti ci sono gli enti preposti a regolare le nuove costruzioni ecc…….per le pareti non ci facciamo arrivare ne questultimi ne nessun altro! Anche io credo nella stessa utopia di Verri, ma invito i ragazzi tutti a valutarla…………

  44. Davide, la tua etica alpinistica è esemplare! qui lo dico! Non sapevo della situazione delle vie nel lecchese e mi spiaccio, ma ti chiedo, la comunità dei climber lecchesi cos’ha fatto per evitare questa chiodatura sistematica? perchè sono state spittate/fittonate? perchè, sempre la comunità, non ha agito subito con un atti dimostrativi se non voleva questa cosa? Io resto ancora dell’idea che la creazione di “un’autorità di controllo”, passatemi questo termine, sia un passo falso per tutti!

    Comunque ti ho scritto la manfrina della rivoluzione perchè, se non vado errato, uno dei firmatari del manifesto, ad Arco, è stato bombardato di critiche per la sua modalità di apertura e chiodatura (non stò qui a dirvi ne’ nome ne’ farvi l’elenco di critiche che ha ricevuto).

    Ringraziomo il cielo che all’epoca il NAP non fosse ancora nato perchè le sue salite , molto probabilmente, sarebbero state fatte sparire! Per fortuna lui ha continuato e continua a chiodare aprendo itinerari di gran qualità su grandi e piccole pareti.

    “profonda mia convinzione di essere la propaganda dell’idea una chimera e l’istruzione popolare un’assurdità. Le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, e il popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando sarà libero” c. Pisacane

    Buona giornata

  45. Dino a me non sembra di avere insultato nessuno.

    Dico  che non esiste un diritto divino di pretesa di salire un’itinerario. E per garantire questo a tutti, si debba stravolgere a suon di trapano un itinerario.Non è un fatto di spit si o spit no. E’ un principio di stile, di rispetto del limite, di consapevolezza delle proprie capacità e di rispetto di quello che hanno fatto gli altri e anche e non ultimo rispetto della roccia.

     

    Ho il diritto di andare su una via di Larcher ed aggiungere spit perchè non ci passo?  Non credo.

    Quindi perchè ci dovrebbe essere il diritto di aggiungere spit su una via di IV° dove non c’erano?

    Sali un’ itinerario se ne hai le capacità. Altrimenti vai a fare un’altra cosa , alla tua portata.

    Chi “duramente” vive o cerca di vivere di montagna non merita questo.

    Dino , quanta altra gente vive duramente?!?! mica solo quelli che vivono di montagna.

    Mio padre ha fatto per una vita il camionista. Si è fatto un culo come un paiolo. Ma questo mica gli ha dato il diritto di fare quello che gli pare e piace!

  46. A me pare che gli insulti non portino a nulla e purtroppo indicano solo mancanza di rispetto per chi la pensa diversamente, pur non essendo troppo diversi.

    Se invece si vuole fare i “radicali” allora bisogna far sparire anche le strade che portano a mezz’ora dall’attacco, rifugi comodi che consentono il comodo accesso etc etc etc. Bisognerebbe poi rinunciare all’elicottero e al soccorso in caso di incidente etc etc etc . Non ci sono compromessi buoni o cattivi.

    Ci sono pareti e vie montagne che sono completamente abbandonate perchè scomode, mentre tutti si accaniscono su poche vie poche pareti però comode.

    La conclusione è che se una cosa fa comodo a me allora ….. tutto bene altrimenti peste e corna.

    Quanto alle Guide di Cortina, ne conosco parecchie e  il giudizio mi sembra ingiusto. Chi “duramente” vive o cerca di vivere di montagna non merita questo.

    Quanto alle motivazioni filosofiche …….. mi sembrano incomprensibili, ma li dipende solo da i miei limiti probabilmente.

  47. Barbara T. says:
    11 gennaio 2019 alle 7:06
    Ciclicamente questi incendiari di sto cazzo ritornano. Poi vedrete che se vi fate male viene Peruffo a tenervi la manina in ospedale… Noiosi! Sono decenni che ogni tanto rialzate la testa  ma, rendetevene conto, avete perso in anticipo! Esaltati!

    Scusa ma il termime “esaltati” che hai usato è fuori luogo.

    Avresti fatto meglio ad usare ENTUSIASTI.

    Forse quelli che hanno perso sono quelli come TE che hanno perso il futuro e lo vorrebbero fare perdere anche agli altri.

  48. Dalle nostre parti invece, dolomiti meridionali bellunesi, qualcuno c’aveva provato 20 anni fa a restaurare alcune classiche, ma è sparito tutto i poco tempo. Ben diversa è la situazione dalle parti di Cortina dove le guide alpine la fanno da padroni… Personalmente approvo l’iniziativa dei NAP e la sottoscrivo nuovamente, penso ci fosse bisogno di una sferzata in quel senso per non subire il soppruso di pochi alienati che leccano il culo alla volontà del mercato. Mi piacerebbe, ma è utopia, che questi giovani si orientassero anche verso un No, anche l’uso di un solo fix nel contesto alpinistico. Così da semplificare tutto e non cercare impossibili  e complicate mezze misure.

  49. Ciclicamente questi incendiari di sto cazzo ritornano. Poi vedrete che se vi fate male viene Peruffo a tenervi la manina in ospedale… Noiosi! Sono decenni che ogni tanto rialzate la testa  ma, rendetevene conto, avete perso in anticipo! Esaltati!

  50. Non volermene tu, ma sulle via in cui ho partecipato all’apertura per lo più non ci sono neppure chiodi. Si chioda quanto serve e si schioda con attenzione cercando di lasciar il minor segno possible a chi verrà dopo. Ma lo facciamo volontariamente, appositamente e non senza un certo sforzo. Sono vie, di fatto, che non esistono se non come idea: e questo mi rende molto felice.

    Credo però, da alcuni messaggi, che non sia chiara la situazione in cui vivo: qui, nel tanto decantato lecchese, da anni “fittonano” le vie di IV degli anni 20-40. Il NAP, che ha tutto il mio appoggio, discute ora dell’opportunità di uno spit in più o uno spit in meno mentre da noi vie storiche vengono ristrutturate in “chiave turistica” senza che nessuno apra bocca. IL TTT mi appare quindi un grido di speranza!

    Vi riporto qualche esempio attingendo alle relazioni on-line.

    Zuccone Campelli – Via Comici – Emilio Comici, Riccardo Cassin, Mario dell’Oro, Mary Varale nel 1930. – D, max IV+ –  4 lunghezze, per 140 metri di sviluppo – la via è stata abbondantemente richiodata a fittoni resinati, tutte le soste sono ottimamente attrezzate con catene ed anelli che permetterebbero la discesa in doppia.

    Zucco Di Pesciola – Via Bramani-Fasana – V. Bramani, E. Fasana, 1925 – AD, max III+ – via attrezzata a fittoni resinati, da integrare con qualche dado e friend. Soste costituite da due fittoni resinati da collegare (nessuna catena, a differenza della vicina via dei Bergamaschi).

    Grignetta/Sigaro Dones – Via Normale – 8 agosto 1915 Eugenio Fasana, Erminio Dones e Angelo Vassalli – IV+, V – 5 tiri 9 fittoni 5 chiodi (soste escluse).

    Torrione Magnaghi Meridionale – Canalino Albertini – 17 maggio del 1914 da Eugenio Fasana, Abele Meazza, Armando Venturoli e Attilio del Vecchio. – IV, IV+ – 9 tiri 14 fittoni 3 chiodi (soste escluse)

     

    Grigna Meridionale, Fungo (M.1713) – Via Normale – E. Fasana, L. Binaghi, G. Maccagno, 11/10/1914; – max IV+ –  6 lunghezze, per circa 165 metri di sviluppo. oste attrezzate con due fittoni resinati da collegare, o con fittoni e catene con anelli per doppie. In via qualche fittone resinato e qualche vecchio ma solido chiodo.

    Corna di Medale – Via Cassin – Riccardo Cassin, Mario dell’Oro, 12/08/1931. – V, V+ – soste attrezzate con fittoni resinati e catene. In via “qualche” (eufemismo) fittone resinato e chiodi.

    e l’elenco può andare avanti a lungo… senza nemmeno metter bocca sulle nuove vie a batteria.

    Ho avuto modo di incontrare la figlia di Eugenio Fasana, una donna squisita che ha arrampicato con Tita Piaz e Vitale Bramani: “Mio padre diceva sempre di usare i chiodi con parsimonia, perchè feriscono la roccia”. Oggi, salvo ai Corni, hanno fittonato tutte le vie di Fasana. Oggi, in tutto il Lario un ragazzo non trova una via di IV su roccia buona senza spit, fix o fittoni nemmeno a pagarla: hanno asfaltato la storia ed ogni possibilità di imparare. E silenzio, perchè è il progresso avanza…

    Viva quindi il TTT (anche se certe opere ormai sono irrimediabilmente compromesse)

     

  51. Alberto Peruffo says:
    Esse sono: arrampicare e fare alpinismo by fair means, ossia con mezzi leali, che significa pochi, il necessario, come era in origine e lo è ancora l’alpinismo che si definisca tale.

    Colgo l’occasione per ringraziare Alberto per aver collocato, pur non nominandole direttamente, le grandi direttissime degli anni 50/60 nel loro giusto ambito di competenza, che è quello delle vie da schiodare completamente, per vari motivi: non sono by fair means, non sono alpinismo, non sono ciò che si intendeva in origine per alpinismo, hanno tolto spazio di confronto per le generazioni future (rispetto alla loro), ottimo.
    Mi auguro di cuore che partiate da lì.

    Poi approfitto per chiedere: ma qual’è la quantità di mezzi leali giusta in ottica by far means? Mi quantifica “il necessario”? Mi quantifica quanti erano “in origine”?

    Ho il sospetto che ne verrà fuori un gran casino e che siamo appena all’inizio del dibattito, altro che ai titoli di coda come supponeva Cominetti.

  52. Davie Birillo, io starei attento a buttarla su questo piano perchè, se un giorno, in questo gruppo, entrerà quacuno che valuterà le tue vie (non volermene, non ti conosco e non posso giuducare le tue vie, è solo una supposizione) NAP_ABO=via abominevole da schiodare, perchè tutte proteggibili a friend o con le nuove “diavolerie” che inventeranno, potrai trovarti con un bel mucchietto di chiodi davanti casa (almeno il gesto di restituire il materiale dovrebbe essere fatto!).

    Generalmente, la storia di alcune rivoluzioni, insegna che si finisce quasi sempre con il la testa dell’ideatore in un cesto.

    Buona serata

  53.  
    “Percorrete la vostra strada in silenzio, con onestà e umiltà e vedrete che, senza accorgervene, in tanti vi seguiranno.” DemocraziaCristiana in sala Hippie edulcorata al grido “la montagna per tutti”… Sta faccenda andava sistemata 20 o 30 anni fa, e con una buona dose di manate. Ma no, il “volemose bene” ha vinto e le “anime candide” l’hanno fatta da padroni cantandosela e suonandosela, tra gli applausi degli sciocchi e gli incassi di chi ne ha approfittato. Radical chic del grado armati di trapano e punteruolo. La questione è “ora o mai più”: l’importante non è che la gente segua, l’importante è che un numero sufficiente di gente si tolga dalle palle, e per sempre. Non lasciamo che la paura ci blocchi davanti alle montagne, dovremmo temere fronteggiando uomini che rivendicano il diritto di appendersi ad una piastrina? No Signori miei, la storia lo insegna: in montagna un uomo, anche solo, può fare la più grande differenza del mondo. “Osa, osa sempre e sarai simile ad un dio”. Non fiaccherete con la vostra debolezza d’intenti, con i vostri compromessi e le vostre giustificazioni, l’animo dei giovani. Hanno preso una posizione,e formato alleanze: ormai sono in marcia. Voi siete noia, tutto questo riempie di speranza!  

  54. Allora, battute a parte e tralasciando quanto fin qui detto in merito ai riferimenti politici, non è questo il modo, ve lo dico con la massima serenità d’animo.

    Se pensate di ottenere un risultato positivo in questo modo vi assicuro che nessuno vi seguirà e che se anche all’inizio andrete incontro a risultati lusinghieri finirà tutto in una bolla di sapone.

    Limitatevi a percorrere la vostra strada in silenzio, date un esempio coi fatti tralasciando le parole, mettete da parte manifesti, sigle e altri orpelli, limitatevi a fare delle belle vie nello stile più pulito possibile, schiodate quello che ritenete di dover schiodare fornendo le giuste motivazioni, condividete le vostre idee con il passaparola e vedrete che alla fine otterrete risultati di gran lunga più evidenti perchè alla fine vale più l’esempio di mille parole.

    L’alpinismo non è una realtà statica bensì dinamica, è come l’acqua del mare in continuo movimento, non ci sono punti fermi, ciò che ha un valore oggi potrebbe non averlo un domani, bisogna trovare il giusto equilibrio e quindi una propria dimensione in un caos d’interpretazioni, punti vista, modalità di esecuzione a volte completamente diverse.

    In alpinismo non esiste il giusto e lo sbagliato, il bello e il brutto, il buono e il cattivo, l’alpinismo siamo noi uomini e donne con le nostre idee, le nostre pulsioni, le nostre speranze e illusioni, nell’alpinismo riversiamo tensioni, amori, voglia di vivere e desiderio di morire, come si può pensare d’ingabbiare tutto questo in regole più o meno condivise? E’ follia!

    Percorrete la vostra strada in silenzio, con onestà e umiltà e vedrete che, senza accorgervene, in tanti vi seguiranno.

  55. Con tutto il rispetto credo che utilizzerò il primo commento per appisolarmi.

    Penso di avere buone speranze di non arrivare all’inizio del secondo.

    effettiavamente Giandomenico non ha tutti i torti….

    è veramente dura leggere tutto. Ci si perde….

    non credo serva scrivere un poema da fare concorrenza a Guerra e Pace per spiegare certe motivazioni.

  56. Con tutto il rispetto credo che utilizzerò il primo commento per appisolarmi.

    Penso di avere buone speranze di non arrivare all’inizio del secondo..

  57. Ciao Alberto, solo per dire che la mia non era ritrosia verso questi ragazzi ma ironia verso alcuni commenti “politici”.

  58. Nonostante la giusta considerazione di Marcello sull’importanza e sull’attenzione ad un articolo, in parte dimostrata dagli ultimi commenti, provo a completare la mia serie, come era stato promesso.

    Dopo il primo commento, ecco il secondo, molto più divertente.
    Lungo, articolato, ma così è.
    Le vie dure non hanno scorciatoie. Per citare – a mio modo – Gogna.
     
    SUL NOME CONTROVERSO E SULL’EFFICACIA POSTUMA DEL TTT

    Avete ragione. NAP è controverso. Forse non si doveva usare. Ma ha le sue ragioni, la sua efficacia, e forse le giuste deviazioni. Vi spiego com’è nato e pure la strategia lessicale che è stata nascosta dietro. Ossia, anche se non vorrei usare paroloni, il percorso semantico e le sue ir-radiazioni (pure “nucleari”, radioattive, che generano timore… e attenzione).

    In primis, essendo all’inizio pochi, i giovani, “sovversivi”, chiamiamoli così – quindi un nucleo, più che un gruppone come ora – ed essendo alpinisti, la prima associazione, naturale e spontanea, è stato di dire: questi sono un Nucleo di Alpinisti (dove le maiuscole servono solo per alzare il tiro dei lemmi). Bisognava tuttavia chiudere la declinazione, la formula, delle due generalissime prime parole, altrimenti non dicevano niente. Potevano mettere NAL?

    NAL > Nucleo Alpinisti Liceali?
    con il rischio di passare per quello che immaginate, fin dai tempi delle “sbarbine”. Sai che paura… Liceali… Magari qualcuno di loro è pure operaio metalmeccanico, e ha fatto i turni o li sta facendo… Nonostante il Mandelli…
    NAL che qualcuno poteva interpretare anche come
    NAL > Nucleo Alpinisti Libertari!
    con il rischio di sembrare di voler dire: ognuno faccia il …. che vuole, noi spazziamo via tutto!
    Oppure, visto la loro ancora non bene definita realtà riconosciuta e riconoscibile – esistono o non esistono? – dovevano chiamarsi NAS
    NAS > Nucleo Alpinisti Surreali?
    con il rischio di non essere presi sul serio, vista la loro esistenza piuttosto fittizia. O troppo sul serio, scambiandoli per i Carabinieri dell’Alpe, i giustizieri nazivegani dello spit, come sono in effetti i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma, i NAS più famosi.
    Forse sarebbe allora stato meglio chiamarsi
    NAP > Nucleo Alpinisti Precari!
    visto la condizione di molti di loro, giovani, o meglio ancora
    NAP > Nucleo Alpinisti Pubertosi!
    per meglio esprimere la pulsione sessuale – in parte repressa – visto la giovine età, come genialmente intuito dal Cominetti, ma forse
    NAP > Nucleo Alpinisti Pazienti
    sarebbe stato la soluzione migliore, così avrebbero dato modo alla casta e santa Ecclesia – in questa parodia semantica reificata nel CAI – di comminare la sua sacra approvazione, istituzionale, sempre per dare credito a certi commenti, davvero utopistici.

    Restava invece aperta la soluzione più oltraggiosa, seppur sommamente immaginifica, visto che parlare di politica e di diritti calpestati, tra chi si diverte tra le montagne, è la maggiore bestemmia che si possa proferire. Non certo urlare. Su un manifesto. Mi raccomando, compagni, non di partito, ma di cordata…  la politica fuori, fuori dai coglioni. Sempre. Anche quando la politica non è partitica di bassa lega, ma impegno civile, presa di posizione, dire la tua su cose che non attengono solo al tuo ambito specifico, alpinista e arrampicatore del —–, qui lo dico io, con grande licenza, tratteggiata. Ossia, divertirsi ad ogni costo, sia esso una fila di spit piantati a caso, o una striscia di neve sparata dove farsi le seghe con i propri sci.

    Fate voi. Noi, invece, ci siamo interrogati. Alzando il tiro, ancora una volta, della mediazione linguistica. Abbiamo perciò proposto proletari, perché è una bellissima parola di cui si è perso il senso. Non è qui il caso di ricostruirlo storicamente. Dico solo che fa paura perché il proletariato è quella parte della società, anche la più piccola, che deve conquistarsi il proprio posto nel mondo ogni giorno, nei confronti del signore, del padrone, che può essere anche il padre, quando impone certe regole o fa certe cose, sciagurate. Ecco che la prole qui ricorda la condizione di noi tutti, non certo una classe, in primis i giovani che hanno chiesto questo documento. Già, perché, anche se alcuni negazionisti lo negano, siamo tutti parte della natura, come generati, figli, fragili individui. Certo, dall’altra parte abbiamo i servi e i padroni, i dominati e i dominatori, illusi della loro grandezza o piccolezza, anche nell’immaginario. Ma i giovani che io ho sentito vibrare sotto i colpi del martello, in montagna, tra le pareti, hanno tutt’altro immaginario e devo dare atto del loro coraggio nello sperimentare. Hanno usato quella parola come un friend che si può levare, non come uno spit, perpetuo modificatore della loro identità, per fortuna in movimento. E voi tutti, alpinisti, sapete che cos’è un friend.

    Purtroppo è altresì vero che NAP, oltre ad essere associato a decine di altre sigle, condivide ben due parole con una sigla ben più “terrificante”, i Nuclei dei Proletari non certo disarmati. Ora, farli passare da Armati ad Alpinisti, non è facile, specie per i vecchiacci. Ma se fosse proprio in questo la genialità della sigla, nella conversione delle armi? Da quelle tradizionali del lemma imputato, a quelle che noi tutti da sempre usiamo, le parole e la cultura? Per far capire che con la violenza e la distruzione dell’avversario non si va mai da nessuna parte? Anzi, è un’oltranza che si ripercuote contro noi stessi! Certo, tutto questo ultimo ragionamento – sui NAP alpinisti non-armati, se non di buoni argomenti – era e resta una scommessa. Che ha creato, io credo, il giusto scombussolamento e senza la quale forse nessuno avrebbe preso sul serio il manifesto. Ovviamente, in questo modo, si rischiava di coprirsi di ridicolo. Ma fate attenzione alla bussola di quello scombussolamento.

    E’ proprio questa che manca, il senso del risibile e del ridicolo. Non sappiamo ridere di noi stessi e delle nostre provocazioni, del loro potere ricostituente, di mandarci fuori bussola, e mandiamo tutto in vacca con commenti spannografici, tinti di serietà, per dirlo alla Zaia, il re dei ragionamenti a spanne (fonte Ansa). Vi faccio un esempio, divertente.

    E se si fossero chiamati FAI, sareste stati tutti più contenti?
    Eh già, il FAI! Bel gruppo! Se questi TTT fanno parte del Fondo Ambiente Italiano, quella bellissima associazione, spesso di signori e signorotti, che fa del bene comune per lavare la coscienza del singolo, considerando l’ambiente e le bellezze italiane, fantastici parchi monumentali, magari proprietà di ex-magnati che si sono costruite le ville, i parchi, i castelli, con la pelle del popolo… Come Monzino. Beh, allora sì. Stiamo sicuri. TTT by FAI. Già, così devono essere le montagne, memorie delle gesta dei potenti, dei grandi alpinisti, a spit, o senza spit. Noi del FAI siamo tutti signori.

    Fanculo i signori, arriva da latere…

    Emerge il pensiero del complottista di turno: e se invece sono gli anarchici del FAI? Maledetti, gli anarchici tra di noi?! In montagna, dove vige pace e armonia, sotto regime demaniale. Del FAI!!?? Quelli buoni, disarmati, o quelli cattivi, armati fino ai denti? Quelli del FAI Federazione Anarchica Italiana o quelli del FAI Federazione Anarchica Informale, celebre per le sue cellule anarco-insurrezionaliste, per non dire complottiste. Anche qui due FAI, anzi tre, e due NAP. Per niente complementari. Da una parte i buoni, dagli altri i cattivi. Con chi stanno gli estensori del TTT?
    In sintesi, le sigle e gli acronimi sono sempre un gran casino. Sono i contenuti che contano. E quelli dai ragazzi proposti sono scritti a chiare lettere su TTT, sui cui meriti vedi mio commento precedente.
    Chiudo con una nota storica riservata agli amici Luca, Cominetti, Mandelli. Capisco le loro ritrosie. Non voglio discuterle e le rispetto. In parte anche quelle di Michelazzi (che saluto con stima: ricordo ancora il giorno che mi mostrò le bozze di ciò che poi fu la sua prima notevole guida di selezione di vie dolomitiche). Mio coetaneo. Ci troviamo in mezzo. In cerca di obiettività. Vorrei dire a tutti: gli Anni di Piombo vanno presi col piombo, messi a piombo, in bolla. Non si può glissare con brevi frasi come ha fatto qualcuno o con improprie associazioni. La storia è sottile e complessa. Va trattata con cura. Se Guido Rossa – che io ho citato proprio per rendere omaggio alla figura che manca, alla politica d’impegno civile che mise in crisi Motti, nell’articolo di AM, che forse non avete letto!? – se Guido Rossa va indubbiamente associato alle BR, non andava associato, sempre per fatti storici, con i NAP da voi chiamati in causa, e ancora meno, per non dire peggio, con i NAP di questo manifesto, con giovani dichiaratamente non armati e non violenti. E invece alcuni di voi, pur dopo commenti chiarificatori, ha insistito. Capisco le prime ritrosie, ma non approvo. Specie le seconde battute.

    In conclusione di questo lungo commento – e grazie a tutti i vostri – posso dire che il rischio di usare NAP è stato alto, come si prevedeva. Si viaggiava a vista con protezioni precarie. Ha valso la candela? L’energia del nostro scrivere? O si ridurrà tutto in briciole? Se esso sarà dissinnescato da qualsiasi retaggio storico negativo perché vuole essere portatore di impegno civile – politico, nel senso alto della parola, delle parole – sì. Se invece come molti di questi commentatori – gli stessi che dicono: non parlare di politica, di probelmi, di città, di inquinamento, siamo qui per divertirci, anzi… scappo via dalle città perché non ne posso più di viverci, anche se poi mi dimentico di difendere le montagne dai soprusi delle stesse città, dal modello da cui forse sono fuggito… o non sono fuggito?…  perché quassù tutto rimane tranquillo, anche per il montanaro/alpinista della domenica, insomma non rompetemi i coglioni, che qui in montagna è già difficile vivere, peggio di laggiù in città, e se anche qualche cittadino – peccato che siano migliaia – usurpa il monte, non casca il mondo – in realtà cade – se invece, quindi, questi e altri commentatori riusciranno con le loro deviazioni a innescare ulteriore negatività a questo esperimento di conversione delle parole, veicolando il concetto che in montagna ci si diverte solo – pace, amore, canne e fantasia – allora l’esperimento terminologico è fallito. Ma TTT resta valido. Cambieranno nome collettivo.

    Ma se pure questo nascondersi – legittimamente strategico – dietro ai termini si ridurrà ad un semplice vacuo vagito, manifesto, di soli alpinisti ed arrampicatori, performanti dentro alla loro passione, sia fatta di chiodi o di spit, di trapano o martello, ma chiusi al mondo, allora il fallimento sarà di secondo grado. Un esperimento fallito. Fallito questa volta nel senso di Motti. All’ennesima potenza. Falliti i propositi per cui lo stesso Nuovo Mattino fu un fallimento. Che continua – rielaborato – a ripetersi.

    In tre parole: divertirsi non basta.
    Quando il mondo casca a pezzi.
    E tutti noi contribuiamo.
    Al dissesto.


    Buona montagna.

    PS: ma esistono davvero questi NAP? Quando si riuniranno? Come agiranno? Quali sono le vie? O sono solo un’invenzione provocatoria, per generare commenti e riflessione? Nel prossimo commento, che farò molto-molto più breve e operativo, risponderò alle ultime domande.

  59. Alberto hai ragione!

    Come si chioda quasi sempre di nascosto il vecchio, così si schioda quasi sempre di nascosto il vecchio.

    Ambedue esempio di intelligenza escrementizia, ma comincia sempre chi chioda il vecchio: sono quelli definiti qui sotto come i cretini, ma a me piace chiamarli i brocchi farlocchi, la lucente “razza” dominante moderna.

  60. Non credo che l’interesse sia svanito. Forse certi commentatori sono solo già passati dalle parole ai fatti….?

    Del resto qualcuno ha consigliato di fare così…niente “manifesti” ma agire senza tanti clamori.

  61. Ogni articolo viene più o meno commentato fino a esaurirne il senso secondo chi qui commenta. Non intendo dire che l’articolo perde d’importanza o di senso in assoluto ma li perde relativamente ai commentatori del blog.

    Questo mi sembra che sia giunto a quel punto.

  62. Innanzi tutto, buon giorno a tutti i commentatori, davvero tanti.
    Per semplicità di lettura, dividerò la mia risposta in 3/4 commenti.
    Più o meno tematici.
    E li pubblicherò appena posso, non tutti insieme.
    Questo il primo. Citerò qualcuno tra i commentatori, di volta in volta.


    SUL DOPPIO MERITO DEL MANIFESTO TTT

    Restando sul merito del manifesto, nella doppia accezione, io credo che tutti possano prendere atto – io stesso che sono stato chiamato in causa, senza volerlo e in un secondo momento – che un gruppo di giovani di tutto l’arco alpino (anche se con dominanza orientale) e qualche cariatide al seguito (tra cui mi metto) abbia deciso di prendere parola e posizione su un fatto che tutti vediamo: la troppa, eccessiva, aggressione delle attività umane in montagna, in particolare sulle pareti alpine, dove gruppi di attrezzatori stanno chiodando a destra e a manca, senza avere sufficiente preparazione nelle due attività “origine” che gli hanno messo in mano l’attrezzo devastatore. Altrimenti farebbero il contrario. Esse sono: arrampicare e fare alpinismo by fair means, ossia con mezzi leali, che significa pochi, il necessario, come era in origine e lo è ancora l’alpinismo che si definisca tale.

    Che l’aver sollevato questo – da parte di un gruppo di giovani, che si è confrontato anche con meno giovani – sia un merito e un fatto positivo, credo lo sia, a meno che non si voglia ridurre tutto, in modo banale, come ha fatto MARCELLO C, ad un impulso sessuale represso. Non credo sia così. I fatti dimostrano che molti di questi giovani e meno giovani fanno sesso e pure figliano. Forse proprio questo rapporto padri/figli è uno dei punti centrali del discorso. E Marcello di queste cose dovrebbe saperne e forse soffermarsi su questo punto. Non su altri.

    Da quel che so e che vedo, inoltre, posso assicurare che nel gruppo di “sovversivi” – poi spiegheremo la declinazione provocatoria inserita nel manifesto culturale – ci sono alpinisti di tutte le esperienze, accomunati da una sensibilità per il degrado irreversibile delle pareti. Anzi, capovolgendo i valori, c’è gente che ha fatto le vie più facili – oltre che le più difficili – delle Dolomiti e non solo, compreso il Pesce, se non proprio lesso, uscendo lessi, la Vinatzer, il Philipp, la Solleder, il Cozzolino, il Diedro Casarotto, pareti nord e sud, 5000, 6000, 8000, canali, canaletti, supertiri e soprattutto ravanate… che significa camminare, arrampicare ed esplorare tanto. Tornando a casa di fronte a un limite. Ma ciò – il fare e il fatto – poco conta, se non per sottolineare che nel gruppo c’è gente che ama la storia dell’alpinismo e la fatica della preparazione e della conoscenza, più di quanto MATTEO B creda. Se anche fosse come dice Matteo, tutti sanno che i più giovani – anima della rivolta – hanno a disposizione archivi enormi e preziosi di libri e di notizie. Non solo quello mio – di cui già molti alpinisti italiani attingono per le loro ricerche – ma pure di altri firmatari, con qualche anno in più, con i quali si stanno confrontando. Questa conoscenza e passione condivisa ha alimentato la sensibilità comune – tra giovani e meno giovani – contro il degrado citato, che spesso non è solo storico-alpinistico, ma pure ambientale. Forare massivamente una montagna per far ripetere assolutamente una via – non ci sono altri scopi – per quanto possa sembrare un inno alla sicurezza, è un inno a qualcos’altro.

    Quanto detto sopra credo sia sufficiente per dire che chi parla può e ha diritto di entrare nel merito della questione sollevata, e che aver già sollevato inequivocabilmente la questione – sebbene con termini forse sbagliati, forse giusti, perché controversi – è un merito.

    Chi esce dal merito e non riconosce questo merito, probabilmente sbaglia. O semplicemente vuole deviare. Perché lo voglia o perché lo faccia, non è oggetto specifico di questo commento. E neppure dei prossimi.

    Fine del primo commento.

  63. Ringrazio Leonardo e Giacomo per le loro risposte.
    Le ho lette con molto interesse e ho apprezzato i toni.
    Accetto volentieri l’invito al confronto, anche (forse meglio) in forma privata.
    Dialogare in questi termini è certamente costruttivo.

  64. caro Matteo e c., solo alcune brevissime precisazioni sul tuo n. 85 

    Non credo che ci voglia molto a capire che le “battaglie” sono di varia natura, anche culturali. E se le nostre armi sono la riflessione critica e la conoscenza storica e pratica di quello che diciamo e facciamo, come qualcuno ha già suggerito, non credo di dover aggiungere altro a riguardo. Se non ribadire che una battaglia non si ferma di fronte a commenti ingiuriosi o che portano fuori strada.

    Ho infatti scritto che commenti secchi, offensivi, non-articolati, ossia insignificanti (come alcuni tra i primi commentatori, ora meglio) non entreranno nella nostra memoria. Se tu questa la chiami violenza… io la chiamo qualcos’altro, e capisco perché tu e altri siete completamente fuori strada con gli anni di piombo e citate le parole cultura e coerenza  e violenza forse con troppa facilità. Dico solo forse, nei nostri riguardi, senza volere offendere nessuno. Speriamo di dimostrarvi il contrario.

    Per le altre info richieste, riunione compresa, a breve sarete aggiornati. Abbiamo chiesto a mio padre e agli altri estensori di chiudere questa lunga serie di commenti. Ringraziamo tutti per la partecipazione.

    Ah, l’unica cosa memorabile che esce da tutto il dibattito è che finalmente sembra emergere che oltre agli “alpinisti” e agli “arrampicatori” esiste una categoria condivisa tra i due, gli “attrezzatori”, che forse dimenticandosi o non conoscendo la storia e la difficoltà della loro passione, l’arrampicata e la montagna, hanno dimenticato le prime due: arrampicare e rispetto delle pareti, della montagna. Con i risultati che tutti vediamo.

    Per questo sono state usate le parole imborghesimento (all’inizio del manifesto, da burgeois, burg=fortezza, luogo protetto) e prole. Che resterà in braghe di tela. Appesa alle catene.
    Sempre al confine tra metafora e realtà.

    Io credo che senza queste parole, certo equivoche, ma combattive, da rivalutare, non si sarebbe scatenato tutto questo dibattito. Ringrazio gli ideatori. Che invito a precisare.

    Saluti.

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