Manifesto TTTdel Nucleo Alpinisti Proletari (NAP) (1)
[per un manifesto operativo delle montagne by fair means]
Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(2), disimpegno-entertainment(2)
Siamo contro l’imborghesimento delle pareti di montagna.
Contro l’addomesticamento della passione.
Diciamo basta agli spit seriali e alla violazione indiscriminata della montagna.
Se per borghese (burgeois, burg=fortezza, luogo protetto) si intende portare le facili sicurezze delle città sulle pareti dei monti, come proletari (proles=figli) rivendichiamo il diritto degli ultimi di potere vivere la natura come se non fosse stata violata irreversibilmente dall’abominio dei primi. Dai padri che non meritano questo nome.
Il nostro motto è TTT. Non semplicemente TNT. Dinamite. Di più.
«Non fermatevi di fronte alla metafora rivoluzionaria del nostro linguaggio: la prole, siete voi; la falce, le spighe del bene comune, super partes; il martello, il suono armonioso dei nostri chiodi e del nostro cuore» NAP [v. link su AM]
Togliere, Togliere,Togliere.
Tritadite! Una T all’ennesimo potenza. Che elimini la superbia, il superfluo, dalle nostre dita. Dalla nostra vita.
Come non c’è scritto da nessuna parte che le montagne debbano essere violate dai trapani e dalla superbia degli uomini, lo stesso vale per chi come noi ha deciso di togliere dalla montagna gli eccessi di quella stessa superbia che rovina, altera, modifica per sempre l’andare per montagne by fair means, con mezzi leali: senza eccessivi surrogati.
Nostra regola sarà distinguere l’alpinismo dall’arrampicata sportiva in quota, le vie alpinistiche dalle vie di arrampicata sportiva, dove pure quest’ultima ha la sua logica e la sua storia, ma non tollereremo più che “attrezzatori” (che non sono né alpinisti né arrampicatori sportivi, ma solamente spregiudicati chiodatori) violino la storia delle pareti sottraendo futuro alle nuove generazioni, spittando a destra e a manca, senza conoscere le storie delle stesse pareti, facendo opera di collage e/o di orribile mistura, solo per lasciare un segno forzato, autoreferenziale, del loro passaggio.
Diciamo BASTA a chi pretende di azzerare ogni difficoltà obbligatoria, ogni conoscenza delle tecniche e della faticosa preparazione necessarie per arrampicare e proteggersi, alimentando in tal modo schiere di neofiti teleguidati da false sicurezze e super relazioni, intruppati e pericolosi a se stessi e agli altri! Noi diciamo BASTA!
BASTA alle vie che si incrociano e si accavallano un metro una dall’altra e che cancellano la storia e la natura delle pareti! Basta agli “azzeratori” di tutto.
Per fare ciò, ripeteremo e analizzeremo le “vie critiche” proponendo una sigla dove chiunque che concordi con il nostro sentimento qui espresso sarà libero di prendere “falce e martello” – o quello che serve – per riportare allo stato naturale le pareti violate da questi sciagurati.
«Le montagne sono i luoghi di resistenza del mondo», dai miasmi delle civiltà troppo imborghesite e mercificate. Addomesticate. Sciagurate. Consumate. Vale per la pareti, vale per la passione. L’alpinista deve fare la sua parte sia in montagna. Sia in città. Scegliere da che parte stare. TTT.
L’elenco progressivo delle firme di tutti gli aderenti si trova su CCC casadicultura.it.
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LEGENDA NAP | prima ipotesi di lavoro
NAP_ALP=via alpinistica esemplare da rispettare e valorizzare
NAP_AS=via di arrampicata sportiva da rispettare
NAP_MIX=via mista alpinistica/sportiva da rispettare per ragioni storiche o di roccia improteggibile
NAP_ABO=via abominevole da schiodare
NAP_REC=via sportiva riconvertita in via alpinistica
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CONSIDERAZIONI STORICHE
L’alpinista è come un pittore che traccia un segno indelebile, ma invisibile sulla tela delle montagne. Esso è – perlopiù – un segno nell’immaginario, del quale rimangono poche tracce fisiche, sulle pareti. Non tutti ne sono capaci.
Dobbiamo prendere atto che oramai siamo ad un punto di svolta in ambito alpinistico. Il panorama verticale è stato teatro dei più diversi stili alpinistici, dall’idealistica e romantica posizione di Preuss alle direttissime artificiali, di cui in seguito fu dimostrata l’inutilità, quando queste furono ripetute dagli alpinisti successivi. Per quanto contrastanti, queste metodologie di approccio all’alpinismo erano però accomunate da un profondo rispetto per la storia delle pareti.
La pluralità e tolleranza del contesto alpinistico – rispetto al carattere specificatamente performante del contesto arrampicatorio in senso stretto – era comunque sempre contrassegnato dal rispetto della prima regola d’ingaggio di ogni avventura in montagna: modificare il meno possibile la natura con cui ci si confronta e rispettare ciò che gli altri hanno fatto passando prima, con tutti i rischi, la bellezza, il valore che questa libertà “condizionata” comporta in termini di sicurezza, limitando perciò al massimo l’uso di mezzi artificiali che modificano la natura delle rocce, condizione valida anche per gli alpinisti/arrampicatori più “sportivi”. Solo così si è evitato di rendere le pareti alpine troppo falsamente sicure, perché troppo accessibili, domestiche, vere e proprie palestre cittadine, che di quella prima regola d’ingaggio sono l’antitesi e che nascondono un pericolo molto più grande di quello che vorrebbero evitare.
Ad oggi purtroppo assistiamo ad una netta inversione di tendenza.
Con l’introduzione e lo sdoganamento dell’uso del trapano sempre più pareti vengono violate da vie che di alpinistico non hanno nulla, né dell’impegno in arrampicata obbligatoria e relativa ricerca che pure l’arrampicata sportiva comporta sulle grandi pareti, eliminando qualsiasi approccio caratteristico dell’avventura e dell’engagement. A questo aggiungiamo che troppo spesso questi nuovi itinerari vengono tracciati laddove già preesistevano vie alpinistiche, a volte sormontandole totalmente, a volte invece lambendole così vicino da confondere le linee, altre volte moltiplicando gli uni vicino agli altri troppi itinerari, per arrivare al paradosso che uno stesso ATTREZZATORE (così definiremo questi pseudo-apritori di vie) si vede costretto ad apporre frecce o targhette sulla roccia che indicano la via da seguire attrezzata da lui stesso, che disturba la sua propria linea e che per questa sua folle commistione non è da definire né alpinista, né arrampicatore, ma per l’appunto “attrezzatore”.
Peggio poi quando pensiamo ad itinerari che sormontano vie preesistenti di cui, se nelle biblioteche non si è conservato il ricordo – difficile ma non impossibile che ciò accada – la roccia invece ne porta i segni. Quando questi attrezzatori, durante gli ingiustificabili mesi che impiegano nell’apporre la loro inutile firma su una parete, trovano dei vecchi chiodi, dovrebbero fermarsi, informarsi ed eventualmente fare un passo o due indietro e schiodare, o meglio disattrezzare l’obbrobrioso abominio alpinistico che stanno costruendo.
Chiaramente i tempi cambiano e quella che un tempo era una disciplina d’elite – nel senso costruttivo del termine, ossia non “elitaria”, ma per poche e preparate persone – ora è fruibile ai più. Siamo sicuri che sia un bene?
Dare a persone che difettano di esperienza la possibilità di affrontare pareti dolomitiche, grazie a chiodature ravvicinate, con la scusante della sicurezza, serve realmente a rendere più sicuro l’alpinismo, o, in controtendenza ai propositi, ciò non avviene? Anzi. Si rischia di capovolgere il risultato.
Dati alla mano vediamo che l’incidenza degli infortuni aumenta con l’aumentare di itinerari facili tracciati su pareti facilmente accessibili da attrezzatori inesperti, ma anche da esperti in cerca di effimera gloria. Prendiamo la Valle del Sarca come esempio, dove l’opera di Heinz Grill, per quanto lodevole e priva di qualsivoglia scopo di gloria (egli è ed è stato un fortissimo alpinista/arrampicatore che non necessita di presentazioni) ha indotto suo malgrado molti neofiti ad affrontare con troppa leggerezza le sue vie. Questo ha causato un aumento degli interventi in parete nonostante o a causa dell’alto grado di sicurezza e della relativa esattezza delle sue relazioni. Troppo affollamento, troppe persone impreparate ai rischi “inalienabili” dell’arrampicata, nessuno disposto a rinunciare alla salita, tutto ciò alza l’asticella del rischio pur abbattendo quella del limite umano soggettivo, sempre costretto ad affrontarsi con quella del limite oggettivo insito nella natura delle pareti e dell’arrampicata.
Poiché proprio nell’accettazione/avvicinamento dei limiti soggettivi e oggettivi risiede l’essenza dell’alpinismo, questa accettazione e ricerca del limite deve avvenire solo grazie all’impegno ed alle proprie capacità e non grazie all’impiego di mezzi sempre più sofisticati che permettano di abbattere quei limiti invece di conoscerli e avvicinarsi ad essi.
Il trapano in alpinismo non è perciò un ausilio accettabile. Mai. Quand’anche possa essere accettabile la perforazione per tratti improteggibili da mezzi non modificanti la natura della roccia, in quei rari casi è consigliato l’uso del perforatore a mano per non cadere in tentazione di avere un mezzo troppo potente per le mani. L’uso del trapano non può e non deve essere considerato lecito in alpinismo ed una via attrezzata con spit, in tempi biblici e non salendo in un unica soluzione di continuità, non può e non deve essere considerata alpinistica. Bensì “sportiva”.
Altresì le vie sportive su grandi pareti – fuori dalle falesie mono/bitiro – hanno senso di esistere solo se rispettano le minime caratteristiche d’ingaggio. Queste caratteristiche sono regole di buon senso che impongono la ricerca del superamento delle difficoltà grazie alle proprie capacità e non alle protezioni. La presenza delle protezioni non deve modificare il grado obbligatorio della via, ma esaltarlo nella sua essenza senza pregiudicare la sicurezza. Questo significa rifiutarsi di attrezzare vie sportive con gradi elevati in potenza, ma di fatto – ossia obbligatori – bassi, per permettere a chiunque di poterle ripetere, perdendo lo scopo di valorizzare la difficoltà tecnica di arrampicata, protetta comunque con il giusto margine di sicurezza, ossia non con una spittatura seriale.
Senza entrare nel dettaglio di nomi o luoghi citiamo come esempio “l’attrezzaggio” sconsiderato e oltremodo irresponsabile di molte vie nelle Piccole Dolomiti. Teatro di oneste imprese alpinistiche, sia remote che recenti. Vecchie vie sulle cui linee alcuni attrezzatori sconsiderati di varia tipologia hanno attrezzato vere e proprie ferrate con notevole dispendio di tempo e denaro per creare dei veri e propri “ecomostri dell’alpinismo”. Senza remore e senza porsi alcuna domanda o problema, senza studiare o ripetere, hanno ricalcato, a volte quasi interamente, a volte in parte, altre linee di vie più o meno storiche, comunque preesistenti. L’arroganza di queste realizzazioni trasuda l’assoluta mania di protagonismo degli attrezzatori di questi abomini.
Si deve dare una svolta a questa tendenza che comporta lo smantellamento del rischio, la non accettazione del rischio come parte del gioco da noi controllabile mediante attitudine, intelligenza e preparazione, ma che di fatto lo aumenta, senza contare il consumo irreversibile di terreno alpinistico per le generazioni future a causa della deturpazione/distruzione/rovina della roccia e dell’immaginario storico che su quella roccia si poteva costruire.
Estate 2014, Nina Caprez e Cedric Lachat hanno lavorato sodo per ripetere una via di estrema difficoltà, Orbayu, nei Picos de Europa, in Spagna.
In questo scenario di scempi alpinistici si inseriscono a pieno titolo tutti quegli attrezzatori di vie che vanno ben oltre il loro limite tecnico-fisico con l’uso e l’abuso di mezzi artificiali. Persone che, pur arrampicando in libera su gradi medio bassi, attrezzano itinerari di livello molto alto, e per farlo – pur cercando di portare al massimo la loro soggettiva difficoltà obbligatoria, appunto bassa – sono costretti a spittare in azzero, eliminando di fatto ogni progressione obbligatoria, ciò che dà valore alla stessa arrampicata sportiva in quota.
L’azzero per la chiodatura in arrampicata sportiva dovrebbe essere eliminato (limitato) come lo spit per l’alpinismo. Solo grazie a queste limitazioni potremo preservare le pareti per il futuro della nostra passione. E per quella dei nostri figli.
In sintesi: togliere il superfluo, mettere l’essenziale. Questa è la sfida per il futuro dell’alpinismo.
Nota
(1) In onore di Giacomo Albiero, alpinista accademico vicentino e partigiano, compagno di Renato Casarotto, recentemente scomparso all’età di 93 anni, primo a togliere il primo spit dalla Carlesso sul Baffelan, a martellate, durante i suoi ultimi anni di attività. E per ricordare Lorenzo Massarotto, il Caro Potente Mass che in tutta la sua luminosa carriera non piantò mai uno spit.
Per aderire – che significa anche solo supportare gli impegni di “stile alpinistico” del manifesto – inviare mail a ttt.alpinismo@gmail.com indicando: NOME, COGNOME, LUOGO DI RESIDENZA, eventuale APPARTENENZA o ALTRO a GRUPPO/ASSOCIAZIONE, come Sezione del CAI o simili. Adesioni e informazioni su TTT su CCC casadicultura.it .
Leggi l’intervista sui NAP [http://www.alpinismomolotov.org/wordpress/2019/01/03/meridiano-di-fuoco-la-nascita-del-nucleo-alpinisti-proletari-auto-intervista-collettiva/] ad Alberto Peruffo, contatto dei NAP, per meglio capire il Manifesto TTT. E anche https://casacibernetica.wordpress.com/2019/01/02/arrivano-i-nap-nucleo-i-alpinisti-proletari-le-prime-info-sulla-nascita-dei-collettivi-e-il-manifesto-ttt-togliere-togliere-togliere/.
L’intestazione delle rivista Alpinismo Goriziano. Il Manifesto TTT e le Considerazioni storiche sono uscite per il numero 3, Settembre-Dicembre 2018, con il titolo Uno spettro si aggira per le crode, grazie allo storico redattore Marko Mosetti.
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@paolo
Molto interessante e al tempo stesso sconsolante, significa che i cretini avranno sempre la meglio.
Magari serve saperlo, ma è roba difficile da capire bene.
Chi già sa non ha bisogno di leggerlo.
Comunque meglio proteggersi bene la testa prima di iniziare la lettura.
http://www.oggiscuola.com/web/2019/01/04/il-paradosso-dellignoranza-chi-meno-sa-piu-crede-di-sapere-ecco-perche-bisogna-educare-al-dubbio/?fbclid=IwAR3ZPS6T5UPaTTrMSm2fBJiscHHWOu6k4O_Taj7oLiz9aa0YdDF3Nrbpm8o
Essere sempre coerenti nella vita è difficile e questo vale anche in montagna. Per quanto mi riguarda ho cercato di esserlo ma non ci sono sempre riuscito a causa dei compromessi a cui la vita ci porta, altre volte per l’egoismo personale.
Questo però non mi impedisce di vedere una certa deriva a riempire di ferraglia in maniera indiscriminata le pareti e anche ad agire su itinerari esistenti in modo , per me, irrispettoso dello stile in cui sono stati creati, scritte sulla roccia, prese scavate, sporcizia abbandonata, ect. ect.
Porsi il problema, cercare un confronto per poter arrivare ad una linea comportamentale comune che, comunque non vada a limitare la libertà di espressione di ognuno di noi , credo sia una cosa giusta e sensata.
Matteo Bertolotti, parole sante!
Apprezzo il commento di Matteo Bertolotti , sei stato costruttivo ed educato a differenza di altri poveretti che non usano il proprio nome e cognome, o nick name fasulli…tal marco bau? magari ho il tuo numero in rubrica con un altro nome, chiamami e avrai risposta!
Quello di lasciare certi scempi come esempio di ciò che non deve piu accadere è una cosa che avremmo fatto, mica abbiamo il tempo di ripulire tutto e nemmeno dobbiamo farlo tutto ora. Ci piace anche arrampicare per i fatti nostri e farci le Seghe ovviamente! Prese in plastica o scale per polli prima di essere tolte dovrebbero essere fotografate, opere d’ arte!!! poi non so come la pensano quelli delle altre zone. se hanno fretta o meno, io parlo per me .
Poi c’è sempre stata gente che senza manifesti e chiacchiere va a schiodare senza chiedere il permesso a nessuno, in zona da me è sempre accaduto, alcuni li conosco, sono schivi e continuano da soli per la loro strada con le loro idee da cani sciolti. Alcune istituzioni ci sono già.
Ho apprezzato le tue parole spese sulla relazione dei Sassbaloss riguardo lo spigolo all’ apostolo e il lavoro di pulizia che ha fatto Mattias. Non mi va di entrare in merito alla via che ho aperto o quelle che hai aperto tu, gli alpinisti del posto che l han ripetuta guide e altre figure di riferimento della zona han solo fatto complimenti per l’ idea e lo stile, le critiche per ora sono arrivate da chi non l’ha fatta. Non è il luogo per far gara di chi è più duro e puro, magari in privato si può approfondire, come non trovo necessario fare esempi di posti vie e storie che qui conoscono solo i local. Qui qualcun altro ha ucciso più volte il drago, e non lo dico io, ma lo Zar… Dico solo che intersezione di vie in sosta (su cengia) tra vie alpinistiche avviene ovunque in dolomiti , diverso è intersezione di vie sportive con vie alpinistiche in sosta o nella peggiore delle ipotesi lungo i tiri. E’ ben diverso, mi stupisco come uno con la tua esperienza non abbia sottolineato questo aspetto citando la nord del Baffelan.
Infine visto gli interventi di certe persone che continuano a trollare con il solo scopo di creare confusione e provocare, credo non abbia più senso continuare a discutere, mi dispiace per chi ha provato a spendere qualche riflessione intelligente pro e contro che fossero. e con questo chiudo.
Grazie Cristiano , terremo presente anche del tuo consiglio.
Cristiano Pastorello ci ha messo del BUON SENSO in quello che ha scritto.
Dio Mio, mi son letto tutto…aiuto.
io ho firmato, non tanto per condividere i toni da “anni di piombo” (cosa tra l’altro fatta notare agli autori) ma perchè sono convinto che sia ormai giunto il momento di dire basta ad un utilizzo indiscriminato e scellerato del territorio sotto il falso mito della libertà in montagna.
mi spiego: reputo, con tutti i sui limiti, di vivere in una società “libera” e sostanzialmente democratica. questo è reso possibile da una serie di regole, in primis la nostra bellissima costituzione, che nel rispetto reciproco tendono a valorizzare ed a esaltare le peculiarità positive del singolo per fondersi in una collettività che in teoria dovrebbe tendere alla bellezza e alla serenità (sempre nel limite del possibile). penso che tutti, più o meno, abbiate dovuto chiedere l’autorizzazione all’ente pubblico per far casa, o ristrutturarla, o magari sistemare un campo ecc… perchè per aprire una finestra nella parete di una casa, devo giustificare l’intervento da un punto di vista paesaggistico e verificare se questo possa avere incidenze negative su habitat e specie e poi, in nome della libertà riempio le pareti di ferraglia in modo indiscriminato.
ho firmato perchè vedo questo manifesto, al di la delle sigle, un punto di partenza per poter provare, quantomeno, a creare una coscienza collettiva, che sia in grado di darsi delle regole per arginare il consumo costante di territorio verticale.
il problema non è spit si o spit no…che balle…il problema è come saranno le nostre pareti, soprattutto quelle di fondovalle, fra 10, 20, 30 anni.
io so bene come voglio che non diventino…ma sarebbe bello poterne discutere in maniera democratica, guardandosi in faccia. la testiera del computer è di plastica e la plastica fa male all’alpinismo (oltre che al mondo in genere).
quindi invito gli ideatori del manifesto, ai quali va tutto il mio sostegno, magari a cambiare le sigle, di casino ne hanno fatto parecchio e ad organizzare un momento di confronto pubblico.
buona montagna a tutti
GL secondo me non c’hai capito molto. (Per non dire un cazzo)
Ciao
Faccio come Paolo…???
Veramente di quello che purtroppo è accaduto a quella bimba ne avete scritto VOI . Io NON me lo permetto di certo. Mica sono uno sciacallo.
Ho fatto l’esempio di Gesù per dire che anche lui, che di buon senso ne aveva tanto e, predicava di porgere l’altra guancia, un giorno ha perso la pazienza . E invece di porgere l’altra guancia, s’è incazzato.
Quindi, se non vogliamo che vengano fatti certi manifesti con toni SICURAMENTE discutibili , il buon senso, ma lo puoi anche chiamare rispetto, non può essere preteso solo da una parte. Deve essere reciproco.
E non mi sembra che sia così.
Dai ragazzi…le critiche personali fatevele a quattrocchi, critichiamo l’idea non la persona…
cmq io e Hot Clim(a)ber aspettimo ancora rispota!
Buona gironata
Alberto, lascia stare Gesù, sennò fai come Paolo che fa il saccente idiota, lo sciacallo disumano e stupido sulla tragedia di una mamma che perde una figlia piccola. Sono convinto con Marcello che abbiano dei problemi sessuali, del resto con il nasone con cui si ritrova uno di questi giovani firmatari, poverino, se le può solo pagare!
Trovo francamente imbarazzante il livello di questo dibattito, fatti salvi alcuni interventi.
In primis trovo imbarazzanti i continui rimandi agli anni di piombo, alla violenza, alle sigle, ai vocaboli. E basta! E’ un manifesto, uno scritto, è stato fatto dichiaratamente per stimolare una discussione! A leggere questi commenti pare che gli estensori si aggirino per le valli smartellando ogni chiodo e percuotendo chi li ha piantati… Gli anni di piombo sono finiti da un pezzo, e chi continuamente rimanda a quegli anni insinuando connivenze politiche o ideologiche è spesso in malafede, o nella migliore delle ipotesi sta tentando di difendere maldestramente un’ignavia democristianeggiante mascherata da saggezza ed equilibrio. Basta, una volta per tutte. L’eredità di quegli anni è già abbastanza pesante, per tutti, senza che continuamente la si usi come un nerbo per bacchettare le mani di questo o di quello. Come poi se il quotidiano non fosse intriso fino all’osso di violenza, e non solo verbale e dialettica. Questa fuffa è un’altra cosa che va tolta: TTT.
In secondo luogo, noto con dispiacere che anche stavolta ci si è lasciati andare al solito cazzodurismo alpinistico, tipo “ripeti la via X prima di parlare”, “tizio ha salito questo e quello senza nemmeno i chiodi”, “tra dieci anni arriverà uno più forte di te e toglierà i tuoi chiodi”, e bla bla bla bla. Che due coglioni!
Il fatto che un appello alla morigeratezza alpinistica venga tramutato in un contest sulla lunghezza del pelo sullo stomaco o sulla forza delle dita è intellettualmente mortificante.
Qualcuno ha citato l’esempio del Cerro Torre come esempio assoluto, ma non lo è neanche un po’. Quelle sono tuttora tra le pareti più impegnative e ambite al mondo, e la storia di Maestri è una delle più discusse nella storia dell’alpinismo.
Semmai è un esempio di come la storia dell’alpinismo sia costellata di questioni ingarbugliate, di pesi e misure diverse, di gesti estremi e di reazioni altrettanto estreme. Per cui Maestri che fa una via ferrata sul Cerro Torre è una “provocazione”, mentre Kennedy e Kruk che la schiodano fanno un “atto di terrorismo”, e sono solo in cerca di fama e visibilità.
A me pare evidente che le montagne siano sempre più spesso vittime di veri e propri scempi, ed i chiodi a pressione sono solo la punta dell’iceberg. Vie ferrate con quintali di ferro che non vanno da nessuna parte. Sentieri trasformati in autostrade. Bivacchi in botteghe. Impianti sciistici su colline che vedono la neve due volte all’anno. Il tutto nel nome della “promozione”, del “turismo”, della “passione”. Ma che senso ha? Che criterio è?
Mi pare altrettanto evidente che le istituzioni, a partire dal CAI, non hanno né l’intenzione né, ahimè, l’autorevolezza per intervenire in materia.
Dobbiamo veramente stare a fare i puntini sulle “i” per i termini usati nel manifesto, per le sigle, perché tizio in realtà ce l’ha con caio, perché pinco è più forte di pallino, e via dicendo, o forse sarebbe più utile cercare di sviluppare un dibattito costruttivo che metta al centro la salvaguardia di ciò che c’era prima e ci sarà dopo di noi, e non l’ego smisurato delle persone?
Come dice Marcello, sicuramente il problema è sessuale.
E sempre come dice Marcello c’è bisogno di buon senso che spesso e volentieri scarseggia.
Ma scarseggia da tutte le parti!!
Anche Gesù s’incazzò e BUTTO’ fuori dal tempio i mercanti.
Forse anche lui aveva problemi sessuali oppure scarseggiava di buon senso…..?
Grande Matteo Bertolotti!
Matteo, più che provocatorio, il tuo post mi è sembrato semplicemente equilibrato.
E’ di buon senso che si ha bisogno (non solo sulle pareti) e nei “manifesti” d’ogni sorta di solito non ce n’è perché inevitabilmente sono sbilanciati verso il loro stesso favore.
Alla base ci sono problemi sessuali, non me lo toglie nessuno dalla testa.
Penso che quanto scritto da Michelazzi, Cominetti, Visentini e Sergio (commento n. 43) rispecchi a pieno la mia visione.
Non saprei utilizzare parole migliori.
Il richiamo agli anni di piombo è assai triste e nonostante condivida diversi pensieri da voi espressi non posso accettarlo. Quegli anni non li ho vissuti ma basta aver studiato, per avere il voltastomaco davanti a certe sigle. E non c’è “poesia” e “spensieratezza”, come qualcuno di voi crede, nel rifarsi a queste cose.
Quando è morto Ermanno Olmi la famiglia ne diede notizia con queste parole:
“Auguro a tutti, di qualsiasi razza, religione o cultura di provare sentimenti di pace nei confronti di ogni uomo così da mostrare a noi stessi e al mondo che la violenza non potrà mai restituire giustizia”.
Lo ripeto: LA VIOLENZA NON POTRA’ MAI RESTITUIRE GIUSTIZIA.
Nel manifesto e in alcuni vostri messaggi di violenza ce n’è tanta.
Io non firmerò,
anche se come detto sopra, condivido tanti pensieri.
Vi invito alla coerenza perché la storia ci insegna che non l’ha avuta Preuss, che girava con un martello (oggi in visione al museo di Messner a Solda – a tal proposito leggete, se non l’avete ancora fatto, il libro di Casara e scoprirete cose curiose sulla via al Campanil Basso) e non l’ha avuta Messner stesso che, dopo aver scritto l’articolo “L’assassinio dell’impossibile” nel 1968, ha pubblicato diverse guide di ferrate e cementato una vetta con un museo. Voi siete/sarete coerenti? Chi con voi firmerà il manifesto lo sarà o lo è stato?
Nel vostro scritto si parla di chiodi, fix, spit e stile ma anche di critiche a itinerari troppo vicini che quasi si rubano i metri di parete. Penso a “Montecchiani Ribelli” aperta dagli stessi promotori del manifesto (Peruffo e Meggiolaro) che condivide le soste delle vie Vicenza e Thiene. Questo è un esempio di via schiacciata tra le altre? Quante vie ci sino in quei pochi metri di parete? Un segnale forte, forse, sarebbe iniziare a schiodarla.
Vi invito al rispetto di chi non la pensa come voi e anche di chi, su una via di quarto grado, è capace di divertirsi perché appagato dalla semplicità. In fondo chi l’ha detto che le vie belle sono solo quelle dure?
Vi invito a fare cultura “non violenta” perché certi scempi non vengano ripetuti. E in tal proposito vi invito a una riflessione su quanto accaduto al Terzo Apostolo, rimanendo nelle “vostre” Piccole Dolomiti.
La via Daniele Caracristi venne salita da Dario Cabas e Bernuzzi nel giugno del ‘93. Poco dopo l’apertura la via venne schiodata da ignoti. Poi spuntò una via a fix di Spanevello (Cumbre) che per buona parte la sormontò e “rubò” anche alcune lunghezze allo spigolo Daniele/Scorzato. Uno schifo che non fatico a riconoscere. Cabas non digerì la cosa ma non andò mai a schiodare la Cumbre e divulgò quanto accaduto e subìto. Potete trovare traccia di questa cosa sulla guida “Arrampicate No Big” di Cabas e Masera (pagina 100 e 101). Avete voi il diritto (o il piacere) di schiodarla visto che non lo fece Cabas? Oggi chi sale lo spigolo Daniele/Scorzato dopo un paio di lunghezze su chiodi, si scontra con i fix di Spanevello. Vi posso assicurare che l’impatto è notevole e forse questo lancia un segnale più forte rispetto alla sua schiodatura/pulizia. Ci si trova spiazzati nel vederseli davanti. Questo è il mio pensiero. Occorre adoperarsi per divulgare, fare conoscere e diffondere cultura. Esattamente come ha fatto Michelazzi con la via Dibona al Croz dell’Altissimo o Andrea Gaddi nella sua guida “Nel regno del Granito”. Io, nel mio piccolo, l’ho fatto con una relazione dettagliata dello spigolo Daniele/Scorzato dove denuncio questa cosa.
Vi invito a combattere episodi tristi come la chiodatura della nuova falesia ai Corni di Canzo, già citata da Valsecchi e Mandelli. Non è difficile riconoscere lo scempio che è stato compiuto e sono d’accordo nel battagliare. Non con “falce e martello” ma con le istituzioni che, con i loro tempi, riescono a far sistemare le cose. Pensare che lo stesso chiodatore diventi, dopo qualche mese, lo schiodatore non è cosa di maggior soddisfazione? Non è una vittoria che vale il doppio?
Vi invito a non anteporre mai episodi personali davanti a certi ideali.
Vi invito a combattere queste cose con meno presunzione e più umiltà. Nel breve tempo acquisirete certamente maggiore stima.
Vi invito a prendere coscienza che tra 10 anni (o forse prima) arriverà qualcuno che è più forte di voi e il vostro spit piantato a mano, tollerato in alcuni casi dal vostro manifesto, potrebbe risultare superfluo e qualcuno avrà il pieno diritto di rinfacciarvelo e forse rimuoverlo.
Vi invito ad essere affamati di cultura. Una volta un amico mi ha detto che “la cultura è come la marmellata, meno la si ha, più la si spalma”. Arricchirsi culturalmente, anche in ambito storico alpinistico richiede amore, tempo, passione e umiltà. Non saprete mai tutto e ogni vostra affermazione dovrà essere pronta a essere rivista di fronte a nuove scoperte. Che approfondimenti han fatto i firmatari prima di iniziare a schiodare le vie delle Alpi? Come si sono documentati?
Infine invito Giacomo Peruffo a non contraddirsi mentre scrive. Non è possibile affermare “Per quanto riguarda la violenza, voglio assicurare che tutti noi siamo nonviolenti” e dopo poche frasi leggere “La nostra battaglia è iniziata, non ci fermeremo davanti a dei commenti, specie se poco articolati. Gli toglieremo semplicemente dalla nostra memoria. TTT”. La nonviolenza è un’altra cosa e anche la coerenza.
Spero, che questo mio intervento venga giudicato dai firmatari (e non) come costruttivo (e magari un po’ provocatorio) perché questo è il suo unico scopo.
Paolo, non sai neanche quello che dici.
Luciano, ti ringrazio per la pacata e geniale lezione di umiltà e competenza, ne voglio fare tesoro.
Ti auguro di non farti mai male e nemmeno far male ad altri come un farlocco quale sembri.
Paolo, e certo! E tu di coraggio ne hai da vendere, vero? Mentre ti senti assediato dagli stupidi che sono la maggioranza! Oddio, sono tutti intorno a te, e tu sei il supereroe che deve far trionfare il coraggio della verità, vero? Vergognati, invece, imbecille!
Sig. hot, penso che si debba avere del buon coraggio a denunciare l’imbecillità umana, sempre ben difesa dagli stupidi che son la maggioranza. Loro sì che son sciacalli e vivon di carogne.
Esempio assoluto: Maestri sale il Cerro Torre con il compressore e quarant’anni dopo Kennedy e Kruk salgono la stessa via senza usare i chiodi messi da Maestri col compressore e… li tolgono calandosi quasi tutti. Io sono d’accordo con tutti e tre. E se non è un manifesto questo?!
Ripropongo la richiesta di Christian T. (n. 48) alla quale non è stata data risposta: potete esemplificare concretamente, tra queste due categorie, quali vie verrebbero sottoposte alla… gogna?
NAP_ABO=via abominevole da schiodare
NAP_REC=via sportiva riconvertita in via alpinistica
Il mio sospetto è che si contino sulle dita di una mano e che tutto ‘sto casino serva esclusivamente per sondare il terreno e, soprattutto, dividere.
Quanto al commento del sig. Paolo sullo slittino e sulla pista nera stendiamo un velo pietoso, questo è vergognoso sciacallaggio.
Marcello , se leggi bene il manifesto e l’ intervento che ho già fatto qui, è scritto chiaro che si valorizzano quelle vie sportive aperte in arrampicata libera garantendo il grado obbligatorio, non quelle aperte in artificiale e che possono essere ripetute in A0. Nei commenti vi siete lasciati andare sul trapano si-trapano no come se questo fosse un manifesto contro il trapano e le vie sportive, non è cosi leggete meglio per favore. Tra i firmatari ci sono persone che hanno aperto numerose vie sportive spingendo il grado obbligatorio al massimo , chi avrà letto male?
Togliere tutte le vie sportive sarebbe un utopia , credo qui nessuno sarebbe d accordo. Siamo invece per togliere gli spit di quelle vie sportive che ricalcano le vie alpinistiche storiche e magari ripristinarle a chiodi normali. Avvisando poi del cambiamento. Ovviamente dove si conosce, non vengo a casa tua a togliere gli spit che sono stati messi sopra una via storica, lo faccio a casa mia in accordo coi local e le guide del posto, soprattuto se è un problema sentito da decenni. Poi se tu sei contrario o sei per lasciar le prese di plastica sui multipich e gli spit ogni mezzo metro , mica ti ridicolizzo con soprannomi . Sii costruttivo o evita commentare a caso proprio ora che cominciano a esserci interessanti riflessioni. E tranquillo che le vie di da pozzo sono in programma.
Ciao
Alberto, non tu, ma nessuno mi risponde.
Marcello, avevo ripetuto alcune vie di Massimo, da non confondere assolutamente con quelle di Gigi, e mi ricordo che mi sembravano molto ben spittate, forse per facilitare la clientela, appena si scalava sopra il quinto-sesto e sotto mi sembravano spittate lontane e inutilmente, ma si vede che i tempi sono così. Comunque belle vie da ripetere con piacere.
Allora Alberto, togliere intendevo rispetto alla moltitudine di chiodi esistente. Non ho fatto io l’intervento e perciò non so dirti esattamente cosa c’era prima.
La parte bassa è rimasta sostanzialmente quella vecchia. La parte alta è stata integrata da spit nei tratti più duri e se voli non rischi di aprire i chiodi come una lampo. Le soste rinforzate. Era una via dura prima e lo è anche adesso. Io non sono riuscito a farla per vari motivi, ma era in programma e avevo raccolto tutte le informazioni per andarci. Martello e chiodi sono assolutamente indispensabili.
Basta piantarli a mano!
Così si accontentano gli scalatori USA e i nostri peruffi vari.
infatti!!
ripeto, ma con tutti quei cineasti che salgono sulle fisse, scendono dalle fisse, installano treppiedi per fare piani da ripresa e fotografie mozza fiato, nei punti strategici.
Ma quanti spit sono stati piantati sul Cap ??
L’esempio di Yosemite mi sembra fuori luogo. Gli americani (tutti) vantano etica per l’arrampicata e poi si fanno 5 docce al giorno. Yosemite, come ogni parco USA serve solo a fare cassa e non a proteggere la natura. E’ visitato da più di un milione di turisti ogni estate.
La Paolo VI era strapiena di chiodi anche a pressione dove si poteva passare anche in libera o artificiale su chiodi normali. Vedi il tiro sopra gli occhiali che ha ancora tutti i pressione ma si sale più a destra su ottimi appigli e difficoltà non estreme…E comunque in libera si faceva (chi ne aveva le capacità ovviamente) almeno 25 anni fa.
Come anche accadde per la Costantini-Apollonio sulla stessa parete negli anni ’90, l’aggiunta di qualche spit era stata approvata dai primi salitori. Facevo parte anch’io di quel corso guide che aggiunse i famigerati spit (in totale 3 di passaggio + 2 in sosta sul tiro tra i tetti) e il giorno dopo la chiodatura feci, con il mio gruppo di allievi, la via. Penso che fummo l’unica cordata perché il giorno dopo i trentini, anche loro in zona con il corso guide trentino, con a capo Aldo Leviti, li tolsero.
Si disse e scrisse (sulle riviste perché i social non esistevano) che era come rovinare un’opera d’arte…. ma io credo che si trattò di vendetta perché il Leviti non vedeva di buon occhio il nostro direttore dei corsi (“noi” eravamo il corso nazionale che aveva come allievi e istruttori gente proveniente da mezza Italia, sud compreso, e non eravamo tutti valligiani come i trentini) il romano Luigi Mario, autore materiale della spittatura.
Restando nella conca ampezzana, suggerirei ai “giovani peruffi” del NAP e TTT di ripetere un po’ di vie di un certo Massimo Da Pozzo. Sono spregevolissime vie a spit, ma tra uno e l’altro avrete il tempo e lo spazio per notare che c’è dell’alpinismo. Eccome se c’è.
Peace and love.
Nucleo Alpinisti Proletari (!?!)
ma per favore…
è solito vecchio modus operandi per un misero momento di notrietà…
le vostre parole son tutte menate…Che alla fine la roccia/montagna se ne frega, così come ha fatto il Dru con la via di Bonatti.
😛
Paolo, ho scritto questo ? prima del tuo intervento?
Domando ancora: se una persona non è capace di salire, perché pensa di avere il diritto di chiodare e spittare roba già salita?
Secondo me non dovrebbe salire, ma nemmeno pensarci.
A meno che tutto sia un diritto, anche scendere con lo slittino su una nera…
cosa vuol dire TOGLIENDO??
sono stati tolti dei chiodi è resa obbligatoria la libera anche dove originariamente era artif. ?
Se così fosse, sarei portato a pensare che: se hai il grado da passare in libera bene. Altrimenti è stato decretato che sei un brocco e te ne stai giù!
ci sarà da portarsi : martello, chiodi e zeppe legnose…
Allora Ilario, io rispetto molto la tua idea e la tua opinione ma sta di fatto che la via è stata “riveduta” bene e con il consenso dei primi salitori, togliendo anzichè aggiungendo. I Cortinesi in questo senso sono giustamente molto attenti e sensibili, se la sono fatta, manutenzionata, e a mio avviso hanno tutto il diritto di vederla restare comè. I chiodi vecchi (rimanenti circa 150 su 300 usati) non erano più affidabili perchè moltissimi messi incastrati su cunei di legno che col tempo si sono marciti. I primi salitori per chiodare hanno fatto miracoli e difficilmente si potrebbe fare di meglio. La prima libera è stata fatta almeno 20 anni fa quando i chiodi erano ancora un minimo affidabili e la cordata era una delle più forti dell’epoca.
Dino, per me la libera, e il fatto che chi ha messo gli spit è un grande perchè di vie d’avventura ne ha fatte tante o poche, non è un pretesto per aggiungere chiodi ad espanzione( fra l’altro liberata senza spit almeno dieci anni fà). Ed il mio esempio era rivolto anche a codesto tipo di pensiero ma non solo…….
Per quel che riguarda la sicurezza, forse si poteva fare anche diversamente e senza forare?In realtà non ricordo bene, ma son convinto che quest’ultima ipotesi non sia stata nemmeno presa in considerazione.
Ma ripeto, il mio pensiero di alpinismo è ancora più “romantico” e tradizionale rispetto ai NAP, perchè non vedo niente di male a tornare indietro su una parete improteggibile, e lasciarla così come è……..poi chissà non è detto che in futuro qualcuno passi di là, ma senza fare lavori INDELEBILI. Chi riesce a scalare in libera le vie più pericolose, chi non le guarda neppure perchè il rischio lo accetta il giusto, ed in base a quest’ultimo scegliere sempre la salita più adeguata. Questo il mio modesto pensiero
Le linee guida dello Yesemite Park non sono certo a favore di un alpinismo lunapark, anzi sono estremamente sensate ed universalmente rispetate all’interno del parco. Qui trovare un link:(http://www.climbingyosemite.com/services/regulations/).
Riporto la traduzione che ho pubblicato mesi fa. Io credo che proibire il trapano abbia effetti radicali e diretti limiti la cosiddetta libertà ad una singola ma semplice regola.
Yosemite, politica di chiodatura (bolt) e nuove vie: «le perforazioni per il posizionamento di protezioni per l’arrampicata sono permesse in Yosemite, purché siano fatte a mano. Perforazioni realizzate con il trapano sono proibite. Il National Park Service non ispeziona, non effettua manutenzione o riparazioni alle protezioni o alle altre attrezzature da arrampicata all’interno del Parco. Al di là di questa semplice regola, c’è una forte etica nella comunità in Yosemite. Se hai intenzione di effettuare perforazioni per una nuova via o di alterarne una esistente, parla con gli scalatori locali che hanno familiarità con la storia e le tradizioni di percorsi in Yosemite prima di alterare definitivamente la parete rocciosa. Nessuno vuole vedere la roccia danneggiata da protezioni posizionate e tagliate. Il “Giardinaggio” (il nome dato alla rimozione della vita vegetale nelle fessure) non è permesso in Yosemite. Molti alpinisti rimuovono occasionalmente erba o foglie per posizionare una protezione o trovare una presa, ma questo non è nulla in confronto al danno grave che si provoca creando una nuova via. Il danno causato dalla creazione di una nuova via è di gran lunga superiore a quello causato da ogni ripetizione successiva. Se stai pensando di crearne una nuova, chiediti: “Questa via vale il danno che provocherà?” “È una linea classica che gli altri apprezzeranno arrampicare, oppure sono semplicemente interessato a realizzare la mia via?” “Cosa penseranno gli scalatori da qui a cinquant’anni di questa via o di questo fittone?” “Ci sono già migliaia di percorsi in Yosemite, forse conviene provarne qualcuno prima di lasciare un nuovo segno nella natura selvaggia dello Yosemite”. Le ragioni: la maggior parte delle aree di arrampicata dello Yosemite si trovano in aree desolate e in queste aree non sono ammessi oggetti motorizzati, inclusi i trapani. Oltre a questo mandato del Congresso, il parco ha interesse a limitare gli impatti dall’arrampicata consentendo agli scalatori di godersi il parco. La regola risultante consente agli scalatori l’insolito privilegio di modificare permanentemente le scogliere di granito di Yosemite aggiungendo “spit” nel luogo prescelto, ma limita intrinsecamente il numero di tali “spit” richiedendo che vengano forati a mano.»
Gente non date bado a Meggiolaro e Peruffo junion, promotori e firmatari del “NAP”. Il manifesto parla di inesperti…loro cosa sono se non poco piu che ventenni? Proletari solo su tastiera e nostalgici di tempi mai vissuti. Che si facciano una seria esperienza alpinistica prima di pontificare da dietro la maschera di un gruppo di insurrezionalisti. Iniziassero a togliere i loro di spit, visto che uno di loro ha incrociato con una sportiva lo spigolo Casara in Baffelan oltre che aggiungere fix nello zoccolo di accesso per quanto insidioso (III grado, primo tiro della Casara). Senza parole. Un cane che si morde la coda, intolleranti della tolleranza. Ognuno è libero di fare ciò che vuole ma sappiano che ogni azione comporta una reazione.
Dino può darsi che si esageri. Ma se sbagli un attacco di una via , magari su itinerari di bassa quota di pochi tiri, non è che ti cambia la vita. Scendi e cerchi meglio. O magari ritorni la prossima volta. Mica ti capita l’irreparabile.
Togliere chiodi “tradizionali” già infissi. A mio parere:
– togliere dalle soste non è giusto e anche un po’ irresponsabile
– togliere dal tiro è molto difficile anche perchè è difficile distinguere tra chiodi messi dai primi salitori (o tolti) e quelli dei ripetitori. Poi c’è chi ha più difficoltà in placca altri preferiscono lo strapiombo. Se si fa, occorre avere molta esperienza, buon senso e non in maniera indiscriminata. Occorre inoltre dare molta pubblicità poichè potrebbe causare seri problemi a ripetitori che inconsapevolmente affrontano una via in condizioni di difficoltà molto diverse.
Questione etichette o scritte sotto le vie. In montagna il fenomeno non mi pare diffuso. E’ usato dove la densità delle vie e la boscaglia alla base offre pochi punti di riferimento. Non vi sembra di esagerare?
Andiamo sul concreto. Si è detto Paolo VI Tofana.
Secondo me il proposito di schiodatura è sbagliato. La via è stata aperta con tanto artificiale e con tantissimi chiodi, la maggior parte dei quali tolti o venuti via. Le soste non erano molto buone. Ora la via si può scalare il libera con molti meno chiodi dell’apertura. Gli apritori mi risulta fossero molto d’accordo e mi risulta che colui che ha fatto il lavoro è un Grande che ha chiodato anche altre vie dove l’avventura non manca. Della Bonatti non so, ma questo esempio è sbagliato e pertanto, a mio avviso, intervenire su questa via sarebbe un errore.
insomma anche li mi sembra che da un pò di anni facciano dei gran troiai e abbiano trasformato delle grandi pareti, simboli e miti per intere generazioni, in grandi luna park verticali.
Basta vedere le orde di fotografi e cineasti armati di tutte le attrezzature che vivacchiano appesi da tutte le pareti per riprendere dal vivo le gesta dei grandi….
Quanta ferraglia occore piantare nel granito del CAP per poter permettere tutto questo….????
istintivamente non sono contrario ad un aschiodatura che potrebbe ridare maggiore fasciono a certi itinerari e anche fare una certa pulizia di mille troiaii che penzolano dalle pareti.
Ma siccome, al di là delle opinioni personali, non credo che in assoluto ci sia una “linea della ragione” e una “linea del torto” , mi sono dato una regola che è quella del rispetto dello stile di una via da tenere durante una ripetizione.
Quindi se mi impongo di non aggiungere chiodi e tanto più spit, mi impongo anche non toglierne anche dove magari io non li avrei messi. Se vado a fare una via di Massarotto dove lui non ha messo nulla o ben poco. Ho accetto questo suo stile o rinuncio. Ma allo stesso tempo, non vedo perchè da un’altra via, con stile ben diverso, dovrei fare esattamente il contrario schiodando.
Ben diverso è invece il caso di togliere ad esempio spit aggiunti ma anche chiodi, dove in apertura non c’erano. Qui per me è giusto schiodare. Chiaramente assumendosene la responsabilità.
Non è proprio così per tutti. Diciamo che c’è una minoranza che invece cerca di farlo.
Questa di mettere le targhette o di scrivere i nomi direttamente sulla roccia , è veramente un bruttura. Ma non è solamente un atto autocelebrativo è anche un fenomeno della attuale società di oggi che tende a spianare tutte le difficoltà . Ad esempio quella di cercare l’attacco, di interpretare un percorso. Perchè spremersi il cervello o avere il dubbio, quando basta mettere una targhetta o una scritta???
La caricatura buffa di un pamphlet rivoluzionario. Prima di leggere i commenti pensavo ad uno scherzo. Alle volte anche solo un po’ di senso del ridicolo aiuterebbe.
Comunque al di la’ delle nostalgie anni 70, e fatti salvi i principi di base ovviamente condivisibili, il problema maggiore e’ capire che in concreto cosa vogliono. No allo spit in montagna? O si se lo metti a mano? Se ne metti pochi? Quanti? Il numero giusto per avere cadute da spaccarti la testa?
Pensiero del giorno:
“non è più alpinismo scalare con chiodi cementati nella roccia o qualche altro procedimento del genere.
Scendere a compromessi nell’alpinismo, compromessi dati sovente dall’utilizzo di certi accorgimenti “progrediti”, è come barare alle regole del gioco: si riduce l’impegno psicologico, l’ignoto svanisce, la parola “impossibile” perde il suo valore. In tal caso, anche l’intelligente ricerca di una via logica viene scavalcata, poiché l’uso indiscriminato di certi ritrovati tecnici vanifica nello scalatore ogni senso critico ed emotivo. Si finisce insomma per passare, con certezza, ovunque, anche dove non si potrebbe se non si è capaci. A questo punto che cosa rimane più dell’essenza di una scalata? Che cosa resta dell’anima di un’ impresa concepita, secondo lo schema tradizionale, come mezzo e condizione di appagamento interiore?” (un alpinista degli anni 30)..
Fatti non parole
p.s. blaterare prima di fare è una moda?
Né con lo Stato, né con le BR (e lo Stato ne ha fatte di peggio, di molto peggio).
Sono un anziano alpinista di 65 anni e la sigla NAP non mi è indifferente. Sopratutto perché da metalmeccanico, schierato ovviamente a sinistra, quei coglioni dei NAP negli anni delle BR mi hanno dato parecchio fastidio. Vedo però che a qualcuno, per pretesto, usa delle argomentazioni politiche per contestare dei validissimi argomenti. Sicuramente questi poveri cristi non hanno mai lavorato in fabbrica e non hanno mai provato sulla loro pelle la fatica di sostenere le proprie idee, non via internet, ma con le parole e i fatti di tutti i giorni. Purtroppo ora viviamo in questo tipo di società e ognuno si sente il diritto di fare la morale, non a chi deturpa le pareti, ma a chi con argomenti sacrosanti tenta di difendere, non solo l’alpinismo, ma la possibilità per le future generazioni di godere delle montagne come le abbiamo godute noi. Ho anche letto che in montagna non devono esistere delle regole e mi sono chiesto perché noi italiani andiamo ad arrampicare in Yosemite, o in altri posti dove le regole esistono. Un’altra considerazione è quella sulla schiodatura, che nessuno dovrebbe avere il diritto di eseguire, secondo alcuni. Il mio pensiero però va allo stato naturale delle pareti, prima di essere scalate, trapanate e maltrattate, erano solo rocce, mi sembra un atto d’amore e di rispetto verso la natura non maltrattarle e cercare di lasciarle in pace. Il consumo del suolo non è solo quello orizzontale ma anche quello verticale. Poi questi “attrezzatori”, quando vivono in città, sono sicuramente i primi difensori della natura incontaminata, quella che si incontra solo in montagna. Alcuni di loro hanno anche il cattivo gusto di mettere delle targhette alla base delle loro “autostrade inox”, per fare risalire gli eventuali ripetitori alle loro immagine di indefessi lavoratori. Molte altre considerazioni potrei fare sulle vie cosiddette moderne, per come vengono realizzate, con pulizie preventive e chiodature strategiche, fino alle difficoltà dichiarate, ma vorrei concludere facendo i complimenti e gli auguri ai NAP che sostengo molto volentieri.
Gian Maria Mandelli
Mi piace vedere questa battaglia fra la maggioranza fatta dai brocchi e la minoranza fatta dai capaci (esiste non solo in montagna).
I brocchi non si rendono conto che senza i capaci non sono in grado di fare nulla, al massimo fanno i parassiti, ma di solito distruggono tutto.
I capaci sanno che se i brocchi li osteggiano completamente, possono sempre fare altro.
Secondo me i capaci dovrebbero ritirarsi da tutto e lasciare che i brocchi, come sta già accadendo, si facciano sempre più male e spesso muoiano.
Magari capiranno qualcosa, chissà.
Basta confrontare le grandi pareti, dove già ora più nessuno sale, con le piccole pareti super sicurezzate, dove il cosiddetto “incidente agli esperti” è frequentissimo.
Lasciateli fare!
Aò, ma ‘sti Peruffo quanti cazzo sono? La pensano tutti uguale perché sono una famiglia sola, un po’ come quella di Saddam Hussein. E non solo.
L’articolo a me sembra puro vaneggiamento ma, battute a parte, rispetto chi la pensa così e credo (come ho riassunto in una parola qualche commento fa) che all’origine ci siano dei problemi sessuali di decisa marca freudiana. Lo penso davvero e lo sottolineo.
Giorgio Peruffo, io gli anni di piombo li ho vissuti davvero. Vivevo a Genova e sotto casa mia ho visto ammazzato Guido Rossa (forse manco sai chi è), il sangue sulle scale di quando la polizia ha sterminato i brigatisti della colonna Ludmann, sempre nella stessa via. O la strage del giudice Coco e la sua scorta, poche vie più in là. Il padre di un’amica gambizzato, e ho pure preso delle botte in piazza durante cortei che credevamo necessari al fianco degli operai. Ricordo le rivendicazioni sui muri, nei volantini, durante le manifestazioni violente fuori scuola. Sono diventato un alpinista anche perché sono scappato da tanta nausea e sui monti stavo meglio.
Ma ora che vedo sigle e battaglie che mi ricordano quel periodo di merda associato alla mia più grande passione mi viene il voltastomaco. Anche la causa più nobile va portata avanti con stile e voi proprio non ne avete neppure l’ombra. Parlate di cultura ma sinceramente non vedo di che tipo si tratti. Forse sono vecchio è comunque gli alpinisti non li ho mai sopportati.
Essendo nato nella città di Gaetano Bresci, veder qui sbandierata l’anarchia, come libertà del singolo di far ciò che vuole, non fa che alimentare l’idea di un ambiente alpinistico sempre più solipsista e autoreferenziale, vocato all’escapismo, che sta condannando i nostri monti a mutarsi in nonluoghi di sola natura funzionale e privi di interazione sociale.
Eppure, su queste rughe di pietra sbreccata, elette arbitrariamente pilastri della libertà personale, si sale o prima di qualcuno o dopo qualcuno o con qualcuno.
Chi assassina, non solo l’impossibile, ma anche gli itinerari storici – più o meno eroici che siano – cancella il passato dell’alpinismo. Fa del revisionismo. Accende un rogo di libri.
Ben venga il messaggio che sulle pareti si inizi una resistenza da riportare in città
C’è una forza superiore a quelle della ragione, dell’ideologia, dell’etica, della patria.
Ce l’ha regalata l’opulenza.
È la forza del sofà. Delle macchine, dell’idea imbambolatrice della sicurezza, di quella rinnegata del coraggio. Della celebrazione dell’abbondanza, del ribrezzo della frugalità.
Se prima era esplorazione ora ci si accontenta della ripetizione, tanto le montagne son montagne anche ora. Se prima era incertezza, ora si punta alla garanzia. Se prima era nel dopolavoro, ora è nel diritto al tempo libero. Se prima era a carico nostro, ora si calano braghe e imbraghi per uno stick sul casco.
Quella forza è così superiore che pare vedere il gatto col topo. Lo lascia scappare e correre il necessario per divertirsi. Dopodiché lo abbandona morto. Il gatto è sempre il gatto e i buoni propositi non sono più.
Resta l’orgoglio d’essere topo? Forse neppure. Resta la bandiera del senso di se stessi, quella che ci impedisce di contraddire la nostra biografia. Almeno fino al prossimo sofà. È per quello, che siamo tutti alla pari. O fino alla prossima impennata biografica. Quando ognuno si sentirà in diritto più dell’altro.
O, detto in altre parole, il ciclo dell’avanguardia è un organo piccolo di un corpo enorme.
Vero. Le pareti sono di tutti, almeno fino a quando si salgono con etica comune.
Le vie salite dai nostri padri non tengono in ostaggio una parete perché presentano pochi o addirittura nessun segno di passaggio (vedi le vie di Massarotto).
Salire oggi piantando una fila di spit invece si. La parete sarà per sempre ostaggio di colui che li ha piantati, anche se la via non verrà ripetuta per decenni.
Piantare spit in modo seriale dove le difficoltà sono alla portata dello stesso apritore non ha senso. Sopratutto se la roccia da la possibilità di proteggersi in modo non invasivo. Quindi perché piantarli? Per i ripetitori?
Allora concordo con la definizione di “Attrezzatori”, non alpinisti e non arrampicatori sportivi, ma solo “Attrezzatori”.
La frase “c’è spazio per tutti” è una amenità se si continua ad “impossessarsi” di ogni angolo di parete con file di spit.
La frase “se sei forte passa senza attaccarti agli spit” è altrettanto amena perché ammette il falso ed illusorio scopo dello spit piantato: la sicurezza. Perché se uno spit non serve non ha senso piantarlo. E se lo si pianta per la “sicurezza” dei poco preparati ripetitori allora ritorno a definire “Attrezzatore” chi lo ha piantato.
Mi auguro una serena e costruttiva discussione, senza eccessi, e senza estremismi.
Siete solo dei terroristi! Frustrati autoreferenziali che non accettano gli altri, che non si incuriosiscono delle ragioni dei propri simili, specchio esemplare del generale radicalizzarsi di odi e razzismi. A leggervi, sembra di gettare un occhio dentro un inferno di arroganza e presunzione. Chi siete voi per dire cos’è giusto e cosa sbagliato? Davvero avreste la sconsideratezza di schiodare? Altro che pseudo comunismo d’accatto, siete dei fascisti, che vi applaudite fra di voi! State ben attenti a quello che fate, fanciulli, vi si potrebbe ritorcere contro!
Chiedo a chi accetta il pensiero NAPPISTA di fare degli esempi concreti di come metterebbero in pretica la loro azione:
ad ogni categoria associate una via!
NAP_ALP=via alpinistica esemplare da rispettare e valorizzare
NAP_AS=via di arrampicata sportiva da rispettare
NAP_MIX=via mista alpinistica/sportiva da rispettare per ragioni storiche o di roccia improteggibile
NAP_ABO=via abominevole da schiodare
NAP_REC=via sportiva riconvertita in via alpinistica
e buona fortuna!
Tempo fa due celebri alpinisti italiani hanno crivellato di fix una paretina sulla cima della modesta montagna su cui vivo: una falesia come omaggio al compleanno dello sponsor. La cosa mi fece infuriare ma, innanzi tutto, ho voluto sapere il perchè di un simile inaspettato ed insensato gesto. Il più giovane, che ormai però ha l’età di Bonatti ai tempi del Gasherbrum IV, mi ha risposto come un ottusangolo: “Perchè la roccia meritava un casino”. Il più vecchio, che aveva il ruolo e l’età di Cassin sempre al Gasherbrum IV, mi ha risposto con scaltrezza politca: “Senza soldi pubblici permettiamo a persone di tutte le età di arrampicare”. Detto questo credo che il NAP ed il TTT siano la miglior risposta potessimo sperare nascesse nei giovani d’oggi. Coraggio ragazzi, spazzate via la ferraglia e tutto questo ciarpame.
A parte il nome e il riferimento politico a una storia che si spera superata, quella dell’uso della violenza e di certo comunismo, i temi sono strategici, non sono patrimonio di una appartenenza politica, ma di una sensibilità forse ormai minoritaria. per affrontare questi temi, dal 1987, vive una piccola e tenace associazione, apartitica, Mountain Wilderness. Sarebbe sufficiente fare riferimento a questa associazione a portare dentro di essa contributi tanto importanti e strategici per la qualità delle nostre montagne e dell’alpinismo.
Si, ma ci deve anche essere il rispetto della roccia , della parete.
Dovrebbe essere un principio primario per un arrampicatore. Non solo l’affermazione delle sue capacità per sottomettere la parete.
Io ne ho parlato ma credo anche di averlo fatto. Poi siamo umani, pieni di debolezze.
Sergio: Ma chi sono questi ideatori di gruppi sovversivi e proletari? Di tutto hanno, meno che il rispetto degli altri, ne tantomeno del rispetto della storia alpinistica, del passato del presente e men che meno del futuro. Si vorrebbero dettare delle leggi su come chiodare e non chiodare, arrogarsi sul diritto di schiodare una salita fatta da chi ha voluto esprimere la propria passione in maniera corrispondente a se stessi ma non imponendola a nessuno, ma loro al contrario, impongono la loro visione e ideologia come un diritto acquisito dittatorialmente. Perché non cancellate tutte le superdirettissime a pressione degli anni storici? In fin dei conti altro non erano che spit antiquati, perché non togliere tutti i chiodi a pressione di passaggio in artificiale e non, su una miriade di vie storiche? Tanto ora si passa in libera bendati. Con quale autorità e diritto, dati da chi, si vorrebbe manomettere una cosa fatta da altri su un territorio che è di tutti e di nessuno? Perché se è indiscutibile che ci sono aperture di salite pulite, senza spit, difficili, estreme è altrettanto indiscutibile che ce ne sono altre superchiodate, spittate sia facili che difficili o estreme e tutte e due hanno lo stesso diritto di esistere e qui sta il punto! Che possa piacere o meno, tutte e due le tipologie vanno rispettate. Chi chioda una via lo fa con una sua etica che puo essere contestabile o meno, ma nessuno ha il diritto di schiodare ciò che un’altro ha creato, a meno che si trovi su un terreno privato e solo il proprietario ha il diritto di togliere ciò che è stato fatto senza alcuna autorizzazione. Allora, per la stessa ragione e ideologia, per lasciare la montagna pulita da tutta la ferraglia che è stata ricoperta in un centinaio di anni, smontiamo tutto! Togliamo chiodi spit e soste su tutte le vie esistenti e chi vuole ripetere o aprire deve farlo senza lasciare alcun segno di passaggio! Questa sarebbe la soluzione! Cancellare tutta la storia, quella di ieri, di oggi e di domani. E le ferrate? Togliamo tutte le ferrate! Non è giusto facilitare chi non è in grado di salire una parete slegato! La montagna deve essere solo di chi è forte, coraggioso e giovane, solo di chi è disposto a lasciarci la vita per poterla salire, la montagna deve essere solo di chi è capace di salirla solo in un modo, la montagna deve essere solo degli egoisti che non lasciano spazio ad altri! Ma per favore! Sono tutti discorsi che non stanno in piedi neanche se ci si mette intorno una gabbia di cemento armato! Non parliamo di gruppi, di sigle TTT, NAP….ecc che sono solo boiate! parliamo invece di rispetto e libertà per la persona umana.
Sono convinto che, se qualcuno vede richiamati brutti periodi e ricordi della storia, i ragazzi siano pronti a cambiare la sigla, ma non è questo il punto. Una quindicina d’anni fà, per mettere in sicurezza un corso guide, furono spittate le soste della Costantini Apollonio in tofana di rorozes.Un “certo” signor Leviti, tolse gli spit e tutti zitti! Oggi sembra che, andati in “pensione” alcuni alpinisti dell’era dei nuovi mattini, si voglia approfittare in nome della beata ignoranza delle nuove generazioni, e mi vado a ritrovare spit sulla Paolo VI in tofana di rozes Bonatti al gran cap( e non stò a fare l’elenco, xchè ho già citato due capolavori dell’alpinismo storico…) e nessuno dice o fà niente? Che poi santo iddio, ma sia sul gran cap che sulla tofana mancano le vie a spit, maremma cinghiala! Sù questo dobbiamo riflettere! ( stai a vedere che, la paoloVI in tofana è la linea più imbattibile, e la bonatti al gran cap è molto richiesta dai clienti dopo che Bonatti è morto ed ora tutti lo conoscono grazie anche ai mass media, che sanno cavalcare bene “le onde di propagazione”).
E allora, ho il dubbio che in tanti si sentano ormai in nome di questa fantomatica sicurezza, di fare scempi anche scempi ben più ridicoli. È giusto confrontarsi, e riequilibrarsi perchè come tanti dicono lo spazio c’è per tutti…………anche se io rimango del parere che il futuro sia SENZA trapano anche in falesie che lo possano permettere. Ma nessuno si è mai immaginato quando per esempio alla quinta o sesta richiodatura di una falesia, che schifo possa venir fuori?
E’ inutile discutere.
Chi spitta accampa sempre il diritto di spittare per la sicurezza e mette sempre la responsabilità in mani altrui, non si rende conto che usa violenza e trasforma ciò che è naturale togliendo possibilità di esprimersi a tutti quelli che verranno dopo di lui che è un brocco.
Se una persona non è capace di salire una via NON DEVE SALIRLA, né tantomeno bucare la roccia per “pararsi il culo flaccido.
Se quest’anno tornerò ancora sulla Vinatzer in Marmolada, toglierò tutto quello che riuscirò, tanto sono certo di non essere capace di salirla come l’aveva salita Vinatzer.
Anche sulla Graffer al Basso che è diventata una porcata simile alla Quixiote.
E c’è gente che parla di rispetto degli apritori.
E da ora in poi schioderò dovunque andrò, se riuscirò.
Bravi TTT !
Non desideravo più intervenire anche perchè gli interventi di Stefano Michelazzi rispecchiano ciò che penso. Visti però alcuni interventi garbati faccio a coloro che hanno promosso il gruppo una preghiera.
Cambiategli il nome
Certi nomi e certe frasi non meritano più di essere usate e di essere scritte e usate. Non rievocano idee e coraggio. Rievocano morti e fatti vili, contro gente inerme che hanno lasciato lutti e sofferenza. Sono l’esatto esempio di come NON fare per portare avanti la propria idea.
Poi si potrà discutere di eccessi o errori ove ve ne siano. Vi invito poi a fare degli esempi concreti (nomi delle vie cui vi riferite) in modo da capire. Vi prego poi, nel caso schiodiate qualcosa (ammesso che sia giusto farlo), di dargli pubblicità, per evitare che poi ripetitori si trovino in difficoltà.
Grazie a GL , Pier e Ilario che avevano riportato la discussione nel tema di quello che il manifesto propone, la politica come si legge in alcuni commenti la si può vedere solo in un acronimo N.A.P. che era la sigla di un organizzazione terrorista-politica di 40 anni fa(nuclei armati proletari, per chi giovane come me non conosceva). Nucleo Alpinisti Proletari è una metafora che si è voluta dare per creare un pò di poesia, per raggruppare, rifacendoci all’ origine latina del termine proles, tutti quelli che oggi e domani(“figli”) si vedranno le possibilità limitate per colpa degli errori del passato da parte di persone(“padri”) che non hanno avuto il rispetto e il buonsenso. Tutto qui. Ci soffermiamo su una sigla perchè simile? vedendo politica dove non c’è, mandando in vacca tutto l’ articolo o andiamo oltre?
In molti commenti si dice che basterebbe avere Rispetto e che la libertà è una caratteristica intrinseca dell’ alpinismo… siamo tutti d accordo, nessuno vorrebbe dover vigilare sulle pareti di casa, purtroppo tocca farlo. A volte in alcune zone è il caso di agire, in altre nemmeno esistono certi scempi…
Ovviamente dopo aver provato con le buone a far ragionare chi nella propria inesperienza/ignoranza/prepotenza ha combinato una “cagata pazzesca”. Dopo aver fatto “cultura”, dopo aver spiegato come si “dovrebbero” fare le cose. Essendo spesso persone senza rispetto, difficilmente si ottiene un passo indietro e la loro sitemazione del danno e quindi cosa si fa?? In nome della libertà in alpinismo lasciamo questi attrezzatori mettere prese di plastica sulle vie multipich con spit ogni mezzo metro(no, non è fantasia) tutto condito e confezionato per la gioia e il bene dei neofiti ripetitori con freccie disegnate e spit affianco a clessidre ? Lasciamo che linee storiche rimangano intersecate e/o sovrapposte interamente o in parte perchè(come mi è stato risposto) : “ per noi non ha senso tenere in ballo una linea o una parte di parete perchè li ci passa una via di 80 anni fa che più nessuno fa…” Quindi parete con vie vecchie o abbandonate = terreno vergine per aprire vie “nuove” plaisir,a spit, super “sicure” che verranno prese d’ assalto dai ripetitori ? Ironia della sorte son proprio loro che alle critiche rispondono che in alpinismo c’è Libertà, c’è Anarchia e se ne sbattono.
Il manifesto come anche questi interventi servono per sensibilizzare e provare a trovare una soluzione(che non deve essere quella dei “chiodatori abilitati”secondo me), non c’è bisogno del manifesto per schiodare,non si sta chiedendo la vostra approvazione per farlo, se uno schioda una porcheria come quelle elencate fa benissimo ,punto.
Chi siamo noi per dire cosa è giusto e cosa no si è detto in alcuni commenti… Oviglia e Larcher hanno caricato un video pochi giorni fa in cui spiegano la loro etica ormai accettata da tutti, ritenuta la meno impattante e garante di impegno e avventura anche se per vie sportive. Chi sono loro per dire che è sbagliato bucare in azzero? Hanno la verità in tasca? Non è una regola scritta, forse qualcosa avevo letto a riguardo nel bidecalogo del cai del 2013, ma è ormai entrato nell’ immaginario collettivo che Quello è il modo più corretto per aprire vie sportive.
Video come questo ( https://www.youtube.com/watch?v=8R6ZvA_rZq8 ) secondo me sono cosa utile e che può arrivare a tutti, più di convegni e pipponi che forse finisco nel giornale degli accademici.esempio. Usiamo bene questa piattaforma e non per un botta-risposta fuori tema e uscite da bar.
Sono uno dei ragazzi che ha firmato, ci ho pensato due volte prima di intervenire , spero di aver fatto un pò di chiarezza. Ciao
Bene Giacomo vedi che riflettere da spazio a vedute più ampie…
Gli “anni di piombo” li hanno vissuti di più le persone comuni rispetto agli attivisti e sai perché? Perché uscire di casa e non sapere se rientrerai visto che ogni giorno c’era il rischio di una qualche strage, di una sigla o di quella antagonista, non lasciava molto spazio alla fantasia.
Il mio attivismo è arrivato dopo per ovvie ragioni d’età, come hai potuto già interpretare.
Resta il fatto che ciò che ha potuto cambiare la storia (parlo ovviamente di alpinismo) sono stati gli esempi personali, quelli senza manifesto, senza gruppi o gruppuscoli, i quali notoriamente hanno sempre creato dei Diktat (vedi braghe alla zuava e scarponi).
Quindi visto che da parte mia ho sempre abbracciato l’idea di un alpinismo autodeterminato (anarchia…) non sarò certo io a condannare eventuali schiodature di brutture anacronistiche e supportate dal falso ideale della sicurezza, solo non condivido i metodi e credo che buona parte di chi si è idealmente associato al mio intervento la pensi molto simile.
Peace and love
Caro Stefano, riporto sotto quanto hai scritto
cit:
«perché ho vissuto gli “anni di piombo”»
cit.
«mi vien da ridere da vecchio attivista dei tempi che furono leggere queste cose»
Parole tra virgolette tue.
Posso avere interpretato male quello che scrivi.
Comunque per restare nel merito, lasciando stare sopra, nessuna minaccia.
L’allerta è riferito alla “battaglia” culturale che certi giovani hanno iniziato firmando un manifesto.
Nessuno si nasconde dietro a qualcuno o a qualche sigla che hanno solo valore pratico, di memoria.
È un gruppo di azione e di pensiero, come altri, firmato da tanti.
Un gruppo di giovani che lanciano un messaggio di “guerra” culturale con armi civili fatte di analisi e riflessione.
Se poi qualcuno toglie qualche bullone dove ce ne sono troppi, accade di già e vedremo gli sviluppi.
Intanto è importante prendere atto che il trapano indiscriminato va messo al bando
e che la chiodatura quanto la schiodatura va discussa.
Pace e amore, senza bulloni 😉
beh…Giacomo… che dire? Visto che tiri in ballo papà, allora chiedigli di insegnarti a leggere (col mestiere che fa non avrà problemi a farlo no…!?), perché dove tu , lui o chiunque altro legga che il mio attivismo politico risale agli anni di piombo è mistero…!
Alla faccia della superficialità…
Evito di infilarmi in discussioni di stampo politico, che a mio avviso, in questo frangente devono stare fuori, come credo abbia fatto ben intendere ciò che ho scritto.
Le piazze le ho conosciute molto bene credimi e (se non mi credi, non che questo mi crei qualche problema), le ho soltanto citate come memoria storica. Se avessi voluto che queste mi tornassero utili lo avrei fatto nei modi e nei tempi adeguati non certo sul gogna blog, ottimo balcone per dibattere di temi comuni sulla montagna e sull’ambiente ma non certo tribuna politica.
Sul resto sorvolo… fino alle ultime frasi… dobbiamo stare all’erta?
E’ una minaccia?
Non tenete conto dei commenti?
Allora il vostro documento non è scritto, come dici, per sensibilizzare ma un messaggio di guerra?
Forse meglio che ti schiarisci le idee.
Le mie le ho postate e sono mie, personali, libere da schemi e non certo coordinate con un qualche gruppo, come detto già nel mio post se credi in qualcosa, se sei convinto di essere nel giusto, non hai bisogno di giustificarti dietro a qualche sigla.
Peace and love (o quello che vuoi tu…!)
Essendo figlio di colui che ha dato un forte contributo alla stesura di questo documento collettivo, a cui aderisco, chiesto da noi giovani, voglio fare solo una breve considerazione sulla violenza sollevata da alcuni, e soprattutto sulle evidenti superficialità del commento del Sig. Michelazzi, a cominciare dal suo propugnato attivismo, che addirittura sfocia negli anni di piombo. Essendo il Sig. Michelazzi del 1966, ci domandiamo in cosa consiste questo suo coinvolgimento. Questo suo attivismo. Forse solo emotivo? O a 10 anni era in piazza. E per gli altri 40 anni dove è stato? Solo in montagna? Mentre noi marcivamo nell’inquinamento che ora è arrivato anche sulle pareti? Forse proprio grazie a certe guide che attrezzano ogni metro per tirare su clienti? Per non dire della confusione con i concetti di lotta di classe e di proletariato, che non mi sembra nei documenti chiamati in causa siano interpretati in quel modo scontato e superficiale. E ancor meno il parlare di politica, come fosse una cosa oscena. Certo, la scelta e il tentativo di riutilizzare certe parole e certe sigle, acronimi!, noi tutti la riconosciamo azzardata. Ma ci sono delle ragioni, che dai vostri commenti sembrano funzionare. E mio padre dice pure un trabocchetto storico dove Michelazzi – senza togliere al suo essere un bravo e qualificato alpinista, pure molto trad – è stato il primo a caderci dentro e a far vedere quello che lui crede di sapere, probabile espressione di un’opinione pubblica superficiale, responsabile di ciò che viviamo. Magari tutto ciò lo spiegherà meglio mio padre, come ha tentato su AM e come ha spiegato a me, a noi giovani.
Per quanto riguarda la violenza, voglio assicurare che tutti noi siamo nonviolenti, a partire proprio da mio padre che ha proposto i nomi. Egli – che in montagna viaggia ancora sul VII grado trad e in quota stenta a trovare compagni che gli diano corda (specie per testa e strategia, che sono le doti che ti portano in alto e che a noi giovani mancano) – usa spesso un linguaggio duro per innescare riflessioni civili. Le sue uniche armi – dice sempre – sono la cultura (forse troppa!!??) e l’azione frontale sui terreni di conflitto, la presenza con il corpo dove serve, senza mai usare violenza, anzi, facendola evitare con questa sua fermezza.
E proprio in questa forma di attivismo credo che l’attività di mio padre (e forse anche qualcuna di noi giovani) non sia equiparabile alla somma di tutti coloro che qui hanno sputato livore, insulti e superficialità. In primis il Sig. Cominetti. Per non dire degli altri…
Ecco, l’altra cosa… sembra che non sia stata ancora colta la volontà di unire la montagna e la città, nelle lotte che possano migliorare le une e le altre, a parte il Sig. Merlo e GL. Altrimenti le pratiche della città uccideranno la montagna, mentre ognuno resta, o crepa, nel proprio giardino… Sia anche una bella montagna, tutta plaisir.
Comunque risponderà a tutti, uno a uno.
Come risponderemo noi.
Ah… da ribadire: nessuno di noi giovani toglierà spit in modo indiscriminato. Come nessuno dovrebbe metterli!
Questo è il punto.
Perciò state all’erta. La nostra battaglia è iniziata.
Non ci fermeremo davanti a dei commenti.
Specie se poco articolati.
Gli toglieremo semplicemente dalla nostra memoria.
TTT
Saluti.
Anche io penso che da qualcuno non sia stata ben compresa la metafora( frà l’altro spiegata subito frà le prime righe), ma bensì sia stata associata la stessa,ad episodi e sigle esasperato il significato. Rimane giusto, il confronto e la riflessione………….e ripristinare almeno laddove gli spit non vi eranno affatto, per il resto ne possiamo e ne dobbiamo parlare, ma a mio parere il trapano dovrebbe rimanere moolto al basso
Togliere togliere togliere, ci sta, specialmente se chi ha messo, se ne sbattuto delle opinioni altrui. Mi piace che ha proporsi per una lotta contro la smania di sporcare ogni metro di montagna, per il piacere del mercato e del egoismo, siano dei giovani….
Uno dice che se c’è libertà di chiodare deve esserci anche quella di schiodare… Insomma, sempre più isterico questo pseudo problema, fatto di pseudo idee e pseudo ragionamenti e pseudo diritti… Gente che non è capace di usare la logica… Che vadano a scuola e la smettano di cagare il cazzo!
senso d’equilibrio.
in montagna serve solo quello
Paolo non credo di essere monodirezionale
Scopate.
Credo che una via sia l’espressione di chi l’ha aperta. Della sua mentalità, capacità, stile, ect. ect.
Il ripetitore dovrebbe avere rispetto di come la via è stata aperta senza stravolgerne lo stile.
Migliorare lo stile di salita perchè si è più bravi non vuol dire cancellare quello che hanno fatto gli apritori.
Non sto chiedendo questo, difatti mi sono spiegato con la Vinatzer molto più chiodata anche solo di 30 anni fa, la Don Quixiote ora una via da A0, e l’Ideale al contrario quasi senza pressione e quasi mai ripetuta fino alla fine (quasi tutti evitano ben 12 tiri).
Bisogna rispettare gli apritori, dici, e allora bisogna schiodare la Vinatzer e la Quixiote e rimettere i pressione sull’Ideale?
Io ho fatto un’ altro discorso: libertà e etica, ma non monodirezionale.
Credo che una via sia l’espressione di chi l’ha aperta. Della sua mentalità, capacità, stile, ect. ect.
Il ripetitore dovrebbe avere rispetto di come la via è stata aperta senza stravolgerne lo stile.
Migliorare lo stile di salita perchè si è più bravi non vuol dire cancellare quello che hanno fatto gli apritori.
Messner ha ripetuto l’Ideale con un solo bivacco. Quindi molto meno tempo di Aste. Cosa doveva fare, cancellare i chiodi a pressione?
Magari poteva passare in libera senza usarli. Oppure fare una variante trovando un’altra soluzione. Ecco la migliore prestazione. Ma non trovo giusto arrogarsi il diritto di toglierli.
Sull’Ideale bisogna rimettere i 6 (?) chiodi a pressione che aveva messo Aste?
E la Vinatzer va schiodata?
Allora la Don Quixiote dovrebbe essere restaurata!
E certe vie “super” dovrebbero essere richiodate come le avevano salite i primi?
Secondo me, ogni nuovo tempo (non mattino) richiede nuova cultura, capacità e umiltà, ma deve essere una aggiunta alla somma di quelle dei tempi passati, non una sottrazione.
Una persona ha il diritto di chiodare come vuole?
Perché io non ho il diritto di schiodare come voglio?
Mi spiegate?
Secondo me chiodare e schiodare sono identici, ma speculari.
infatti io ho parlato e, scritto: RISPETTO.
Onestamente sono un po’ deluso da molti dei commenti che leggo.
La natura provocatoria e assolutamente pacifica del manifesto mi pare palese ed esplicita, e trovo un po’ miope che ci si soffermi su questo o quel particolare senza provare ad abbracciarne il senso più generale e profondo.
In primis, mi domando a cosa servano i richiami agli anni di piombo ed al terrorismo. Sfortunatamente quella del rimprovero è una cifra molto diffusa, tra chi quegli anni li ha vissuti. Altrettanto sfortunatamente, ci si dimentica che gli errori e gli orrori di quegli anni sono figli di quel tempo, e non sono imputabili a chi allora non era nemmeno nato, e men che meno intende ridare respiro a certi pensieri ed a certe teorie. Lasciamole là dove sono, e riappropriamoci invece di tutti i simboli ed i significati, soprattutto se lo facciamo con ironia e con intelligenza, come personalmente credo sia nel caso di questo manifesto.
Ma al di là di questo, ha senso soffermarsi sulla sigla e tralasciare il resto? Io penso di no.
Leggo poi numerosi richiami all’anarchia insita nella pratica dell’alpinismo. Sono del tutto legittimi ed anzi, trovo che siano salutari e condivisibili. Non posso però non permettermi di precisare che il pensiero anarchico e libertario in genere non è mai stato il pensiero della sregolatezza, quanto piuttosto quello della libertà e del rispetto. Non mi pare di leggere in questo manifesto alcun intento liberticida, né proposte di istituzione di categorie protette, di ordini, di gilde, di lobby o roba del genere. Ci vedo solo un richiamo a gran voce al rispetto di valori che a mio modo di vedere dovrebbero essere sacrosanti non solo nella pratica dell’alpinismo, ma nella frequentazione delle vette ed in senso esteso alla vita in generale.
Non si tratta di fare liste di proscrizione, di minacciare, di percuotere, di far ingurgitare olio di ricino, vivaddio! Si tratta molto più semplicemente di richiamare chi percorre le pareti delle montagne a riflettere su sé stessi, le proprie motivazioni, sugli altri, e sul mondo che ci circonda. Vuol dire che qualcuno prenderà falce e martello e percorrerà in lungo ed in largo chilometri quadrati alla ricerca dell’ultimo spit da mandare in polvere? Certo che no. Qualche spit verrà tolto, qualcuno rimesso, come è stato fino ad ora e come continuerà ad essere anche in futuro.
Per come lo leggo io, il manifesto è un invito a riflettere in modo organico e sistematico su questo e su altri dilemmi che da sempre accompagnano l’andar per monti, ma che evidentemente, alla luce di cambiamenti, assumono contorni nuovi.
Per essere più esplicito, io non leggo in questo manifesto l’intento di bandire l’uso dei trapani da tutte le pareti del mondo. Ci leggo piuttosto l’invito a farsi delle domande sul senso delle proprie ascensioni, sull’effetto che la nostra presenza ha sulle montagne che diciamo di amare, sul fatto che le pareti non sono un parco giochi in cui perdersi per lasciarsi alle spalle tutto ciò che accade nelle vallate sottostanti. Anzi, sono forse un modo per poter osservare le cose da una prospettiva diversa, per assorbirne il significato, per maturare idee nuove.
Penso che sarebbe più interessante, più utile e più costruttivo se questo manifesto venisse usato come stimolo per una discussione ed un dibattito, piuttosto che come scintilla per l’ennesima baruffa da bar. Anche e soprattutto visto che di questi tempi la baruffa da bar è la cifra dialettica che va per la maggiore.
sinceramente non capisco perchè dovresti togliere il chiodo. Non lo passi e via e poi magari lo dici, lo scrivi.
Diverso è mettere un chiodo per proteggersi o addirittura per passare dove il primo salitore è passato senza. Qui per me il chiodo aggiunto va tolto per rispetto di come la via è stata aperta.
Se uno “scalatore” “chioda” per passare o solo per proteggersi e lascia il “chiodo” e io passo senza usarlo, mentre passo non posso togliere il “chiodo”?
A cominciare dagli anni settanta l’arrampicata si è evoluta moltissimo anche grazie all’abbandono della frequente progressione in artificiale.
Dalla MI68 si tornava con mazzi di chiodi a U e piano piano si è arrivati a salirla in libera. Ora “per sicurezza” ha gli spit.
Per me bisogna dire quello che si fa, ma sopratutto come lo si fa e questo quasi sempre ormai non viene mai detto, nemmeno accennato e bisogna aver rispetto di tutti quelli che scalano, se non raccontano sempre balle per farsi belli.
Scusate ma non capisco nessuna presa di posizione, mi sembra una rivisitazione storica. Certo ora il chiodare a raffica è un ufficializzato esempio furbesco di superamento della propria incapacità per mettersi in mostra, ma è figlio del nostro tempo, quello dei diritti su tutto e dei pochi doveri.
Tanta gente che scala in falesia sul 6c-7a a spit lavorato poi pubblica l’apertura di super vie oltre il 7b: il primo cliffa alla grande, mette e pianta e poi il secondo “mette in ordine” e il terzo dà il grado… marmoladiane memorie.
Nulla di nuovo, forse come dicevo solo la società un po’ più povera idealmente, non ci si accorge della propria miseria mentale.
Facciamo un salto di qualità e di intelligenza.
Che facciamo come nel calcio? Organiziamo agguati agli avversari?
Che facciamo dello squadrismo???
Io aderisco.. All’intervento di Stefano Michelazzi.
Bravo Luca. Se sbagli, è bene che poi tu ti corregga.
non mi aggrada (FB, ho corretto)
Sono d’accordo con Dino M: “l’uso di sigle che richiamano certe fasi storiche criminali”, tipo DC o MSI o CIA, non mi aggradano.
Bella porcata, adesso ci si è inventati anche gli sbirri delle preti!
Altro che proletari! siete solo un altro rigurgito autoritario! Lasciate l’alpinismo “anarchico” come è sempre stato!
Se qualcuno commette scempiaggini ci si è sempre arrangati nel sistemare e cose (vedi esempio Stefano)!
Fuori i birri (NAP, chiodatori abilitati, certificatori ecc) dall’alpinismo!
E’ forse inevitabile che ragazzi degli anni 90, cresciuti in un mondo che rende famosi i cantanti incapaci e gli arrampicatori con il trapano, attingano a sigle ed ideali del passato per prendere una posizione forte e contraria al “pensiero unico” ed ai suoi interessi commerciali. Non mi aspetto piena maturità d’intento ma apprezzo la coraggiosa volontà di esporsi. Onestamente il motto “Togliere Togliere Togliere” mi piace: mi piace e mi spaventa in modo piacevole. Forse era ora che gli “invasati” con il trapano capissero, senza giri di parole, che la libertà è una lama a doppio taglio: magari ora ci penseranno un istante in più prima del prossimo buco autocelebrativo. “L’arroganza di queste realizzazioni trasuda l’assoluta mania di protagonismo degli attrezzatori di questi abomini.” Il re è nudo. Bravi ragazzi, restate uniti e fate gruppo: non lasciate che vi colpiscano individualmente, tanto con le intimidazioni quanto con gli azzeccagarbugli. Tenete duro: siete meno soli di quanto vorranno farvi credere.
A tutte le considerazioni fatte da Michelazzi, che sottoscrivo, ne aggiungo una. L’uso di sigle che richiamano certe fasi storiche criminali, rende non condivisibile ogni idea o proposito sottostante. Veramente pessimo.
Poveri Carlesso, Cassin, Comici, Cozzolino, per citarne pochi, con stili e culture diverse, ma con spirito affine.
Ottima idea regolamentare la creatività.
Ogni dittatura ci prova: Mussolini, Hitler, Stalin, Mao, PolPot, Castro…
Secondo me se ci fosse stato un regolamento non avrebbero litigato sul “principio di indeterminazione” 🙂
Poco tempo fa però in democrazia maggioritaria la maggioranza avrebbe chiesto consiglio all’ex ministro della istruzione e cultura, alla Fedeli (socia emerita del cai?) 🙂
Infatti non è una soluzione. E’ solo autorizzare una volta per tutte l’istituzione del “luna park verticale” dove per entrarci dovrai chiedere il permesso a qualcuno.
E chi sarà questo qualcuno?
“Questo problema si risolve solo istituendo la categoria dei chiodatori come unici abilitati”
Preferisco il problema alla soluzione!
l’alpinismo è simbolo di libertà, di espressione, di creatività. E’ anarchia. Non è regolamentandolo che lo si salvaguardia. Caso mai lo si uccide.
L’ unica legge dell’alpinismo, dell’arrampicata è quella non scritta del rispetto. Non ci vuole tanto.
Se per avere rispetto , bisogna regolamentare l’alpinismo in leggi, leggine e commissioni varie che decidono chi può e chi non può, sulla base di cosa….POI!?!?!?
Con il solo risultato di limitare la libertà delle persone….Allora che guerra sia!
Sono già abbastanza inquadrato nella vita di tutti i giorni per poterlo sopportare anche in montagna.
Predicare il rispetto non risolve i problemi, se ve ne fosse insieme al buon senso basterebbe per autoregolare il tutto.
ecco un’altra proposta di limitazione della libertà.
VAI CONTINUIAMO PURE COSI !!!
non c’è da istituire nulla. Ci vuole solo rispetto!
Si pubblicano questi articoletti invasati, io credo, più che altro per amore di polemica. Lo stile sacerdotale e tutto il sermone oltrepassano di molto il ridicolo. Drammatico il programma che esprime, comunque, dove sfociano chissà quali frustrazioni. Un nazista della roccia! Non chiamatelo alpinista; l’alpinismo è gioia e, volenti o nolenti anarchia.
Questo problema si risolve solo istituendo la categoria dei chiodatori come unici abilitati a chiodare vie lunghe (escluderei le falesie o monotiri fino a 35/40 metri) , amministrata, regolamentata e supportata economicamente e legalmente (come per le vie ferrate ne diventa responsabile della costruzione a norma per così dire, dell’utilizzo di materiali idonei e certificati e della regolare manutenzione) da associazioni come il CAI che è già delegato dallo Stato per tutto quello che riguarda l’attività in montagna.
Non servono ne attrezzatori scellerati e ne persone che si arrogano il diritto di schiodare vie secondo solo la propria logica, serve qualcosa che regolarmenti il tutto secondo un etica certo ma che guardi in tutte le direzioni sia a mantenere le vie storiche così come sono, sia a trovare un giusto equilibrio alle nuove vie in modo che ci siano vie pure di livello ma anche vie didattiche che non tolgono appunto alle altre.
Per me si deve lavorare in questa direzione
concordo molto con i NO di Stefano. Non è con la violenza che si dovrebbero cambiare le cose . Caso mai con la ragionevolezza, con la cultura, con la discussione, con il confronto, con il rispetto delle idee altrui e delle creazioni altrui.
Anche se bisogna dire che purtroppo non sempre è facile rispondere a certe iniziative con la sola parola. Purtroppo chi fa certe cose , lo fa con violenza, mettendo tutto e tutti davanti al fatto compiuto, aprofittandosi della bontà e della ingenuità altrui: “tanto brontolano ma poi si rassegnano”.
A questo non si può sempre rispondere porgendo l’altra guancia. Alcune volte è giusto far vedere che non siamo solo delle marionette, ma prendendosene la responsabilità, rispondere con i fatti.
Chi è più talebano?
Chi risponde con i fatti ? O chi si approfitta della bontà altrui?
Allora se non vogliamo innescare una guerra fratricida, basta solo rispettarsi e non invadere il terreno altrui. Lo spazio c’è per tutti per esprimersi.
I solchi della tradizione, dove prima scorrevano le vite, si sono riempiti di merci. Livellati alla superficie – displuvio che ci separava da altre storie – non si scorgono più.
Nel vagare libero si incontrano ora prospettive e valori che non conoscevamo. Entusiasti delle novità rinneghiamo i padri e ciò che era stato.
Senza più bandiera, senza più comando l’edonismo è il solo diritto, l’altro il solo fastidio.
Qualcuno avverte intanto il vuoto che nessuna materia può riempire. Si guarda indietro e rimpiangendo il latte versato, marcia proselitico e tronfio della sua riesumata verità.
Ma essa è solo un gradino. Ne seguiranno altre. E con esse altre marce e altra sicumera.
L’ambiente dell’alpinismo che si era voluto scevro di povertà spirituale e alto sopra le miserie degli uomini altri, più che mai – ora è chiaro – non è che foruncolo di un corpo malato.
La sola certezza disponibile è che, come abbiamo creato la matattia, in direzione opposta, possiamo dar vita alla bellezza.
La ricetta è semplice e vecchia. È quella della prima pietra. Tutti la conosciamo, tutti – tronfi d’orgoglio personale – l’abbiamo sconsacrata e lasciata agli stupidi.
Ammesso di non essere già terminali, potremmo ravvederci.
Interessante, ma quella “cultura” che si vuole modificare si è sviluppata agli inizi degli anni ’80, quasi due generazioni fa, ora ha Dei e Miti ben consolidati nell’immaginario comune: sarà dura smitizzarli e detronizzarli.
Per fare un esempio, da poco si pubblicizza anche la lentezza, dopo anni a pubblicizzare la sicurezza e alle maggioranze che scelgono e decidono senza conoscenza e capacità questo va benissimo, pensano così di divertirsi di più e non farsi mai del male: un successo!
Quando qualche tempo fa, uno degli ideatori di questo documento mi contattò per chiedermi se volessi aderire, subito dopo il mio articolo sugli spit spuntati sulla Dibona al Croz, risposi di no!
NO: perché ho vissuto gli “anni di piombo” e sigle come NAP sono mostruosità che di positivo hanno portato nulla, solo morti e paura!
NO: perché non è con la violenza che si risponde alla violenza. Se, com’è vero, c’è chi si arroga il diritto di alterare e anche cancellare, pezzi di storia più o meno importanti, sta commettendo un abuso che è sempre per sua natura un atto violento ma, non sarà certo prendendo “falce e martello” (mi vien da ridere da vecchio attivista dei tempi che furono leggere queste cose nel 2018…) che lo si farà loro capire, anzi scateneremo una “guerra” che come tutte le guerre non porta nulla di buono!
NO: perché definirsi proletari oggi è un abuso in termini, è una baggianata ed un falso storico sociale. Gli unici oggi che ancora possono definirsi tali sono i popoli del Terzo mondo e/o gli immigrati che per il retaggio culturale dal quale provengono e a causa di una tempistica ancora troppo breve che permetta l’assorbimento della loro nuova condizione socio-culturale, figliano e quindi “producono” prole!
Facile, troppo facile definirsi proletari (nel senso che questa parola ebbe) col culo al caldo parlando poi di attività che per quanto “nobili” (e già questi due termini cozzano uno contro l’altro) non possono e non devono assolutamente venire politicizzate perché se è vero che salire una nuova linea sulla montagna è arte allora questa da sempre non appartiene al mondo squallido della politica ma a quello appunto dell’arte che per sua natura è espressione e non certo segue dei parametri rigidi e prestabiliti chissà poi da chi?
Chi decide ciò che è giusto e ciò che è sbagliato in alpinismo? Esprimiamo certo le nostre posizioni in proposito ma da questo a obbligare gli altri a seguirle ne passa…
Figli e usufruitori del consumismo che parlano di lotta di classe? E’ stata la rovina dei movimenti di popolo e non farà altro che rovinare anche quel po’ di buono che ancora possiamo vivere facendo alpinismo.
NO: perché se tu sei ignorante (nel peggior significato del termine), non scenderò al tuo livello ma mi adopererò per farti salire al mio! Questa è una vittoria del pensiero umano, non certo la lotta con la clava!
NO: perché di gente che urla in piazza solo perché tutti urlano ce n’è già a milioni e l’alpinismo per quel che possiamo teniamolo distante da tutto questo!
NO: perché il cambiamento che avvenne ad occidente nei ’70 fu un cambiamento netto e radicale ma pacifico (Nuovo Mattino) e in orientali mai ce ne fu bisogno, grazie ad un radicamento culturale già avanti, vuoi per le condizioni ambientali, vuoi per il retaggio storico.
Le grandi artificiali dei ’50/ ’60 furono contestate ma mai tolte, e anni dopo divennero campo da gioco per nuovi stili che hanno fatto crescere il movimento!
Ci sarebbero altri mille NO, ma basta così credo sia già sufficiente.
Sulla Dibona al Croz non ho tolto gli spit, ho denunciato ciò che reputo una porcata per sensibilizzare chi va in montagna ma non ho aperto una guerra, solo una discussione!
Volete togliere le piastrine che deturpano una vecchia salita storica? Fatelo senza tante manfrine e prendetevene la responsabilità, senza per questo tirare in ballo movimenti organizzati con tanto di firme più o meno illustri che giustifichino ciò che fate.
Una delle cose più importanti che mi ha fatto imparare l’andare per monti è proprio l’assunzione di responsabilità personale, oltre al concetto di libertà che in questi luoghi impera se sappiamo metterlo in pratica!