Pubblichiamo tre articoli scelti in rete sul tema MES. Al lettore l’ardua sentenza per costruirsi o rafforzarsi una propria opinione.
Il terzo di questi è stato scritto da Lorenzo Sala, collaboratore di lavoce.info. Il suo lavoro consiste nel passare al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Matteo Salvini e Giorgia Meloni: davvero il MES porta via i risparmi degli italiani per salvare le banche tedesche?
Davvero il MES ruba i soldi italiani per salvare le banche tedesche? (MES 3-3)
di Lorenzo Sala
(pubblicato su lavoce.info il 5 dicembre 2019)
Le dichiarazioni sul MES
La riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES) ha suscitato forti critiche da parte degli euroscettici. Ironia della sorte, da un lato il partito nazionalista tedesco Afd ha affermato che la riforma va bloccata insieme a quella sull’unione bancaria perché salva con i soldi tedeschi le banche italiane. Dall’altro, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha affermato che “il MES significa portare via i risparmi degli italiani per salvare le banche tedesche” e che “con la riforma del MES si rischia la confisca notturna dai conti correnti degli italiani”.
E anche l’onorevole Giorgia Meloni nel suo discorso alla Camera ha affermato:
“Il fondo salva stati diventerà sempre più un fondo salva banche. E siccome le banche oggi più in difficoltà sono le banche tedesche […] mentre gli italiani hanno dovuto salvare le loro banche con i soldi propri, i tedeschi le loro banche le vogliono salvare con i soldi nostri.”
Ma come sono state salvate in passato le banche italiane e quelle tedesche? E cosa prevede effettivamente la riforma del MES?
I salvataggi delle banche in passato
La gestione delle crisi bancarie in Europa in passato ha seguito due strade. Alcuni paesi hanno usato fondi pubblici per ricapitalizzare le proprie banche in crisi. È il caso per esempio dell’Irlanda e della Germania, che avendo un rapporto debito/Pil molto più basso di quello italiano hanno potuto permettersi questa strada, molto simile all’intervento del governo americano in soccorso di Aig e altri colossi finanziari. Infatti, il fattore discriminante sull’intervento pubblico in soccorso agli istituti finanziari in crisi è il livello di rischio sistemico. Se il fallimento di una banca pone seri rischi alla tenuta dell’intero sistema finanziario di un paese, allora l’intervento dello stato viene valutato in funzione dell’interesse pubblico. Può essere quindi conveniente ricapitalizzare una grossa banca sistemica se ciò evita un domino di fallimenti di istituti di credito. Tuttavia tale approccio pone dei problemi di azzardo morale: se le banche sistemiche sanno che in ogni caso lo stato le salverà possono prendersi rischi eccessivi.
Per questa ragione nel 2015 venne approvata la normativa sul bail-in, che prevede un maggior coinvolgimento del settore privato nelle crisi bancarie. Dalla sua entrata in vigore, nel caso in cui una banca insolvente necessiti la ricapitalizzazione o liquidazione si tutelano solo i depositanti fino ai 100 mila euro. Gli azionisti e gli obbligazionisti, specie se subordinati, rischiano invece di non essere rimborsati, salvo laddove vi sia stata una frode nella vendita delle azioni o obbligazioni. Le crisi bancarie italiane, a eccezione di Monte dei Paschi ricapitalizzata con fondi pubblici, sono state gestite dopo l’entrata in vigore della normativa del bail-in e quindi con la compartecipazione di azionisti e obbligazionisti alle perdite. Le ragioni sono principalmente due. Primo, perché le banche fallite – Etruria, Banca Marche e le banche venete – non erano banche sistemiche ma di piccole dimensioni. Secondo, perché fare deficit per salvare le banche avrebbe avuto costi ben più elevati in Italia che non in Germania. Resta ancora aperto il dibattito sul se e come l’Italia sarebbe dovuta intervenire per salvare le proprie banche prima dell’introduzione del bail-in.
Come funzionano MES e SRM e cosa prevede la riforma
(Il Meccanismo unico di risoluzione, Single Resolution Mechanism, Srm, è responsabile della gestione accentrata delle crisi bancarie nell’eurozona e rappresenta una componente essenziale dell’Unione Bancaria, a complemento del Meccanismo di vigilanza unico nell’area dell’euro. L’SRM è operativo dal 1° gennaio 2016. Ad esso si accompagna la costituzione del Fondo di risoluzione unico, Single Resolution Fund, SRF, alimentato da contributi versati dalle banche dei paesi partecipanti e progressivamente mutualizzati. NdR).
Attualmente esistono tre canali di aiuto alle banche in difficoltà nel sistema europeo. La Bce agisce come prestatore di ultima istanza per le banche in difficoltà, ma ancora solventi. Dal 2012 è stato istituito il Meccanismo europeo di stabilità che, oltre a prestare denaro ai paesi i cui titoli di debito non hanno più mercato, può ricapitalizzare direttamente o indirettamente le banche in crisi nel caso vi sia un rischio sistemico. Quest’ultimo strumento finora è stato usato solo nel caso della banca spagnola Santander, in virtù delle sue grandi dimensioni. Il MES ha prestato soldi alla Spagna, che a sua volta ha ricapitalizzato la banca. È bene ricordare che i fondi del MES sono forniti dagli stati secondo il loro peso nell’economia europea e che l’Italia è il terzo contributore con una quota del 18 per cento, preceduta solo da Francia e Germania.
Il Fondo unico di risoluzione delle banche (SRF, Single Resolution Mechanism) è invece un fondo alimentato da tutte le banche europee, finalizzato a gestire in maniera ordinata le crisi bancarie e avrà, a regime, una dotazione di 55 miliardi. Quando la Bce segnala una banca in dissesto, lo SRF valuta se è possibile una soluzione basata sul settore privato (bail-in) o se la risoluzione è nell’interesse pubblico. Nel primo caso la banca viene posta in liquidazione, nel secondo si adotta un programma di risoluzione e si valuta se, e in che misura, possono essere usati i fondi dell’SRF. Finora lo SRF non è stato ancora utilizzato e sono rimasti funzionanti i fondi interbancari nazionali, in attesa che lo SRF vada a regime.
Con la riforma del MES in discussione, si introduce la possibilità di prestare i fondi del MES allo SRF per aumentarne la capacità del fondo, aprendo al processo di condivisione dei rischi più volte richiesto dall’Italia. Potenzialmente quindi il fondo salva stati potrà essere usato come fondo salva banche, ma ciò non è detto che avvenga. Inoltre l’onorevole Meloni sembra ignorare che dall’introduzione del bail-in anche la ricapitalizzazione di una banca in dissesto da parte del MES prevede prima un coinvolgimento del settore privato, quindi solo in misura ridotta i soldi pubblici potranno essere usati per salvare le banche. Risulta anche fortemente strumentalizzata la visione secondo cui la riforma del MES serve a portar via i risparmi degli italiani per salvare le banche tedesche, dato che tutti i paesi contribuiscono al MES in funzione del loro peso (e quindi la Germania è il primo contributore in termini assoluti) e i fondi vengono utilizzati con gli stessi criteri verso le banche di tutti i paesi (senza alcun riferimento alla sostenibilità del debito sovrano), con unica discriminante per autorizzare l’intervento dello SRF la presenza di un interesse pubblico (ovvero di un rischio sistemico). È perciò discutibile affermare che il fondo in futuro sarà usato per aiutare prevalentemente le banche tedesche, visto che i fondi potrebbero andare alle banche di qualsiasi paese e lo scopo è proprio evitare crisi sistemiche che danneggino tutta l’unione monetaria.
Infine appare pretestuoso affermare che con la riforma del MES si rischia la confisca notturna dai conti correnti degli italiani, generando inutile allarmismo, visto che non è previsto alcun meccanismo di ristrutturazione automatica dei debiti sovrani o di prelievo forzoso dai conti correnti. Altro discorso è invece chiedere che l’approvazione del MES venga accompagnata da un rafforzamento degli altri pilastri dell’Unione bancaria, come il Fondo unico di tutela dei depositi (Edis) su cui spingono fortemente Italia e Francia.
Il verdetto
La discussione sulla riforma del MES è diventata confusa e caotica. La sensazione è che si stia cercando di strumentalizzare un dibattito molto tecnico per piegarlo a esigenze elettorali. Il Meccanismo europeo di stabilità non viene riformato per salvare le banche tedesche né tantomeno è previsto alcun meccanismo di ristrutturazione automatica del debito sovrano. Alla luce di tutto ciò le dichiarazioni di Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono FALSE.
Lorenzo Sala
Nato a Milano e laureato a pieni voti in Economia e Scienze Sociali all’Università Bocconi, attualmente frequenta il MSc in Economic and Social Sciences. Fact-checker e research assistant presso lavoce.info.