Movimento in meditazione
(a cura della redazione, scritto nel 2008)
Lettura: spessore-weight(1), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
Ecco come Roberto Hassan Fioravanti inizia a raccontare una giornata a Cresciano (Svizzera) con il mitico Chris Sharma: «Al mattino, subito dopo la sveglia, siamo saliti verso il primo settore. Dopo un breve riscaldamento (due 6b, un 6c e un 7a) Chris, entusiasta dello stile di arrampicata, si è concesso un rapido esame delle prese e si è seduto alla partenza dell’8a di La grotte des soupirs. In un attimo ha staccato il sedere da terra, ha impostato il primo movimento, quindi, arrivato alla presa in mezzo al tetto, si è dondolato leggermente e, accompagnando il lancio con un urlo strozzato, ha raggiunto la tacca successiva da cui è uscito senza alcun sforzo. Dovevamo ancora fare colazione…».
Il seguito è una serie di passaggi al limite dell’incredibile superati da Chris con una facilità da extraterrestre. Alla fine, è il momento di provare un progetto.
«Chris in un paio di ore raggiunge ben sei volte il punto più alto che io (se posso essere un riferimento!) abbia mai toccato (solo per un paio di volte in diverse sessioni di tentativi). Il passaggio è difficile: bisogna lanciare, alla cieca, oltre il bordo di un tetto. Se si manca l’appiglio l’avambraccio è destinato a massacrarsi sulla ‘grattugia’ sottostante. Per nulla spaventato Chris imposta il movimento che, per un soffio, non gli riesce. Poi però deve smettere di provare perché comincia a lasciare un alone rosso sulla placca…».
Il bouldering (sassismo) è l’attività di arrampicata su massi, alti non più di 5-6 metri. I “problemi” sono itinerari che richiedono particolari sequenze di movimenti concatenati e dinamici, in genere pochi (8-10), ma estremamente difficoltosi. Arrampicate che superano tale altezza sono da considerarsi pericolosi free solo (in gergo, highball). La sicurezza è affidata all’uso del crash pad e alla presenza degli spotter, amici appositamente posizionati sotto il blocco di roccia e pronte a parare l’eventuale caduta.
Spaventati dal linguaggio? Certo, il bouldering oltre un certo livello non è alla portata di tutti. Come tutte le caste, gli adepti cercano rifugio nella loro stessa esiguità di numero, difendendosi con terminologie che sembrano astruse. Eppure, anche se non così popolare come il calcio, anche il bouldering oggi è diventato una moda. Ci sono arrampicatori che non si sono mai legati a una corda e che probabilmente in parete non supererebbero che gradi modesti.
Gradi di difficoltà
Per il sassismo sono stati elaborati dei gradi specifici di difficoltà, le scale più utilizzate (in Italia) sono la Hueco e la Fontainebleau:
Oggi il bouldering è una disciplina specifica dell’arrampicata sportiva e sono molte le manifestazioni che prevedono gare sia indoor che all’aperto. Vi sono anche moltissime ragazze che lo praticano. Ma gli adepti si lamentano di come sono considerati. David Graham, per esempio, sostiene che se deve spiegare ai suoi professori che ha bisogno di due settimane per andare a scalare, questi gli fanno un sacco di problemi: cosa che non farebbero se lui chiedesse loro di allenarsi per il baseball.
Anche in Italia il numero dei praticanti è in continuo costante aumento. Il desiderio giovane di socializzare con ragazzi di tutto il mondo si associa al bellissimo contesto naturale, ad impatto ambientale quasi nullo. In Val Màsino (Sondrio) è nato nel 2004 un evento non competitivo, il Melloblocco. Dai 311 partecipanti di allora, si è passati nel 2008 a 1.424 (il 21% donne). 33 sono le nazioni rappresentate, con una presenza totale in valle di almeno 4.000 persone.
Maggiori informazioni
Consultare: www.johngill.net/ (in inglese), www.infoboulder.com/.
Alcune figure
Chris Sharma nasce a Santa Cruz, in California, nel 1981. Inizia ad arrampicare appena dodicenne, a 15 anni ripete già una salita di 8b+, allora il massimo delle difficoltà in arrampicata sportiva. Nel 2000 compie l’impresa che lo rende famoso in tutto il mondo, la salita di Mandala, nel granito dei Buttermilks, un problema boulder già tentato per molti anni da altri. Altre imprese, comprese le vittorie in competizione e le realizzazioni in arrampicata (come Jumbo Love, 9b), pongono questo ragazzo in vetta all’élite.
Dave Graham nasce nel 1981 nel Maine, uno degli stati più piatti degli USA. Comincia ad arrampicare nel ‘97 con un suo compagno della squadra di sci. “Lui scalava già, e mi ha chiesto di andare con lui al muro della nostra città. Per due settimane ci sono tornato tutti i giorni. Ho capito immediatamente che arrampicare mi piaceva un sacco. Poi i miei amici hanno cominciato a dirmi che ero bravo. Dopo due mesi ho fatto il mio primo 5.12a, dopo cinque mesi sono arrivato al 5.13a e dopo un anno sono arrivato al 5.14a, allora anch’io ho cominciato a pensare che ero abbastanza forte”.
In quattro anni Dave è diventato uno degli arrampicatori più forti degli States. E conta al suo attivo 26 vie dall’8b+ al 9a. Tra queste alcune vie famose come Hasta La Vista 8c\8c+, To Bolt Or Not To Be 8b+, Facile 8b+ e The Fly 9a. Dave forse è il prototipo del nuovo modello di arrampicatore: uscito da una palestra sintetica, superdotato, ipermotivato e già capace di passare dove la nuova generazione ha trovato il suo limite.
Cresciano, La grotte des soupirs
Storia del boulder
di Federico Sibona
(scritto nel 2008, tratto da http://www.montagnapertutti.it/roccia/boulder/storia.php)
Impossibile, secondo me, determinare una data di nascita esatta del cosiddetto bouldering, dato che l’attività, più o meno ludica, di salire sulle rocce è sempre esistita. Forse, sviluppatosi in modo definitivo in quel di Fontainebleau alle porte di Parigi agli inizi del secolo scorso, è diventato disciplina a se stante. Solo verso la metà del ‘900, ad opera di alcuni grandi come John Gill negli States, Pierre Allain in Francia, ecc., l’andar per massi diventa uno sport vero e proprio, anche se l’accezione del termine in alcuni (me compreso) provoca un po’ di ribrezzo. Sì, perché il bouldering è più che uno sport: stile di vita, anche se retorico, è il termine che più gli si addice.
[…]
Il sassismo nasceva come allenamento alla sfida posta dalle pareti alpine, come prova, con poco rischio e con condizioni ottimali, di movimenti da esportare poi molto più in alto, dove una caduta comportava (e comporta !) lesioni gravi o addirittura mortali.
Chris Sharma su Catalan Witness the Fitness (V15), Cova del Ocell (Barcellona), Catalogna
Era quindi una pratica non fine a se stessa, cosi come era anche l’arrampicata cosiddetta di “fondovalle” svolta nelle falesie, con un utilità molto importante. Naturalmente ancora non esistevano le moderne scarpette, per cui le calzature utilizzate erano gli scarponi chiodati o scarpe blande senza nessun tecnicismo particolare, con cui però venivano superati passaggi di grado 4-5, gradi Fb (Fontainebleau), scala diversa dalla UIAA, utilizzata appositamente per il bouldering, parallelamente alla quale si svilupperanno poi quella Hueco (V) e quella British (B).
Una svolta molto importante la dà Pierre Allain in Francia durante gli anni ’40, inventando prima le scarpette a suola liscia cosiddette PA (che poi diverranno EB) e poi aprendo passaggi di 6, naturalmente ora sgradati, ma che all’epoca erano davvero impensabili. Personaggio importantissimo non solo nel bouldering, di cui fu uno dei primi assertori di disciplina indipendente, ma anche dell’alpinismo di alto livello sulle Alpi, Allain contribuirà alla nascita di alcuni tra i più importanti strumenti dell’arrampicatore moderno (imbrago, moschettoni moderni, ecc.).
Intanto negli anni ‘50-‘60 si va profilando quella che diverrà una delle più importanti scene dell’arrampicata libera moderna: lo Yosemite. Naturalmente questa è storia a parte, fatta anche e soprattutto di grandi salite in artificiale, ma anche qui il bouldering inizia a definirsi sia come allenamento sia come divertimento degli ‘abitanti’ del Camp 4, quando non erano impegnati sulle grandi big wall del Capitan, dell’Half Dome e delle alte cime della Sierra. Ma un personaggio sviluppa per sé, e in modo completamente indipendente sia da Bleau che dal Camp 4, una sua idea di bouldering: John Gill, definito in seguito ‘la mosca umana’ per le sue enormi capacità. Uno dei primi pensatori della metodica dell’allenamento moderno, di cui era assertore nel modo più completo, ribalta molte delle gestualità della ginnastica sull’arrampicata, contribuendo fra l’altro all’introduzione della magnesite.
Gill sviluppò una forza impressionante a detta di quanti lo videro in azione e a detta anche di chi oggi, a distanza di 40-50 anni, prova a cimentarsi nei suoi famosi problemi, a volte senza riuscirci! Capace di trazioni monodito su un solo braccio, di sospensioni parallele al terreno sempre monobraccio, del movimento della farfalla agli anelli e molte altre ‘mostruosità’, era un arrampicatore completo nel vero senso del termine. Uso dei piedi eccellente, equilibrio favoloso, il tutto supportato dalla testa: sì, perché lo stesso Royal Robbins, vedendo e provando (non in free-solo ma in top-rope) il famoso passaggio sul Thimble, fece tanto di cappello a colui che era reputato ‘fifone’ dall’ambiente yosemitiano. Passaggio esposto, alto 9 m sopra un parcheggio con tanto di guardrail (ora spostato più dietro!), di difficoltà 6c, fatto senza provarlo preventivamente, senza corda e senza crash-pad (allora non esistevano ancora)! Naturalmente su Gill si potrebbe continuare all’infinito, con le sue numerose salite in free-solo su pareti di centinaia di metri, o anche solo per la sua filosofia del bouldering (che peraltro tutt’oggi continua a stupire); anche altri personaggi fecero grande questo “sport”, come Jim Holloway, Pat Ament. Ma intanto nel vecchio continente qualcosa si stava muovendo.
Dave Graham su Spray of Light, 2a ascensione (V15), Dihedral Boulders in Rocklands, South Africa
Lasciando da parte il discorso inglese, dato che più che di bouldering bisognerebbe parlare di salite suicide, in stile free-solo o clean di pareti più che di massi, eseguite senza nessuna paura (e tuttora è così!) sul famoso gritstone, anche l’Italia negli anni ’70 comincia a portare avanti una filosofia derivata dal ‘68 ed ereditata dagli USA, di un’arrampicata per così dire “libera”. Valle dell’Orco (chi non ha mai visto o provato la famosa fessura Kosterlitz, che Mike Kosterlitz fece con tanto di scarponi e sul quale oggi si suda con scarpette e corda dall’alto!), Val di Mello, Val Masino, iniziano a fronteggiare l’alpinismo classico, portando avanti nuovi ideali che sfoceranno poi nel cosiddetto Nuovo Mattino. Un completo ribaltamento dell’eroicità alpinistica verso quello che era più una ricerca del gesto bello, non della cima ad ogni costo, un discorso molto complesso che va al di là della semplice arrampicata: personaggi come Gian Piero Motti, Ivan Guerini e altri inizieranno a far cose che al tempo erano considerate quasi eretiche dai puristi, una delle quali proprio il sassismo fine a se stesso. E iniziano anche a fiorire i 7 (anche se nella solita Fontainebleau ci erano già arrivati 20 anni prima!), non sulle pareti alpine ma su massi di pochi metri.
Intanto un nuovo bleausard arriva sulla scena: Jacky Godoffe, uno dei migliori a tutt’oggi, che fa sentire l’esperienza maturata a Bleau, aprendo passaggi di grado 8. Anche in Svizzera qualcosa si sta muovendo, anzi un vero e proprio terremoto provocato da due fratelli, Fred e François Nicole, prima nelle falesie, stravolgendo completamente il discorso della difficoltà e ribaltando la rigida scala gerarchica dell’epoca e poi dandosi anima e corpo alla ricerca della difficoltà sui massi. Messo in discussione più volte, soprattutto ultimamente, Fred Nicole a parere mio resta ed è uno dei migliori al mondo, anche per il modo “filosofico” con cui affronta il problema (riproponendo il metodo Gill), ma questo è un altro discorso. Spuntano come funghi i nuovi siti boulder (Sudafrica, Italia, nuovi negli USA e poi sempre e comunque Bleau) e nuovi big che sembrano passeggiare ormai sull’8.
Oggi molti dicono che il bouldering è diventato una moda: non posso negarlo, anche perché io stesso faccio parte dell’ultima generazione di arrampicatori nati sui massi, che probabilmente non riuscirebbero a fare un 6 in montagna, ma a cui probabilmente non importa poi tanto! Il bouldering è libertà, un paio di scarpette, un sacchetto di magnesite e, se proprio non si vuole rischiare il fondoschiena, un bel crash-pad e si ha tutto il necessario per mettersi alla ricerca di un bel passaggio da salire, magari nella tranquillità di un bosco. La cosiddetta filosofia boulder! Tornando al discorso big, ormai il grado 8 è consolidato, con passaggi come Dreamtime a Cresciano (8c Fb), Trip Hop a Bleau (8c Fb), Emotional Landscapes a Maltatal (8c Fb), Byaku Dou in Giappone (8c Fb) e molti altri ad opera di “mostri” come Klem Loskot, Dai Koyamada, sempre Fred Nicole, Bernd Zangerl, ecc.
Discorso a parte merita poi Chris Sharma, ragazzo che inizia a sconvolgere il mondo con realizzazioni incredibili, anche in falesia (Realization 9a+, estensione di Biographie a Céüse) e boulder di tutto rispetto (Mandala su tutti), stravincendo anche nelle competizioni, dalle quali peraltro si allontana gradualmente dopo la squalifica del 2000.
La sua è una ricerca sicuramente molto più spirituale che della pura difficoltà, ma passaggi come Dreamtime non lo sconvolgono più di tanto (ripetuto!).Altri dimostrano al mondo che il boulder non è un gioco di secondo piano, ma che ha una sua sfera ben precisa: Dave Graham, Tokio Muroi, Jerome Meyer, Malcom Smith, Jason Kehl (fuori di testa completamente!), i fratelli Schwaiger ed altri ancora, senza dimenticare gli italiani, Christian Core e Mauro Calibani su tutti assieme a Marzio Nardi, Simone Pedeferri, Cristian Brenna, ecc..
Proprio di questi giorni e proprio di Calibani la proposta del primo 8c+ boulder del mondo con il passaggio chiamato Tonino78 a Meschia, una delle mecche (purtroppo chiuse al pubblico!) del boulder italiano: incredibile, molte polemiche suscitate, ma a vedere il video ci si crede davvero, chiedendosi dove siano le prese!
Intanto si fa sempre più sottile la differenza tra free-solo e highball (Gill profeta!), con passaggi come The Fly a Rumney, 9a di Graham, inizialmente quasi ripetuto flash da Sharma (chiuso comunque al secondo tentativo) e poi fatto senza corda da Kehl, con un bel po’ di materassi sotto: grado proposto 8b+ Fb! E la storia continua…
Naturalmente molti personaggi li ho dimenticati, molti non li ho citati altrimenti potevo scrivere un libro, molte realizzazioni di alto livello le ho lasciate da parte, ma a grandissime linee questa è la storia del bouldering moderno, che si sviluppa ancora e che ormai è accettato come disciplina vera e propria (e le aziende specializzate se ne sono accorte!). I siti internet parlano quotidianamente di nuove mostruosità, di dodicenni che girano sull’8 e l’allenamento è diventato ormai una regola (Wolfgang Güllich ha insegnato molto in questo senso), però secondo me la bellezza è sempre il passaggio che ci attrae, che sia un 5 o che sia un 7, il modo in cui lo si risolve, l’ambiente che ci circonda. Chi si chiedeva cosa ci fosse d’interessante nel salire un masso…
Dall’epoca dei fratelli Longo a Selvino la Cornagera era il piccolo luogo dei “sassòni” dove tanti, compresi Esposito, Bonatti, Cozzolino e Casarotto, scalavano anche spesso, ripetendo e trovando linee più o meno lunghe senza corda e sopra i ghiaioni… Ora ci sono spit dappertutto messi dalle scuole del cai in nome della sicurezza (la loro) e tanti passaggi sono stati scavati per i piedi e per le mani, talvolta distrutti o ammansiti, ma si può ancora trovare “roba” affascinante.
Quando si cerca di fare la storia dell’arrampicata sui massi bisognerebbe non dimenticare le Courbassere ad Ala di Stura nelle valli di Lanzo. E’ vero che si é sempre provato a scalare dei massi fin dall’albore dell’alpinismo ma probabilmente il primo centro organizzato in Italia, di scalata dei massi é stato quello delle Courbassere già dall’inizio degli anni ’50. Nato come palestra di esercitazioni per la scuola Gervasutti (oggi ancora in uso), vi furono tracciati decine di itinerari tutti catalogati ad opera di vari istruttori della Gerva ma in particolare da Franco Ribetti e Guido Rossa. Parecchi di questi passaggi sono di elevata difficoltà ed allora richiedevano una bella dose di audacia tenuto conto che alla base dei massi non vi é ne il praticello ne la sabbia ma pietre irregolari e ferigne.