Con una superficie di 134.614 ettari il Parco nazionale dello Stélvio è la maggiore area protetta del territorio italiano e una delle maggiori in Europa. La superficie compresa nel parco è geograficamente identificata dal massiccio montuoso dell’Ortles-Cevedale, limite sud orientale delle Alpi Retiche che ha come massime elevazioni l’Ortles 3905 m e il Monte Cevedale 3769 m. Il territorio del parco è quindi ripartito in diversa misura fra le province di Sondrio, a ovest, Brescia, a sud, Trento e Bolzano a est. In Valtellina la superficie protetta è di 51.625 ettari; quella occupata nella provincia di Brescia è di 10.198 ettari. L’estensione territoriale in provincia di Trento assomma a 19.344 ettari mentre è di 53.447 quella di competenza alla provincia di Bolzano.
Di tutta questa vastissima superficie, circa 81.000 ettari (il 60%) sono compresi nella fascia altitudinale che si stende fra i 2000 e i 3000 metri e quindi in un territorio per buona parte spopolato e innevato per almeno sei mesi l’anno. Il 3% circa della superficie si trova al di sotto della fascia altitudinale dei 1000 m.
Mucche al pascolo in Val di Pejo
Il 28% della superficie è invece situato nella fascia fra i 1000 e i 2000 metri, ricca di insediamenti umani e di attività economiche legate al turismo e allo sfruttamento delle risorse del territorio, si stima che in tale limite vivano oltre 30.000 persone in maniera stabile a cui si aggiunge un notevole incremento stagionale dovuto al turismo (malghe, prati da sfalcio, pascoli e ben 41.000 ettari di boschi).
Il rimanente della superficie si trova al di sopra della fascia latitudinale dei 3000 metri nel regno dei ghiacciai che sono quasi 120, alcuni dei quali, come quello dei Forni, di dimensioni molto rilevanti.
L’area protetta interessa ben ventitré comuni più o meno ampiamente compresi al suo interno (dieci in Lombardia, dieci in Provincia di Bolzano e tre in Provincia di Trento).
Ognuno dei comuni del Parco è un punto ideale di inizio dell’esplorazione dell’area protetta. I suoi 1500 km di sentieri permettono di avventurarsi alla scoperta della natura e dei paesaggi umani dello Stélvio. I centri visitatori sono il luogo ideale per l’approfondimento delle conoscenze sugli aspetti più diversi di una così ricca realtà ambientale. Presso i punti informazione è poi possibile avere tutte le notizie utili sull’area protetta e sulle molte iniziative (escursioni, laboratori, visite guidate, eventi vari) organizzati dal Parco.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare l’iniziativa di fare di questi monti un’oasi protetta non venne agli organismi statali ma bensì a due semplici cittadini, i coniugi milanesi Rachele e Celestino Frigerio che si fecero promotori dell’idea presso Guido Bertarelli vicepresidente della Sezione di Milano del C.A.I. Dopo una serie di interventi sulla stampa specializzata e a seguito dell’istituzione dei parchi del Gran Paradiso (1922) e d’Abruzzo (1923) e di altri numerosi esempi di parchi nazionali già istituiti anche in Europa, finalmente, nel 1935 venne creato anche quello dello Stélvio. Il 24 aprile di quell’anno, con la legge n° 740 viene ufficialmente costituito il Parco Nazionale dello Stélvio che pone sotto tutela circa 96.000 ettari di territorio distribuiti fra le provincie di Sondrio, Brescia, Trento e Bolzano. Non ultimo fra le circostanze che favorirono l’atto fu il desiderio di sancire con un’area di maggior tutela un territorio che solo da pochi anni, dopo la Grande Guerra, era divenuto parte integrante d’Italia. Pochi anni dopo scoppia la Seconda Guerra Mondiale e gli eventi bellici e gli anni che succedettero alla fine del conflitto non permettono di pensare al parco. Solo nel 1951 si riuscirà ad approntare un regolamento organico per la gestione di questo territorio e quindi una normativa che con particolare severità disciplina gli interventi umani sullo stesso, dall’edilizia allo sfruttamento di cave o boschi.
Tale legislazione particolare non poteva che suscitare malcontento e ostilità presso tutte le genti montanare che sentendo quelle montagne come loro, si vedeva limitare le proprie libertà da gente «estranea». Queste rimostranze sono state cavalcate a livello politico specialmente negli ultimi anni, a tal punto che si è giunti allo smembramento del parco. Vedi a questo proposito il nostro post del 24 febbraio 2016 https://gognablog.sherpa-gate.com/illegittimita-dellintesa-del-parco-nazionale-dello-stelvio/.
Gran Zebrù. Foto: Giorgio Compagnoni
Ma, prima di queste ultime vicende, occorre registrare il boom dello sci e del turismo domenicale che con l’avvento degli anni ’60 e del benessere economico solleticava appetiti di imprenditori spesso senza scrupoli: del resto in quegli anni, la salvaguardia della natura era al più vista come uno stupido atteggiamento da romantici intellettuali. Tuttavia, nonostante le insistenze degli assalti e l’innegabile attrattiva di facili guadagni, le amministrazioni locali seppero spesso contenere queste manovre speculative e in buona parte risparmiare il territorio da uno scempio senza rimedio. Nel 1964 la direzione del Parco dello Stélvio passò da Silandro in Alto Àdige a Bòrmio e fortunatamente aumentarono anche i contributi statali che, sebbene ancora esigui permettevano di affrontare con maggiore serenità e sicurezza sia certe opere inderogabili di protezione sul territorio sia le battaglie per contenere l’aggressione speculatoria che si faceva di giorno in giorno sempre più audace e impudente. Ma le tensioni erano tutt’altro che sopite e cresceva sempre più la voglia di separazione della parte di competenza alto-atesina. Nel 1974 a seguito anche di tale situazione, un decreto presidenziale conferì alle province di Trento e Bolzano l’autonomia amministrativa sul territorio di Parco di loro competenza, anche in osservanza alle norme previste dal «Pacchetto» per l’Alto Àdige. In attesa della creazione di un consorzio di gestione la direzione restò però unitaria.
Nonostante queste travagliate vicende l’attività del Parco proseguì e grazie alla tenacia e all’abilità del ministro dell’Agricoltura Giovanni Marcora e del direttore del Parco Walter Frigo, nel 1977 venne anche posto rimedio a quella che unanimemente era riconosciuta come la pecca del Parco: la sua mancanza di collegamento con il vicinissimo Parco Nazionale Svizzero con i suoi 18.000 ettari di territorio assolutamente incontaminato. Il nuovo ampliamento del Parco, di circa 38.000 ettari, portò l’area protetta ad una superficie enorme che è anche in contiguità con i Parchi Naturali Adamello e Brenta-Adamello.
L’area di connessione con il Parco Svizzero comprende il territorio di Cancano e della Valle dello Spol a nord ovest mentre a sud l’ampliamento ha riguardato il settore Gàvia-Sobretta-Serottini compreso fra Valtellina, Val Camònica e Val di Sole.
Nonostante queste vicende possano essere considerate un vanto per il Parco dello Stélvio, gli attriti con le popolazioni locali sono continuati con scontri e polemiche, specie relative alla regolamentazione della caccia. Benché da tempo si cercasse di vietare l’attività venatoria su tutto il territorio protetto, in realtà questo non avvenne che nel 1983: prima di questa data, la caccia era libera sul versante altoatesino, grazie alla normativa del 1974 che sanciva la completa autonomia delle province in materia. Anche i montanari hanno le loro ragioni, quando si vedono invadere i campi e le coltivazioni da mandrie di selvaggina che grazie alla totale protezione è in continua crescita.
Gli attriti fra il Parco e le popolazioni locali non erano quindi sopiti, neppure sul versante valtellinese dove erano più forti le spinte verso uno sfruttamento più spregiudicato del territorio per la presenza di importanti stazioni invernali. Fino al recente smembramento.
Con l’entrata in vigore a fine febbraio 2016 del decreto legislativo 13 gennaio 2016, n. 14 il consorzio è stato soppresso e le funzioni amministrative, per il territorio di rispettiva competenza, sono state trasferite alle Province Autonome di Trento e di Bolzano e alla Regione Lombardia, che gestisce l’area lombarda attraverso Ersaf/Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste. La configurazione unitaria del Parco è assicurata da un apposito Comitato di Coordinamento e di Indirizzo.
La vigilanza sul territorio del Parco viene esercitata dal Corpo Forestale dello Stato in Lombardia e dai Corpi Forestali Provinciali nelle province di Bolzano e di Trento.
Purtroppo il rischio di questo smembramento è un deterioramento delle condizioni del parco per gli inevitabili interventi antropici favoriti dal nostro perverso sistema clientelare e corruttivo. Dal punto di vista ambientale, considero lo smembramento del Parco dello Stelvio una grave sconfitta.