6 dicembre 2024: ad Alagna Valsesia (VC), il vento provoca lo stop degli impianti a fune e blocca circa 150 sciatori al Passo dei Salati.
“Perché avete aperto gli impianti?”
di Carlo Crovella e Redazione
In un comunicato stampa di MonteRosa Ski apparso su sciaremag.it, si leggeva: “Quando sabato 28 novembre 2024 i frequentatori di Alagna si presenteranno in pista, raggiunto il Passo dei Salati, si troveranno dinnanzi a oltre tre metri di neve! L’apertura no stop è prevista per venerdì 6 dicembre 2024…”.
A partire dal primo pomeriggio del 6 dicembre 2024 sulle piste da sci della zona del Passo dei Salati 2936 m si è alzato un vento molto forte che ha impedito il funzionamento degli impianti a fune. Il gruppo di sciatori o semplici turisti, tra i quali molti bambini, che al mattino erano regolarmente saliti, si è trovato nella condizione di non poter scendere in quanto giustamente la funivia aveva sospeso il servizio. Le previsioni non davano speranze di un rapido calmarsi della furia del vento.
Monterosa Ski, la società che gestisce le piste, ha così iniziato il trasporto a valle dei malcapitati utilizzando i mezzi battipista. Ciò ha comportato grosse perdite di tempo, dato il limitato numero di questi mezzi e la scarsa capacità di accoglienza. Ma il problema maggiore si è poi creato più in basso: nel tratto tra Pianalunga 2050 m e Alagna 1191 m la neve non era sufficiente per il trasporto con i gatti e la presenza di ghiaccio sulle strade di servizio impediva l’accesso con i mezzi su ruote.

Per questo motivo si sono portate sul posto le squadre del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese e del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza per evacuare le persone a piedi fino al punto in cui è stato possibile caricarle sui fuoristrada in direzione del fondovalle.
Più o meno alle ore 19 tutti erano al sicuro ad Alagna, la grande paura era finita.
Appunto perché non c’era più motivo di preoccupazione, una volta in ambiente riscaldato e confortevole, sono cominciate le domande: “Quel che mi chiedo è: perché ci siamo trovati a gestire una situazione come questa? C’era davvero bisogno di aprire per forza gli impianti, senza garantire le condizioni di sicurezza? La mia non è una protesta, ma vorrei che da quel che è accaduto si imparasse qualcosa”.
È la testimonianza di una donna, pure lei rimasta bloccata con i figli di 6 e 12 anni, che ha scritto al quotidiano La Repubblica.
“Non è una protesta… non posso far altro che ringraziare i soccorsi e il fatto che il vento a un certo punto si sia placato, ma se non fosse stato così forse non sarei altrettanto serena a raccontarlo, perché la situazione era incerta già dal mattino e si sapeva che sarebbe arrivato il vento”.

Fino a due o tre decenni fa tutto sarebbe finito con una grande bevuta di grappini nei bar di Alagna, a nessuno sarebbe passato per la testa di formulare una domanda del genere, a maggior ragione perché tutto era finito bene.
La montagna, nella sua grandiosità e imprevedibilità, aveva semplicemente mostrato un po’ di muscoli all’uomo, ricordandogli, in questo caso tutto sommato bonariamente, di non avere alcuna voglia di essere sottomessa a lui.
Questo avrebbero pensato tutti, guide alpine, passeggeri, sciatori e gestori degli impianti.
Oggi non è più così, perché siamo tutti a torto convinti di aver sottomesso la Natura e di poter in ogni caso prevederne sempre le bizze.
Dunque non è curiosa la tesi di questa mamma, tipica espressione della società sicuritaria, per cui ci deve esser sempre qualcuno che prevede e decide per te. Perché le nostre azioni si svolgono in un mondo così “prevedibile” da rendere del tutto inutile che qualcuno in età adulta debba decidere autonomamente, a maggior ragione se è responsabile dei propri figli di 6 e 12 anni… Anche se magari gli viene un sospetto, l’individuo si comporta come se l’autorità “responsabile” (che ci deve essere e se non c’è la si trova con ogni pretesto) si debba sempre sostituire al pensiero individuale, all’istinto di ciascuno. Perché un genitore adulto non è in grado di valutare le condizioni ambientali del luogo dove conduce se stesso e i propri figli?

E’ comprensibile la delusione, specie dopo aver pagato gli skipass, ma alla nostra testa deve essere restituita la possibilità di ragionare da sola, allo scopo di non limitarsi a venir guidata da altri soggetti.
Finché diamo per scontato che “qualcun altro” sia responsabile e decida per noi, non saremo mai davvero adulti e autonomi. Proprio perché questo episodio si è svolto sì ad alta quota, ma decisamente in ambito di sci di pista e non di montagna “sauvage”, e anche perché si è concluso senza danni, dovrebbe essere spontaneo per chiunque recuperare quel perduto spunto verso l’autonomia decisionale invece che adagiarsi sempre sulle accuse al cosiddetto “responsabile”. Di sicuro questa autonomia allontana dalla banalità del consumo e costituisce uno dei contributi (se non il più rilevante) che arricchiscono l’andare in montagna.
114Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
Il pensiero è condivisibilissimo, ma secondo me il tema è un altro: perché l’impianto deve mettere a rischio i propri dipendenti (dei quali il datore di lavoro è responsabile) e i propri clienti per mere questioni business? Perché io se mi perdo in montagna devo (giustamente) pagare l’intervento mentre il gestore dell’impianto non lo dovrebbe fare per recuperare quantomeno le persone alle sue dipendenze? Nella sicurezza sul lavoro c’è una regola base: se il rischio è troppo alto si bloccano le lavorazioni, restare bloccati a 2900m non è forse un rischio troppo elevato? Sono cosciente del fatto che le nevicate son sempre più tardive e il business è sempre meno redditizio, ma questo fa parte del rischio d’impresa, una persona che nel 2024 investe su questo tipo di strutture prima di tutto non è un ragazzotto appena diplomato/laureato che si apre un’attività, in secondo luogo sa benissimo che tipo d’investimento sta facendo. A me sembra che quando si parla di attività chi le gestisce sia, sempre esente da colpe. Lascio a voi le dovute riflessioni.
Concordo con Carlo Mantovani: il turista, magari sciatore occasionale, non è tenuto a conoscere le possibili implicazioni di scelte che ricadono (queste sì) sui gestori degli impianti. Non confondiamo l’escursionista e l’alpinista con il turista: i primi due dovrebbero sempre rispondere di sé e delle proprie scelte, pienamente; il terzo no, si affida, figli compresi, ed è giusto che si chieda se tutto il possibile per la sicurezza è stato fatto.
Se sei salito a Plateau Rosa e i metri di dislivello iniziano ad essere 1400 , anche se sei pensionato e scaltro la discesa non e’ una gita di piacere , anche perche’ a piedi o con gli sci , le raffiche a 150 kmh le senti , e la visibilita’ e’ lungi dall’essere ottinale.
L’ovovia che da Barzio sale ai Piani di Bobbio viene chiusa in caso di forte vento e, in tal caso, si scende a piedi o in fuoristrada dopo lunghe attese. I più avveduti (i soliti pensionati scaltri e previdenti) portano su gli scarponi nella borsa, li calzano e lasciano lì scarponcini o simili. Se c’è da scendere a piedi con pedule e bastoncini da sci, nessun problema: li attende una birretta ristoratrice al bar presso il parcheggio dopo aver fatto 800 metri di dislivello su una stradina non sempre molto comoda. Si sta parlando di una discesa da 1600 a 800 metri, ma fatta con gli scarponi da sci … immaginate la sorte dei piedi dopo almeno due ore ben sofferte! Se fatta con bambini al seguito … Immaginate lamentele e piagnistei del giorno dopo, sulla stampa e sul web. Alla partenza delle cabine e in quota i cartelli di avvertimento abbondano. Dico questo per alleggerire un po’ l’argomento alla vigilia di Natale
Chi usa il cervello degli altri il suo se lo può friggere.
1) oh imbecille, che ci vai a fare ai Salati d’inverno con il vento forte a gelarti il culo?” La mia personalissima posizione è proprio quella, in particolare se hai con te due bambini
2) costi: io personalmente, da qualche anno, sono diventato contrario al soccorso alpino in assoluto, l’ho già detto anche qui in tutte le salse, quindi sono contrario anche la suo coinvolgimento nell’occasione. Ma immagino che, nella società sicuritaria in cui viviamo, al punto in cui si era arrivati l’eventuale decisione di NON intervenire avrebbe fatto scattare ipotesi di reato o quanto meno una polemica furiosa, per cui astutamente hanno evitato ogni bailamme. In ogni caso se, a livello individuale si fosse evitato di andare ai Salati a farsi gelare il culo dal vento forte, tutto il resto non ne sarebbe conseguito.
Credo che chi affronta l’ambiente alpino autonomamente (dall’escursionismo all’alpinismo di punta) debba avere la consapevolezza che è responsabile diella valutazione dell rischio cui si espone. Credo invece che chi paga un biglietto e sale su un impianto a fune per fare discesa possa essere ragionevolmente ritenuto responsabile della valutazione del suo stato di salute e delle sue abilità tecniche. Non è lecito che chi incassa in biglietto metta metaforicamente un cartello con scritto “salite a vostro rischio e pericolo”
@ 23
Il gestore della funivia NON risponde delle tue valutazioni alpinistiche , ma del suo impianto si !
Visto che gli sciatori pistards hanno acquistato un biglietto per un giro di giostra , se il gestore degli impianti aveva visibilita’ del peggioramento delle condizioni del tempo e della conseguente impossibilita’ di far tornare a valle gli sciatori , ha corso un rischio e si e’ fatto parare il culo da un servizio pubblico : il soccorso alpino.
Se il pomeriggio il vento non ci fosse stato , dubito che il gestore avrebbe versato una quota degli incassi al soccorso alpino , un po’ come gli aiuti statali alla Fiat.
.
Un paio di anni fa’ ero con amici sulle piste di Cervinia , e si alzo’ un vento molto forte , che costrinse i gestori a chiudere quasi tutti gli impianti.
Fummo piacevolmente sorpresi dalla correttezza del gestore che , riconoscendo che non c’erano le condizioni , ci propose di recuperare il giornaliero in un altra data.
Chi va a 3000 m DEVE controllare le previsioni meteo. Quello che succede dopo dipende anche da lui e non solo dai gestori degli impianti che non ritengo degli affaristi scriteriati. Il rischio delle nostre scelte è di esporci a situazioni che si potrebbero evitare. Purtroppo lo vediamo in questi momenti con quello che sta succedendo sul Gran Sasso.
Due sole puntualizzazioni: l’utente non ha alcun modo di sapere in anticipo o prevedere la possibilità che gli impianti chiudano, essendo frutto di valutazioni puramente tecnico/ingegneristiche. E’ quindi ideologicamente pretestuoso cercare di affibbiare all’utente qualunque responsabilità, che non sia “oh imbecille, che ci vai a fare ai Salati d’inverno con il vento forte a gelarti il culo?”
La seconda è che mi piacerebbe sentire un minimo di protesta o almeno di richiesta rispetto ai costi da parte dei sostenitori del soccorso a pagamento “che la collettività non può sostenere”, visto che per il Piemonte in un botto solo a occhio si è speso di più che in tutta la stagione.
Per essere chiari, la domanda a quelli che sostengono più montagna per pochi e poi farneticano di patentini e di responsabilità individuale.
Il cliente degli impianti deve saper valutare l’opportunità o meno di andare “su”(specie se ha minori con sé) PRIMA di acquistare il biglietto (skipass). Se lo acquista senza neppure porsi il problema, inutile che frigni DOPO. La montagna dovrebbe insegnare a diventare maturi e responsabili e con ciò intendo proprio saper elaborare DA SOLI il soprastante meccanismo.
Certamente la scelta è semprr personale, ma se vi era in previsione
v ento forte in quota, è stata data informazione sui tabelloni del possibile ridchio di chiusura?? Gilberto
Mah, noto due pesi e due misure da parte degli stessi commentatori: se il professionista, in quel caso guida alpina, ammette di non essere al meglio e preferisce rinunciare alla salita richiesta dal cliente, allora non è un professionista serio. Se invece il cliente si fida e dunque si affida ad altri tipi di professionisti, in questo caso impiantisti, allora la causa è del cliente… La trovo assolutamente superficiale e contradittorio come punto di vista. Oppure fate scrivere a caratteri cubitali all’ingresso degli impianti che ci possono salire, a proprio rischio e pericolo, solo individui provvisti di DNA montano (per citare un altro cialtrone del web).
@ MG
.
Se seguissimo la stessa logica, che sembra fare figo ma fa solo pena, dovremmo pretendere che ogni passeggero valuti autonomamente il meteo del volo Roma/Londra prima di prendere l’aereo
.
.
MG , la tua ipotesi e’ ironica solo fino a un certo punto : nel nostro piccolo qui abbiamo chi pensa che i bollettini valanghe servano a poco , perche’ basta guardare la neve , le vaccinazioni servano a poco , perche’ noi dell’universita’ della strada siamo piu’ avanti , i TSN sono prodotti dagli uffici stampa di scrittori in periodo moscio , ma solo quelli piu’ perspicaci riescono a capirlo.
.
Tremo pensando a 200 piloti di aereo nella stessa carlinga che danno consigli divergenti : un mio amico , mancato ingegnere , non ha mai preso un aereo xche’ :E’ evidente che li progettino con le ali troppo piccole….
Pretendere che un utente impianti che viene dalla città, sappia valutare le condizioni meteo a 3000 MT, mi pare azzardato. Ma i gestori degli impianti “dovrebbero”esserne in grado, per cui, la domanda della signora ha un senso. Se il meteo non lo permette, gli impianti restano chiusi.
la solita retorica inutile a buon mercato, buona per tutto e per nulla.
All’estensore dell’articolo sfugge un dettaglio fondamentale: chi acquista un giornaliero stipula un contratto e non è tenuto a valutare autonomamente le condizioni del luogo, perché si affida al vettore.
Se seguissimo la stessa logica, che sembra fare figo ma fa solo pena, dovremmo pretendere che ogni passeggero valuti autonomamente il meteo del volo Roma/Londra prima di prendere l’aereo.
Ma il Gognablog ha davvero bisogno di questi articoli penosi e della susseguente serie di commenti da eroi dell’alpe?
Forse questa mamma non è in grado di pensare da sola altrimenti non sarebbe salita in quota con i figli.Se avesse percepito il pericolo sarebbe rimasta a valle.E invece no.E poi si è attaccata agli impianti perché hanno aperto. Avranno anche aperto ,sbagliando,ma nessuno ti ha obbligata a salire.
La montagna è stata la mia maestra di vita. È auspicabile che almeno un insegnamento lo abbia trasmesso anche a questi turisti
Di solito a Cervinia qdo c’è vento in quota i collegamenti sono chiusu anche se le piste in basso sono aperte.
Forse potevano fare la uguale e si risparmiavano lo sbattone di pirtare giú la gente e le conseguenti polemiche …
Quando ho letto il titolo su Repubblica ” Era proprio il caso di aprire gli impianti venerdì 6?” mi sono detto ” ma era proprio il caso di andare a sciare?”
A me pare sempre più allarmante che si prenda un impianto senza valutare autonomamente le condizione del meteo, soprattutto se si è responsabili anche di figli al seguito.
Perché la gente , costi quel che costi , vuole sciare , io sono di Cervinia e la di vento ne sappiamo qualcosa . Mai stati in coda al mattino ed ascoltato i commenti ; ma perché non aprono , ma insomma per un po’ di vento ecc.ecc. fateli andare , un po’ di strizza al c.. non guasta e poi cosi i soccorritori si allenano un po’ e son più pronti per le cose serie 😁
Roberto Fanetti, Guida Alpina e Maestro di sci di Alagna, nonché caposervizio delle vecchie funivie di Alagna, che ha avviato, insieme al fratello Bruno (stessi titoli) negli anni 70 la stazione di sci di Frontignano di Ussita (Monti Sibillini) con il quale ho avuto modo di lavorare negli anni passati, aveva pronte delle massime ogni volta che succedeva qualcosa… “La Montagna non si fa prendere mai per il culo da nessuno”…”Vento forte non è mai caldo”… mi mancano i periodi in cui l’improvvisazione era un altra cosa…
Tutto il settore dello sci di pista è mosso dalla sola logica del business. Le valutazioni dei rischi legati alla quota, alla temperatura, alle condizioni climatiche, alle previsioni meteo ecc.. sono corollari che non devono intralciare il business, anzi, meglio lasciarle molto ai margini qualora minaccino di interferire. Tanto, male che vada, c’è sempre il Soccorso Alpino /Guardia di Finanza che toglierà le castagne dal fuoco..!! Nessuna novità, è decenni che siamo su questa china, è solo la velocità che è aumentata sempre di più. Quello che proprio non riesco a digerire sono i finanziamenti pubblici a questo circo farlocco , soldi di tutti noi, spesi a fondo perduto, o meglio buttati dalla finestra. E così il nobile obiettivo di salvare le terre alte si è trasformato nel l’ennesima opportunità di business.
Buongiorno, il ragionamento in linea di massima è senz’altro condivisibile, ma dovremmo anche tenere conto che un semplice cittadino/turista/sciatore va bene che si informi sul meteo dove magari troverà scritto che nel pomeriggio è previsto vento, e magari anche che sarà di “x” kmh, ma molto probabilmente questo è un dato “vuoto”, nel senso che non è in grado di sapere fino a quale velocità sono operativi gli impianti del tipo presenti in zona. Questo è compito della società concessionaria mi pare. Diverso sarebbe se facessi una escursione in autonomia. Quando prendiamo un aereo ci affidiamo al fatto che i controllori ed il comandante decollino se le condizioni lo consentano.
Sig. Davide: il suo ragionamento è molto condivisibile. Se lo sciatore cittadino non sa cosa può capitare in quota i gestori lo sanno benissimo e ne sono responsabili. Però sorge un altro problema. Se qualche impianto rimane chiuso lo skipass costa uguale oppure si ha diritto a qualche sconto? Se non è così, quando rientro scriverò pubbliche proteste!
“Proprio perché questo episodio si è svolto ad alta quota…”
Lo sci di pista ci ha abituato a notevoli dislivelli, da fondo valle a quote di ‘alta montagna’. Lo sciatore che non conosce la montagna e la frequenta solo su ‘giostre’ sempre più ardite non vuole comprendere cosa ci può essere 2000 metri sopra da dove è partito (3000 se è partito dalla città). Forse l’esperienza è stata utile a quelle poche persone coinvolte. Però ci sono migliaia di sciatori che devono maturare una diversa consapevolezza o sono solo capaci di protestare perché “hanno pagato il biglietto”?
Sono d’accordo, ma ormai le piste da sci sono un parco giochi, dove la gente comune va senza ragionare, almeno quelli che sono saliti… Le previsioni davano vento forte ed alla mattina presto il Rosa aveva già su il cupolotto tipico del ventone in quota. Quindi gli impianti non erano da aprire. Se lo sciatore medio è è uno che va sulle piste come se andasse a Gardaland, il gestore dell’impianto è un professionista e come tale dovrebbe comportarsi (anche se da Alagna la punta Gnifetti non si vede 😬😁). E ciò pure se era la prima giornata di apertura degli impianti. Le condizioni difficoltose del rientro da Pianalunga erano per altro chiarissime a tutti i locals. E e poi una domanda retorica: chi mai avrà pagato i soccorsi?? È pur vero, d’altra parte, che non so quanti impianti si reggano senza vigorosi contributi pubblici a carico di tutta la collettività.
#3-Placido. Argomento già trattato in AltriSpazi:https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/sci-elettrici/
Non so se c’entra molto con l’articolo, forse il tema merita un articolo a sé, comunque mi pare una novità rilevante: un’azienda svizzera ha sviluppato degli sci da scialpinismo a “salita assistita”, una sorta di “sci elettrici” o “e-ski”.
Praticamente questi sci hanno un piccolo cingolo fatto con la pelle di foca e un motorino elettrico che lo mette in movimento (il tutto rimovibile per la discesa).
L’azienda promette salite “up to 80% faster” (fino all’80% più veloci) e con “up to -30% of muscle workout” (fino al 30% in meno di fatica).
Dal sito non sono riuscito a capire in quale stadio di sviluppo si trova il prodotto, ovvero se si tratti “solo” di un prototipo funzionante, oppure di qualcosa di più.
Avranno fortuna?
Usare la propria testa in autonomia è una usanza dei tempi passati. Parlare di pecore è un insulto alle stesse🤪🥲