Profili – 08 – Elisabetta “Betty” Caserini

Profili – 08 – Elisabetta Betty Caserini
di Elio Bonfanti
Proprio recentemente ho letto di Alessandra Prato che sostiene in quanto donna di non meritare alcun trattamento di riguardo e nessun complimento per le sue scalate. Ho anche sentito di altre che dicono che si deve parlare di alpinismo “tout court” e che non sono d’accordo che si parli di un alpinismo declinato al femminile.

Vetta dello Storhaugen, Olderdalen, Norvegia

D’altronde le realizzazioni compiute da “alpinisti” di sesso femminile non lasciano spazio ad alcun dubbio sul livello raggiunto che spesso, superando quello di molti colleghi maschi, ha fatto sì che queste oggi si possano affrancare dalla presenza di un uomo nella cordata. Senza andare a Henriette d’Angeville, penso che Mary Varale possa essere considerata, sia per bravura che per come lottava contro il maschilismo degli anni ‘30 del Novecento, l’antesignana protagonista di un grande alpinismo al femminile. Sono molte le forti arrampicatrici o alpiniste che hanno lasciato il loro segno sulle pareti di tutto il mondo. Tra queste, trascurandone moltissime altre, mi vengono in mente Lynn Hill con il primo 8b+ nel 1990, piuttosto che la prima libera su The Nose al Capitain. Un’altra è Catherine Destivelle, che nel lontano 1988 firma a Buoux il suo primo 8a+ per poi tornare all’alpinismo con una serie di solitarie di grandissimo spessore ed oggi sul solco tracciato da Luisa Iovane, una ancora giovanissima Laura Rogora scala sul 9b. Atlete eccezionali, persone eccezionali che per un malore del loro compagno sono disposte a rinunciare alla cima del Kangchenjunga, il loro 12 esimo 8000. Onestamente non so quanti uomini avrebbero fatto altrettanto… Ma Nives Meroi sapeva che ci sarebbe tornata con lui!

In cima al Mont Blanc du Tacul

Parlando di donne, l’attualità mi porta con il pensiero al K2, ad Alison Hargreaves e alla spedizione celebrativa dei 70 anni della prima salita del ”Chogori”, seconda cima del mondo. Il Club alpino Italiano, per celebrare questa ricorrenza, ha pensato di comporre un team di sole donne per tentare di ripercorrere le tracce della spedizione capitanata da Ardito Desio, per cui non posso che associarmi a quanto affermato dal presidente Montani: Oggi sono orgoglioso della nostra iniziativa, da domani sarò preoccupato, perché il K2 è una montagna pericolosa”.

Ciao Betty!
“Guida Alpina” è un sostantivo al femminile che, di conseguenza, calza a pennello al fatto che la professione di Guida oggi sia anche donna. Un tempo era ritenuto un ruolo da “uomini”, ma nel 1984 fra le prime in Europa ad aprire la strada a questa professione fu la mitica Renata Rossi.

In cima all’Ullstinden, Tromso, Norvegia

Noi ci siamo conosciuti oramai qualche anno fa, forse appena prima dei corsi dove ambivi a diventare istruttore regionale di alpinismo.

Da allora direi che di strada ne hai fatta parecchia e, come ogni donna che si rispetti, la tua ferrea volontà ti ha portato veramente molto avanti, sino a diventare la prima ligure a diventare Guida Alpina. Per cui, se Renata è stata la prima donna italiana ad esserlo, tu sei stata la prima ligure e se oramai distinzioni di sesso e genere non vanno più di moda, assimilare entrambe ai “ Guidi Alpini” vi farebbe perdere questi primati, di conseguenza la differenza in questo caso mi sento di volerla assolutamente rimarcare.

Sulla Goulotte Grassi-Tessera al Monte Ferra

Raccontami un po’ di te, della tua vita al di là della montagna.
Sono nata e vivo da sempre a Savona, sulla Riviera Ligure; ciò non ha impedito di appassionarmi, fin da bambina, alla montagna in generale.

Dopo gli studi (sono una ragioniera/perito commerciale) ho iniziato con il lavoro d’ufficio che da subito ho sentito come “non mio”. Contabilità, paghe e contributi, mi sono adattata per fin troppo tempo (circa 10 anni), finché licenziandomi ho chiuso con il vecchio lavoro.

Poi la fortuna mi ha fatto quasi subito trovare un lavoro molto importante come responsabile vendite del nord-ovest Italia per un brand del settore della montagna. Così, cogliendo le molte opportunità che mi si sono presentate, la mia vita ha avuto la svolta giusta e da lì tutto è cambiato in meglio fino a diventare una guida alpina.

Parlare della mia vita al di là della montagna non è così semplice, visto che la montagna ormai occupa la maggior parte del mio tempo, ovviamente per scelta volontaria e consapevole. Comunque posso dirti che sono nata e cresciuta in una piccola città di mare, a cui sono molto affezionata e dove ho ancora molti amici; la mia vita attuale mi porta però a girare, da est a ovest, da nord a sud, oltre ai viaggi all’estero, ma tutto ciò mi piace e mi appaga molto.

Al Colle di Tenda

Ho un compagno, anche lui guida alpina, con il quale condivido poco tempo per le mie sempre più frequenti assenze dovute al lavoro; amo infatti viaggiare e scoprire posti nuovi, sempre più frequentemente lavorando (a volte anche in vacanza). Anche questa è stata una mia scelta, in questo caso si può dire professionale… viaggiare lavorando, con persone motivate, desiderose di nuove esperienze e di avventura.

La mia attuale residenza è ancora a Savona, ma sto per trasferirmi a Finale Ligure, dove posso essere più vicina alle falesie e quindi più comoda anche per il lavoro. Per il resto, come avrai capito, sono poco stanziale ed amo muovermi…

Quando hai iniziato ad andare per monti?
Come ti ho già accennato, ho iniziato da bambina grazie alla mia famiglia, tutti amanti della montagna, ma solo in versione molto soft, con lo sci alpino in inverno e con le passeggiate in estate, poi qualche via ferrata con mio papà e mio fratello finché, all’età di 30 anni, quando un amico mi ha proposto di partecipare ad un corso, mi sono avvicinata all’alpinismo.

Nonostante la scarsa percezione delle mie potenzialità, sinceramente non pensavo di essere all’altezza, ho deciso di mettermi in gioco e mi sono detta: “ma sì, ci provo, mal che vada smetto…

In arrampicata a Siurana, Spagna

Invece, da lì è letteralmente scoccata la scintilla e ho iniziato idealmente a salire una rampa, molto ripida, che mi ha portata dove sono ora; in pochi anni la montagna, vissuta nel suo aspetto più tecnico e impegnativo, mi ha permesso di scoprire (sempre con grande stupore e incredulità) quelle che erano le mie potenzialità e di osare sempre qualcosa di più impegnativo, sotto tutti i punti di vista, compreso quello professionale. Mi sono riscoperta capace di prendere decisioni molto importanti, sia in montagna, sia nella vita personale e professionale. Quindi posso sicuramente dire: montagna come maestra di vita. Chiaro, ci vuole anche la fortuna, e io credo di averne avuta molta, ma solo da quando ho deciso di farmi coraggio e di cogliere le opportunità che mi si sono presentate.. sono così “salita sul treno” e ora eccomi qui.

Chi ti ha ispirato e quali sono i tuoi modelli?
Sinceramente non mi sono mai ispirata a nessun modello particolare, ho sempre seguito la passione per ciò che facevo; fondamentalmente coltivare l’alpinismo in tutte le sue diverse attività, condividendo tutto questo con gli amici più cari, con le mie stesse visioni. Avevo ovviamente ambizioni (la tal salita, sulla tal montagna o nel tal luogo, ecc.) ma quando ho iniziato credo di essere stata molto fortunata, perché non c’erano ancora i “social” e le persone che frequentavano l’ambiente lo facevano con il vero spirito di avventura, non con il desiderio di “pubblicare” immediatamente un post. Chiaro, c’era il desiderio di chiamare gli amici, i familiari e comunicare loro ciò che si aveva compiuto, ma più di tutto era soddisfazione personale, autentica.

In arrampicata a Siurana, Spagna

Quali sono gli itinerari di alta montagna che hai dovuto percorrere per costruire un curriculum adatto per la selezione ai corsi Guida?
Posso elencarti banalmente le salite scelte e ripetute, come ad esempio il Super Couloir al Mont Blanc du Tacul, la Cresta Kuffner al Mont Maudit, la via Bonington al Pilone Centrale del Frêney… e altre di minore “fama”, come il Macro Couloir alla Rocca Bianca, la traversata della Barre des Écrins, la Fourastier alla Nord dell’Ailefroide, la via Cassin alla Torre Trieste, la via Michelangelo alla Nord del Monte Stella… senza tralasciare le “nuove salite”, sempre dal basso e con l’uso di trapano e spit: tre vie di circa 300 m su quelle che abbiamo definito Les Aiguilles du Vallonasso, in zona francese, dopo il Colle della Maddalena (con Fabio Vivalda e Andrea Mantero); tre vie sulla Ovest di Rocca la Meja (con Ezio Marlier, Cesare Ravaschietto e Danilo Serrotti)

Chi è stato o chi sono stati i tuoi mentori?
Se devo essere sincera e onesta, non ho mai voluto emulare nessuno ma, allo stesso tempo, ho cercato di assimilare il più possibile dalle persone più brave di me con cui sono andata in giro per falesie e montagne, osservando e cercando di aprire i miei orizzonti.

Dopo la salita della parete sud, in vetta al Lagazuoi

La tua attività si è limitata alle Alpi o hai spaziato anche in giro per il mondo?
Ancor prima di diventare guida alpina sono stata in Algeria, zona dell’Hoggar e del deserto del sud, a scalare sul basalto rosso del Tefedest, dell’Elefante e del Tezuiag.

Dopo il conseguimento del titolo di guida alpina ho iniziato a proporre attività in maniera molto diversificata, visto che mi piace spaziare su tutte le discipline legate alla montagna e all’outdoor. Così, oltre all’attività sul territorio italiano (spaziando dalla Liguria/Finale, alle Alpi dell’Ovest dove sono “cresciuta” fino alle Dolomiti dove attualmente faccio base per alcuni mesi estivi e invernali) ho iniziato a proporre attività anche all’estero, organizzando viaggi di arrampicata, ice climbing e scialpinismo, visitando posti che avevo sempre sognato.

Questo rappresenta un grande stimolo per la mia attività: poter unire lavoro, viaggio e le attività alpinistiche che ancora rappresentano la mia grande passione…what else?

In vetta al Breithorn Occidentale

Fra le mete che ho visitato posso così citarti: Tzaranoro in Madagascar (arrampicata), Ryukan e Hemsedal in Norvegia (ice climbing), Hokkaido in Giappone (sci freeride), Wadi Rum in Giordania (trad climbing), Portogallo, Siurana e Paesi Baschi in Spagna, incluso Pico d’Uriellu (arrampicata); Gorges du Verdon, Ceuse, Sainte Victoire, Calanques, Cap Canaille, Briançonnaise e molti altri spot della Francia (arrampicata); Leonidio e Kalymnos in Grecia (arrampicata). Traversata di 9 giorni in USA, da Denver/Colorado fino alla California, per arrampicata “trad” sulla sandstone dell’Eldorado Canyon, Moab, Zion, Red Rock e sul granito di Joshua Tree.

Sono appena tornata da 15 giorni di scialpinismo e iceclimbing nel nord della Norvegia, zona intorno a Tromso, dove negli ultimi 2 anni ho organizzato alcuni tours; purtroppo alle nostre latitudini è sempre più difficile programmare attività invernale, le condizioni di ghiaccio e neve non sono più garantite. Pertanto cerco di puntare su altre mete dove il freddo è garantito per lungo tempo.

In apertura di Eterni Peter Pan, Rocca La Meja

Vie trad o vie a spit?
Intendi da aprire o da ripetere? Comunque non ho una particolare preferenza; amo l’arrampicata trad e classica, ma altrettanto quella di tipo sportivo, dove si predilige il gesto arrampicatorio e la difficoltà. Trovo sia ormai doveroso ammettere che con gli spit si siano fatti grandi passi in avanti. Con l’espansione abbiamo la possibilità di aprire itinerari dal basso, superando passaggi di roccia dove con il trad sarebbe impossibile proteggersi. Sull’Isola di Tavolara nel 2018 ho aperto una via a spit (via Follia), dove è necessario e comunque consigliabile portare qualche friend perché dove era possibile integrare ho lasciato maggiore distanza fra gli spit.

Hai fatto anche un intensa attività su ghiaccio. Che emozioni ti da risalire una cascata di ghiaccio?
Il ghiaccio è un elemento che mi ha sempre affascinato e suscitato forti emozioni, a volte contrastanti. Mi rendo conto che, tutto sommato, scalare su ghiaccio oggettivamente è più facile rispetto alla scalata su roccia, se ho bisogno di una presa me la posso creare con l’uso della piccozza; stessa cosa con gli appoggi, grazie al rampone (tanto più con l’evoluzione nei materiali che si è verificata negli ultimi 20 anni!). Ma la confidenza con la materia non è cosa semplice… fidarsi di un piccolo appoggio di una becca o della punta di un rampone mi ha sempre fatto pensare parecchio, ma è stato anche un grande stimolo a migliorare, soprattutto nel prendere confidenza con la materia. Poi pensare che una cascata estiva possa diventare ghiaccio e permettermi di scalare è qualcosa che ancora oggi mi affascina moltissimo; oltre al vivere l’ambiente “glaciale”, che trovo spettacolare e unico, anche per la durata nel tempo, che sta diventando sempre più limitata e sfuggente.

Falesia del Castagno, Valle di Nava, Finale Ligure

Qual è la cascata che consiglieresti?
Sicuramente potrei vivamente consigliare una cascata che si chiama Les Formes du Chaos, a Ceillac, in Francia. Itinerario di grande estetica per lunghezza, ambiente e, appunto, per le molteplici forme che la caratterizzano.

Quando hai iniziato ad aprire vie nuove e con che stile?
Ho iniziato nel 2005, 3 o 4 anni prima di iniziare il corso guide, nel periodo che oso definire “magico”, in cui ero ancora un’alpinista super motivata e super (concedimelo) egoista; ogni weekend lo trascorrevo in montagna per l’alpinismo e a un certo punto due cari amici mi hanno proposto di seguirli in una nuova avventura, quella della chiodatura dal basso di vie multipitch in montagna, e ovviamente ho accettato! Così da “ospite” in breve mi hanno accettata come parte attiva del team, iniziando a valutare insieme le linee, utilizzare il trapano e a piantare spit… Lo stile sui multipitch sempre dal basso con trapano e spit, appendendomi ai cliff o altre protezioni solo quando proprio necessario.

Vuoi parlarmi di qualche tuo compagno di cordata che ricordi con particolare affetto?
Non voglio essere banale, bensì sincera, ho avuto molti compagni e compagne di scalata che ricordo con grande affetto, con cui ho condiviso grandi momenti, a volte anche di difficoltà ma che hanno saputo unirci di più.. l’elenco sarebbe lungo e non voglio fare torti a nessuno.

Cascata Berrò, Val Varaita

Hai qualche aneddoto divertente da raccontare?
Sì certo, e uno su tutti! Durante l’apertura delle vie in Ubaye, a un certo punto Fabio (Vivalda) aveva abbandonato me e Andrea perché, giustamente, aveva deciso di dedicarsi alla sua nuova famiglia, con Deborah e la piccola Lucrezia.

Così ci siamo trovati in due (Andrea ed io, appunto) a salire carichi come asini fino alla parete (circa 2 h di avvicinamento) per ultimare la terza via multipitch. Partiti con tutta l’attrezzatura (pesantissima), risalite le corde fisse, iniziammo a forare e mancavano circa tre tiri per arrivare in cima. Premessa: avevamo deciso di fasciare il trapano con il nastro americano per evitare eccessivi danni quando lo recuperavamo in parete con il cordino…

Parto io, super gasata e motivata, visto che volevamo ultimare lo stesso giorno la via. Aziono il trapano, con la super punta da roccia che però mi accorgo quasi subito che non fora… riprovo, mezzo cm di foro… riprovo e inizio a pensare: “cosa mi succede? Non ho più forza!” Mi rivolgo così a Andrea: “Andre, che cavolo succede? Vuoi provare tu? Non capisco…“.

In vetta al Buren, Kvaløya, Norvegia

Passa Andrea all’azione, anche lui super gasato, ma niente… stesso risultato! Un po’ mi consolo (penso eh eh, non sono solo io!) ,ma allo stesso tempo non mi spiego.

Riparto io a forare e riesco incredibilmente a posizionare 5 spit, dopodiché abbandoniamo con la coda fra le gambe il terreno… punta e batterie trapano andate!!

Rientriamo abbacchiati verso la macchina e, ormai arrivati, chiamo Ezio Marlier per raccontargli l’accaduto, dicendogli che proprio non capivamo cosa fosse successo… Lui subito mi fa la domanda fatidica: “ma il trapano girava nel senso giusto? Non è che fosse in senso contrario?”.

Cacchio, un errore da principianti… in due non c’eravamo accorti, con il trapano rivestito di nastro americano, che il tasto era schiacciato in posizione “anti orario”!

Puoi immaginare cosa è successo in seguito? Ci hanno massacrati!! Una sera Fabio è venuto a casa a trovarmi per regalarmi un “pezzo” trovato in un mercatino dell’antiquariato… un trapano a mano!

Cosa ne pensi dei “woman climbing days” ideati da Anna Torretta?
Credo sia un’iniziativa utile proprio a coinvolgere maggiormente le donne nell’attività di arrampicata, alpinistica e in generale a “dare” opportunità all’universo femminile a mettersi in gioco e provare; credo che questo sia molto importante.

Inoltre, credo sia proprio importante vivere queste esperienze lontane da uomini che troppo spesso vogliono il controllo o comunque a cui troppo spesso tendiamo (noi donne) ad appoggiarci, pensando erroneamente di averne bisogno in modo fondamentale.

Cascata della Scotoni, Dolomiti

Quello della montagna è ancora un ambiente troppo declinato al maschile?
Ci tengo a dire che non sono femminista, sono per il riconoscimento delle potenzialità e delle aspirazioni delle persone, che esse siano uomini o donne, indifferentemente.

Credo piuttosto (come ho menzionato qui sopra) che ci sia un atteggiamento ancora di troppa protezione nei confronti delle donne, che le porta a non avere fiducia nelle proprie capacità e a pensare di avere bisogno di un costante supporto. Per questo si vedono ancora molte ragazze “accompagnate” da fidanzati o amici, comunque maschi.

Tra le vie che hai aperto a quali sei più legata?
Direi Eterni Peter Pan, una via che permette di raggiungere la cima di Rocca La Meja, aperta nel 2008 con Ezio Marlier e Danilo Serrotti, dedicata ai fratelli Ernesto e Valter Galizio, instancabili, storici e super appassionati scalatori della zona.

Per cui, se dovessi consigliare a qualcuno di ripetere un paio fra le tue vie, quali suggeriresti?
Sicuramente Eterni Peter Pan perché permette di raggiungere la cima di Rocca La Meja, un viaggio di 400 m con difficoltà contenute (le altre due sono più impegnative, ma su roccia eccezionale). Un’altra via che mi sento di consigliare è Vi.Man.Ca. (Vivalda, Mantero, Caserini) su Les Aiguilles du Vallonasso, aperta con gli amici liguri Fabio Vivalda e Andrea Mantero negli anni prima del corso guide, in un posto magnifico e selvaggio scoperto da Fabio durante i suoi giri esplorativi dell’Ubaye.

Oppure, volendo arrampicare in un posto meraviglioso a picco sul mare, la via Follia aperta nel 2018 sulla parete est dell’Isola di Tavolara (Sardegna), con accesso solo via mare..

In salita verso il Buren, Kvaløya, Norvegia

La tua attività di guida ti ha portato a realizzare delle belle salite con i clienti. Che emozioni ti da questa attività?
Ecco, posso dirti che l’attività di guida permette proprio di trovare un proprio “modus operandi” e io amo proprio vivere avventure sempre differenti con i miei clienti, proprio come farei con qualsiasi altro compagno di cordata. Tanto più credo sia una sfida stimolante e un grande obiettivo compiere certe salite, di impegno e soddisfazione proprio con i miei clienti.

Non potrei mai svolgere la mia attività di guida sempre sulle stesse salite in maniera ripetitiva, come invece operano alcuni miei colleghi, ben contenti di avere questo tipo di ripetitività e sicurezza… ed è giusto che ognuno di noi abbia l’opportunità di trovare un modo di lavorare più adatto alle proprie attitudini.

Sulla via Re Artù, Spiz de Mondeval, Dolomiti

Hai sempre fatto tutto a spese tue o qualcuno ti ha aiutato?
Avendo lavorato nell’ambiente dell’outdoor come agente di vendita, e essendo una delle poche donne a praticare attività in montagna in modo completo, devo ammettere che negli anni ho avuto sponsorizzazioni ma soprattutto in termini di materiali, attrezzatura e abbigliamento tecnici. Attualmente sono sponsorizzata con contratto da marchi italiani di cui vado molto fiera, cioè Crazy Idea per l’abbigliamento e Wild Climb per le scarpette da arrampicata.

Per quanto riguarda il mio lavoro sono un libero professionista, quindi fondamentalmente opero autonomamente ma attualmente faccio parte del Blumountain Guide Alpine (Finale Ligure) e di Wild Rock Experience; con quest’ultimo posso organizzare i tours in giro per il mondo con il supporto dell’agenzia viaggi.

Follia
Sardegna, Isola della Tavolara
Primi salitori: iniziata da Elisabetta Caserini con Martina Santambrogio ed Alessandro Clara il 27-28 settembre 2018. Terminata con Karin Pizzinini e Alessandro Clara il 6 ottobre 2018
Altitudine: Livello del mare
Sviluppo arrampicata: 210 m
Esposizione: Est
Grado massimo: 6b
Difficoltà obbligatoria: 5c
Località di partenza: Porto di Olbia o noleggiando un gommone a Golfo Aranci.
Avvicinamento: ci si dirige verso la parete est della Tavolara, costeggiando il lato sud. L’attacco rimane sul lato sinistro di un’evidente grotta (vedi foto). 
Note: via plaisir su roccia ottima. La via è stata attrezzata dal basso con spit in inox, integrando con protezioni veloci.
Materiale: per una ripetizione sono necessarie due 2 mezze corde da 60 m, 10 rinvii e una serie di friend piccoli-medi.
Itinerario
L1: Partire a sinistra dell’evidente grottone (6a, 30 m)
L2: Andare leggermente a destra per poi ascendere in diagonale verso sinistra (6b, 20 m)
L3: Dapprima su un muretto per poi prendere un diedro fessura poi facilmente in cengia (6a+, 30 m)
L4: facile speroncino sino a sostare (5a, 45 m)
L5: Muretto e poi fessura (5c, 30 m)
L6: Placca molto bella e articolata (6a+, 30 m)
L7: Ancora un breve tiretto (5a, 25 m) sosta per doppia
Discesa: con 4 doppie lungo la via.

In alternativa si può seguire la strada sterrata (necessario autovettura per fuoristrada) dislivello 500 m – 1.30 ore) Lo sterrato inizia dalla statale D900: scendere dal Colle della Maddalena per circa 1 km in direzione Larche, svoltare a destra – piazzola sterrata – e seguire la strada che dopo qualche chilometro raggiunge alcune malghe; proseguire in piano e poi in leggera discesa, fino ad una sbarra con divieto: spiazzo per posteggio, quota 2200 m. Si continua a piedi lungo lo sterrato in leggera discesa fin dove ha termine. Da qui (visibile in direzione nord la parete) occorre costeggiare in leggera discesa i pendi erbosi, passare il margine inferiore di una frana di grossi massi (ometti) per poi intercettare poco più avanti il sentiero GR per il Colle di Sautron, proseguendo poi come sopra.

Note: E’ stato Fabio Vivalda a scoprire Les Aiguilles du Vallonasso (da lui così nominate, dato che sulla carta non hanno nome), si tratta di guglie di solido calcare, collocate in Francia (Ubaye) tra il Monte Vallonasso e il Monte Sautron. Questa è la linea più impegnativa della parete e supera lo zoccolo basale per diedri e muretti. Ad una placca tecnica su bellissimo calcare segue un estetico diedro ben visibile dal basso; ancora 2 tiri impegnativi (L5 da liberare) per arrivare sugli splendidi e compatti muri della parte alta, fino in vetta.

Materiale: due mezze corde da 60 m, 10 rinvii, nut, friend piccoli e medi in loco fix inox da 10 mm

Accesso: risalire il ghiaione sotto la parete nella parte più alta a destra (è possibile trovare neve a inizio stagione estiva); attacco in un diedro a destra di una grossa rampa (spit con cordone). 

Itinerario
L1: Diedro poi placca articolata (6a, 45 m) – sosta per doppia (sulla sinistra eventuale ulteriore sosta di raccordo per doppia)
L2: Placca tecnica e uscita verso sinistra, fino alla base di un diedro (6c, 35 m)
L3: Diedro netto fino a pulpito (6a, 25 m) –sosta per doppia
L4: Muro tecnico (6b+, 30 m) – sosta
L5: Fessura con strapiombo (blocco da liberare, A0) poi placca a rigole (6a+), 40 m – sosta per doppia
L6: Placca appoggiata su gocce (5c/6a, 40 m) – sosta per doppia
L7: Muro su torrione e vetta (6a, 30 m) – sosta per doppia

Discesa: in doppia sulla via.

Eterni Peter Pan
Rocca la Meja, Alpi Cozie
Primi salitori: Elisabetta Caserini, Danilo Serotti, Ezio Marlier il 14 agosto 2008
Altitudine: 2831 m
Sviluppo arrampicata: 350 m
Esposizione: Sud
Grado massimo: 6a+
Difficoltà obbligatoria: 5c S2
Località di partenza: Colle della Bandia
Dislivello avvicinamento: 150 m

Avvicinamento: Da Cuneo a Demonte in Valle Stura per poi risalire tutto il vallone dell’Arma fino al colle di Valcavera, al bivio svoltare a sinistra. Dopo 250 m un secco tornante verso destra fa imboccare uno sterrato. Percorrerlo fino ad oltrepassare delle casermette diroccate al Colle della Bandia e dopo circa 700 m alla destra si scorge la parete.

Note: Via divertente e mai banale che percorre tutta la parete sud con difficoltà contenute e su roccia quasi sempre solida fatto salvo qualche breve tratto dove fare attenzione a ciò che si tira. Attenzione la presenza di alcune zone con terreno instabile obbliga ad una progressione prudente.

Materiale: la via è attrezzata con 60 fix inox da 10 mm soste comprese. Portare due mezze corde da 60 m e una serie di friend fino al rosso camalot, nut, cordini.

Accesso: Per facili praterie fino alla base (20 minuti). Attacco circa in centro alla parete inferiore, alla sinistra di caratteristiche rocce giallastre. Fix con cordino sbiadito visibile a pochi metri da terra.

Itinerario
L1 placca, 5a
L2 placca e pilastro, 5b
L3 muro lavorato e diedro, 5c. Si arriva alla cengia mediana che si supera in qualche minuto, si reperisce la via tramite il cordone blu del 1° spit
L4 muro con ristabilimento e diedro, 6a+
L5 diedro e muro lavoratissimo, 6a
L6 pilastro e canale, 5b
L7* diedro e traversata a sinistra, canale erboso. Non attaccare lo spigolo a sinistra (via delle Cicogne) ma sostare sul masso al centro del canale. Un cordone blu indica la direzione per L8 nel fondo dello stesso. Non seguire la fessura sulla destra (spit giallo alla base)
L8 Canale e diedro sosta su uno spit, 30 m, 6a+
L9 larga fessura e diedro, 5b
I due ultimi tiri possono essere superati con una unica lunghezza. 
NB* Raggiunta la S6 il tiro successivo porta al colletto (2 spit ben visibili).

Discesa: dall’uscita della via salire al punto culminante del torrioncino, per poi scendere facilmente ad un colletto. Da qui è possibile scendere direttamente a destra per entrare in un canale, con evidenti tracce di passaggio. Si scende tutto lo stretto canale con roccette (un tratto con catene), fino ad un tratto in piano, dove scendere un pendio ghiaioso. La traccia porta poi verso destra, arrivando alla grande cengia inclinata che taglia la parete sud. Scendere per essa, fino ad un ultimo saltino con cavi che porta al ghiaione basale. Si scende per traccia e si riprende il sentiero usato all’andata.

Profili – 08 – Elisabetta “Betty” Caserini ultima modifica: 2024-04-29T05:39:00+02:00 da GognaBlog

Scopri di più da GognaBlog

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

3 pensieri su “Profili – 08 – Elisabetta “Betty” Caserini”

  1. De la passion, du talent,
    homme ou femme c’est pareil.
    Au bout, de belles réalisations.

  2. Articolo molto appassionante. Da sempre sono un sostenitore della parità di diritti ma anche di doveri. Fra tutti gli individui, in ogni risvolto dell’esistenza. Vale anche per il complesso discorso “di genere” , e non solo in montagna, ma “anche” in montagna. non ci devono essere preclusioni (e, se ci sono, vanno abbattute), ma sono contrario alle “quote rosa”, nella vita come sui monti. “Alpinista” v concepito come un termine asessuato e i parametri di valutazione devono essere indistinti. Mi fa piacere che si stai concretizzando sempre più una visione femminile per cui (in montagna come nel resto della vita) vale il “merito” individuale e non il genere che, secondo una visione datata, andrebbe “protetto” come se fosse una specie in via di estinzione… Sono contento che, in montagna come nella vita al di là delle montagna, le donne che ce la fanno hanno questa nuova mentalità, quella del “merito”, e non quella delle “quota rosa”…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.