Quel che un non-vedente riesce a vedere
Il 3 agosto 2015 Gabriele Scorsolini, giovane quindicenne non-vedente, accompagnato dall’amico (e guida) Paolo Caruso e da Luigi Martino, è riuscito a salire la via normale della Punta Anna nei Monti Sibillini (la via Vagniluca-Cecchini-Kamenicky, 1969, AD+ con variante finale di IV e V).
La prima salita alpinistica di Punta Anna effettuata da un non-vedente, al di là della notizia, ha messo in evidenza alcune gravissime criticità che sono conseguenza non solo dei regolamenti del Parco Nazionale dei Monti Sibillini ma soprattutto della scarsa disponibilità di questo Ente ad accettare il dialogo per concertare soluzioni condivise e giuste.
Eppure qualsiasi cittadino auspica che una Pubblica Amministrazione lavori per il bene comune anche introducendo regolamenti intelligenti o quantomeno sostenibili e sufficientemente in armonia con le normative italiane ed europee.
“Quando sono in montagna e quando arrampico mi sento libero, una libertà difficile da raggiungere nella vita quotidiana. Non vedere non è un problema, posso sviluppare altre percezioni… questa è una cosa importante che trovo nell’arrampicata e nella montagna. Ho avuto la fortuna di iniziare imparando le tecniche del Metodo Caruso direttamente con l’ideatore, cosa che mi permette di muovermi liberamente e in modo corretto ma soprattutto di capire e di sviluppare le intuizioni che sono determinanti quando arrampico”.
Gabriele arrampica da pochi mesi ma ha già sviluppato una capacità che molte persone vedenti impiegano anni per raggiungerla.
Nella ripida discesa verso l’attacco della Punta Anna
“Per me arrampicare non è difficile, mi diverto tantissimo, la difficoltà principale la trovo forse nei sentieri intermedi, né facili né difficili. Se riesco a poggiare le mani, posso controllare bene il mio peso e utilizzare le gambe al meglio, mentre i sentieri con molte irregolarità mi costringono a una camminata più lenta e faticosa. Lavorare sulla tecnica è fantastico, già solo avendo imparato a controllare il “doppio peso” le mie potenzialità si sono moltiplicate. Arrampicherei sempre, falesia, montagna, ovunque. Arrampicare in un certo modo mi fa “guardare” lontano e mi aiuta a capire i pericoli e anche le deformazioni e le false illusioni dell’ambiente della scalata. Sono contentissimo di ottenere dei risultati, ad esempio di aver salito Punta Anna, ma so che quello che voglio è imparare, migliorare, ma soprattutto capire e stare a contatto con la natura, con la roccia e con le persone con cui sono in sintonia e di cui mi fido”.
Anche per quanto riguarda i lunghi avvicinamenti, tipo quello di Punta Anna, Gabriele ha qualcosa da dire: “La montagna per me è libertà, ma da quando sono venuto a conoscenza della discriminazione che subiamo noi alpinisti nei Monti Sibillini ho capito che i veri limiti da superare per l’umanità sono l’ignoranza e la mancanza di umiltà. Chi riveste ruoli di potere dovrebbe stabilire regole giuste e non certo discriminatorie. Non potendo vedere sono molto sensibile al rumore e alla velocità dei mezzi a motore e per questo sono convinto che anche i camosci sono disturbati da queste cose, ma non certo dall’alpinismo. I camosci vanno d’accordo con gli alpinisti, lo capisco io a quindici anni ma sembra che non lo capiscano i signori del Parco… Mi sono informato molto su tutta la questione per capire che simili divieti sono assurdi: per esempio al Gran Sasso non sono mai stati imposti divieti a seguito dell’introduzione dei camosci e i camosci si sono moltiplicati subito.
Gabriele in arrampicata sulla Punta Anna
Nei Sibillini si verificano cose incredibili, si vieta l’alpinismo e allo stesso tempo si consente il transito ai mezzi motorizzati. Vorrei dire a chi ha scritto il regolamento 384 e a tutti i funzionari del Parco che li invito a venire con me in montagna, non certo per competizione, anche soltanto a camminare ma dopo averli bendati, così che possano provare quello che io provo: sono sicuro che acquisterebbero altri occhi, ma non quelli che permettono di vedere quanto invece quelli che permettono di capire, gli occhi interiori, così come sono sicuro che si spaventerebbero di più per il rumore improvviso di una moto che scorrazza invece che per il passaggio degli alpinisti.
In più, dopo aver salito Punta Anna, (secondo il regolamento) saremmo dovuti scendere con la pioggia per un sentiero che non è adatto a me e non è neanche tracciato invece che percorrere uno dei sentieri ufficiali che sono utilizzati da tutti ma, secondo i signori del Parco, vietati a noi alpinisti.
A volte rimango stupito dalla scarsa lungimiranza dei “vedenti”: non è difficile capire che bisogna accettare il dialogo per fare bene le cose e soprattutto ascoltare le persone più competenti perché non ascoltare queste persone equivale a far dilagare la degenerazione e l’ingiustizia. Al Direttore vorrei dire che non sono contrario alla caccia, anche mio padre è cacciatore, ma forse sarebbe il caso che un cacciatore come il direttore del Parco capisse che gli alpinisti non fanno alcun danno, almeno quelli ben preparati come ritengo che noi siamo, al contrario dei cacciatori che bene o male uccidono gli animali. Come i cacciatori possono cacciare dove e quando consentito, in quanto esperti nel loro settore, così gli alpinisti dovrebbero poter fare gli alpinisti nel loro territorio, cioè nelle montagne, per le competenze che hanno, magari insieme ai camosci con cui non c’è alcun conflitto. Che vietino il transito dei mezzi a motore nelle zone critiche, ma non l’alpinismo! Come si fa a non capire la differenza tra le due attività? Il giorno della salita a Punta Anna non abbiamo incontrato alcun camoscio nella zona della parete; invece li abbiamo visti e ho sentito i loro richiami da un’altra parte, sul M. Bove Sud. E allora, signori del Parco, cosa facciamo? Diciamo ai camosci che devono andare a Punta Anna e li obblighiamo a starci o togliamo il divieto da Punta Anna e vietiamo il passaggio agli uomini sul M. Bove Sud…?”.
Gabriele sale le lame del traverso
Gabriele da capocordata. Luigi Martino lo assicura. Foto Paolo Caruso
Gabriele sull’ultima lunghezza della via
Gabriele e Paolo in vetta alla Punta Anna
Il ritorno con temporale per il sentiero VIETATO agli alpinisti
I camosci incontrati sul M. Bove Sud (e non a Punta Anna)
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che l’ultima parola sia delle guide alpine nella gestione della montagna, quindi di quello che si pratica in montagna e di come lo si pratica…andiamoci piano.
Non tutto quello che fanno le guide alpine è condivisibile. Almeno per me. Anche su questo blog se ne discute.
Ciao Roccia (Gabriele) vorrei rispondere a Silvia. Il mio parere al riguardo alle guide alpine, è che sono una ricchezza per noi italiani amanti della montagna in tutte le sue espressioni, e per questo ritengo che si!! devono essere uniti come in cordata e oltre. perchè essendo riconosciuti dallo stato come i soli e veri “esperti professionisti della montagna” dovrebbero loro dire l’ultima parola nella gestione dei parchi e delle montagne, ed essere uniti nell’amore e nel rispetto degli uni con gli altri, se una guida urla contro un ingiustizia dovrebbero fare fronte comune per farsi sentire, se uniti avrebbero una grande forza! e ritengo che l’amministrazine pubblica ascoltando i veri professionisti della montagna prenda le giuste decisioni.
Riguardo a Gabriele e Paolo sono due scalmanati inarrestabili, io tutte le sere sento Gabriele che mi dice che vuole andare a scalare questa e quella montagna, lui le vorrebbe farle tutte, in tutto il mondo, e mi domando se Paolo gli da un pò retta non sò chi li possa reggere, e dove possano andare a scalare le montagne.
Ciao
P.s. Dimenticavo di complimentarmi con il Sig. Michelazzi, l’unica Guida Alpina ad intervenire a sostegno di questa causa e ad averne compreso l’importanza e non solo nel suo significato intrinseco, con la solidarietà ad un collega e la comprensione di quanto sia grave la situazione descritta in se, ma ne ha colto altresì l’importanza per tutta la categoria delle Guide Alpine…
mi chiedo come mai le altre Guide rimangano in un assordante silenzio…forse pensano che questa sia una piccola disputa locale e lontana da loro?! Eppure è chiaro che trattasi solo della punta dell’iceberg…oggi questa situazione tocca un luogo ma domani, se non chiarita ed affrontata subito, potrebbe espandersi a macchia d’olio…non è solo la denuncia di un singolo, ma la rivendicazione dei diritti di un’intera categoria…ma il Collegio Nazionale delle Guide Alpine, perchè non interviene?
Non dovrebbe essere prerogativa esclusiva delle Guide Alpine il saper “fare cordata”…e le altre Associazioni del settore? Ed il CAI, che dopo la coraggiosa ed incisiva lettera al Ministero dell’Ambiente inviata dal suo Presidente Nazionale, per denunciare la mancanza di partecipazione e informazione nelle scelte del Parco, non ha più visto alcun intervento da parte delle Ass. CAI locali?!!! Perchè anch’esse non comprendono l’importanza di far sentire la propria voce?!!
Un saluto di nuovo a tutti
Ha ragione Luigi, Gabriele non è per nulla “normale” è speciale! e la sua ironia ci fa spesso limitati! Ad esempio quando magari gli si dice “sarebbe bello andare ad arrampicare li ma non c’è l’illuminazione”…o “sta per diventare buio” e lui ti risponde “embèh, a me che mi interessa?!!!!”
Gabriele vede con gli occhi del cuore, arriva dove altri che possono vedere “solo con gli occhi esteriori” non possono… è luminoso e illuminante x chi si confronta con lui…è come le montagne, una piccola roccia…chi lo vede arrampicare rimane sbalordito ed a volte non si rende conto nemmeno che non veda, tanta è la sua grinta e capacità nell’arrampicare!!!! quando è in parete è nel suo ambiente…a volte ti stupisce con i con i suoi consigli tecnici descrivendoti come e perchè devi fare un movimento, o dove e come fare dei passaggi in una via, perchè si ricorda la morfologia della roccia e ti dice quale presa o fessura utilizzare…uno “spiderboy” insomma… non mi stupirei se potesse un giorno insegnare, anzi, me lo auguro e lo ringrazio per l’esempio che ci fornisce tutte le volte che lo si incontra! Sei unico Gabriele!
Ritengo per questo inaccettabile che qualcuno che Amministra rischi di porre inutili ostacoli, compiendo scelte non oculate, che vadano ad aggiungere difficoltà laddove qualcuno come Gabriele ci abbia dimostrato che sono superabili, sconvolgendo quelle barriere e preconcetti dovuti ai nostri schemi mentali.
Con Paolo Caruso Gabriele sta acquisendo oltre alle nozioni tecniche del “metodo” pure la capacità di rendersi il più autonomo possibile nei movimenti, la libertà di muoversi e capire come è meglio agire…a che serve tanto lavoro se poi “altri” vanno a porre inutili complicazioni?!? in un secolo dove si parla di abbattere le barriere architettoniche…di “agevolare” qualche burocrate si permette ancora di inserire gratuitamente difficoltà e percorsi che non si capisce da quale ragionamento “logico” siano stati dettati…così invece che creare nuove speranze, sotto l’impulso di esempi come quello di Gabriele, vanno a complicare le cose…per tutti…addirittura discriminando un attività sportiva…
Vorrei tanto sapere da chi è partita l’idea di stabilire quali siano i sentieri da seguire per gli alpinisti per gli allontanamenti/avvicinamenti, è stata consigliata dal Collegio delle Guide Alpine delle Marche oppure è stata una creazione esclusiva dei “tecnici” del Parco????
Bravissimi Gabriele e Paolo per quello che fate.
Un saluto
Una giornata che vi assicuro mi ha insegnato davvero tanto. Grazie a questi Due scalmanati è stato bellissimo essere costretti, ahimè, dover infrangere alcune regole imposte dal Parco e proseguire per sentieri non autorizzati…
Gabriele non sta proprio benissimo; lo sapete cosa vi risponde se gli confidate di aver paura quando state affrontando un tratto più o meno esposto?? ( nel mio caso ) ” A Gì, chi se ne frega se è esposto!! Tanto io non ci vedo!! ”
Riflessioni continue e crescita personale diventano una routine!
Grazie.
Un saluto a tutti!
Conosco Paolo Caruso, come Guida Esperta e Alpinista di fama, ma ancor più come Educatore, Pensatore Libero, Uomo leale e di principio.
Conosco il meraviglioso Parco dei Sibillini e il suo tragico declino, lo stato di trascuratezza e abbandono, la triste recente storia di una gestione priva di lungimiranza e buon senso, la difficoltà per chi il parco vorrebbe viverlo e viverci, lavorando, nel pieno rispetto della natura.
Non ti ho mai incontrato, giovane Gabriele, ma con questo magnifico racconto mi hai commosso, per intensità, forza, profondità di riflessione.
Se metto insieme tutti questi elementi, confesso di non riuscire a capire il senso di quello che sta accadendo, e perché nessuno lo possa impedire. Il disorientamento è grande.
Nella nostra bella e immobile Italia, in cui politica e burocrazia avvolti a spirale divorano energie e ricchezza a discapito dei giovani, delle minoranze e dei disabili, di chi lavora e di chi il lavoro non l’ha, siamo ormai abituati a ben altro.
Ma credo che se queste storie, solo in apparenza “minori”, fossero note oltre la cerchia degli ” addetti ai lavori” o appassionati , di montagna in questo caso, se si potesse aumentare la cassa di risonanza, informando le Associazioni che operano sul territorio, nel Sociale, nella Disabilità, quanta più Cittadini possibile, forse le cose cambierebbero, partendo dal piccolo per portare il cambiamento grande, un po’ più di equità, di giustizia, e un po’ meno privilegi.
Finche pochi sanno, e chi racconta rimane da solo, le cose cambieranno troppo lentamente in confronto alla nostra vita.
Informiamo, diffondiamo questi racconti il più possibile.
Grazie Gabriele, e grazie Paolo per il vostro esempio.
Ringrazio Giorgio e Alessandra per i complimenti, ma io faccio solo quello che posso. Non mi preoccupo di sentirmi uguale ai “normali”, anche perchè per me la norma è la mia condizione ed eventuali stimoli non mi vengono tanto da un confronto con gli altri ma piuttosto per un impulso a fare e a fare meglio. Io credo che ogni persona può migliorare e ho capito che possiamo compensare i punti deboli migliorando ciò che funziona meglio. Di fatto per certi meccanismi siamo tutti uguali e funzioniamo allo stesso modo. La cosa più difficile e allo stesso tempo stimolante non è tanto o soltanto prendere le prese che ti vengono consigliate, ma trovarle da soli e capire come muoversi. Paolo è contrario a insegnarmi soltanto a muovermi in modo “telecomandato”, come dice lui scherzando per prendere in giro; il lavoro che stiamo facendo sulla tecnica serve a farmi sviluppare la capacità di essere il più possibile autonomo. Certo che dove ci sono pochi appigli e appoggi l’indicazione diventa importante ma comunque dopo averla trovata sono sempre io a cercare di capire come muovermi. Piuttosto, un lavoro importante che facciamo consiste nell’indicare il tipo di tecnica o progressione a seconda della disposizione delle prese, come quando una persona ti avverte che stai per avvicinarti a dei gradini da scendere. L’avvertimento è importante ma è altrettanto importante quello che devo fare io per capire dove esattamente sono i gradini e come scendere. Diverso sarebbe essere telecomandati come dei robot. Molte cose le ho imparate ma altre devo capirle meglio anche perchè il Metodo di Paolo è molto vasto e più vai avanti e più scopri aspetti nuovi e stimolanti che ti fanno intuire meglio la grande complessità del movimento.
Risfogliando “Favole al telefono” di Gianni Rodari, ho trovato una favola che mi piacerebbe far leggere ai signori del parco dei Sibillini, a Pinelli e alla signora di MW, sperando che ne possano trarre qualche insegnamento…….
STORIA UNIVERSALE
“In principio la Terra era tutta sbagliata, renderla più abitabile fu una bella faticata. Per passare i fiumi non c’erano i ponti. Non c’erano sentieri per salire sui monti. Ti volevi sedere? Neanche l’ombra di un panchetto. Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto. Per non pungersi i piedi, né scarpe né stivali. Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali. Per fare una partita non c’erano palloni: mancava la pentola e il fuoco per cuocere i maccheroni, anzi a guardare bene mancava anche la pasta. Non c’era nulla di niente. Zero via zero, e basta. C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare, e agli errori più grossi si poté rimediare. Da correggere, però, ne restano ancora tanti: rimboccatevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti!”.
Un saluto particolare a Gabriele e buona montagna a tutti.
Scorsolini Posho
Per Alberto:sarebbe bello in effetti che queste foto riuscissero nel miracolo di unire, anziché dividere…
E che al prossimo incontro o dibattito possano servire da esempio del fatto che anche chi pensiamo sia il meno adatto a salire una parete invece può darci lezioni enormi di rispetto, volontà e positività.
Caro Gabriele prima di tutto dammi del tu, “Noi” di Montagna siamo abituati così. Il lei lo riserviamo per le occasioni in cui dobbiamo relazionarci con i burocrati della Montagna, per rimarcare la differenza tra noi e loro. Veniamo all’acronimo, PNMS chiaramente è Parco Nazionale dei Monti Sibillini ex in quanto lo considero tale viste le vicende degli ultimi anni. Quindi propongo una nuova denominazione con l’acronimo PNMP: Parco Nazionale dei Monti (di) P_ _ _ _ che fai? Compri una vocale?
Buongiorno Gabriele
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io vorrei ringraziarti, perchè metti in crisi alcuni miei preconcetti.
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Sai, in questo blog, spesso diciamo “bisogna andare con le proprie gambe, non oltre al proprio limite”, e lo diciamo in contrarietà all’utilizzo dei mezzi motorizzati, gli impianti, le funivie, gli elicotteri, insomma tutto quello che permette di andare in un posto di montagna senza consapevolizzare il proprio fisico (e lo spirito).
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Ma ovviamente nel tuo caso siamo all’opposto: la tua consapevolezza fisica è molto maggiore di quella di molti “vedenti”, si sente. E per paradosso, tu sfati il mio pregiudizio di contrarietà al “no limits”, rivendicando giustamente una uguaglianza; mi pare tu abbia usato in tuo commento qualche giorno fà una frase del tipo: “voglio solo essere uguale” (vado a memoria).
Non hai che ragione.
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La cosa molto bella del tuo alpinismo è il “by fair means” cioè l’andare con “mezzi leali”, TOTALMENTE leali! 🙂 tu, il tuo compagno di cordata, ed a pensarci bene non credo abbiate fatto cose molto diverse da quelle che si fanno in cordata tra vedenti; la conserva la si fa tutti dove serve, e tutti si dice: “metti un piede qui, guarda che sopra a destra c’hai una bella maniglia”.. solo un mio amico non più su questa terra si arrabbiava quando gli davo consigli sui movimenti…
E’ vero sai, i terreni facili sono quelli sempre insidiosi 🙂 ne so qualcosa…
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Le foto che ti ha fatto Paolo qui pubblicate sono tutte stra-bellissime, ma ce ne è una che a me piace in particolare e ti vorrei dscrivere, è quella meno alpinistica: ritrae te e Paolo in vetta vi stringete la mano, le mani. E dietro ci sono delle nuvole che nascondono quasi totalmente la valle. Non c’è nemmeno più la montagna, ci siete voi due. tutti e due legati ognuno da una corda che va tesa verso il fotografo… uguaglianza & amicizia. Grande! Grandi!
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Anzi è l’ultima foto che è di imbarazzante potenza: ritrae semplicemente dei camosci che sbucano da dietro una zona d’ombra, al ridosso di una zona illuminata dal sole. Non guardano nemmeno verso il fotografo, ma fingono distratto disinteresse per quello che gli umani fanno attorno a loro…
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P.S. Le Guide Alpine dovrebbero farsi pubblcità a questo modo di essere maestri d’alpinismo… ergo: Paolo Caruso for president
respect
Per Gabriele: non trovo parole adatte per esprimere la mia ammirazione e stima per i risultati raggiunti. Stima che va naturalmente anche al tuo amico e maestro. Mi sono commossa, vedendo le foto della tua salita. Motivo in più perché questa stupida storia dei divieti finisca.
Per Franco Perco: provi ora a proiettare di nuovo delle immagini come quelle che ha mandato a Norcia!!
Spettabile signor Alessandro Fabrizio vorrei qualche indizio sull’acronimo :PNMP in modo da capire più dettagiatamente di che si tratta
Conosco Gabriele da ormai un anno, devo ammettere che mi sono molto affezionato a lui, non solo per la bella persona che è, ma soprattutto per la grande energia, positività e ottimismo col quale affronta ogni singolo aspetto della vita. E’ anche una persona molto curiosa, intraprendente, e devo ammettere che questa sua enorme passione che ha verso l alpinismo, lo sta anche migliorando e forgiando in aspetti del suo carattere e della sua personalità.
E’ già molto bravo, merito sicuramente anche della bravura e passione che gli ha trasmesso Paolo Caruso, e secondo me lo diventerà molto di più. Nonostante il suo deficit visivo, Gabriele ha molto da insegnare a noi tutti, sul valore della vita e su come si possa raggiungere attraverso costanza, sacrifici e passione risultati anche insperabili. Ora essendo io un pò al di fuori del mondo dell’ alpinismo e delle relative regolamentazioni, poco posso dire al riguardo. Ma posso senz’ altro mettere la mano sul fuoco sulla professionalità di Paolo Caruso e sul profondo rispetto per la natura che nutre, sia lui che Gabriele stesso.
Quindi invito tutti a mettersi una mano sulla coscienza e fare in modo che sia Gabriele che tutti coloro che amano la montagna, la natura e la roccia , possano liberamente andare dove meglio credono senza troppe restrizioni.
Paolo Caruso con la sua iniziativa ha dimostrato che in Montagna non solo non ci sono differenze sociali ma che addirittura i limiti fisici, che nella vita di tutti i giorni ci pongono limitazioni, possono essere superati ed annullati. Grandissimo rispetto e complimenti per Gabriele che in pochissimo tempo e’ arrivato ad un livello al quale io da persona “normale” sono giunto dopo anni ed anni di pratica ed esperienza. Massimo biasimo per l’operato del nuovo PNMP (ex PNMS).
p.s. per leggere gli acronimi pensate ad alcune parole chiave ed utilizzate la sottile arte del dileggio.
Paolo invia queste foto e i pensieri di Gabriele ai Signori del parco in modo che ci possano riflettere un pò sopra…..se hanno un pò di anima e sentimento.
Che un ragazzo giovanissimo si appassioni così grandemente all’arrampicata ed alla montagna in genere fa sempre piacere, che questo ragazzo, coi limiti dettati dalla sua condizione disagiata, esprima questa passione senza nulla chiedere se non di avere il diritto (peraltro naturale), di viverle senza imposizioni, che arbitrariamente (senza alcuna reale esigenza di pubblica utilità come si evince dall’articolo precedente in merito) vengono imposte, fa anche più piacere!
L’arbitraria decisione del Parco di chiudere o limitare agli alpinisti la fruizione dello stesso per le attività che li coinvolgono e non solo ma addirittura rendere obbligatori per questa specifica categoria, l’utilizzo di precisi percorsi al di fuori delle normali rotte, lo vedo come una discriminazione razziale (seppure si parli di categorie sportive) alla stregua di “Bar vietato ai negri!”.
I “Signori” del Parco col loro operato in tal senso sono riusciti a rendere discriminante un’attività sportiva alla stregua appunto di discriminazioni operate per motivi razziali!!!
Come si può evincere dai commenti nel precedente articolo (MONTI SIBILLINI: QUANDO TORNERÀ IL SERENO?), aspettarsi che associazioni un tempo vigili ed attente a questi problemi , intervengano a sostegno di una denuncia sacrosanta come quella esposta da Paolo Caruso, è pura fantasia, anzi sembra al contrario che si operi per dare sostegno all’operato scellerato di piccoli poteri garantiti da una facciata istituzionale.
Personalmente credo che la questione, a questo punto, travalichi una situazione di percorribilità di un territorio protetto e si ponga in un ambito molto più complesso che riguarda la lesione dei diritti umani (come esposti dall’assemblea di Parigi del 10 Dicembre 1948) e apra prospettive di querela in altri complessi ambiti della violazione dei diritti naturali.
Unico appoggio a Paolo Caruso (quantomeno ad ampio spettro) questo blog ed il suo moderatore, il quale rappresenta anche quel recentissimo “Ossevatorio per le libertà in alpinismo”.
Mi viene perciò da chiedere se, e nel caso come, intenda muoversi a questo punto, l’Osservatorio, il quale rappresenta più o meno tutte o quasi, le parti ufficiali di fruitori dell’ambiente alpino ed affine?
Allo stesso modo mi farebbe piacere capire che cosa ne pensi il CONAGAI, visto che la questione interessa fortemente anche l’ambito professionale delle Guide Alpine ed il libero esercizio della professione.
Una discussione anche se coinvolgente ed ampia come quella che sta avendo vita qui sul blog credo che a questo punto non basti più e si debba ricorrere a sistemi più diretti a sostegno appunto della coraggiosa denuncia esposta da Caruso.