Ridi oggi, ridi domani…

Metadiario – 235 – Ridi oggi, ridi domani… (AG 2001-005)

Ho un ricordo particolare delle escursioni fatte in quel periodo di inizio estate 2001 allo scopo di fotografare montagne per I Grandi Spazi delle Alpi. Cercavamo di cogliere tutte le occasioni di bel tempo che il meteo ci prospettava. In particolare fu davvero intensa l’uscita fatta da me, in solitaria, nel Defereggergebirge. Furono due giornate passate in zone estremamente solitarie, anche perché non ancora in stagione. Il 23 giugno salii alla Seespitze 3021 m per la via normale da St. Jakob 1389 m; e il giorno dopo all’Hirschbicht 2664 m dai pressi del valico stradale della Staller Sattel 2052 m. Il primo giorno di luglio mi feci accompagnare da Guya al rifugio Larcher (da Malga Mare), poi proseguii da solo fino in vetta alla Cima Nera di Val Venezia 3037 m, per la cresta sud, per poi proseguire per cresta detritica (sud) fino alla Quota 3164 m, situata sullo spartiacque, tra la Forcola e il Passo Vedretta Alta. Indi discesa al Lago della Marmotta e al rifugio Larcher. Assieme a Guya escursione fino al Lago del Càreser e discesa finale fino a Malga Mare.

L’Oberseitsee, ancora ghiacciato, è un balcone sulle Deferegger Alpen e perfino sulle Dolomiti.
Seespitze e Seespitzehütte, Tirolo orientale, Defereggergebirge.

Ci fu un rapido ritorno a Milano, poi qualche ora di sonno e al mattino molto presto ripartii per Courmayeur. Qui mi attendeva una conferenza mattutina, organizzata da Alberto Carpaneto, per la riunione plenaria della CEIE Tunnel Mont Blanc al Centro Congressi. Dopo più di due anni e mezzo di chiusura il tunnel stava per essere riaperto a ottobre, grazie agli sforzi della nuova impresa franco-italiana nata dalle ceneri delle due società che, fino al disastro del 24 marzo 1999, gestivano separate l’impianto. L’assemblea di tutte le forze in organico, oltre alla Presentazione della nuova Società di gestione del Traforo a tutto il personale con l’obiettivo di fornire informazioni, coinvolgere, far discutere tutto il personale sulla fase di avvio operativo della Società, contemplava a fine mattinata e prima del pranzo sociale una mia lezione sulla “cordata in montagna”, proprio per sottolineare l’importanza dell’essere ora assieme nel gestire un’opera così importante. Mi sentivo molto compreso in questo compito, alla ricerca di analogie a volte evidenti a volte meno, di fronte a tutti i 120 dipendenti (di tutti i livelli: dai manutentori agli impiegati amministrativi, dagli operai ai casellanti).

I punti fondamentali del mio intervento sono stati:
– andare in montagna e condividere una meta e un obiettivo con altri alpinisti: il valore del gruppo e del lavoro di squadra;
– le spedizioni internazionali: condividere un’impresa con alpinisti di altre nazionalità e di altre lingue;
– la sicurezza quando si va in montagna: la coscienza del pericolo, l’uso intelligente della tecnologia e dell’esperienza per ridurre e prevedere i rischi;
– passione ma anche organizzazione sono indispensabili in montagna;
– senza allenamento e preparazione non si fa nulla.

Vetta della Cima Nera

Per le sue caratteristiche di abitabilità l’Ötztal fu colonizzata assai presto, sia dal nord che dal sud. Ancora oggi, per i diritti di pascolo acquisiti, i pastori della Val Senales conducono a ogni inizio estate migliaia di pecore, attraverso l’Hochjoch, in un alpeggio vicino a Vent. E il passaggio dello spartiacque affonda le sue origini nella notte dei tempi, come dimostra il recente ritrovamento dell’uomo mummificato di Ötz. Anche il commercio si sviluppò con la Val Senales e con la Val Passìria: i commercianti di Sölden già dal 1320 potevano, con la costruzione della mulattiera del Timmelsjoch (Passo del Rombo), vendere tessuti di lino sulle piazze di Bolzano e Firenze. Il parroco di Vent, Franz Senn, dal 1861 si occupò della costruzione delle strade, propose la costruzione di rifugi alpini e praticò alpinismo: fu lui il vero iniziatore del turismo in Ötztal, una regione con circa 250 vette superiori ai tremila metri.

Oggi, accanto alle assai discutibili mega-realizzazioni di impianti sui ghiacciai, la valle cerca di essere leader nel campo della protezione ambientale. Il progetto Green Force è ambizioso: tramite il coinvolgimento dei turisti e l’istituzione di uno speciale corpo di guardie ecologiche si vuole ridurre il traffico, l’inquinamento acustico, migliorare lo scarico delle acque, mantenere l’aria pulita. Tutto ciò è assai lodevole e se ne vedono i risultati, ma occorrerà tenere a bada l’avidità degli imprenditori turistici, un compito assai difficile viste le imponenti strutture per il turismo di massa di cui l’Ötztal si è dotata.

Ötztal, chiesetta di Maria Schnee

La sera di sabato 7 luglio 2001 giungiamo a Sölden, il capoluogo della Ötztal (Tirolo). Siamo accolti da Frau Klotz, che con il marito gestisce il Chrisantenhof in Unterwaldstrasse. Gentilmente ci mostra i nostri regali appartementi, la cui presa di possesso comporta qualche problema. Oltre al soggiorno e stanza matrimoniale, ci sono altre due camere a due posti ciascuna che però hanno ingressi separati e distinti da quello principale. Oltre alla gatta Tara, che suscita sempre un ammirato sgomento, siamo in cinque, perché c’è anche Alessandra Thiele. Lei e Petra, quasi coetanee, vogliono stare assiem,e dunque Elena dovrà dormire da sola ed è prevedibile che questo non vada benissimo…

Stuibenfall, la più alta cascata del Tirolo

La sera, dopo la buona notte e quando stiamo per addormentarci, Elena entra chiedendoci se può dormire con noi perché in quella stanza da sola ha paura. Dopo un po’, dal suo racconto, scopriamo che le due streghine l’avevano terrorizzata con racconti di fantasia su vecchie megere e diavoli cattivi che girano per le montagne. Sono tentato di andare a redarguire duramente Petra e Alessandra, che di certo in questo momento se la stanno ancora ridendo, ma poi rinuncio e faccio spazio alla povera Elenina. Ne riparleremo domani…

Petra ed Elena sotto la fine acquerugiola della Stuibenfall
Salita alla Breslauer Hutte, Ventertal (Ötztal)

La mattina dopo mi alzo presto, ma vedo subito che il tempo fa abbastanza schifo. Salgo in auto e, senza pagare il pedaggio che a quest’ora è ancora chiuso, salgo agli impianti del Rettenbachferner: questi sono deserti, d’estate non funzionano. Con un lungo tunnel mi sposto sull’altro versante per dare un’occhiata agli impianti del Tiefenbachferner: anche questi sono fermi, ma tra poco apriranno la loro attività giornaliera. Nebbie vaghe vanno e vengono, me ne vado quasi subito di fronte allo scoraggiante piazzale. Un po’ di sole m’incoraggia a salire a Hochsölden, ma non v’è alcun motivo per salire il Soeldener Grieskogel o per raggiungere il Berglersee: nuvole ovunque, grigio. Nel pomeriggio scendiamo la valle fino a Umhausen e alla bellissima cascata Stuibenfall, la più alta del Tirolo: prima la vediamo da un belvedere dall’alto, in lontananza, poi vi saliamo dal basso. Non riusciamo ad avvicinarci più di tanto e ci bagniamo senza rimedio. Quando vedo che Elena e Petra nell’acquerugiola sospesa cominciano a battere i denti, rinuncio ad una fotografia correttamente eseguita per evitare polmoniti.

Poco sopra Stablein (Ventertal), i giochi di Petra, Elena e Alessandra
Poco sopra Stablein (Ventertal), i giochi di Petra, Elena e Alessandra. 9 luglio 2001.

Il 9 luglio ci rechiamo a Vent e, con la funivia, a Stablein. Da lì ci alziamo per circa 200 metri nella luce del pomeriggio verso la Breslauer Hütte. Ci divertiamo a far foto un po’ diverse dal solito: su un prato, con lo sfondo della valle e delle montagne, Elena fa la spaccata, Petra l’esercizio del «ponte», Alessandra fa la «ruota». La regia di tutto questo movimento è mia, compito ben difficile data l’indisciplina congenita che caratterizza le mie figlie e, a quanto pare, anche la loro amichetta.

Poco sopra Stablein (Ventertal), le due teppistelle Alessandra ed Elena
Poco sopra Stablein (Ventertal), le due consumate attrici Petra e Alessandra

Il mattino dopo, date le buone previsioni, vorrei catturare l’immagine panoramica dallo Pitztalerjoch sui ghiacciai della Braunschweiger Hütte e della Wildspitze. Di buon’ora oltrepasso gli aperti caselli del pedaggio e vado a posteggiare, accanto a un’altra auto, sull’ampio piazzale alla base del pendio di neve che conduce allo Pitztalerjoch: vedo tre austriaci che stanno già salendo al sole e tra poco arriveranno al colle. La Wildspitze è avvolta in una nuvola, il ghiacciaio sotto di me è ancora troppo in ombra, come pure la Braunschweiger Hütte ed il vicino laghetto. Aspetto a lungo, i tre giovani austriaci non hanno alcuna intenzione di andarsene, mentre arrivano le prime comitive. Fa anche un bel freddo e tira vento. La gente arriva anche in pantaloncini corti, qui al colle si copre in fretta e furia. Qualche parola, qualche risata, poi di nuovo giù di corsa, o di qua o di là. Alla fine sono premiato anch’io, la nuvola della Wildspitze si dissolve, ghiacciaio, rifugio e laghetto sono alla luce ancora radente del sole.

Dal Pitztalerjoch verso Wildspitze (a sinistra), Mittelbergferner e Watzesspitze
Poco sopra Stablein (Ventertal), Elena (la “vittima”)
Poco sopra Stablein (Ventertal), Alessandra

Quella mattinata le bambine approfondiscono la conoscenza con la famiglia Klotz: il bambino di quattro anni è entusiasta e porta le nostre in giro turistico per tutta la casa. Al momento di buttare i barattoli vuoti dei succhi di frutta gentilmente offerti lo vedono gettare il tutto nell’auto del padre, una vecchia Volkswagen, che in effetti, a ben guardare, era piena di rifiuti. Il tanfo che emanava sottolineava che la vettura era in quelle condizioni da settimane. Tanto la parte della casa da loro abitata e gli appartamenti per gli ospiti erano puliti con scrupolo quanto invece l’auto era un ricettacolo di spazzatura. Una famiglia simpatica tipo hippy, con la mamma che a volte sorprendiamo con due sigarette accese, una tra le labbra e una in mano… La visita dei quattro fanciulli ha termine con una rotolata per gioco nella stalla, dove però il fieno non era così pulito. Quando torno a casa dalla mia escursione, Guya è ancora impegnata nel lavaggio approfondito di tre bambine puzzolenti.

In seguito il tempo si guasta, perciò il resto della giornata è dedicato ad un giro turistico, per vedere le belle case di Ötz e di Umhausen, ma anche la bella chiesa parrocchiale di Längenfeld o ancora la chiesetta di Maria Schnee, immersa nei prati e sorvegliata da due alti pioppi.

Poco sopra Stablein (Ventertal). Foto: Alessandra Thiele.
Guya e Alessandro. Foto: Petra Gogna.

Alla sera da Vent 1896 m mi avvio da solo verso la Martin Busch Haus 2501 m, dove ho appuntamento con Brigitte Grüner. Alle otto e mezza arriva, con la jeep del rifugio. È innamorata del suo lavoro, l’accompagnatrice sui sentieri di montagna. Le chiedo dei gruppi che conduce, cosa gli fa fare, come se li procura, come reagisce la gente di fronte al suo entusiasmo: «La gente mi chiede se non mi stufo mai di vedere sempre le stesse montagne… gli rispondo che le montagne non sono mai le stesse veramente… e anche la compagnia ogni volta è diversa; e poi non è vero che vado sempre negli stessi posti, anche se l’Ötztal ha sempre un posto privilegiato nel mio cuore». In genere non domando mai certe cose, ma di fronte ad un ottimismo così genuino, le chiedo se comunque non esiste una montagna diversa dalle altre, per lei… «La Weisskugel (Palla Bianca) è la mia montagna… lì mi sono innamorata di Alois, mio marito». Anche la custode del rifugio, pur essendo molto riservata, è assai simpatica e gentile e dopo la lauta cena non vuol sentire d’essere pagata.

Il mattino dopo troviamo, alle 4.30, il tavolo imbandito con la nostra colazione. Un alpinista austriaco, che la sera prima leggeva tranquillo un libro mentre la moglie si spupazzava il figlioletto, è lì a prepararsi per salire da solo il Similaun. Anche se non sono tanto d’accordo su questo sistema di andare in montagna (sono l’ultimo a poter insegnare qualcosa in questo campo), propongo a Brigitte di offrirgli parte della nostra colazione. Questa è assai gradita dal nostro, che ci ringrazia di cuore. Beh, ora che la buona azione l’abbiamo fatta, possiamo partire. Fuori è ancora buio, ma il cielo brilla di stelle. «Quando noi saremo in cima, la gente farà colazione al rifugio!», sono le ultime parole di Brigitte prima di iniziare a passo di carica il nostro cammino.

Brigitte Grüner sale alla Kreuzspitze, assieme alle onnipresenti pecore. Vista su (da sinistra) Hintere Schwarze, Marzellspitze, Similaun, Nieder Joch, Hauslab Joch (luogo di ritrovamento dell’Uomo di Oetz), Hauslabkogel e Saykogel.
Salendo alla Kreuzspitze (Ötztal): Samoar See con (da sinistra) i versanti nord dell’Hintere Schwarze, Martellspitze, Similaun e Nieder Joch.  A destra della depressione è l’Hauslab Joch (luogo di ritrovamento dell’Uomo di Ötz), poi sono l’Hauslabkogel e il Saykogel.

Un buon sentiero ripido ci porta nei pressi del Sambar See, dove l’alba ci coglie preparati alle fotografie, assieme ad un gregge di pecore. Poi continuiamo, oltrepassiamo una strana formazione di sassi piantati verticalmente nel terreno dai pastori, raggiungiamo i primi nevai e, nella gloria di un sole bellissimo, saliamo l’ultima cresta di neve fino alla vetta della Kreuz Spitze 3455 m, da cui si gode un panorama decisamente particolare.

Brigitte Grüner in salita verso la Kreuzspitze: uno sguardo verso la Karlesspitze.
Brigitte Grüner nei pressi della vetta della Kreuzspitze: uno sguardo verso la Wildspitze.
Brigitte Grüner quasi in vetta alla Kreuzspitze
Brigitte Grüner è quasi arrivata alla Martin Busch Haus
Ilse Scheiber (custode della Martin Busch Haus) e Brigitte Grüner (a destra)

In discesa, ancora grandi chiacchierate, ma questa volta sono io a raccontare di più. Dopo l’accoglienza sempre discreta della custode del rifugio Ilse Scheiber, ecco l’incontro con due guardie ecologiche e con il loro splendido cane pastore tedesco. Poi ancora racconti, la promessa di mandarle un CD con alcune delle foto di oggi in alta risoluzione, l’invito a cena a lei e Alois per venerdì…. E quando siamo quasi arrivati a Vent, passando sui prati accanto ad un minuscolo impianto di risalita, Brigitte si lascia andare ancora una volta: «Io e mia sorella venivamo qui su questo ski-lift, Alois era sempre qui e ogni volta che ci vedeva si metteva a ridere… lo conoscevo appena, ma ridi oggi ridi domani, alla fine funziona…».

Schönwieshütte e la Rotmoostal, verso il Kirchenkogel

Il 12 luglio tutta la squadra si muove da Obergurgl alla conquista funiviaria dell’Hohe Mut 2653 m. Giunti in discesa all’incantevole Schönwies Hütte 2266 m non riesco a convincerle a proseguire. Così le lascio in ozio e proseguo da solo per la Langtalereck Hütte 2430 m, dove peraltro il tempo fetido non mi lascia produrre molto.

Elena, Petra e Alessandra nei pressi della Schönwieshütte

Il giorno dopo ancora escursione solitaria. Parto da un posteggio a 2500 m e salgo fino allo specchio lacustre dello Schwarzsee 2799 m, incastonato tra il Rotkogel 2947 m e lo Schwarzekogel 3016 m. Il pomeriggio è nuvoloso ma le previsioni non danno pioggia. Così conduco tutta la renitente squadra a provare a salire una via ferrata, la Jubilaeum Klettersteig (nei pressi di una grande e rumorosa cascata, la Lehne Wasserfall). L’esperimento fallisce miseramente dopo solo una trentina di metri faticosi, conquistati a suon di imprecazioni e pianti disperati, a dispetto delle perfino eccessive misure di sicurezza da me adottate.

Nei pressi di Obergurgl (Oetztal). Elena, Petra, Alessandra e Guya.

Ma la giornata non è finita. A dispetto del divieto ricevuto, e a nostra insaputa, Alessandra e Petra fanno i salti sul loro letto neppure fosse un tappeto elastico. Questo, dopo una decina di minuti di violente sollecitazioni, cede di schianto: ne sentiamo il rumore dai nostri locali, mentre Guya prepara la cena ed io scrivo appunti a computer. Andiamo a vedere cosa è successo e veniamo accolti dal pianto dirotto delle due disperate che temono punizioni tipo quella subita all’Isola d’Elba per i paguri. Evitiamo le botte, ma l’incazzatura è ad alto livello. Le doghe di legno del letto si sono spaccate quasi tutte, piazziamo il materasso con il piumone direttamente sul pavimento. Meno male che Brigitte e Alois hanno dovuto declinare il mio invito a cena, pertanto in un silenzio di tomba rimandiamo la resa dei conti alla mattina dopo, giorno della nostra partenza. L’unica è quella di Guya: “Elena, ma perché questa volta non mi hai chiesto chi è stata la più brava oggi?”.

Una mezza folla all’attacco della via ferrata del Jubilaeum.

E’ sabato, dunque Herr Klotz è a casa. Lo chiamiamo per mostrargli il danno, vergognosi e pronti a chiedere quanto dobbiamo per il risarcimento. Petra ed Alessandra non hanno neppure il coraggio di guardarlo. Invece il padrone di casa scoppia a ridere di gusto e ci dice che per uno come lui che sa lavorare il legno non è difficile quella riparazione, e in più è anche assicurato per i sinistri procurati dai clienti!

Dopo la settimana in Ötztal, con Mario Pinoli e Marco Preti andammo alla prima stazione della funivia della Marmolada per scendere nel Canalone del Gigio e documentarne lo stato, a tredici anni di distanza dalla mia ultima visita. Questo in previsione della bonifica, prevista per il 2002.

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Ridi oggi, ridi domani… ultima modifica: 2014-10-30T07:30:42+01:00 da GognaBlog

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