Un fuoriclasse dell’alpinismo, un personaggio eclettico, un artista, non solo della roccia, che ha firmato capolavori soprattutto nel Gruppo Castello Provenzale, in Valle Maira. Incontro con un mito senza tempo che veleggia verso i 68 anni con l’entusiasmo e la curiosità di un ragazzino, e il sorriso sornione di un apache…
Sergio Savio, l’indiano
di Maurizio Oviglia
(pubblicato su Alpidoc n. 110)
Cammina davanti a me sul sentiero. Indossa una felpa leggera azzurro puffo, pantaloni in pile ormai consunti. Capelli lunghi, grigi, raccolti in una bandana colorata, da lui stesso disegnata per il trentesimo compleanno dei Percorsi Occitani. Pelle bruciata dal sole. Nei piedi ciabatte semidistrutte. Il passo regolare, vagamente strascicato, punta dritto alla Torre Castello, che ha salito probabilmente migliaia di volte. Come mi dice lui stesso, è una specie di rituale. «Preferisco venire qui, fare cento volte la Superfigari, piuttosto che andare da un’altra parte. Sono un po’ abitudinario ormai, su quello che non conosco mi trovo meno bene… O qui o in Verdon, dove non mi stancherò mai di andare».
Quando parla delle mitiche gorges, gli si illuminano gli occhi. Intanto siamo all’attacco della Est della Punta Figari. «Sergio, ma che via facciamo?»
«La mia, dài, l’ho aperta tre anni fa da solo (si tratta della via Cioia, NdR)… Non trovo mai compagni in questa valle: uno ha smesso, l’altro ha mal di schiena, l’altro è troppo impegnato. Ma io voglio arrampicare, devo arrampicare!»
Si infila le scarpette dove abbiamo lasciato gli zaini. Poi li appende a una roccia per non farli rosicchiare dalle marmotte.
«Te li distruggono, sai? Queste bastarde arrampicano anche, lo sapevi? Una volta ne ho vista una salire una fessura verticale!»
Si muove sicuro sulle zolle d’erba fino all’attacco, poi mi cede le corde. I suoi rinvii sono piuttosto datati, mi mostra due moschettoni vecchi uniti da un kevlar, come si faceva negli anni Ottanta.
«Perché lo guardi così? Cos’è che non va? Tiene 3000 chili, il kevlar, si rompe prima il moschettone…»
Salgo, la via è verticale e impegnativa, gli spit sono regolari a cinque metri. Qualche volta anche più lontani, devi cercare la direzione. Su questa quarzite sembra tutto maledettamente uguale. Scalo felpato, tastando le prese.
«Quello spit l’ho piantato a mano, sai? Diciotto minuti, non molto di più che sul calcare, dove invece impiego quindici minuti.»
«Ma dove ti fermi?» chiedo. «Hai i cliff?».
«Sì, certo, ma autocostruiti. Ganci ricavati da un aratro o da una motosega, a casa faccio di tutto…»
Ci diamo il cambio, sul secondo andrà lui. Scala bene, sicuro, ma poi si blocca su un passaggio.
«Qui non mi ricordo, perché non mi ricordo?».
Prova vari metodi, rimane sulle prese, senza mai appendersi o retrocedere… Che resistenza, penso, alla sua età!
«Qui lo spit è un po’ alto, dovrei prendermela con me stesso, lo so…». Finché passa un cordino intorno a uno spuntoncino e trova il coraggio di fare il passo.
Proseguiamo con arrampicata sempre impegnativa fino in cima, sull’affilata cresta della Figari. Vorrei scattare una foto, ma ho timore che gli dia fastidio, sapendo che potrei pubblicarla sui social. O forse manco ci pensa ai social, lui: probabilmente sa a malapena che esistono…
«Hai visto per caso se questa tua via c’è su Gulliver?» gli butto lì. «Magari hanno lasciato dei commenti… forse ti può far piacere leggerli. Ti interessano?».
«Cos’è Gulliver? Io non so neanche accendere un computer… Qualche volta Monica va su internet, mi dice delle cose… I gradi? Non sono così importanti, si cambiano, c’è sempre tempo».
«Sono stanco, proprio stanco…» confesso. «Non ho recuperato da ieri».
«Dai, però, la via l’hai scalata bene! Un po’ al limite sul tiro di 6c, ammetto.»
Ci caliamo dalla parte opposta, camminiamo slegati su una stretta cengia fino alla forcella. Mi indica vie dimenticate, inghiottite dal tempo, cose che si potrebbero aprire. Mi parla di personaggi del passato, qualcuno è troppo vecchio e non scala più, qualcuno continua ancora, come noi.
«Vedi, anche quella si potrebbe fare. Poi si potrebbe aprire quel muro giallo, prima che non ce la faccia più».
Ci caliamo in un canale. Mi domando perché non siamo potuti scendere comodamente lungo la via in doppia. Avremmo potuto lasciare le scarpe alla base senza portarle attaccate all’imbrago. Sergio mi legge nel pensiero: «Ah, scusami, non ci ho pensato proprio, io faccio sempre così… Hai ragione! Avremmo potuto scendere lungo la via!».
Ogni generazione hai i suoi miti. Con la differenza che, quarant’anni fa, originavano da una semplice fotografia di un libro di successo, anziché da un selfie o da un video sui social. In quegli anni il libro di Alessandro Gogna Cento nuovi mattini era divenuto per la mia generazione una vera bibbia: Alessandro aveva avuto la geniale idea di proporre una selezione di vie (che sarebbero poi diventate mitiche) affiancate da fotografie a piena pagina.
I personaggi ritratti in quelle foto erano, a ben vedere, dei semplici arrampicatori di quegli anni. Loro stessi non immaginavano che, senza saperlo, sarebbero diventati famosi. Il volume entrò nella libreria di tanti ragazzi come me, che cominciarono a sognare su quelle pagine e si convinsero che quegli alpinisti fossero dei veri fuoriclasse. Diversamente, non si spiegava perché Gogna avrebbe dovuto pubblicarli su un libro, a fianco a quelle vie. Tra essi c’erano degli arrampicatori già relativamente noti, come Manolo, Roberto Bassi, Ivan Guerini, ma ce n’erano anche tanti altri sconosciuti, di cui noi ragazzi non avevamo mai sentito parlare. Osservavamo le immagini fin nei minimi particolari e sognavamo, oltre che di ripetere quelle vie, di poter un giorno incontrare dal vivo i soggetti di quelle fotografie. Negli anni a venire, mi è poi capitato di imbattermi in alcuni di loro, qualche volta anche di arrampicarci insieme. Ma altri sono rimasti dei miti evanescenti, tanto da chiedersi: saranno esistiti davvero?
Nel libro Sergio è ritratto a fianco alla scheda della via Superfigari in Valle Maira. Lunghi capelli sciolti, fascia per tenerli raccolti (come molti portavamo a quei tempi), in libera con apparente tranquillità su un settimo grado. Allora una difficoltà di massimo rispetto, riservata solo ai migliori. Molti di noi avevano provato a cercare informazioni su quel personaggio, ma si erano arenati nel vuoto più totale: nessuno lo aveva mai visto, non si sapeva dove vivesse, né che cosa facesse. Forse era anche un apritore di vie, in ogni caso non pubblicava mai niente.
Ciò non fece altro che alimentare il suo mito, che tale mi portai appresso negli anni fino a che un giorno, trent’anni dopo, lo incrociai per caso sulla via Le Dos de l’Elephant in Corsica. Davanti a una birra al Col de Bavella, mi sono ricordato di quella fotografia e ho ricollegato le cose.
Ci dice che vive a Marmora e gestisce un bed and breakfast con la sua compagna. In una borgata appena sopra quella dove era nato mio zio, e dove ho trascorso molte delle mie vacanze di ragazzino. Oltre a questo, realizza ceste, scolpisce, dipinge, coltiva la terra, conducendo una vita il più possibile frugale a contatto con la natura. Arrampica ancora, in ogni minuto di tempo libero. Il suo aspetto non è cambiato negli anni, intendo rispetto a quello che ai tempi avevamo potuto desumere da quell’iconica fotografia: somiglia un po’ al Manolo anni Ottanta, somiglianza certamente non voluta.
Oggi, invece, sembra piuttosto un indiano apache in canottiera, scheggia vivente di quegli anni catapultata ai giorni nostri, come se il tempo non fosse passato.
Maurizio Oviglia
Nato a Torino nel 1963, è cresciuto a San Secondo di Pinerolo, dove all’età di nove anni ha incominciato ad andare in montagna con il padre. A ventun anni ha già salito le vie più difficili delle Alpi Occidentali, sia di ghiaccio sia di roccia, e compiuto alcune solitarie molto impegnative, spesso senza corda. Nel 1984 viene chiamato per il servizio di leva in Sardegna. Nel giugno 1986 si trasferisce definitivamente a Cagliari, dove nel tempo libero si dedica all’apertura di vie sportive nelle falesie dell’isola.
È autore di numerosissime guide, del sito pietradiluna.com, e collabora, tra le tante testate, con planetmountain.com. Iscritto al CAI dal 1974, dal 1993 è Accademico per meriti alpinistici. Dal 2012 è Istruttore Nazionale di Arrampicata Libera e membro della Scuola Centrale Nazionale.
Sulle orme dell’amico geniale
(che liberò il Corvo bianco)
di Giovannino Massari
(pubblicato su Alpidoc n. 110)
La Via del Corvo bianco percorre la sezione sinistra della parete della Punta Figari, nel Gruppo Castello Provenzale, ed è caratterizzata da marcati diedri rossicci interrotti da notevoli tetti; l’audace linea si snoda attraverso le larghe fessure che si insinuano serpeggianti negli strapiombi, consentendo agli scalatori di vincere la gravità anche dove questa sembra non dare nessuna possibilità d’uscita all’essere umano.
In una delle mie frequenti salite in Valle Maira, mi trovai ad affrontare la salita del suddetto itinerario in compagnia di Fulvio Sclavo e di Gian Piero Turco; entrambi vecchi amici e validi compagni di scalata.
Questo percorso, piuttosto temerario per l’epoca, fu concepito e realizzato dal trio vincente Sergio Bottaro, Gian Carlo Grassi, Alessandro Nebiolo nel 1973, con abbondante uso di mezzi artificiali e con l’ausilio di poderosi cunei di legno per superare le larghe fessure di quarzite rossastra.
In seguito, sul finire degli anni Settanta, la via fu percorsa in libera dal mitico Sergio Savio, personaggio simbolo del vento nuovo che soffiò forte in quegli anni; vento che rese l’arrampicata finalmente libera dagli stereotipi di un alpinismo fatto di regole e velate imposizioni ormai fuori tempo massimo, visto anche il clima di ribellione e di presa di coscienza individuale variamente e liberamente interpretata nel post Sessantotto.
Sergio non rappresentava però nessuno dei cliché precostituiti, e anche se in apparenza sembrava un “californiano”, con lunghi capelli trattenuti da una fascia, in realtà incarnava, in arrampicata, il più puro spirito del montanaro di poche parole e molti fatti, legato ai suoi luoghi e alle sue tradizioni, con una grande indipendenza di pensiero e una genialità priva di stereotipi.
Nei pochi ma significativi incontri che ebbi con lui all’inizio degli anni Ottanta, mi resi immediatamente conto che Sergio andava istintivamente dove il suo spirito libero lo portava, da solo o in compagnia, salendo audaci itinerari dove spingeva l’arrampicata libera (già intorno al 6b/6b+ a inizio anni Ottanta) e tentando in solitaria porzioni di parete dove altri avevano rinunciato in cordata (restano famose le sue nuove vie aperte in solitaria nel Gruppo Castello Provenzale: Iperfigari, Spigolo di Heidi, Sole del tramonto; e, poco noto, anche il suo notevole tentativo in solitaria alla Diretta allo Scarason, abortito molto in alto nella parete) .
Ricordo di averlo visto passeggiare fino al Colle Gregouri con le scarpette ai piedi e, con invidiabile tranquillità, salire slegato senza magnesite la via Genovesi Est alla Figari e lo Spigolo Castiglioni alla Torre Castello e, pochi mesi dopo, con le stesse scarpette ai piedi, questa volta usate come pantofole, sorvegliare, nella sua funzione lavorativa di guida alpina, le manovre degli scalatori sulla struttura del Palavela a Torino all’inizio degli anni Ottanta.
Sergio è stato ed è un personaggio unico: eclettico e indipendente, ha saputo valorizzare i suoi numerosi talenti raggiungendo sempre, in ciò che faceva e fa, ottimi livelli di creatività personale; non basterebbe un libro per descrivere tutta la sua arte.
Tra le sue salite in libera troviamo, appunto, anche questo itinerario che mi accingevo ad attaccare con i sopracitati amici di sempre.
Partiti da casa come sempre di buon mattino, nel solito clima ilare e goliardico dei ragazzi spensierati che eravamo, capaci di apprezzare semplicemente quelle ore che stavamo attraversando come se non ci fosse né ieri né domani, ma solo quel preciso momento che stavamo vivendo, giungemmo baldanzosi all’attacco della via.
Un rapido sguardo verso l’alto e tutta quella baldanza si spense rapidamente come la fiamma di un cerino, lasciando spazio a una giusta serie di riflessioni sulla tattica da adottare per compiere la salita.
Sopra di noi grandi strapiombi di colore arancione, quasi fossero di lava ardente, lasciavano presagire un’arrampicata fisica e brutale e, per di più, con problematiche possibilità protezione con la nostra miserrima dotazione di materiale.
Ci legammo in una cordata da tre e io partii all’arrembaggio della prima lunghezza già piuttosto impegnativa; cinquanta metri perfettamente verticali con un ostico e tecnico passaggio finale in un piccolo diedro biancastro.
Benché non scalassi seriamente che da un paio di stagioni, ero molto determinato, e con ben poche protezioni raggiunsi agilmente la sosta, cercando, mentre recuperavo i compagni, la concentrazione necessaria per il difficile tiro chiave seguente.
Come ho detto, ero determinato e pronto a tutto pur di salire la via in libera, quindi attaccai senza esitazione il diedro strapiombante solcato da una larga fessura e interrotto da brevi tetti, l’ultimo dei quali particolarmente sporgente. Dopo i primi movimenti, mi resi subito conto che dovevo economizzare il mio scarso materiale per non vedermi poi costretto a limitare le protezioni nei tratti più difficili; salii così direttamente un muro a tacche per una decina di metri senza piazzare nulla: se fossi caduto sarei finito direttamente sulla sosta in testa ai miei compagni…
Finalmente, dopo quel tratto, piazzai una protezione e mi accorsi di quanto larga fosse la fessura: non avrebbe potuto accogliere granché del mio scarno materiale di assicurazione, che comprendeva solo un paio di friend e qualche eccentrico.
Ma, come molte altre volte in arrampicata, fui fortunato; infatti la fessura era ampia, difficile e verticale ma ancora costellata di vari ed enormi, almeno come una testa umana, cunei di legno che, al riparo dalle intemperie sotto quei grandi tetti, garantirono una progressione tecnicamente difficile ma relativamente sicura fino all’ultimo grande tetto.
Qui le cose si fecero più problematiche: ero stanco, con gli avambracci ben pieni di acido lattico e avevo davanti a me un tetto di tre metri da affrontare in opposizione.
Uno sguardo rapido al materiale e mi accorsi che mi era rimasto un grosso friend, l’unico ancora inutilizzato; fu un attimo infilarlo nella fessura e, percorrendola velocemente con le ultime energie, terminare con fatica anche quei difficili cinquanta metri.
La via era praticamente salita, ma in sosta non c’era nulla e avevo con me solo un paio di moschettoni per assicurare i compagni.
Improvvisandone una su un masso incastrato, iniziai a recuperarli. Salirono entrambi senza troppi problemi fino al tetto finale; qui Gian Piero passò subito, mentre Fulvio faticò non poco fino ad appendersi proprio all’uscita.
In quel momento un brivido ci percorse: il blocco incastrato al quale eravamo ancorati scricchiolò in modo sinistro per poi assestarsi definitivamente dopo un piccolo scatto.
Lo scampato pericolo ci diede il brio necessario per terminare in fretta i più abbordabili tiri finali fino alla cresta della Punta Figari.
Una volta arrivati in cima, raggiungemmo in breve lo Spigolo Castiglioni e, nel tiepido sole del pomeriggio, per l’ennesima volta la vetta della Torre Castello.
22
Non credo sia questo il problema. Sapere o non sare arrampicare bene non ha a che fare con l’essere o non essere naif. Quello è dovuto alla capacità motoria, senso dell’equilibrio, forza, resistenza, avere muso e visione.
Prima di essere alpinisti /arrampicatori provetti o non provetti, siamo uomini, ognuno con il proprio stile di vita e carattere. Se si è dei perfettini, pignoli, esibizionisti, ambiziosi, nella vita questo si riflette, a chi più a chi meno, anche nello stile di praticare la montagna e l’alpinismo. Magari anche nello scieglire un tipo di via rispetto ad un’altra.
conosco Savio solo indirettamente, cioè attraverso pesone che lo conoscono direttam,ente e che ne hanno scritto. anche a me ispira simpatia e ammirazione, mi dà davvero l’idea di essre genuinamentre convinto dei suoi ideali e di vivere in modo tassativamente coerente con essi. sono pochi quelli che lo fanno davvero, spesso abbiamo a che fare con falsi, che predicano bene e razzolano male. e’ sacrosanto che esista nella società questa schiera di personaggi, molto meglio loro sia degli imitatori di Briatore (0consumisti esagerati) che degli ipocriti ambientalkisti-decrescita felice (che magai vedi poi sfrecciare sul monopattino). Però sono scelte molto individuali, non si può dire che tutti dovremmo esser così. Ognuno fa le scue scelte di vita e la mia impressione è che scelte così radicali, ancorché ammirabilissime, comportino delle esclusioni di “altre” cose della vita. Credo che a livello sociale dovremmo auspicare non un’inversione di tutti verso posizioni radicali, ma verso posizioni intermedie, che siano dei giusti compromessi fra il benessere, anche spicciolo, e la semplicità. Io so perfettamente che non sarei felice a vivere come lui, così come non sarei felice a vivere come Briatore 8inteso come estremo opposto): in medio stat virtus. questo per quanto riguarda gli stili di vita. vorrei però smontare un altro assioma che piace molto ad una certa categoria di frequentatori della montagna: che per essere dei “forti” alpinisti/arrampicatori è necessario essere degli “alternativi”. Non è così: anche se si ammira Savio, come personaggio, non è necessario vivere in quel modo (“alternativo, naif e inventivo”) per saper arrampicare bene (ovviamente NON faccio riferimento a me, ma ad arrampicatori più provetti di me). Le scelte di vita e l’attività sulla roccia sono due cose che non hanno necessariamente una correlazione stretta e indiscutibile. Conosco fior di “ingegneri”, inquadrati e stile di vita estremamente cittadino, con famiglia, casa, auto, lavoro impegnativo e gratificante, hobby, abbonamento a Teatro ecc ecc ecc, e che sanno arrampicare bene e anche farlo in modo creativo (cioè esplorare e quindi aprire vie nuove). Ben vengano cmq personaggi come Savio che, a prescindere dall’andar in montagna, offrono un’immagine alternativa alla società estremamente consumistica, che oggi purtroppo è dominante, specie sui media.
Sergio Savio un tipo fuori dal tempo, un folletto dei boschi, uno spirito libero? Da come viene descritto da chi lo conosce, Massari e Fissore, sembra proprio di si. È questa è la sua originalità in un mondo odierno che tende ad annullare le persone originali, ad appiattirci tutti, a tenerci inquadrati con la scusa della sicurezza. Certo tutto questo ha un prezzo, sicuramente l’incomprensione. Ma in fondo che te ne frega di essere compreso…quando hai molto altro che gli altri non hanno.
Grazie Massari per aver riportato palla al centro, la partita era andata a finire a km dal campo (evito stadio per il ripugnante ambiente che in questi gg è dappertutto). E invito a andare a rileggere il commento 1, non perché è mio, ma perché qualcosa di Savio lo “dice”. Certo aveva vent’anni, ma allora guardate bene la foto dell’anno scorso e non ci leggete un “mi fate un poco ridere con tutte ste parole, cosa pretendete di capire di uno molto al di fuori dei canoni normali, a cui frega un tubo (un cilindro vuoto, per non scrivere cazzo) di pubblicare, relazionare, presenziare ? Guardatemi in faccia, vi sembro tanto “patito” nel cervello o triste, o pensate esista solo il mondo ossesso che mi pare viviate ?”
vivere bene con poco, vuol dire avere una buona dose di saggiezza.
Non conosco Savio, ma da quel poco che ho capito e da come l’ha descritto Massari, lo credo anche che io. E sono contento per lui che ci riesca a non farsi influenzare e ad esserne lontano.
Tanto per tornare in argomento Savio, che non è poi cosi lontano dalle considerazioni che sono emerse…
Sergio Savio non è solo un grande arrampicatore ma è anche e soprattutto un uomo che vive bene con poco ed è lontanissimo dagli stereotipi convenzionali.
Per me il suo modo di vivere, non solo a contatto con la natura senza auto propria, senza computer, senza cellulare e in buona parte in autonomia alimentare, è qualcosa di eccezionale ma sarebbe compatibile con questa società consumistica e se tutti vivessimo così “in decrescita” il nostro modello consumistico crollerebbe?
E poi: chi di noi, ovviamente mi ci metto anch’io, vorrebbe vivere così e ne sarebbe capace?
Credo che nella sua vita governi di destra o di sinistra influiscano veramente poco.
Non sono in polemica con Benassi per l’equivoco relazione-recensione. Hoi solo sottolienato la realtà dei fatti.
vince le elezioni non significa prendere il 51% almeno nelle urne. Significa aumentare i voti e sottolineare la svolta a destra. Tutti i giochetti che stanno facendo per neutralizzare gli esiti elettorali (es in Francia per zittire prima la Le Pen e poi la sinisytra che è stata “usata” da Macron contro la Le pen e ora in Austria sembra che vogliano fare una 2grande coalizione” esludendo la destra che ha preso il 30%) fa solo aumentare l’incazzatura e le 5 della destra, sia moderata (do governo) sia estrema saliranno sempre di più. Basta aspettare, elezione dopo elezione, i risultati saranno sempre più marcati. Nel frattempo, faccio notare che i governi europei di sinistra (Commissione, Germania, Spagna, UK-che NON fa parte dell’UE, ma geograficamente dell’Europa sì) stanno profondamente modificando le precedenti posizioni sui temi caldi, dall0’immigrazione al green deal ecc. Figuriamoci quelli di destra! Quindi il concetto di “vincere le elezioni” non è solo limotato ad avere il 51% nelle urne, cosa che ovviamente è il nocciolo del concetto stesso, ma anche avere risultati elettorali e/o sondaggi che condizionano l’operato dei governi anche non di destra…
“Però per capirsi occorre usare i termini in modo preciso”
Crovella, anche se stavolta hai ragione e si sarebbe dovuto usare il termine recensione, visti i tuoi precedenti, il tuo uso disinvolto della lingua italiana e i tuoi errori costanti nelle definizioni che usi (e che poi giustifichi con era uno scherzo, non capite nulla, si capiva benissimo, ecc.) , tu che accusi qualcuno di usare termini imprecisi è come il bue che da del cornuto all’asino.
Nel motivo del contendere, vorrei far notare che la maggioranza dei cittadini europei e italiani, non ha per nulla scelto la destra, anzi.
Tanto è vero che in Francia il governo è imposto e di minoranza, in Austria non si sa come andrà ma FPOE è al 29% dei votanti (affluenza a poco più del 60%, popolari al 26% e socialisti al 21%) e in Germania AfD non formerà il governo.
Quindi tutte le affermazioni che seguono questa sono solo di Crovella e non certo estendibili all’intera cittadinanza.
Rimane comunque il problema della gran quantità di persone che non vanno a votare perché, evidentemente, non pensano che né la destra e né la sinistra attuale siano credibili o possano/vogliano fare qualcosa.
Ma questo è cosa differente, non c’entra né con la destra né con la sinistra e al massimo dovrebbe porre la questione di stabilire fino a qual punto una democrazia siffatta è accettabile e quando invece inizia a essere una sorta di “dittatura di minoranza”.
Ma appunto è un’altra questione.
Io , come ormai mi sono standardizzato su 3bmeteo per l’attendibilità delle previsioni , di solito cerco le relazioni di Sass Baloss per capire di che via si tratta.A volte ci sono relazioni di un’imprecisione imbarazzante.
” E tante volte la relazione di Caio, non corrisponde a quella di Tizio.“..Secondo me la relazione ( tiri ,difficoltà , soste , ancoraggi , proteggibilità , tipo di roccia ) è qualcosa di abbastanza oggettivo , altrimenti serve a poco.
70) Crovella.
Come al solito cosa??
Si vede che manchi di mentalità alpinistica. Spesso e volentieri, chi ripete una via, oltre alle proprie impressioni, scrive una sua relazione. Io l’ho fatto tante volte. Altrimenti non si spegherebbe la pubblicazione delle nuove guide d’arrampicata, dove l’autore mette (non sempre) la relazione di una via a seguito di una sua ripetizione. Non è una recensione è una vera e propria relazione tecnica, con tracciato, lunghezza, sviluppo, gradi, materiale trovato e materiale consigliato, avvicinamento, attacco e discesa. E tante volte la relazione di Caio, non corrisponde a quella di Tizio.
Hai mai usato la (storica) guida di Lele Dinoia “93 arrampicate scelte in Dolomiti” ?
Crovella, ti ringrazio della relazione. Certo che puoi dire la tua, il diritto di parola esprimendo il proprio pensiero, nel rispetto di quello altrui, è sacro.
Quando uno stato si può vantare di essere civile?
Quando:
1) il portafoglio dei propri cittadini è bello gonfio?
2) oppure quando i diritti fontamentali dell’uomo: (tutto: nero, bianco, rosso, basso, alto, biondo, bello, brutto, sano, malato, ect.) ) vengono garantiti da quello stato?
La mia risposta è la 2!
Siamo fuori dal tempo? La maggioranza dei cittadini italiani ed europei è per la prima risposta?
Bene ne prendo atto, ma non mi faccio ricoverare all’Hotel dei rincoglioniti, di questo stanne certo Crovella. A me non mi riunchiudete, perchè io, per ora, sono tutto meno che rincoglionito. Putroppo per voi.
Credo che Benassi sia incappato, come al solito, in un equivoco terminologico. Ha usato il termine “relazione” ma intendeva “recensione”, cioè racconto personale dell’esperienza. A parte il mio pregiudizio sul tema “recensione”(illustrato prima), mi pareva strano che avesse bisogno di input sulla relazione, che, oltre che in bibliografia cartacea, si trova facilmente googolando su internet. Però per capirsi occorre usare i termini in modo preciso, sennò è un dialogo fra sordi, come infatti accade molto spesso. in giro c’è una bella pubblicità televisiva, di apparecchi acustici, che dice “avevo capito massaggio e invece era tatuaggio”.
@46 Sei andato (concettualmente) fuori via…. Io so bene perché vado in montagna: per motivazioni mie, che so essere diversissime da quelle di qualsiasi altro individuo. Per cui esistono tanti “alpinismi” quanti sono gli alpinisti. Precisato ciò, il discorso che facevo ieri è molto diverso. Il piacere individuale sulle singole vie percorse (ci focalizziamo sulle vie d’arrampicata, ma vale per qualsiasi itinerario di montagna, scialpinistico, alpinistico, escursionistico, ecc) risente di una variabilità di elementi soggettivi che rendono sciocco fissarsi su quelle cose: le mie preferenze o meno su una via le capisco solo io, mentre gli altri non le possono capire e viceversa. Tutto dipende dalla correlazione fra elementi ideologici individuali (che mutano profondamente da individuo a individuo) e che si mescolano con fattori contingenti della singola giornata: andamento meteo, piacevolezza della compagnia, stato di forma, cervello più o meno sgombro da grane-preoccupazione-lavoro-moglie-figli-vicini di casa… per cui la valutazione personale che io ho, nei miei ricordi, di una via è troppo condizionata da elementi estremamente personali per mettermi a parlarne in un dibattito con altri. Magari quel giorno il mio socio di cordata mi ha rotto les pelotas (o la moglie la sera prima, o i colleghi in settimana…) e io, di quella via, ho un pessimo ricordo, mentre altri, che l’hanno salita in altre condizioni individuali, la considera una via spettacolare…
Infatti, visto dove passa la via, D+ mi sembrava pochino….ahahahha
Piccolo excursus, che Benassi mi concederà, in cambio della relazione Castiglioni Ovest. io appartengo alla corrente di Crosetto, mi considero da sempre uno della destra “moderata”, cioè di governo, non un incendiario, sennò fari parte di Casa Pound e non di FdI. Il mio ‘accenno alla castrazione al momento è provocatorio, ma fino a un certo punto (a mali estremi estremi rimedi: se la situazione non verrò strutturalmente risolta dalla destra “moderata”, non avrò remore a prendere le cesoie da vigna e mettermici io in prima persona). L’obsolescenza storico-politica-ideologica, che rinfaccio ai vecchi nostalgici del buonismo, ormai ricoverati sulla terrazza dell’Hotel Alzheimer a parlare dei bei tempi che furono con il plaid sulle ginocchia, è che siete ridicoli perché vi aspettate che l’opinione pubblica europea alla fine si illuminerà e coglierà la superiorità morale, etica e ideologica dei vs ideali. Non è più così. Oggi alla cittadinanza europea che vota a destra (sia moderata che estremista) NON FREGA UN FICO SECCO dei vs ideali. Esmepio: a me interessa che ripuliscano la Stazione Centrale dalla feccia umana che la infesta, mentre non mi interessa un cazzo condividere con tale feccia umana i diritti da me acquisiti grazie allo stato di diritto occidentale. Gli europei hanno percepito che la torta nella migliore delle ipotesi sarà sempre la stessa (va già bene se non si riduce in valore assoluto) e quindi se aumentiamo i commensali a tavola, le fette individuali della torta saranno sempre più piccole. E LA MAGGIOR PARTE DEGLI EUROPEI NON VUOLE PIU’ SUBIRE QUESTA COSA. Se li approcciate pensando di convertirli con la comprensione, il dialogo, la bontà, l’amore universale, la fratellanza, la giustizia ecc… vi rideranno in faccia. E’ tutta roba del tempo che fu e infatti siete confinati all’Hotel Alzheimer. Per cui anche le destre moderate di governo, che non saranno così estreme come le destre estreme, faranno però “cose” completamente diverse dai vs ideali. Esempio: non castreremo gli africani? Bene, ma li confineremo in hot spot molto distanti da noi, magari in mezzo all’Atlantico (Sant’Elena). Queste sono soluzioni che vanno incontro ai desiderata della maggioranza degli europei, mentre gli ideali buonisti, per quanto nobilissimi e infinitamente più “eletti” dei nostri, faranno sempre meno presa. Continuate pure a credere nei vs ideali, non chi obbligo ad abiurarli, ma sarete sempre più confinati nel cimitero degli elefanti. Non da me, dalla cittadinanza europea attraverso legittime votazioni.
@62
quella è la genovesi est alla punta figari
io parlavo di genovesi est alla torre castello
La prima parte della Castiglioni Ovest è sfruttata anche dalla Direttissima Ribaldone.Quando la Castiglioni esce a dx, la Ribaldone va dritta fin sotto gli strapiombi che supera prima a sx poi a dx.
Ecco relazione CASTIGLIONO OVEST alla Castello (fonte gulliver.it). Si trova ottima bibliografia in giro, fra cui un testo di Giova Massari.
Descrizione L1: In comune con la Direttissima, seguire la fessura camino e superare una strozzatura, sostare quindi alla base della successiva fessura camino. 40m III+. L2: In con la Direttissima, seguire la fessura camino fino a che non diventa strapiombante e si chiude ad imbuto. Quindi traversare a sx in parete e con andamento ad arco riportarsi di nuovo lungo la fessura camino. Sostare su terrazzino. 45m IV,V-. L3: Traversare orizzontalmente in piena parete a dx, salire un vago diedro rossastro e continuare a traversare fino ad una lista e successivamente ad un terrazzino dove si sosta. 30m V-. L4: Salire zig-zagando superando una larga fascia strapiombante sulla sinistra. Sostare su terreno più abbattutto. 45m IV+ L5: Salire diritti fin sotto l’ultimo salto strapiombante che conduce in vetta. 45m III+, IV+.
Matteo , mi interessava la tua di relazione, a seguito della ripetizione che hai fatto.
Cribbio Benassi, ho davanti a me “Il Gruppo Provenzale” di Giovannino Massari, ed. Ghibaudo Cn, 1992 e al n° 45 Genovesi est, da D+! Primi apritori Avanzini, Corsi, Ravaioli, Vaccari 30-05-1965
Comunque è la stessa guida da cui posso ricavare la relazione (per modo di dire, relazione…) della Castiglioni Ovest che chiedevi ieri, ma se ce l’hai già che chiedi a fare?
Sono andato a consultare la piccola guida “Il Gruppo Castello -Provenzale” di Giovannino Massari itinerario n. 35 a pagina 52. VIA DEI GENOVESI EST
Prima salita: Gianni Calcagno, Alessandro Gogna, Giorgio Vota il 17 settembre 1967
Relazione dei primi salitori, valutazione complessiva ED-
Provai quella via che ero una ragazzino nemmeno maggiorenne, con il mio compagno appena neopatentato. Correva l’anno 1987. Il giorno prima andammo a trovare Calcagno nel suo negozio di sport in centro a Genova per chiedergli informazioni: “ah la via dei tetti” esclamò con un ghigno che ricordo ancora ora. Noi eravamo due ragazzetti tutto orecchi ma Calcagno non fu molto prodigo dì consigli, per usare un eufemismo. Ci disse dì portarci dietro qualche chiodo. Il giorno dopo, fatti quegli orribili primi tiri nel diedro del camino palestro ( modalità dì arrampicata che noi risoprannominammo Gardening) ci trovammo a metà giornata in mezzo ai tetti, con qualche chiodo all’imbrago, provando a salire un po’ in libera per mancanza dì materiale. Ma alla fine ci sembro’ sensato arrenderci, la via era quasi completamente sprotetta e con pochi chiodi non si andava da nessuna parte ( almeno noi non eravamo in grado dì andare oltre). Ritirata non banale ( per usare un altro eufemismo) e salita in cima per la rimanente parte del camino palestro con passaggi dì gardening elementare….Alla sera capimmo il ghigno dì Calcagno..
Non ci sono mai più tornato e mi è’ sempre rimasta la curiosità.
Bei tempi
56@ Enri.
Io. Fatta anni fa, e nonostante il grado abbordabile, non è da sottovalutare. Tutto tranne che una via plaisir.
56 Enri, io non lo salita, mi sembra anche a me che c’era anche Gogna tra gli apritori.
Expo, ho indovinato. Sapevo già la tua risposta.
Sicuramente in molti la fanno perchè è una via famosa, da curruculum come dici. Ma non per tutti è così, altri la fanno perchè e una via di grande fascino e di grande storia. Un pò come la Solleder alla Civetta, anche se questa ĥa un vantaggio in più, è su una parete molto bella cosa che non è la nord dell’Eiger. Non si dovrebbe essere troppo settoriali nello stabilire quanto una via è bella o brutta o comunque se una via vale di essere salita a dispetto di quanto sia bella o brutta. La bellezza non va di pari passo con il fascino.
Per rimanere, più o meno in tema, qualcuno di voi ha ripetuto la via dei Genovesi est alla Torre Castello? Quella che sale il camino Palestro, poi in alto va verso sinistra per affrontare i tetti in mezzo alla parete. So di certo che Gianni Calcagno fu uno degli apritori, non ricordo se Gogna ne faceva parte. Se non erro si chiama via dei genovesi est. E’ passato un po’ di tempo…
@54 Benassi
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Personalmente la Heckmayr all’Eiger per me e’ una via “brutta” , che la gente fa solo perche’ e’ famosa e fa curriculum.
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Ce ne sono 100.000 di piu’ belle.
Quale è la differenza tra una via bella è una via brutta?
La via Heickmair alla nord del Eiger ha un grande fascino alpinistico. E’ una via bella? Merita ripeterla?
Appunto Balsamo, ma qualcuno ne è contento…
“Bruciamo tutta la letteratura di montagna”
Non sarei così drastico, Benassi. Se bruciassimo tutto ciò che non ci piace, il mondo non sarebbe che un unico rogo (non che ne siamo molto lontani, eh 🙂 ).
De gustibus: il mondo, anche quello dei “conquistatori dell’inutile” è vario. Per fortuna, aggiungerei.
A me la letteratura di montagna piace molto , pero’ certi atteggiamenti riguardo al grado mi lasciano perplesso.
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Personalmente ho visto vie dure e brutte che inorgoglivano i ripetitori , e vie meno dure e belle , che non erano da menzionare perche’ troppo facili o chiodate , e qualcuno seduto in fondo al bar entrava in scivolata e gridava che lui ce l’aveva piu’ duro e lungo di cosi’.
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Idem con patate nel raffronto con l’alpinismo professionale : estremo non equivale a bello , spesso proprio il contrario , xo’ al bar fa’ molto figo.
GIUSTO!
Bruciamo tutta la letteratura di montagna. Evviva Gary Hemmimg
Certo Matteo, grazie
“Matteo, puoi pubblicare la relazione della Castiglioni sulla ovest qui sul blog?”
No Alberto, non posso pubblicare qui sul blog, però se mi dai il permesso potrei recuperare la tua email e mandartela…se la ritrovo 🙂
Si diverte a farla (l’attività alpinistica), non a parlarne.
Non è l’unico.
Scrivere questo commento sulla propria attività alpinistica, lascia perplessi.
Mi domando ma allora che ci vai a fare?
Certo. Minniti aveva un approccio moralista, buonista, da ex sessantottino e pure il suo amico e compagno di militanza giovanile a Reggio Calipari, caduto in Iraq. Le destre nazionaliste infarcite di ex fasci e nazisti in Europa prendono voti ma non vanno da nessuna parte. Il gioco lo conducono le destre moderate e le sinistre moderate, anche a volte anche alleandosi. Per fortuna fanno sbarramento,almeno finché sono vivi gli americani figli di chi ha combattuto la seconda guerra mondiale e pure gli ex compagni russi, anche se cinicamente giocano sporco utilizzandole, ma mai fidarsi dei russi si diceva una volta dalle mie parti. Al momento giusto ti passano sopra con il carroarmato oggi usano il polonio. Non ti conviene eccitarti troppo con le cesoie e coltivare illusioni sul tuo Crosetto, ex democristiano moderato, buon cristiano almeno di facciata, che senza l’approvazione degli americani non può fare nemmeno la pipì e potrebbe ritrovarsi l’abbronzata sulla testa. Cerea.
Vedi Roberto (Pasini) come volevasi dimostrare. Il nostro non perde tempo ad offendere e mi da dell’ipocrita. Del resto ho sempre detto che è un ARROGANTE, e anche qui non si smentisce. Sicuramente avrà ragione lui, le destre andranno avanti, e ce lo vedremo alla porta di casa con tanto di mazza a spezzarci le gambe. Perchè la nostra colpa è quella di essere dei buonisti retrogradi.
Una cosa mi sento di condividere:
E’ capitato anche a me e tante volte. Come mi è capitato che mi abbiano sconsigliato di andare a ripetere una via, ed invece a me poi è piaciuta. Quindi controllare sempre di persona perchè i gusti e le sensibilità sono molto diverse, come è giusto che sia.
@42, leggi (o rileggi) il 36, ha colto nel segno.
Di tutto il gruppo Castello-provenzale, la via che mi piace di più è la Genovesi Est a Punta Figari. Non so neppure perché.
E’ vero in genere parlo poco di miei preferenze di “vie” o di salite o di discese (in sci), le preferneze sono cose troppo personali, cioè inficiate da giudizi e parametri personali. Una via che piace molto a me, magari a un altro non dice niente, forse la trova addirittura scialba. De gustibus… Non mi diverto molto a parlare di quelle cose, anzi in genere mi annoio, le trovo “banali”, superficiali, sterili.
Finché all’Hotel Alzheimer continuano a menarsela con sto moralismo buonista e ipocrita, come anche nel sottostante intervento, la destre europee avanzeranno fino al 90%. E’ proprio un modo di ragionare vecchio come il cucco e continuare a riproporla è ridicolo come Gino Paoli che a 90 anni si mostra in TV col chiodo
Pasini, anzi Roberto, non so dirti se il mio è un approccio “sensassottino” , di sicuro non mi piacciono gli arroganti e quelli che cercano di importi con la forza e con il raggiro la loro ideologia. Di sicuro alla polemica rispondo con altrettanta polemica. Di sicuro m’incazzo se qualcuno, che non mi conosce per nulla, mi da del fascista solo perchè ho detto che questa Italia con tutti i sui difetti (tanti) non è tutta merda.
Al punto 30 Crovella scrive:
al punto 31 io rispondo invitando direttamente Crovella visto che è lui che scrive:
a questo invito, direi un filino polemico, o cercato di rispondere e di portare avanti e risollevare la discussione. Vero ci metto un pò di ironia, ma non mi sembra di avere fatto molto diverso da altri che parlano di hotel per rincoglioniti e piatti di semolino e spinaci lessi, per altro a me gli spinaci lessi conditi con olio estra vergine, sale e aceto (non balsamico) piacciono assai.
Mi viene risposto che con le mie parole vorrei screditare la persona.
Matteo interpretando bene la mia richiesta mi risponde parlandomi della Castiglioni ovest. Ottima risposta.
In fondo questo è o non è un blog di montagna dove si parla, o si dovrebbe parlare, soprattutto di alpinismo?
Quindi dove sta il mio tentativo di screditare la persona?
Benassi non bisogno di un esegeta ma io voglio condividere il pensiero sottostante. Ho scoperto il Gogna blog cinque anni fa. Un amico mi segnalò l’articolo di uno che sparava a pallettoni contro il Tor de Geants. Il mio amico lo aveva appena terminato e io avevo fatto il volontario in diverse basi vita e avevo percorso qualche settimana prima alcune delle tappe per conto mio per capire anche se in modo molto limitata cosa volesse dire quella sfida. Quell’articolo, mi sembrò ingiusto, perché scritto da chi in modo evidente non aveva esperienza diretta di cosa significava l’evento sia come corridore che come staff/comunita’. Non conoscevo nulla dell’autore, del suo retroterra e delle sue posizioni, ma mi era sembrato caratteristico di un approccio ideologico e valutativo che parte dall’alto, dallo schema di cosa e giusto o sbagliato e non dal basso, dall’esperienza più o meno diretta della realtà nelle sue complesse sfumature. Un approccio che avevo avuto modo di osservare da giovane proprio nei miei coetanei sessantottini, di sinistra ma anche di destra. Coi fasci il terreno di “dialogo” diciamo così era diverso. Io non sono mai stato un sessantottino in quel senso, avendo sempre militato nella sinistra organizzata politica e sindacale. Mi irritava l’atteggiamento presuntuoso e arrogante di chi avendo in testa uno schema che riteneva assolutamente giusto lo applicava a tutto, anche agli argomenti più disparati. Quell’orientamento giovanile anti-ideologico mi è rimasto attaccato per tutta la vita. L’articolo dunque mi irrito’ non per un problema di legittimità ad intervenire ma perché dissi tra me: ma come fai ad essere così severo nel giudizio, prova almeno a correre una tappa, vieni a passare qualche notte in una base vita, parla con chi piange di gioia alla Malatra’, cerca di capire di cosa stai parlando. Prima di giudicare capisci, prova a vedere il mondo con gli occhi delle persone di cui stai parlando (anche se non ti piacciono) immedesimati in qualche modo prima di giudicare. Poi nei cinque anni successivi mi sono fatto coinvolgere piu’ volte nella stessa discussione su temi diversi. Ricordo il terribile confronto sulla morte di Valentina. Siamo rimasti sempre lì, ognuno sulle sue posizioni. La differenza non è di orientamento politico ideologico ma di approccio. L’approccio “sessantottino” non sta dove uno se l’aspetterebbe in realtà. Così è e non cambierà mai e potremo andare avanti all’infinito.
Matteo, puoi pubblicare la relazione della Castiglioni sulla ovest qui sul blog?
Matteo, di Castiglioni ho salito lo spigolo est, bellissimo e anche li roccia molto compatta. Dalla Castiglioni sulla ovest ci sono passato dall’attacco questa estate per andare a fare lo spigolo Fornelli, , attaccano insieme, sali la prima fessura diedro, poi invece di proseguire dritto, traversi nettamente a destra a prendere lo spigolo Fornelli. Anche questo molto bello.
Io avevo fatto la Castiglioni alla parete O, non so nemmeno perché l’avevamo scelta.
Mi ricordo una via molto bella e niente facile, chiodi nulla e una certa difficoltà di protezione su quella maledetta quarzite…ma che posti
Il gestore del Campo Base poi ci ha detto “non conosco nessuno che l’ha fatta” e ha preteso una relazione.
SCREDITARE???
E per quale motivo dovrei screditarti?
L’articolo su Sergio Savio può benissimo essere motivo, stimolo a parlare delle varie vie, e ce ne sono tante, dalle storiche alle moderne, del gruppo Castello-Provenzale. Una chiacchierata storica, tecnica, un confronto sulle opinioni. Ad esempio le vie aperte da Castiglioni, di certo non un piemontese. Ma anche la cresta Sigismondy, o la placca Gedda, oppure lo spigolo Fornelli. Su quelle pareti ci hanno messo mani e piedi in tanti: lo stesso Gogna, i Vaccari, Calcagno, Motti, Manera, Meneghin, ect. tutti non li ricordo. Chi ha parlato di ottavo grado? Chi ha parlato di arrampicata sportiva?
Magari te hai salito una via che io non ho fatto e mi piacerebbe fare. Tra appassionati ci si scambia informazioni sulle vie, qui in Toscana usa farlo.
Ad esempio la via dei PASSERI aperta da Meneghin.
Va be come non detto.
non è la capacità tecnica personale che “giustifica” e/o “legittima” le tesi esposte.
Questo e’ anche il mio pensiero : ĺ’esperienza , le doti innate , la capacita’ tecnica sono cose bellissime , ma secondo me non possono essere usate fuori contesto per zittire le persone.
“E’ solo un escamotage di chi, con le spalle al muro sul paino logico-dialettico”
Guarda che qui chi è con le spalle al muro, chi non risponde mai alle domande che gli vengono poste, chi svicola costantemente e per cambia spesso discorso non è certo il Benassi!
Expo, una precisazione: la mia matrice di base è indiscutibilmente scialpinistica, ma (come ho detto qualche gg fa) lo scialpinismo sulle Alpi Occidentali ha un marcato sapore alpinistico (4000, ghiacciai, finalini alpinistici, creste e seraccate e poi discese anche ripide-nel senso moderno del temine). Quindi lo scialpinista occidentale è uno che ama il “ravanage”, come lo chiamiamo noi, e si fa una bella “esperienziaccia” a 360 gradi in montagna, specie dopo 45-50 anni di attività. Di conseguenza quando non c’è neve e/o quando ho voglia di cambiare attività, pratico tutte le discipline che si possono fare in montagna, dall’alpinismo classico, alla MTB, dal canyoning all’escrusionismo, ho anche scalato cascate, privilegiando l’interesse esplorativo a quello prestazionale (sia tecnico che atletico). Arrampico pure, ma l’arrampicata sportiva non è il mio balìn (piemontesismo per pallino, NdR). Da buon torinese ho salito diverse vie nel gruppo Castello-Provenzale, che conosco bene e amo in modo particolare. Non mi avete mai sentito declamare il mio curriculum, snocciolando vie ecc, e non intendo farlo, per il motivo che ho già espresso più volte: non è la capacità tecnica personale che “giustifica” e/o “legittima” le tesi esposte. Ragionare che se uno fa il sesto/settimo/ottavo allora quello che dice è oro colato, mentre se fa “solo” il III o il IV le stesse tesi sono aria fritta, è un modo di ragionare da ebeti. Questo vale in assoluto, a maggior ragione visto che le regole della casa comportano che qui si possa esprimere chiunque, dall’escursionista al runner, al biker, al merendero, per cui non c’è assolutamente bisogno di esser chiamati a legittimare le proprie idee con il proprio grado superato. E’ solo un escamotage di chi, con le spalle al muro sul paino logico-dialettico, cerca una debolezza dell’interlocutore per tentare di screditarlo. ma con me cascano male. Chi mi conosce, “sa” che mastico di montagne e di montagne e questo basta e avanza.
Credo che Crovella sia uno scialpinista , quelle cime agli sci hanno poco da offrire…..chiedigli di qualche Osa o parete di ghiaccio sull’altro lato della valle..
Non te lo chiedo tanto per conoscere il tuo curriculum alpinistico, ma giusto per una chiacchierata tra “rincoglioniti” intanto che siamo qui sulla terrazza dell’Hotel Alzheimer e come dici te, tra un cucchiaio di semolino e l’altro.
Ripeto da piemontese quale sei, conoscerai bene quelle cime e quelle pareti della val Maira, per averle salite in lungo e in largo.
Crovella, giusto per risollevare la discussione, ci puoi dire quali vie hai salito alla Rocca Provenzale, Torre e Rocca Castello?
Da buon piemontese quale sei, credo numerose.
Mi piacerebbe confrontarmi con te, su quali ritieni le più: notevoli, meritevoli, innovative, capolavori, consigliabili.
E’ accertato che è bella numerosa la schiera di chi si trova sulla terrazza dell’Hotel Alzheimer con il plaid sulle ginocchia. Forse a molti conviene, oggi a pranzo, evitare gli gnocchi alla romana che potrebbero risultare troppo indigesti (!), e magari ripiegare su un semolino con spinaci lessi. In alternativa, se siete ancora assistiti da sinapsi cerebrali un minimo funzionanti, potreste pensarci voi a “risollevare la conversazione” (!?), che, peraltro, se è stata affossata, non lo è stata certo per una mia iniziativa iniziale… Vediamo cosa siete in grado di fare…
già classificare la comici alla grande e lo spigolo giallo fra le cose estreme significa non sapere un cazzo di quel che si parla… e dar fiato alle trombe perché si ha la lingua in bocca (come diceva mio padre)
avanti così, emerito 😀
e ci scuseranno savio, la torre castello, punta figari, il relativo Bartolomeo e il Castiglioni se gli abbiamo appena inquinato il thread.
Ecco crovella e caminetti che rovinano un altro articolo coi loro commenti ridondanti, comunque ci si fa sempre quattro risate quindi grazie.
Per il resto penso che Maurizio sicuramente in buonafede ha fatto un grande torto, persone come Sergio meritano di essere lasciate stare nel silenzio che le circonda e proprio per questo sono grandi
Se dai questa risposta, significa non hai capito un belino di niente, peraltro accade sempre così, per cui non c’è da stupirsi
@24 se poni quella domanda, significa non hai capito un belino di niente, peraltro accade sempre così, per cui non c’è da stupirsi
Sicuramente c’è chi risponde così. E se lo pensa è giusto che lo dica.
Ma sicuramente c’è anche chi si leva il cappello.
Quindi non facciamo di tutta un erba un fascio.
Stai dando del frustrato ed emarginato a Sergio Savio?
Oppure a me?
e chi l’ha mai pensato? io no!
Anche perchè come ho detto a Pasini un pò di giorni fa, io da alpinista spero di diventare un montanaro.
In generale, per parlare di montagna non è necessario esser degli ottavogradisti. Ancora ancora se si vuole spaccare il capello in quattro su temi strettamente da estremi (per farmi capire: è più dura la Camici alla Grande o lo Spigolo Giallo…), ma per parlare di questioni generali della montagna, tipo il CAI, l’impostazione della didattica, le leggi, l’ambientalismo, la TAV ecc ecc ecc, essere o meno degli estremi indici un piffero. ZERO ASSOLUTO. Se poi andiamo oltre la montagna e affrontiamo argomenti come destra/sinistra, modello scolastico USA, migranti o meno, il talento alpinistico non ha nessun rilievo e può anche NON ESSERCI per nulla, perché non è la variabile che incide.
Il meccanismo è sempre lo stesso: ai ribelli verso il sistema istituzionale (spesso frustrati proprio perché emarginati dal sistema) piacerebbe leggere solo interventi da tazebao maoista-leninista e se incappano in articoli o commenti in stile camicia a scacchi, vanno fuori di testa… Allora si appigliano a qualsiasi cosa, compreso il grado superato in roccia, per cercare di screditare le camicie a scacchi… Mentre l’atteggiamento dei lettori complementari (rispetto ai ribelli) è molto diverso. Articoli come questo stuzzicano la curiosità ed è un piacele leggerli. Magari alla fine, si conclude: “wuaoh, per fortuna che io non sono così”, ma ciò non porta a censurare tale spazio. Viceversa c’è una censura aprioristica (da parte dei ribelli verso le camicie a scacchi) che in realtà è ciò che sputtana alla fonte tutte le loro prese di posizioni.
Sei tu che, come al solito, prendi roma per toma e di conseguenza le considerazioni che esponi ti si torcono contro. Innanzi tutto non hai la più pallida idea di “cosa” sia davvero il Balon. L’ho chiamato “mercatino delle pulci” per farmi capire dai non torinesi, ma è qualcosa di molto diverso e soprattutto di molto di più. Ci trovi di tutto, specie gli articoli particolari, se davvero interessato devi anche esser disposto a sborsare sacchi di dineri, specie se sono articoli rari e quindi costosi. Se entri in confidenza con i tipi veri del Balon (perché poi c’è un Balon di contorno, ma quello non c’entra ora), ti trovano l’inimmaginabile. Per esempio se hai bisogno di un carroarmato, di sicuro te lo procurano. ovvio che costa quel che costa e altrettanto ovvio che non te lo consegnano lì davanti a tutti. Il Balon non è quindi un mercatino della domenica con le bancarelle… ma che ti spiego a fare, infatti non capisci mai un kaiser (tanto per restare in tema con l’elmo). Seconda cosa, non mi pare di essermi “impegnato” a presentarmi con l’elmo prussiano in originale, per cui doppia cappella, magari trovo una copia e costa due lire davvero. Terzo se costa troppo e mi porta via troppo tempo, prendo il casco Cassin a scodella che conservo in soffitta e concettualmente ricopre lo stesso ruolo. tanto l’accenno all’elmo prussiana NON è per un ghiribizzo fra storici, ma è un tentativo patetico di sfottò e il casco Cassin ani 70 è un’adeguata risposta. Della serie: mi sfotti per camicia a scacchi ecc E io mi presento davanti a te, non solo con la camicia a scacchi ma perfino con il casco Cassin a scodella, e ti pernacchio in faccia.
Alpinisti di rilievo no. Ma se mi voglio confrontare ad esempio su salite di un certo tipo, livello, in certi luoghi, stili, almeno sapere di che si parla credo di si.
Ma anche se vogliamo parlare di raccolta di funghi, che può sembrare facile e alla portata di molti. Ma se non li conosco di che ragiono??
Quanto all’essere “naif e numericamente limitato”, non vedo il problema. Del resto da sempre chi ha fatto qualcosa di speciale, unico, raro, diverso, è sempre stato numericamente limitato, spesso incompreso, visto male, additato, se non addirittura processato per blasfemia o stregoneria e messo al rogo.
Non credo assolutamente che per ragionare o parlare di qualcosa si debba necessariamente essere esperti di quella cosa.
Però occorre esserne almeno informati e tu spesso e in svariati ambiti non lo sembri proprio.
Come esempio valga la tua boutade:
“tranne l’elmetto prussiano, che penso però di recuperare facilmente al Balòn”
Un Pickelhaube originale è ben difficile da trovare, e di certo non al mercatino delle pulci. Comunque costa un botto.
Al massimo trovi delle repliche o falsi
Sicuramente non lo sono, ma credo non gli interessi nemmeno esserlo.
Sicuramente sono rappresentantivi di un certo tipo di alpinismo, molto personale, non è per tutti.
E meno male che non lo è.
Che siano “strani” lo vedi solo te. Perchè sei chiuso.
Posseggo tutto l’armamentario del caiano doc (in particolare la camicia a scacchi), tranne l’elmetto prussiano, che penso però di recuperare facilmente al Balòn (pr Balùn, il celebre mercato delle pulci torinese-vedi ad esempio La donna della domenica). In sostituzione, posso proporre un casco Cassin bianco a scodella, anni ’70. Fiero di esser un quartogradista (con del V/V+ se in forma, ma senza remore a retrocedere al II-III se poco allenato – ovviamente mi riferisco sempre a vie “di montagna”, dove il ravanage è il pane di base e richiede un “savoir-faire” che non è così diffuso, né immediato e si acquista con adeguata praticaccia), non si comprende perché sia costantemente riproposta, spesso da individui diversi, l’ottusa idea che, per esser accreditati a parlare di montagna, si deve essere esclusivamente degli alpinisti di rilievo, meglio se anticonformisti, ribelli, “strani” ecc. Non mi pare proprio che l’impostazione del blog sia riservata esclusivamente a costoro. Per scelta del blog, può esprimersi chiunque, quindi escursionisti, biker, runner, ciaspolatori, scifondoescursionisti, scialpinisti molto tradizionali-gitette invernali ecc, per cui ci sta anche il diritto di espressione dello scialpinista che (da buon occidentale) si spinge anche in alta quota (4000, ghiacciai, finalini alpinistici, passaggi chiave tribolosi, sia con che senza sci…) e che, in versione estiva, si muove su corrispondenti terreni. Se poi andiamo ad analizzare la composizione statistica della grande platea di chi va in montagna, gli “eletti”, specie se fantasiosi e naif, sono una minoranza risibile sul piano numerico. Ciò non pregiudica che parlino o che si parli di loro (anzi articoli come questo sono di piacevolissima lettura), ma tenendo sempre ben presente che essi costituiscono un percentuale numericamente ridottissima. Cioè non sono rappresentativi della grande platea di chi “va in montagna”. Mentre la camicia a scacchi lo è, quanto meno lo è molto più di loro. E’ questo il vero punto che vi ruga, ma la realtà è così…
il 12 luglio 80, quindi 2 giorni prima delle foto della salita alla Superfigari,la salì con me e quella era la prima in libera, poi il 16 si andò al Corno ad aprire Alitalia 80… non mollava mai 😉
Maurizio, (ciao) be’ non proprio un’intervista a Crovella, come lui vorrebbe per propinarci le solite tiritere, andrebbe bene anche una salita in amicizia come hai fatto con Savio. Che so, una vietta di II con passi di III con gli scarponi da scialpinismo, pantalone knickerbocker Trabaldo, camicia Carlo Mauri e elmetto prussiano con chiodo. Verrebbe una cosa carina.
…il sasso scricchiolo’ sinistro…me lo ricordo come fosse ieri…ma credo sia ancora ad oggi incastrato nella fessura
comunque con Giova ne abbiano viste di peggio: tutto sommato era ( quasi) ordinaria amministrazione ! ! !
io non ne sarei tanto sicuro.
Salve a tutti. Alcune precisazioni. Io non faccio più interviste da molti anni, le facevo per lavoro come free lancer per Vertical, Up e planetmountain. Ora anche no. Il racconto in questione è stato scritto per il mio ultimo libro e Fulvio Scotto mi ha chiesto di proporlo per Alpi doc Ho dato il mio consenso E’ il racconto di una salita fatta insieme a Sergio in amicizia, non un’intervista. Ho dato il mio consenso e speravo rimanesse in un ambito limitato, certo che a Sergio garbasse di più così
Senza cercare polemiche, spero che l’auspicata intervista a Crovella, sia solo un lapsus più o meno inconscio di Cominetti. Qualcuno in alto ci scampi.
Gli istruttori, e lo sono anche io, non sono i depositari del verbo, i depositari del vangelo dell’alpinismo.
@1 Se si tratta di 1977-78, si era MOLTO prima dei protocolli. Due mondi che non hanno nulla in comune. Oggi quel mondo là, fiabesco e naif, è improponibile, ma NON perché Crovella lo rifiuta. La Storia è andata così, non si riavvolge il nastro. Credo che, quel mondo “là”, oggi, non lo vorrebbe nessuno delle nuove generazioni. Non a caso i “rimpianti” giungono da persone che allora, 45 anni fa circa (arrotondiamo a mezzo secolo per fare cifra tonda…), erano “giovani” nella loro età personale e ora non lo sono più. La mia sensazione è che ciò inquini le valutazioni. C’è un sottofondo di rimpianto per gli anni che sono ormai alle spalle (nella vita personale di ciascuno) piuttosto che l’effettiva convinzione nella positività oggettiva di quel modo di vivere/arrampicare rispetto a quello attuale. Probabilmente neppure io sono del tutto scevro da tale meccanismo inconscio (anche se sono in perfetto equilibrio nel mio stile di vita attuale). Sta di fatto che, quando chiacchiero con istruttori che oggi hanno 30-40 anni anagrafici, a mia memoria non ricordo di aver mai sentito esprimere rimpianti perché, oggi, fare l’istruttore tarpi le ali a quel tipo di “inventiva”… Anzi sono abbastanza convinto che se facessimo un ipotetico referendum fra gli istruttori (do per sottinteso che stiamo parlando ESCLUSIVAMENTE di istruttori CAI e di tutte le discipline, non solo di alpinismo), ebbene i risultati sarebbero abbastanza sconcertante per chi rimpiange la stravaganza e l’inventiva dei bei tempi andati…
Non compendo cosa potrebbe emergere da una intervista a me fatta da Oviglia. Che risposte diverse da quello che dico normalmente potrebbero mai arrivare? Boh. Però mi avete incuriosito. Se organizzate, mi sottopongo con piacere all’intervista. Se con Oviglia è complicato (in realtà non dovrebbe esserlo, perché Maurizio torna abbastanza spesso in Piemonte), si può fare con Gogna o con chi scegliete voi.
Primi anni 2000 -non sapevo nulla di alpinismo e arrampicata- per un periodo mi ero interessato alla costruzione di armi primitive. Nell’ambiente erano mitici gli archi storici che tiravano fino a 50 metri, costruiti da Sergio Savio semplicemente con un’ascia e un coltellino.
Bellissime queste figure fuori dagli schemi, fuori dalle mode, che se ne sbattono dell’immagine, di raccontare quello che fanno. Che se ne sbattono delle regole e dei manuali. Sono dei monumenti da proteggere perchè hanno una passione immensa e tanto, tanto da trasmettere.
Rocca Provenzale, Torre e Rocca Castello, le avevo scoperte diversi anni fa salendo la Superfigari. Poi sono tornato diverse volte in questi ultimi 3 anni, salendo diverse vie, bellissimo il classico spigolo Castiglioni con la variante della fessura Matilde. Ci siamo stati un paio di volte anche con il nostro corso roccia, al colle Greugori mentre aspettavamo il ritorno di alcune cordate, abbiamo fatto amiciza con una marmotta che pretendeva, incazzata, un pezzo del nostro panino.
A quei tempi (assestamento del sasso incastrato ecc.) molti angli custodi si davano da fare anche per i non credenti
#2 Cominetti Mah, forse eravamo prima dei protocolli. Istruttori giovani, forti, esuberanti, direttore Tommaso Martini che appariva un previot (pretino) timido ma era ottimo alpinista e li sapeva guidare e “contenere”.
Grandi scalatori, ma anche un terreno di gioco fantastico. La val maira è davvero un luogo magico e il gruppo castello provenzale offre arrampicate parecchio bastonanti ma belle e fuori dal casino in un ambiente selvaggio e spettacolare
Achtung, Achtung!
Ora arriverà il martellatore sabaudo con la sua Luger a piantarvi una palla in fronte perché una scuola Cai aveva degli istruttori che non si attenevano ai protocolli NSDAP e magari sapevano scalare.
Grandi Savio & C!
Nel cuneese ci sono sempre stati fortissimi scalatori che alle chiacchiere preferiscono i fatti.
Sarebbe interessante un’intervista di Oviglia a Crovella.
Ottimi articoli per un soggetto fortissimo e stranissimo da sempre. Senza fare del gossip, vado indietro al 1977-78, facevo il corso di alpinismo alla scuola Gianni Ellena di Cuneo. Per la prima uscita in palestra, l’appuntamento era sotto i portici di corso Nizza. Lui arrivò con in testa un cappellaccio nero con la tesa tonda di diametro almeno 60-70 cm, scalzo. Si andava a Miroglio, poco sotto Artesina. Lui se ne arrivò su una Graziella, ruote piccolissime, nessun cambio, con gli scarponi nel cestello posteriore. Chi conosce la zona sa che la salita è discretamente impegnativa con bici da corsa attuali e quante palle gli sono servite. Poi lo ricordo arrampicare sul IV° con gli scarponi militari di almeno due numeri in più, punta flessa, aderenza assicurata !! Pantaloni corti, strappati dietro, con intimo non proprio “Ariel che più bianco non si può”. Tutte le premesse per quello che gli articoli ben illustrano dei suoi successivi quasi 50 anni. Per inciso, lui era istruttore in un gruppo di istruttori grandioso, che sarebbero diventati alpinisti forti o fortissimi, guide, tra cui Flavio Poggio, Parola, Vincenzo Ravaschietto, Giuliano Ghibaudo.