Santa Caterina Valfurva e Bormio si preparano a diventare il centro dello scialpinismo in tutte le sue forme, incluso il segmento splitboard. Dall’8 al 10 marzo 2024 infatti ospiteranno Skimofestival, una tre giorni ricca di eventi e divertimento dedicata alla community di appassionati ma anche ai neofiti che vogliono avvicinarsi al mondo delle pelli.
Skimofestival
(il primo festival dello scialpinismo)
a cura di Green Media Lab
Il primo festival dello scialpinismo in Italia, alla sua prima edizione, si presenta come un’occasione per vivere experience su percorsi tracciati di vario livello, per testare in anteprima le nuove collezioni FW 24/25, per incontrare atleti di questo sport, pronto a esordire come disciplina olimpica proprio in Italia, a Milano Cortina 2026, ma anche per condividere la propria passione e per fare festa durante lo Skimoparty, in programma sabato sera al Pentagono di Bormio.

L’8 marzo invece è prevista una serata by Patagonia con la proiezione del cortometraggio “The Meaningless Pursuit of Snow”. Un film che racconta la storia di cinque individui, tutti fedeli alla cultura dello scialpinismo e dello snowboard, con una passione che supera qualsiasi barriera linguistica e che colma qualsiasi divario generazionale.
Il quartier generale sarà il village di Santa Caterina Valfurva, sito in località La Fonte, alla base della pista Cevedale dove non mancherà l’intrattenimento musicale durante tutti e tre i giorni, oltre alla possibilità di degustare prodotti eno-gastronomici tipici della Valtellina.

Area test
I migliori marchi dello scialpinismo presenteranno le loro nuove collezioni per l’inverno ’24/’25 nel villaggio test allestito ai piedi della pista Cevedale a Santa Caterina Valfurva.
Gli appassionati iscritti a Skimofestival avranno l’esclusiva opportunità di provare in anteprima le novità in ambito di attrezzatura, tra cui scarponi, splitboard, attacchi, pelli, artva, abbigliamento, zaini e caschi, per vivere meravigliose esperienze sui tracciati di risalita appositamente predisposti, affrontando le discese a scelta, in fuoripista segnalati e sicuri, oppure sulle piste battute del comprensorio. Un grande locale riscaldato consentirà il cambio scarponi nel massimo comfort, favorendo pertanto la possibilità di provare quante più marche possibile. Una bus navetta farà la spola ogni 10 minuti tra il villaggio e la partenza della cabinovia che porta in zona Plaghera 2123 m, da cui poter accedere agli itinerari di scialpinismo più lunghi ed intensi. Si potrà salire fino al rifugio Sunny Valley 2700 m e, da qui, per i più avventurosi, sarà approntata una traccia di risalita sicura fino alla Cima Sobretta, a quota 3.296 metri, per conquistarsi un’indimenticabile vista a 360° sulle Alpi. I prodotti disponibili per il test potrebbero non bastare per tutti. Pertanto, suggeriamo di portare con sé la propria attrezzatura (sci/splitboard, scarponi, pelli) e il kit sicurezza (artva, sonda, pala) per le experience fuori pista. A disposizione eventualmente un noleggio nella zona a pagamento a prezzo convenzionato.
Si potrà testare l’attrezzatura:
– Immediatamente a monte del villaggio, sulla parte finale della pista, dove sarà allestito il campo prove di risalita (con rientro in pista), per consentire i test delle attrezzature nel modo più immediato ed efficace.
– Negli itinerari tracciati, diversi per difficoltà, dislivello e impegno nello spettacolare territorio di Santa Caterina Valfurva, nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio, in libertà o durante le experience guidate a programma.

Experience
Il fiore all’occhiello dello Skimofestival sono proprio le meravigliose esperienze di scialpinismo e splitboard, che si potranno vivere nello spettacolare territorio di Santa Caterina Valfurva, nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio, condotte dalle Guide Alpine di Bormio Skimo in orari prestabiliti lungo itinerari tracciati, di vario livello di difficoltà, dislivello e impegno. Le experience prenderanno il via dal villaggio test di Santa Caterina e potranno partecipare coloro che si saranno preventivamente registrati sul sito negli appositi form inseriti nel programma. Di seguito i vari livelli di esperience: Skimo School (lezioni gratuite di scialpinismo per principianti impartite dalle Guide Alpine di Skimofestival), Slow Skimo (un’escursione “soft” al Vallalpe 2700 m, Skimo Adventure (un’escursione “intermedia” al Monte Sobretta Nord 3296 m), Skimo On Top (un’escursione “intensa” al Monte Sobretta Sud 3296 m e Women Skimo (una “pellata” notturna al femminile per festeggiare la “Giornata internazionale della Donna”). Per le uscite fuori pista è obbligatorio disporre anche del kit di sicurezza (artva, sonda, pala). Spazio anche all’importantissimo tema della sicurezza in montagna attraverso un campo artva by ARVA, gestito dal suo distributore italiano Panorama Diffusion.

Skimo Sprint
Il 9 marzo il festival ospiterà la prima edizione della “Skimo Sprint”, una competizione di scialpinismo a staffetta ispirata al format delle gare Olimpiche di Milano Cortina 2026, un evento che promette adrenalina, sfide avvincenti e divertimento senza fine. Le iscrizioni sono aperte per squadre miste di tre componenti.

Dove dormire Per vivere al meglio l’esperienza a Skimofestival, è consigliato sfruttare almeno due giornate intere di attività. L’organizzazione sta lavorando alla creazione di alcuni pacchetti di soggiorno con prezzi agevolati per pernottamenti negli hotel di Santa Caterina Valfurva, Bormio, Valdidentro e Valdisotto oltre a ingressi alle terme di Bormio. I pacchetti saranno presto disponibili sul sito. Grazie alla partnership con il comprensorio di Bormio, saranno offerte le migliori condizioni per un soggiorno con formula B&B o mezza pensione. Per informazioni e prenotazioni, invia la tua richiesta qui: booking@bormio.eu
L’ingresso all’evento sarà totalmente gratuito, ma è richiesta l’iscrizione sul sito skimofestival.com
Per maggiori informazioni, potete visitare il sito ufficiale dell’evento o seguire la pagina Instagram.
Ufficio stampa Skimofestival – Green Media Lab Srl SB
Via Tertulliano 70 – 20137 Milano
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Tel. +39 02 91320415
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Agosto primi anni 2000 , rif. Falier, ai piedi della parete sud della Marmolada. Mi trovo lì con un cliente con cui il giorno seguente avrei dovuto salire la Via dell’Ideale.
Un folto gruppo di una sezione veneta del Cai inizia a intonare canti di montagna già sul finire della cena. In pratica non si riusciva a parlarsi. Un po’ come voler discorrere con qualcuno in discoteca.
Nonostante abbia, e con molto piacere, fatto parte del coro della Scuola Militare Alpina di Aosta, preferisco certi brani della disco-music degli anni ’70/’80, tipo Disco Inferno, La Belle, Donna Summer, ecc. al Testamento del Capitano o, ancor peggio, Quel mazzolin di fiori, che ho sempre detestato.
Comunque, visto che quella volta i cori si protrassero fino a notte fonda, ho sempre cercato di evitare di dormire in rifugio in Dolomiti d’estate in alta stagione, preferendo partire da casa a mezzanotte raggiungendo il cliente al rifugio, in tempo per andare all’attacco della via.
Su una vetta, luogo del silenzio, così come in un rifugio dopo le 9 di sera, trovo che cantare invada la libertà di chi non ha piacere di ascoltare. Quindi i cannibali sono i coristi. Non importa a quale parrocchia appartengano.
Crovella: ” il punto è che i cannibali sono ormai così numerosi che stanno infestando le montagne in ogni loro risvolto”
Allora, ad agosto 2023 sono stato sul Lagazuoi, affollato ma tranquillo; sul Nuvolau, molto affollato ma accettabile (ovvio che un centinaio di persone che parlano fanno rumore); rifugio Coldai, affollato ma accettabile; rifugio In Alto, Col Margherita, affollato ma molto tranquillo; rifugio Passo Selle, molto affollato, rumore accettabile; Baita Segantini, affollato, unico fastidio il motore della navetta sulla strada; Passo Giau, Passo Falzarego: affollati ma per niente fastidiosi, forse al Giau quando accendono le moto per partire. Dove diavolo erano tutti questi cannibali infestanti non lo so dire: eppure sono posti facilmente accessibili, tutto sommato. Secondo me, da quello che ho visto in questi anni, tutto ‘sto cannibalismo non c’è… E sinceramente se vedono genitori che portano i bambini in Val Venegia, ne sono ben contento…
A parte che, purtroppo sul piano cultural-storico, la propensione a cantare in vetta si sta perdendo 8in alcuni casi è praticamente sparita), il mazzolin di fiori e altri canti, durano al massimo 20-30 minuti. Basta spostarsi e non li senti neppure. in teoria tale ultima affermazione varrebbe anche per evitare il fastidio dei cannibali. il punto è che i cannibali sono ormai così numerosi che stanno infestando le montagne in ogni loro risvolto. Un gruppetto di 3-5 cannibali costantemente ululanti genera un fastidio milioni di volte superiori a un gruppo regolare e “regolato”, anche quando tale gruppo si concentra in vetta per cantare.
Piu’ che la dicotomia caiano / non caiano , mi sembra che ci siano altre cose non piacevoli.
Come mi insegnano youtuber / influencer e altre figure , il mio desiderio principale quando mi muovo sulle pelli e’ di stare in mezzo alla natura in un modo piacevole.
Invece “bisogna” essere alla moda , dire che “fai” skialp , ragionare di tempi e dislivelli come se fossero centrali nel piacere di una gita , ed agitare la propria appartenenza alla tribu’ come un vessillo distintivo con cui differenziarsi dal mondo dei mediomen.
Di queste innovazioni farei anche a meno : i raduni scialpinistici c’erano anche prima.
@29) “Perché in montagna “si entra in punta di piedi”: se ciascuno agisce in tale modalità a livello individuale, neppure un gruppo di 150 persone genera problemi, né di impatto ambientale né di particolare fastidio agli altri”
tranne quando:
@23 “magari in cima ci riuniamo per cantare insieme i canti di montagna”
La prospettiva di arrivare su una cima e trovare 150 persone che cantano “quel mazzolin di fiori….” la trovo abbastanza inquietante. E non sono sicuro che camosci e stambecchi apprezzino.
@9 “c’è un mondo sterminato di scialpinisti, anche under 30, che amano lo scialpinismo classico (con i suoi paletti ideologici)”
PALETTI IDEOLOGICI !!!!
….e ci fate lo slalom attorno ??
Forse merita ripassare la materia, rileggendo l’articolo pubblicato sul GognaBlog nel 2021, dal titolo:
“Uno dietro l’altro avanti, tutti in fila come fanti”
https://gognablog.sherpa-gate.com/uno-dietro-e-laltro-avanti/
Tutto è partito dal mio feedback sulla locandina., riprodotta anche qui sopra. La locandina è molto ben disegnata, ma il contenuto che essa rappresenta è agghiacciante. L’immagine è quella della carica dei bisonti, immagine che costituisce, specie nello scialpinismo, l’andazzo che registriamo in montagna dal 2000 in poi. Non mi si può venir a dire che sia un fenomeno “piacevole” né sul piano etico-ideologico né su quello ambientale e comportamentale. Perché in montagna “si entra in punta di piedi”: se ciascuno agisce in tale modalità a livello individuale, neppure un gruppo di 150 persone genera problemi, né di impatto ambientale né di particolare fastidio agli altri. Generano maggior fastidio 5 cannibali che 150 rigorosi scialpinisti.
Per quanto riguarda le scuole di scialpinismo del CAI, mi domando (come mi capita spesso in mille altri risvolti) se siate arrivati da Marte dieci secondi fa. La descrizione che ho riportato, sintetica ma precisa, non è l’espressione dei miei “desiderata”.
Quello che ho descritto è’ la realtà oggettiva. Sicuramente è la realtà delle scuole piemontesi, che conosco benissimo (specie le due torinesi), ma è anche la realtà di tutte le scuole di scialpinismo del CAI, a maggior ragione da quanto (ormai tantissimi decenni fa) si è giunti all’omogeneizzazione centralizzata del modello didattico: un solo modello didattico-organizzativo, valido per TUTTE le scuole del CAI. Per cui, al di là di piccolissime oscillazioni “soggettive” fra scuola e scuola, nell’ambito di range di fatto impercettibili, l’intero modello di tutte le scuole di scialpinismo del CAI è come l’ho descritto.
Cadere dalle nuvole di fronte alla descrizione di un fenomeno diffuso a livello NAZIONALE e in essere da almeno 4-5 decenni, mi porta a dire: ma è possibile che addirittura una GA, mentre va sul terreno, non si guardi intorno e non “capisca” che cosa sta succedendo nella grande comunità di chi va in montagna??? Uno individui “attento” dovrebbe aver colto da sé che il modello didattico-organizzativo è proprio quello descritto e vale a livello nazionale. Ci può stare che poi lo stesso individuo dica che tale modello non gli piace, ma esser sorpreso alla descrizione come se io raccontassi cose che costui (per giunta una GA!) non ha MAI visto con i suoi occhi mi lascia davvero basito. Ma in quale “montagna” si muove costui?
Le scuole di scialpinismo del CAI più prestigiose esistono ormai da tantissimo tempo. La prima, quella torinese cui appartengo, è stata fondata del 1951-52. Io che sono del 1961, sono entrato come allievo nel 1975, e sono poi cresciuto fino alla carica di direttore a metà anni Ottanta.
Data tale sequenza temporale, come è possibile che il DNA originario di tale scuola sia conseguenza della MIA visione “autoritaria”??? Al limite, può esser vero il contrario: la mentalità originaria della scuola ha forgiato la mentalità individuale di tutti i coinvolti e quindi anche la mia. ma non sono certo io che ho “scelto” l’impostazione originaria della scuola che è nata dieci anni prima di me!
Però anche l’altra scuola torinese, che io frequento da oltre 30 anni perché mia moglie ne fa parte storicamente, ha medesima impostazione. Perché il modello è ormai “quello” a livella nazionale, in quanto governato centralmente dalla CNSASA (Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Scialpinismo). Provate a organizzare una qualsiasi scuola al di fuori dei parametri centralizzati e vi spazzeranno via in men che non si dica. Giustamente: se si vuole fare una scuola del CAI si DEVE rispettare l’impostazione del CAI, sennò ti fai una scuola fuori dal CAI, ammesso che ci siano le precondizioni di base. Ma se “stai” dentro al CAI, le regole sono quelle del CAI. Corollario: per chi opera nel mondo didattico del CAI, seguire le regole del CAI non è un’imposizione. Crediamo in tale modello per cui agire in tal modo per noi è la cosa più naturale del mondo.
Per quanto riguarda le mie serate, chiunque è il benvenuto. Vedrete che resterete sorpresi dall’esposizione e alla fine applaudirete anche voi. Se non vi piacerà il contenuto delle mie serate, vuol dire che non padroneggiate a dovere la materia della montagna. L’altra sera c’erano alcuni “pezzi da novanta” che sono convintamente venuti apposta per assistere alla mia chiacchierata-conferenza e alla fine mi hanno espresso il loro gradimento. Non è statisticamente possibile che la platee delle mie serate siano composta esclusivamente di coglioni che non capiscono nulla.
Crovella qui, oltre al consueto più banale dei predicatori, si erge a chiaroveggente del futuro. Ovvero, riesce a vedere, in un raduno scialpinistico che deve ancora farsi, quanti e quali aspiranti cannibali lo frequenteranno.
Inoltre, dà una visione delle scuole caiane da nostalgico del ventennio, che è proprio una cosa che ha dentro il cuore che non riesce a intendere diversamente.
Anch’io non sono per le ammucchiate rumorose sulle cime, ma neppure per creare dei frequentatori pescati in maggior parte tra un’umanità “difficile” .
Il modello caiano classico crovelliano (ci sono le eccezioni) è agghiacciante.
Continuo a sostenere che a Crovella gli sarebbe servita una bella naia nel vicino battaglione Susa (chi lo ha conosciuto sa di cosa parlo) per riportarlo coi piedi su questo pianeta.
Comunque a una sua serata, se trovo posto, prima o poi mi imbucheró.
Arriva il genio einsteniano. Ma cosa c’entra questo riferimento con il discorso svolto finora? Il suddetto incidente è del febbraio 2022 (e non di un generico febbraio, cioè del febbraio scorso come potrebbe sembrare in assenza di citazione dell’anno: la mancanza della precisione sull’anno già la dice lunga sulla superficialità della citazione). Inoltre l’indicente è avvenuto durante una gita sociale e NON durante un’uscita della scuola (solo uno che non capisce niente di CAI non sa distinguere fra le due attività…). Infine è stato appurato che l’esito drammatico è conseguenza della pura fatalità. Infatti il malcapitato è scivolato di pochissimi metri, ma ha purtroppo battuto il capo contro delle pietre sul terreno.
Questo episodio non c’entra nulla col discorso finora approfondito, ovvero l’eventuale maggior fastidio a terzi prodotto dalle scuole CAI rispetto a quello prodotto dalla massa indistinta dei bisonti. Bastano 5 cannibali per far più casino (e quindi dare più fastidio a terzi) rispetto a quanto produce una scuola anche di 100-150 persone, perché queste ultime si muovono tutte in modo regolare e “regolato”, al fine di impattare il meno possibile sulla montagna e, quindi, anche sugli altri.
domenica 13 febbraio, Uno scialpinista è morto in seguito a una caduta sul Mont Colmet (3.023 metri), sopra Morgex, in Valle d’Aosta. La vittima è Mauro Fornaresio, di 68 anni, residente a Trofarello, in provincia di Torino: faceva parte di una sezione torinese del Cai-Uget (Club alpino italiano) e quella di oggi era una gita sociale del gruppo.
Basta questo per sfatare il mito?
Mi stupisce il fatto che tu non abbia optato per la carriera militare. Per il resto solite litanie.
Infine, carico solo stamattina queste considerazioni, perché ieri sera ero a tenere una chiacchierata nella lezione serale dell’altra scuola torinese (sala piena), quella del CAI UGET che, seppur un filo più piccola della SUCAI sul piano numerico, ha la stessa rigorosa mentalità e impostazione didattica. Inoltre, segnalo che da qualche anno in qua l’età media degli allievi sta di nuovo calando: oggi sono di nuovo i giovani che chiedono corretta didattica per imparare il giusto modo di approcciare la montagna e non solo i vecchi barbagianni. Ciao!
Anche restringendo l’analisi all’impatto della singola uscita della scuola, per quanto numerosa come la SUCAI (150 persone), non c’è confronto con una pari massa umana di cannibali. Certamente nell’uscita di una scuola la gente parla e magari in cima ci riuniamo per cantare insieme i canti di montagna (non certo i tormentosi da discoteca). Infatti insegniamo a comportarsi in modo corretto e controllato anche negli spiccioli risvolti. Difficile (per non dire impossibile) che allievi o istruttori urlino cose tipo “dai, batti il cinque, iuhhhhh”. In montagna si entra in punta di piedi, nelle cose concettuali come nel comportamento individuale. Per cui il 2fastidio” che produce una scuola è veramente molto ridotto rispetto a quello di una banda di cannibali ululanti. Anche l’impatto sull’ambiente è minimo, per esempio insegniamo che ciascuno deve portarsi a casa i propri rifiuti, comprese le bucce d’arancia.
Per cui non c’è confronto sul livello di “educazione e civiltà” fra i due mondi. Chiaro che chi ama la ribellione alle regole e l’assenza di costrizioni vede il mondo delle Scuole come fumo negli occhi, ma in realtà da tale mondo escono scialpinisti maturi e consapevoli, dal mondo cannibalesco sono individui imprevedibili e ingestibili. Nello scorso week end, con pericolo 4 o 5, alcuni gadani (piemontesismo, un po’ più pesante di balengo) sono andati a ficcarsi nei guai, costringendo i soccorritori del CNSAS a richiare la proria vita per ripescarli… Ecco MAI si vedranno allievi o istruttori del mondo CAI fare della cazzate del genere.
CONTINUA
Non conoscete nulla del mondo delle scuola CAI se vi lanciate in analisi del tutto sconclusionate come quelle sottostanti. Astraendoci da tipici sfottò calcistici (reciprocamente lanciati dalla due curve dello stadio), l’analisi è impietosa per un mondo, quello dei cannibali, che definire becerume è ancora poco.
Innanzi tutto nelle uscite di una Scuola del CAI (una qualsiasi scuola, non solo la SUCAI) non si procede alla cazzo di cane, ma in modo molto sistematico e quasi militaresco. Gli allievi sono divisi in gruppetti di 3-5, con 1-2 istruttori per gruppetto. Tutti devono stare fra il gruppo di apertura (che nessuno può superare) e quello di chiusura. A nessuno vengono “colpi di testa” della serie “che bel pendio lì, andiamo a provarlo, dai” (colpi di testa tipicamente cannibaleschi e ormai all’ordine del giorno nel mondo skimo-skialp). Durante tutta la gita si fa attività didattica, dalla semplice sistematica chiacchierata istruttore-allievo (con suggerimenti di spicciola utilità) alle vere e proprie esercitazioni sul terreno, applicando le nozioni spiegate nelle lezioni serali in sede . L’allievo che prende il distintivo, al termine di un ciclo didattico normalmente di tre stagioni (con lezioni teoriche e circa 8-9 uscite per stagione) esce con una forma mentis che non è minimamente confrontabile con l’orda animalesca così bel raffigurata dalla locandina soprastante.
CONTINUA
Mah, in alcuni commenti mi sembra sproporzionato il giudizio su un’iniziativa basata su un’attività che in ogni caso, si tratti di caiani o faidaté, va effettuata con le proprie forze e non lascia altro che tracce effimere e di breve durata. Definirla becerume lo ritengo offensivo per chi lavora nel settore. Musica a tutto volume? In una località turistica e di sabato sera, sarebbe una novità? Ma se sulle piste sparano musica a tutto volume dalla mattina a notte inoltrata (ps: la scorsa estate sentivo la musica sparata da qualche locale in val di Zoldo dal sentiero Tivan!). Code apocalittiche? Sul programma parlano di gruppi di max 8 persone, non certo le 200 vantate in un vecchio post dal sabaudo. Circo? Quel giorno probabilmente ci saranno gite con meno gente in altre valli, se sono tutti lì…
Inglesismi? La deriva non è certo una novità, e non vedo in quale modo possa essere fermata e i social non hanno fatto altro che amplificare la tendenza, anzi il trend.
Infine, osservo da esterno, non scio né in pista né fuori.
E io che ho detto, Fabio?
@16 grazie Fabio per il consiglio. Ma come voi vecchi saggi saprete meglio di me il buon Carlo non dorme mai, impegnato com’è fra impegni lavorativi, lettura dei quotidiani, scrittura di articoli, militanza politica e nel CAI.
Come dici giustamente a Matteo nel @18, “ne ha ( quasi) imbroccata una”. Condivido il ruolo educativo che la scuola (si spera) dovrebbe avere. Quello che però io gli critico è il fatto di non accorgersi di essere di parte quando l’oggetto della discussione è -diciamo- sabaudo.
“Dal punto di vista degli effetti sul terreno in effetti non c’è molta differenza tra i due ‘branchi’ portati su una cima da guide o istruttori, mentre invece c’è (o dovrebbe esserci) sul terreno delle motivazioni personali di chi partecipa in qualunque ruolo.”
Matteo, una volta tanto che Carlo ne ha (quasi) imbroccata una sarebbe ingiusto criticarlo. All’orda vociante dei cento allievi del corso di scialpinismo del CAI Torino certamente vengono insegnati, oltre a tutto il resto, l’amore per i monti, la bellezza dei posti solitari, la beatitudine del silenzio.
Però questi insegnamenti, visti i numeri in gioco, potranno essere applicati dagli allievi soltanto dopo il corso, da soli o con pochi amici fidati.
We few, we happy few, we band of brothers.
Crovella, non mi pare che la tua replica a Scito sia correttamente impostata.
Dal punto di vista degli effetti sul terreno in effetti non c’è molta differenza tra i due “branchi” portati su una cima da guide o istruttori, mentre invece c’è (o dovrebbe esserci) sul terreno delle motivazioni personali di chi partecipa in qualunque ruolo.
Il poveraccio che si trova a incrociare una di queste carovane profferirà comunque le medesime bestemmie!
@ 13
Antonio, nel GognaBlog i vecchi saggi dicono:
“Non stuzzicare il Carlon che dorme”.
Non mi tirate per i capelli. Se non capite da soli la profonda differenza fra l’uscita di una scuola CAI (per quanto affollata) e l’andazzo in stile skimo-skialp, significa che fate parte di quest’ultimo, magari inconsciamente, ma è così. in una qualsiasi scuola del CAI si insegna a muoversi in montagna in modo maturo e consapevole. Molto rare che allievi delle scuole vadano in montagna “di pancia”. Gli ambienti (umani) alternativi a quello delle scuole (o di altre organizzazioni assimilate, sotto questo profilo, alle scuole) sono invece senza precise regole comportamentali e quindi sono caratterizzati da una “anarchia” di fondo, che è il vero male attuale dell’andar in montagna (anche senza sci, ma in particolare nel settore dello scialpinismo).
Portavo allora un E-skimo innocente…
Dio era morto, a monte, ma pero’Contro il sistema anch’io mi ribellavo
mica badavo a tutte ste experience
Chiedo scusa a Francesco …
@4
Carlo nel tuo commento parli di “arrivo in massa dei Lanzichenecchi”. Io sinceramente non ci vedo molte differenze rispetto ad una normale gita della tua amata scuola SUCAI, dove 2 volte al mese, 3 bus scaricano un centinaio di persone pronte a cannibalizzare la montagna.
Non capisco perché si abusi del termine “experience” e non si scriva “attività”, ma è in linea con lo “sfruttare almeno due giornate”, come se il tempo fosse in una miniera.
L’industria dello scialpinismo diventa così una delle tante voci sotto “industria del turismo”, o, se preferite, “industria dello sport”.
E’ il capitalismo, baby.
Ho iniziato con lo sci-alpinismo a dicembre 1975, pochissimi in giro, pelli non autoadesive con cinghietti, Bernacca, talloniera Marker, ecc. Progressi dal punto di vista dell’attrezzatura sono stati enormi e ben graditi. Ma oggi si sono almeno trentuplicati quelli che lo praticano, la maggioranza con tecnica di salita discutibile e nessuna pratica dell’autosoccorso, banalizzazione dell’attività. E sarà specialità olimpica, ben lontana anche solo dagli anni ’70 dove era normale (e lo fu anche per me) iniziare con lo sci-alpinismo per poter scalare anche d’inverno. E adesso anche lo skimo (o schifo)-festival con tanto di garantita musica a tutto volume, il becerume che mi fa cadere i cosiddetti. Ci manca solo un bel servizio di eliski in modo si possano confrontare esperienze diverse…
E’ vero che, scialpinisticamente parlando, la realtà odierna mi fa apparire “obsoleto”. Ma è errato che il riferimento storico per lo scialpinismo “piacevole” sia così lontano nel tempo. In realtà il meglio è rappresentato dafli anni Settanta e Ottanta: c’era un equilibrato mix fra la diffusione dello scialpinismo (non eravamo già più gli sfigati rispetto ai pistaioli) e una cerca wilderness bianca. oggi domina di becerume, non faccio specifico riferimento a questa specifica iniziativa. Il becerume è conseguenza della rivoluzione tecnico-ideologica che si è consumata a cavallo del 2000, quindi circa 25 anni fa. Anche i termini e le definizioni sono completamente cambiati: da scialpinismo a Skialp, con una babele concettuali fra i sostenitori delle diverse sottodiscipline dello scialpinsmo.
Non è vero anche un altro concetto che rose è sottinteso: che tutto il mondo dello scialpinismo sia orientato verso questo becerume. E non solo perché sopravvivono gli scialpinisti con mentalità obsoleta (come il sottoscritto), causa età anagrafica che ha comportato un collocamento storico senza poterlo scegliere (se uno inizia a far gite negli anni Settanta, quella mentalità lì gli si forgia dentro e non quella innovativa…). Voglio rassicurare tutti che, ancor oggi, c’è un mondo sterminato di scialpinisti, anche under 30, che amano lo scialpinismo classico (co i suoi paletti ideologici) e proprio per questo si iscrive alle (numerosissime) scuola di scialpinismo del CAI, dove il perno ideologico dell’insegnamento è l’antitesi del becerume che si vede in giro.
Buongiorno, mi sembra che sia inutile stupirsi x la deriva (anche) dello scialp, siamo in una struttura che fa di ogni cosa una merce, sanità x esempio, e allora…….chi è causa del suo male………..
Voglio infierire.
Nella terzultima fotografia si scorgono in lontananza la Cima Busazza, il M.Cercen, il M.Gabbiolo e la Cima Vermiglio. La mia amata parete nord della Presanella è coperta dalle ginocchia del tizio con gli sci, il quale sta quindi zampettando sulle piste del Tonale.
Pertanto il Green Media Lab, per un “festival dello scialpinismo” a Santa Caterina Valfurva e a Bormio, si serve subdolamente di fotografie scattate sulle piste battute dal gatto delle nevi del Tonale!
Non c’è piú religione.
Carlo, devo confessartelo: sei obsoleto. E io con te.
Con i tuoi princípi bisogna che ritorni indietro nel tempo agli anni Trenta del Novecento. Anzi, di più! Anche allora c’erano le “adunate oceaniche”.
Credo che a noi due piacerebbe – almeno almeno – l’epoca di Mummery, se non quella di Paccard e Balmat (o no?).
Ora viviamo nell’era delle ammucchiate. Rassegnati.
Ma che bello!
Tutti in fila sul traccione come in autostrada per provare in tutta sicurezza “adrenalina, sfide avvincenti e divertimento senza fine” scendendo sui pendii più ciancicati del mondo!
Entusiasmante…
Non voglio polemizzare con gli organizzatori, né stroncare il loro entusiasmo. Ma certo che per me, scialpinista “old style”, questa roba mi atterrisce. resto basito che si sia gente cui “piaccia” fare questo scialpinismo. La locandina, poi, è proprio la summa dei cannibali moderni: l’arrivo in massa dei Lanzichenecchi! Aiuto!!!!!!!
@ 2
Certo che sí! È facilissimo. Antonio, prima dell’inizio dell’experience (la gita) devi dichiarare: “Io oggi mi sento donna”.
O almeno transessuale. Ops, scusate il provincialismo: transgender.
P.S. Dopo la gita non dimenticare di risentirti uomo!
Chiedo se è possibile partecipare alla gita in notturna per donne (io sono un uomo, ma non sopporto i maschi) ?
Grazie.
Una volta sui monti d’Italia gli scialpinisti vivevano esperienze.
Ai nostri tempi invece vivono experience.