Storia di un uomo e di un ghiacciaio

Storia di un uomo e di un ghiacciaio
di Roberto Guasco
(pubblicato su colledelsommeiller.it)

Premessa
Questa è la storia di un uomo e di un ghiacciaio, le cui esistenze sono state strettamente intrecciate fin dai primi anni Sessanta. Si tratta di una storia che, purtroppo, non ha un lieto fine, infatti, entrambi… non esistono più!

Edoardo Edo Allemand
Ghiacciaio, Colle, Lago Sommeiller visti dalla Punta Sommeiller
Il Lago del Sommeiller nel 1965

Voglio parlarvene perché è tutto ciò che ci rimane, bei ricordi e le immagini. Se si possono ancora ammirare i ghiacciai delle vostre montagne, fatelo! Sulle mie Alpi, i ghiacciai stanno morendo. Io non sono in grado di dirvi se è la fine di un ciclo o colpa nostra. Qualunque sia la causa, non mi piace.

Dobbiamo ricordare che i ghiacciai non sono solo uno spettacolo meraviglioso, un retaggio del passato da vedere e da esplorare, ma rappresentano una preziosa riserva di acqua per tutti noi. Io non voglio essere visto come un profeta di sventura, ma temo che un giorno, quando cesseremo di ucciderci a vicenda per il per il petrolio, inizieremo a fare lo stesso per l’acqua. Faccio appello a tutti coloro che, come me, possono bere un bicchiere di acqua potabile semplicemente aprendo un rubinetto o fare il pieno alla nostra autovettura con la nostra carta di credito. Possiamo avere tutto oggi, ma non necessariamente per sempre. Dobbiamo cominciare a pensare di cambiare il nostro modo di vita!

Il Lago del Sommeiller nel 1967
Il Lago del Sommeiller nel 1968

L’uomo
Edoardo Edo Allemand (Bardonecchia, Valle di Susa, 21 luglio 1926 – 25 settembre 2010).

La Scuola di Sci (1965). Da sinistra: Aldo Romanello, Ivo Chalier, Aldo Garcin, Gianni Bersezio, Edo Allemand (direttore del centro sci estivo), Silvano Roude, Gianni Cecile, Silvio Guiffrey, Ezio La Boria.

Durante la seconda guerra mondiale partecipò come partigiano, alla guerra di liberazione d’Italia dal nazi-fascismo. È stato catturato dalle SS e deportato in campo di concentramento (prima a Bolzano, poi Reichenau e infine Schwatz in Austria). È stato uno dei guardiani della diga di Rochemolles (Valle del Sommeiller). Una primavera durante il cambio delle guardie della diga, lui ed i suoi due compagni sono stati spazzati via da una valanga durante la discesa in direzione del Villaggio di Rochemolles. Solo due sopravvissuti, Edoardo in particolare, è stato salvato grazie al bastoncino da sci. La mano che lo stringeva era davanti alla sua bocca ed ha agito come un boccaglio permettendogli di respirare. È stata un’esperienza terribile, la neve che si scioglieva era primaverile (pesantissima) e lui aveva la sensazione che gli stesse stritolando le gambe.

Durante il suo servizio come custode della diga, ha visitato il Colle del Sommeiller un certo numero di volte per ammirare il ghiacciaio. Un anno, ha anche scavato un canale di deflusso dell’acqua dal lago glaciale. Inutile dire che questa mossa avrebbe cambiato la geografia del territorio. Secondo i trattati, lo spartiacque costituisce il confine. La nuova direzione del flusso avrebbe spostato il confine (nelle intenzioni) in territorio italiano.

Nel 1958, Edoardo è diventato un maestro di sci. Nel corso di un salto, si frattura tibia e perone in 18 pezzi. È stato durante il lungo periodo di convalescenza a casa che gli venne l’idea di un centro per lo sci estivo sul ghiacciaio Sommeiller. Un’idea folle, per quei tempi e un esempio unico nelle Alpi occidentali Italiane. Il suo caro amico Bosticco, di Bardonecchia, andava spesso a fargli visita a casa e ogni volta veniva intrattenuto dalle descrizioni di Edoardo sulla bellezza del Ghiacciaio e sul dovere morale che avevano per tentare un’avventura mai sperimentata prima.

Non appena guarito dalle sue ferite, Edo, sua moglie Nilde, il suo amico Bosticco ed Elvira Rousset, andarono al ghiacciaio con un quattro ruote motrici Alfa Romeo “Matta”. Tenete presente che nessuna strada esisteva. Con l’aiuto di finanziamento di privati, molti turisti e amanti della Valle di Susa, e anche molti cittadini di Bardonecchia crearono una SPA, la “Società VA.RO” (Valle di Rochemolles). Il presidente della società era stato il marchese Valerio Clavarino. Il loro primo acquisto per la società fu una pala meccanica Fiat FL8 per costruire la strada. Per i suoi meriti di partigiano e per l’impresa di Sommeiller, Edo “l’uomo delle Alpi”, ha ricevuto la nomina da parte del governo italiano di “Cavaliere della Repubblica”.

Edoardo Edo Allemand, l’Uomo delle Alpi

i cui sogni e le cui speranze divennero realtà. Capace di vivere nella natura selvaggia delle Alpi e del ghiacciaio, capace di vivere ogni situazione. Edo Allemand (maestro di sci) fu: il gestore del Rifugio Ambin, direttore della Scuola Sci Estiva del Sommeiller, il cofondatore della società VA.RO.

Il ghiacciaio
Il Colle del Sommeiller 2993 m è un passo di montagna situato nelle Alpi Cozie lungo il confine tra Italia e Francia. Si trova tra Punta Sommeiller 3333 m e Rognosa di Etiache 3382 m e collega la città di Bardonecchia (Torino) con il Comune di Bramans, nel dipartimento francese della Savoia. Dalla vetta di Monte Sommeiller scende un antico ghiacciaio i cui “piedi” arrivano fino al Colle formando uno spettacolare lago glaciale.

Il lago glaciale

Monte, ghiacciaio e Colle del Sommeiller prendono il nome dall ‘ingegnere Germain Sommeiller, che ha diretto la costruzione della galleria ferroviaria del Frejus. Il più antico catasto esistente dei ghiacciai italiani è di Porro (1925) che ha compilato il primo “Elenco dei ghiacciai italiani” (Parma, Ufficio Idrografico del Po) e subito dopo Labus e Porro (1927) fecero il primo “Atlante dei ghiacciai italiani “con un censimento sistematico dei ghiacciai italiani, tra i più antichi registri glaciologici esistenti.

I 774 ghiacciai esaminati sono stati rappresentati in 4 tavole alla scala 1:500.000. La lista comprendeva 773 ghiacciai delle Alpi e Appennini un ghiacciaio, il Ghiacciaio del Calderone, nel massiccio del Gran Sasso, tra i ghiacciai più a sud dell’Europa meridionale.

Nelle viscere del ghiacciaio

La strada di montagna
La prima sfida era quella di costruire la strada per il Colle del Sommeiller. Fino a quel momento, imprese simili erano state realizzate solo dal genio militare con mezzi infinitamente più grandi. Ancora più importante, i militari avevano una inesauribile forza lavoro, che aveva creato strade di montagna in tutta l’area. A titolo di esempio, la strada Fenils-Monte Chaberton 3130 m, 14,5 km di lunghezza, è stata fatta dai militari. I lavori sono iniziati nella primavera del 1962 ed hanno occupato l’intera stagione di lavoro. Con l’aiuto di una pala meccanica, un efficiente team di lavoro composto da molti maestri di sci: Cecil, Campolo, Guiffrey, Vallory, diretti da Edo.

Il pedaggio

Si incominciò tracciando il percorso che li avrebbe portati dal villaggio di Rochemolles al Colle del Sommeiller, con una lunghezza totale di 19,5 km e un dislivello di 1600 metri. Il compito di tracciare il percorso è stato inizialmente dato a un geometra. Che sbagliò i calcoli per tre volte; licenziato, il tracciato venne tutto quotato da Edo Allemand. In molti luoghi era necessario utilizzare esplosioni controllate.

La FL8 ha finito il duro lavoro sulle curve dette “le Rosse”. Ora ha davanti il Pian dei Morti
Pian dei Morti

L’artificiere esperto nell’uso del tritolo detto Fuochino fu il signor Giobellina. I lavoratori non scendevano mai a valle in modo da poter utilizzare tutto il tempo disponibile per il lavoro. Erano alloggiati per la notte in una tenda militare gigante capace di tre o quattro letti a castello. La strada è ancora percorribile a piedi, in mountain bike, in auto, non un tornante, non un ponte ha ceduto, nemmeno nei tratti più esposti a frane. È un capolavoro di ingegneria stradale di alta montagna. Ogni anno, in primavera, era necessario aprire la strada dalle abbondanti nevicate dell’inverno.

1967, nei pressi del Lago Pataré

Uno spazzaneve, messo a disposizione dalla Provincia di Torino veniva utilizzato per questo scopo, i costi del servizio si aggiravano sui 10 milioni di lire. Lo strato di neve da dragare lungo la strada poteva raggiungere otto metri e più di spessore.

Curva Pataré
12 metri di neve
La mitica matta

Gli skilift
Il secondo anno hanno iniziato la costruzione e l’installazione degli impianti di risalita. I primi due impianti di risalita erano paralleli e sono stati chiamati: “i corti”, poi dopo è arrivato “il lungo”. La forza motrice era fornita da un motore diesel con avviamento a manovella. I pali in legno e poi in metallo ma solo per l’impianto di risalita lungo. I pali di sostegno venivano piantati direttamente nel ghiaccio con un ulteriore supporto sempre fatto di pezzi di ghiaccio. Il ghiacciaio è molto dispettoso, si muove in continuazione, così quasi ogni settimana dovevano verificare l’allineamento dei cavi d’acciaio. A volte, andando su piloni, si poteva vedere il cavo come un serpente. Hanno anche costruito una piccola capanna che fungeva da punto di ristoro con un piccolo ma accogliente bar gestito dalla moglie di Edo.

I pali in legno
Pilastri di ghiaccio
Skilift “corto”
Manutenzione
Stazione a monte dello skilift da 600 m

Ogni anno, all’inizio della stagione, era necessario scavare metri di neve per fare riemergere le stazioni di partenza e di arrivo degli impianti di risalita. Ogni anno alla fine della stagione, dovevano smontare gli impianti di risalita e coprire i motori. Un compito enorme! Inoltre, il ghiacciaio era completamente in territorio francese, quindi l’usufrutto era stato concesso dal Comune di Bramans (I Francesi Gentleman) alla Società VA.RO. per una cifra simbolica.

Il gatto sul ghiacciaio per traino sciatori
1963, i due skilift “corti”

Il rifugio Ambin
Nel 1963, hanno iniziato a lavorare sul grande rifugio ” Ambin “. Hanno usato rifugi prefabbricati in acciaio della società Morteo (Viberti). La fondazione è stata costruita con pareti in mattoni e cemento armato. Il rifugio è composto da due edifici collegati da un tunnel protetto. Il primo edificio a due piani, il piano terra con: negozio, stanze per il personale di sorveglianza, servizi igienici con una caldaia e una cantina. Secondo piano con: cucina, zona lavaggio, ristorante da 80 posti e un bar. All’esterno dell’edificio una terrazza panoramica con vista a sud-est. Il secondo edificio, conteneva 20 camere da letto con 50 posti ed è stato successivamente esteso ad altre quattro camere per un massimo di dodici persone. La potenza elettrica era fornita da un generatore diesel che la sera veniva spento. La fornitura d’acqua era assicurata da un serbatoio situato ai piedi della Rognosa di Etiache, in seguito anche da una pompa idraulica che pescava dal fondo del lago glaciale.

Il Rifugio-Albergo
Agosto: nevicata
Rifugio-Albergo, 1968
Costruzione delle fondamenta
Maggio 1963, la parte superiore

Il rifugio del Sommeiller era un paradiso, non mancava nulla, compreso il Juke Box per ballare e divertirsi. Tramonti mozzafiato erano garantiti da madre natura, e la mattina presto tutte le persone erano pronte con gli sci ai piedi per godere di una discesa nel mese di agosto.

Il ristorante da 80 posti
Let’s dance

La valanga di Natale 1968
Durante l’inverno del 1968/69, un piccolo aereo pilotato da Gino Senigagliesi sorvolò il Colle del Sommeiller. Il pilota aveva molta familiarità con la zona e notò subito che qualcosa era cambiato. Sporgenti dalla neve c’erano delle lamiere contorte, non erano più visibili, come al solito, i due tetti del rifugio “Ambin”…. qualcosa di terribile era accaduto. Tornato alla base, informò immediatamente Edo. Purtroppo l’inverno era stato pessimo, piogge persistenti aveva sferzato il manto nevoso, fragile in quota, e cambiamenti improvvisi di temperatura avevano causato la costante caduta di valanghe in tutta la regione. Edoardo incominciò a pensare al peggio e nel marzo 1969 sorvolò in elicottero il ghiacciaio. Dalle pendici della Rognosa di Etiache si era staccata una valanga che, come la mano di un gigante aveva spazzato via il rifugio. Le immagini riprese dall’elicottero erano desolanti! Nel mese di aprile, un gruppo di uomini si recò in loco per avere una migliore idea della situazione.

Marzo 1969, dall’elicottero: il Rifugio-Albergo distrutto dalla valanga
Il Rifugio-Albergo distrutto dalla valanga – foto aerea

Tutto da ricostruire! La valanga aveva creato un danno di 40 milioni di lire. “Al lavoro”, disse Edo, “riaprire subito la strada e salire al Colle”. Cercando di recuperare il più possibile tra i rottami, la squadra si ripulì la zona. Un aiuto insperato arrivò da Bardonecchia e consisteva in un plotone di alpini. È stato immediatamente ricostruito il bar e rimessi in funzione gli impianti di risalita. Durante l’estate del 1969 il ghiacciaio Sommeiller è stato nuovamente utilizzato per lo sci.

Cosa rimane del Rifugio-Albergo dopo la valanga, il bar è già stato ricostruito
1969, una bella gara di solidarietà per la ricostruzione del Rifugio: anche i turisti danno una mano

Italiani, popolo di automobilisti!
L’azienda VA.RO acquistò alcuni veicoli per garantire il servizio ” Shuttle ” per i turisti ed il suo staff. Il primo è stato un OM “Lupetto”, quindi un Fiat 625 e, infine, una Macchi TU5. Il primo servizio pubblico di trasporto a Bardonecchia è stato garantito dai mezzi della VA.RO. Infatti, in inverno, i bus venivano utilizzati per il trasporto pubblico nella città delle Alpi. Hanno anche comprato l’indistruttibile minibus “Transporter” della Volkswagen, al giorno d’oggi sono la gioia dei collezionisti. Prima uno rosso e poi uno blu chiamato ” Pippo”.

Sommeiller 1968: il parcheggio di fronte al Rifugio-Albergo affollato di auto

In seguito, ogni maestro di sci aveva a disposizione un minibus per raggiungere il ghiacciaio con la sua scuola di sci. Lentamente, l’Italia stava scoprendo a poco a poco le auto. Sempre più automobilisti, che non erano affatto intimoriti della salita, andavano in estate a sciare sul ghiacciaio con le loro “carrette”. Oggi, vedere le immagini di quelle auto fa una certa tenerezza, non erano super-tecnologiche off-road, ma sono arrivate dappertutto!

Estate 1967, un’attrice al ghiacciaio: Marisa Del Frate
Un maestro, un pullmino, una Scuola di Sci
Lo “Shuttle”

Conclusioni… brutte notizie!
2012: L’anno orribile per i ghiacciai. Un nuovo anno, tempo di bilanci.

Cinquanta anni fa, il Ghiacciaio Sommeiller (a destra) venne a lambire il Lago del Colle. Sulle sue meravigliose nevi eterne, abbiamo sciato ad agosto. Oggi non c’è più nulla di tutto questo, solo i ricordi e le fotografie d’epoca.

In termini di tempo e di clima il 2012, appena concluso, si aggiunge alla lunga lista di questi ultimi anni particolarmente caldi nelle Alpi Occidentali, confermando il riscaldamento atmosferico in corso. Per un confronto storico efficace, si può prendere ad esempio la lunga serie di misurazioni della temperatura a Torino dal 1753 ad oggi, rappresentante di tutto il Nord-ovest d’Italia. La media di 14,7° si pone al terzo posto del 2012 tra i più caldi in più di due secoli e mezzo dopo il 2007 e il 2011. 1.6° sopra la norma, a causa delle anomalie termiche dei mesi: marzo, giugno, agosto e novembre e, nonostante la breve ma intensa ondata di gelo siberiano, che a febbraio ha portato il minimo a -11 ° in città e -20° nelle valli alpine.

Anche l’estate intensa e prolungata è stata protagonista terza nella storia. A 2.850 metri del ghiacciaio del Chardoney mai la temperatura è scesa sotto lo zero per più di un mese.

Non è andata meglio sui crinali alpini più alti, l’osservatorio del Plateau Rosa a 3488 metri di Cervinia, ha registrato temperature quasi sempre sopra lo zero. Inevitabile, con la fusione continua giorno e notte, le perdite pesanti di spessore del ghiaccio. In tutta la stagione è stata persa una “lama d’acqua” pari a 2,16 metri al Chardoney. Le precipitazioni sono state in deficit moderato rispetto al normale 648 millimetri a Bussoleno (Val di Susa), 1144 a Balme (Valli di Lanzo), 1748 a Oropa, questa ultima, di regola, è considerata una delle più piovose nelle Alpi occidentali, con una media annua di 2000 mm. la stagione invernale 2012/2013 ha iniziato in grande stile, alla fine di novembre lo spessore del manto nevoso ha raggiunto un metro e mezzo a 2000/2500 m, parecchio di più nelle Alpi Marittime. Ma nelle ultime settimane i venti occidentali hanno relegato la neve al lato francese delle Alpi, lasciando il lato del Po quasi sempre in secca. Così la neve si sta riducendo e, in particolare, le temperature sono in aumento (con medie di 15° durante l’Epifania), tutto questo a causa di un vento di Fhoen straordinariamente mite. Secondo il Met Office britannico, ci sono buone probabilità che il 2013 si mostri ancora una volta come il più caldo a livello globale. E allora, sarebbe ancora una volta un anno di agonia per i ghiacciai!

Verso ovest – Per vedere dei ghiacciai dalla Valle di Susa ho dovuto, con il mio teleobiettivo, salire ai 3100 m del versante sud dello Chaberton e guardare nella direzione della Francia (Hautes Alpes). Sfortunatamente i ghiacciai “lato Italia” sono estinti.

Ringraziamenti
Questo articolo è il frutto del lavoro di due continenti, l’America e l’Europa. Si tratta di una bella storia di duro lavoro e sacrifici, premiata dalla bellezza delle montagne e del ghiacciaio, che sarebbe potuta accadere in qualsiasi altra parte del mondo.

Circa a metà della Valle di Rochemolles (la valle infinita), in direzione del Colle del Sommeiller, troverete quiesto meraviglioso altopiano (rifugio Scarfiotti).

Un grazie di cuore al mio caro amico Marc Soltan per la correzione della bozza di articolo (la grammatica inglese è molto importante e la mia è terribile), il layout della pagina e il formato grafico. Per tutto il tempo dedicato a questa bella storia delle Alpi, Marc grazie 1000! Tutte le foto storiche di questo articolo sono state scattate da Edo Allemand e provengono dalla collezione della famiglia Allemand. Un grande grazie ai figli di Edo, Fulvio e Gabriele, per aver gentilmente messo a disposizione tutto il materiale inedito. Fulvio Allemand è a disposizione di chiunque voglia avere notizie: turistiche, storiche e generali sulla Val di Susa e Bardonecchia.

Si ringrazia la famiglia Allemand per la gentile concessione.

Un po’ di storia
di Norma Raimondo
(pubblicato su laboratoriovalsusa.it)

Il Colle del Sommeiller è considerato da motociclisti e appassionati di fuoristrada il “tetto d’Europa”. Una strada carrozzabile si arrampica infatti fino a quasi 3 mila metri di altitudine (2993 m), attraversando la valle di Rochemolles ed arrivando fin sul confine italo-francese: è una delle strade più alte dell’intero continente europeo.

Il Rifugio-Albergo

Il colle, che deve il suo nome a Germano Sommeiller, l’ingegnere capo che diresse la costruzione della galleria ferroviaria del Frejus, è accessibile solo dal versante italiano, e normalmente è raggiungibile da fine giugno e alla prima nevicata autunnale.

Sul ghiacciaio del Sommeiller, ora quasi scomparso, un tempo d’estate si sciava

Ma perché mai una strada arriva fino a 3 mila metri? Quella che oggi è una “strada avventura”, percorsa da mountain-bike, moto e fuoristrada, fu aperta nel 1962 a servizio degli impianti di risalita per lo sci estivo sul ghiacciaio del Sommeiller e dell’Albergo Rifugio costruito all’epoca per rifocillare ed accogliere i turisti (nella foto sopra al titolo). 

In mountain bike al Colle del Sommeiller. Foto: Alpsmototours.

L’idea di offrire agli amanti dello sci la possibilità di praticare la disciplina anche d’estate, sul ghiacciaio, porta la firma di un gruppo di maestri della scuola di sci di Bardonecchia. Quattordici persone che, nei primi anni ’60, iniziarono a visualizzare il loro sogno, passando rapidamente dalla teoria alla pratica. 

L’idea di creare un centro per lo sci estivo sul ghiacciaio Sommeiller fu di Edoardo Allemand, guardiano della diga di Rochemolles, che con l’amico Piero Bosticco iniziò a figurarsi la realizzazione dell’impresa. Il primo scoglio da superare riguardava il collegamento tra Bardonecchia ed il Colle del Sommeiller, in quanto fino a quel momento la strada carrozzabile si interrompeva a Rochemolles. 

Servivano soldi, non pochi. I maestri fondarono la VA.RO, società per azioni che prendeva il nome dalla Valle di Rochemolles, coinvolgendo anche 8 dei loro allievi ed una serie di clienti della scuola di sci bardonecchiese.

I resti degli impianti e la strada che sale al colle

Raccolto un capitale di 40 milioni di lire, cifra che per l’epoca era davvero consistente, i lavori vennero avviati la mattina del 7 maggio 1962. Alla fine del mese successivo la strada aveva già raggiunto la diga. Il 25 luglio dello stesso anno il collegamento arrivava al rifugio Scarfiotti e, alle soglie dell’inverno, a fine ottobre, la strada era quasi terminata: mancavano gli ultimi 100 metri. 

Il tracciato fu completato nella tarda primavera del 1963, dopodiché vennero costruiti l’albergo rifugio Ambin, che deve il nome all’omonimo massiccio, ed i primi due impianti di risalita, che funzionavano tramite l’alimentazione di un motore diesel di camion. 

Da Bardonecchia, a 1300 metri, gli sciatori potevano salire in quota, sciando sul versante francese del ghiacciaio. Tre erano gli skilift a loro disposizione: il Sommeiller, che conduceva dai 2850 ai 3200 metri, il Niblè, che dai 3 mila metri li trasportava ai 3150 e l’Ambin, che raccordava i 2800 metri con i 2950.

Foto d’epoca degli impianti. Foto: Roberto Guasco.

Per il Colle fu un periodo davvero fulgido, destinato a durare circa un ventennio. Progressivamente, però, il ghiacciaio iniziò a ritirarsi, fino quasi a scomparire. Dai tre skilift si passo soltanto all’utilizzo dei due situati nella parte più alta, fino ad arrivare alla chiusura degli impianti, avvenuta nel 1984. Il rifugio Ambin fu demolito nel 2004. 

Ogni anno, la seconda domenica di luglio, sul versante italiano viene organizzato un raduno internazionale motociclistico, denominato Raid Stella Alpina. 

La strada, salvo eventi meteo eccezionali, è percorribile dal 1 maggio al 30 novembre, ma è chiusa il giovedì da inizio luglio a fine settembre. In questo periodo, negli altri giorni della settimana, il transito alle auto è consentito dalle 9.00 alle ore 17.00 dietro il pagamento di € 5,00 (riscosse in località Grange du Fond, presso il bivio per il rifugio Scarfiotti, che invece è sempre raggiungibile).

Nella roccia del Colle oggi è posizionato un pozzo profondo 100 metri nel quale l’Arpa registra la temperatura, monitorando le variazioni climatiche, mentre dello sci sul ghiacciaio rimangono soltanto immagini sbiadite dal tempo. Rimpiazzate dai selfie di chi sale al Colle per mettere alla prova le proprie capacità di pilota, di ciclista e di escursionista. 

Anni ’70, spilla del Centro Sci Estivo Sommeiller (Emanuele Bafico). Sullo sfondo Punta Sommeiller e Rognosa d’Etiache.
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Storia di un uomo e di un ghiacciaio ultima modifica: 2021-11-15T05:19:00+01:00 da GognaBlog

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15 pensieri su “Storia di un uomo e di un ghiacciaio”

  1. Storia esemplare della naïveté con la quale al tempo si sfruttava l’ambiente per fini privati. Ingenuità che certamente va inquadrata nel contesto storico e culturale dell’epoca, senza però commettere l’errore di pensare che ai bei tempi andati tutto fosse bello e giusto.
    Non si tratta di “cancel culture”, o di emettere facili giudizi a posteriori, ma di riconoscere che una certa cultura è sbagliata, che gli scempi di oggi sono figli di quelli di ieri, e che l’esperienza, tristemente, non ci ha insegnato niente.

  2. Ricerca  web:”nevicata al Sestriere” ., si trovano filmati recenti di poche ore fa.Pochi mezzi in giro,  quasi tutti gli edifici con luci spente..strato di 1 metro…beati i pochi che si possono godere lo spettacolo…camminare  per le strade con  lampada frontale, sci o ciaspole o applicando di Paolo  Conte ” Donna d’inverno”( aggiornamento “Partner a scelta  d’inverno”) con stufa a legna accesa (anche stube di ceramica e refrattario)

  3. Sarebbe come incolpare Mummery delle odierne e odiose discariche ai piedi dei giganti Himalayani.
    Anche se resta da stabilire qual è la prima goccia e quale l ultima che però assieme fanno traboccare  il vaso.

  4. Concordo con Roberto. Ogni azione umana va inquadrata – e giudicata – nel proprio contesto storico. Venendo al caso nostro, un conto è costruire una stazione sciistica negli anni Cinquanta, un altro – ben diverso – sarebbe farlo nel 2021.
     
    Nel mio Appennino Tosco-Emiliano la seggiovia Sestola-Pian del Falco (la prima in Emilia-Romagna) risale al 1949.
    Negli anni ’90 fu invece costruita una stazione sciistica a Doccia di Fiumalbo, sul versante sud-ovest del M.Cimone. Già a quei tempi la zona non era innevata a sufficienza per le esigenze dello sci di pista, e di ciò si sarebbe reso conto pure un cieco. Ma tanto paga Pantalone… Dopo pochi anni la stazione dovette chiudere e gli impianti furono fortunatamente smantellati. Ora l’ambiente è di nuovo integro e solitario, e il versante viene percorso in tutte le stagioni, d’inverno con gli sci o con le ciaspole.
     
    Attualmente l’innevamento non consente piú lo sci né a Sestola (1020 m) né a Pian del Falco (1350 m). D’inverno la seggiovia può essere ancora utilizzata dagli sciatori per raggiungere Pian del Falco e poi da lí, con una corriera al servizio degli impianti, le piste di Passo del Lupo (1550 m). Almeno finché durerà la neve…

  5. I primi discorsi e progetti per lo sci estivo al Sommeiller nacquero addirittura negli anni Cinquanta, nelle sale del Tennis di Bardonecchia, allora gestito dalle sorelle Begnis. Io ero bambino, ma il clima e le parole di allora li ho bene impressi nella memoria. In sintesi: tutto è da ricondurre a quel clima di entusiasmo, di senso della ricostruzione e della rinascita che, nato negli anni del  dopoguerra, era ancora vivissimo. Chi vede in Allemand un bieco anticipatore dell’attuale disastro climatico-cementificatorio non possiede quello che si chiama il ‘senso della storia’ e finisce per porsi al livello di quelli che negli Stati Uniti abbattono le statue di Cristoforo Colombo, visto come l’anticipatore e responsabile di tutto il futuro colonialismo e dei suoi misfatti. Se il senso della storia si diffondesse un po’ di più tra noi sarebbe un gran bene per tutti.

  6.  anche a  Voltago- Frassenè  Agordino..anni ’50 fino ’80..funzionava estate ed inverno seggiovia mono e poi bi-posto..in alto piste di sci con skilft. Adesso tutto in disarmo e demolizione. Campo libero a ciaspole e sci alpinismo, ma sembra che le case del paese siano in parte vuote, alcuni bar e alberghi-pensione ( Pollo-lasagne patate e braciole e stinco , salame  e speck a gogo ,sconosciute la   piscina e la wellness )e negozi di sci-noleggio -vendita chiusi con cartello vendesi. Chi ha avuto ha avuto e adesso ciccia ai posteri.

  7. Come dice nella sua email Carlo Crovella, e come posso a mia volta riportare in merito alla scuola di sci estivo al ghiacciaio del Siedel, sono solo ricordi di un mondo che non c’è più. A quel tempo, primi anni 1970 anche per me, i climatologi ipotizzavano l’avvento di una nuova glaciazione nel giro di qualche decennio, ed offrire l’opportunità ai ragazzi giovani di allenarsi sugli sci anche in piena estate, era considerata una fortuna. Oggigiorno, l’assalto antropico a così alte quote non è solamente impensabile, ma assolutamente nemmeno auspicabile.

  8. Daccordissimo con Bertoncelli. Trovo la cosa quantomeno assurda.
    In questo caso concordo anche con Crovella. Troppo facile assumere oggi una posizione di condanna nei confronti di certi atteggiamenti di anni ormai lontani. Quasi nessuno allora aveva gli strumenti per rendersi conto di quanto impattante sarebbe stato il nostro modo di vivere sul pianeta. Non penso che Allemand facesse eccezione e che possa essere paragonato a chi vuole potenziare impianti di risalita ai giorni nostri.
    Gli eventi vanno sempre contestualizzati. A posteriori sono tutti saggi indovini.

  9. Nell’Appennino Tosco-Emiliano la diminuzione della nevosità ha determinato negli ultimi venticinque anni l’abbandono di molte decine (!) di impianti sciistici (quasi tutte sciovie, oltre a  qualche seggiovia e a una funivia). In molti casi l’impianto è stato smantellato, altrimenti giace ad arrugginire nel bosco. L’ambiente naturale ora è piú integro e gradevole.
     
    In compenso, la Regione Toscana e la Regione Emilia-Romagna stanno tentando di portare a compimento il collegamento funiviario tra la Doganaccia e il Lago Scaffaiolo: l’apoteosi del vandalismo e dello spreco di denaro pubblico. Del fatto si è occupato anche il GognaBlog.

  10. Ho sciato d’estate sul Ghiacciaiom del Sommelier, era la prima metà degli anni ’70. Anni delle scuole medie, per me (tanto per dare ide della contestualizzazione storica). Ho un ottimo ricordo. Non mi viene da pensare ad un atto di violenza dell’uomo sulla natura, come probabilmente penserei oggi a parità di condizioni. La differenza? Ne intravedo due. 1) il diverso contesto climatico (guardare foto delle trincee nevose lungo la strada) per cui la natura era più robusta di fronte ai danni umani e 2) complessivamente pochi individui coinvolti per cui l’impatto umano era accettabile. Una pari iniziativa, oggi giorno, sarebbe devastante sia perché il contesto ambientale e climatologico è molto più fragile, sia perché inevitabilmente coinvolgerebbe un numero ingestibile di essere umani. Quindi NON lo ripropongo, neppure come idea. Tuttavia il ricordo che conservo in me di quei giorni di sci estivo è molto dolce e mi fa tenerezza (tra l’altro il maestro Bersezio, ritratto nella foto di gruppo, è uno di quelli che mi hanno insegnato a sciare: se oggi pennello è grazie a lui e ad altri suoi colleghi). Un ricordo dolce è l’unica cosa che resta di quel periodo. E’ un mondo che non c’è più.

  11. Per Andrea (commento n. 4)
    Verissimo che questo blog, quando fanno o vogliono fare un nuovo impianto, cerchi nei suoi limiti di contrastare quel genere di iniziative.
    Quando si parla di antropizzazione del passato si dà spazio a chi ha studiato i tempi andati. L’autore di questo articolo è responsabile del suo modo di sentire al riguardo di quei “bei” tempi: noi della redazione gli abbiamo dato solo la possibilità di fare storia, cioè contribuire con la propria “verità” a una grande massa d’informazioni, nel caos della quale ciascuno di noi può (se vuole) estrarre una “propria” opinione. Quindi rispetto sì, ma elogio no: e questo è lo spirito di GognaBlog.

     

  12. È bello vedere che quando fanno un nuovo impianto adesso fioccano proteste e l’autore del blog e le persone che lo commentano disseppelliscono l’ascia di guerra, mentre quando si parla di antropizzazione del passato si rimpiangono i bei tempi andati. In questo caso si elogia una persona che è stata una delle cause dello scioglimento del ghiacciao ma la si vuole far passare come un visionario custode della natura. La coerenza in tutto ciò  non è pervenuta, un po di autocritica noj farebbe male.

  13. Mah, non conosco quei posti, ma mi sembra l’ennesimo esempio di sfruttamento insensato del territorio… come del resto anche in Dolomiti, appunto…

  14. Una storia analoga la ebbero gli scomparsi impianti per lo sci estivo sul ghiacciaio del Siedel, sopra il lago dei Sabbioni in alta Val Formazza. Aperti alla fine degli anni ’60, insieme al vicino rifugio 3A, tutt’ora esistente e frequentato, sono rimasti in funzione fino a metà degli anni ’80, e demoliti circa un decennio dopo, quando il ghiacciaio del Siedel ha cessato di esistere. 

  15.   ..sgombraneve potenti , impianti, trattori traina sciatori, auto…pullman, van 9 posti e… anche lì iniziòun piccolo contributo all’innalzamento del clima che ha portato a sciogliere i ghiacciai. Chi ne ha usufruito anche in zona Dolomitica come noi ..anta, divertendosi pure molto, era convinto che si aprisse la strada del progresso eterno.

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