Le “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario”, approvate definitivamente alla Camera, trasferiscono anche la competenza sulla tutela degli ecosistemi. La legge prevede che anche per la tutela degli ecosistemi dovranno essere fissati dei Livelli essenziali delle prestazioni. Un meccanismo fatale, denuncia il prof. Paolo Pileri.
Un Paese fatto a pezzi
(in nome dell’autonomia differenziata: l’addendum ecologico)
di Paolo Pileri
(pubblicato su altreconomia.it il 24 giugno 2024)
Se è vero che il diavolo sta nei particolari, allora la legge sulla autonomia differenziata è piena di particolari diabolici. Per fare a pezzi l’Italia usa mille modi, non ultimo andando all’attacco di natura, suolo e paesaggio, proprio mentre l’Europa approva la “Nature Restoration Law”. Antonio Cederna avrebbe marchiato tutto ciò con il suo “vandali in casa”.
Torniamo, però, ai particolari diabolici perché nella tossicità di leggi del genere questi contano e non vanno trascurati. Quelli che a prima vista sembrano piccoli tecnicismi su cui non vale la pena discutere ora, alla prova dei fatti sono potenti crepe che tirano giù tutto e spesso sono proprio loro gli artefici più efficienti del disastro. Come avevamo già denunciato allibiti, alle Regioni sarà trasferita anche la competenza sulla tutela degli ecosistemi, il noto punto s) dell’articolo 117 della Costituzione. La legge ha deciso che anche per la tutela degli ecosistemi dovranno essere fissati dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni (art. 3, c. 3). Ecco la fessura diabolica. Innanzitutto, la parola “prestazione” è di per sé odiosa oggi, ma accostata agli ecosistemi diviene un obbrobrio inguardabile che svela l’idea mercenaria della natura nella testa del governo.
Chi ha deciso di applicare i Lep agli ecosistemi non deve aver chiaro che cosa siano e come funzionino. Il più scarso tra gli ecosistemi è titolare di decine di migliaia di “prestazioni”. Di conseguenza, quale tra le tante sarà scelta? Ad esempio, tra le “prestazioni” del suolo, quale sarà considerata essenziale? La capacità d’uso? Il tenore di biodiversità? La permeabilità? Il grado di saturazione? Il livello di salinizzazione? Che cosa? E quale sarà la soglia limite di riferimento? E poi il Lep sarà il medesimo per tutte le Regioni o no? In Lombardia sarà la capacità d’uso dei suoli e in Umbria la biodiversità? Ma poi, la prestazione diabolica di cui si parla sarà prestazione dell’ecosistema verso se stesso o verso noi umani, cronici predoni di natura? Insomma, un bosco avrà buone prestazioni se produrrà buon legno da ardere o da costruzione o se garantirà biodiversità ospitando sempre più specie di uccelli? Ma le diavolerie non finiscono qui. C’è la patata bollente di chi deciderà i Lep. E come li monitorerà. La legge ne parla all’articolo 3 dove vengono concessi 24 mesi al governo in carica per definire i citati “livelli essenziali”. Le Regioni vengono sentite tramite l’acquisizione di un parere della Conferenza delle Regioni (non si capisce se vincolante o meno. Bizzarro, perché con una mano si vuole l’autonomia delle Regioni, con l’altra non sono le Regioni a decidere: vai a capire). Insomma, a stabilire i Lep saranno i politici della maggioranza di governo. Sempre loro. Non si fa ovviamente alcun cenno al ricorso a esperti, men che meno indipendenti (non sia mai che le cose vadano in direzioni impreviste), che nel caso della tutela degli ecosistemi sarebbero ecologi, naturalisti, forestali, pedologi, entomologi, climatologi, etc. Nessun esperto all’orizzonte, per ora dobbiamo digerire il fatto che i Lep sulla tutela degli ecosistemi saranno decisi da chi non è detto sappia qualcosa di ecosistemi, di suolo, di alberi, di come funziona una frana o un fiume.
Se è questa l’autonomia che volevano c’è solo da disperare, perché con queste premesse poggia i suoi piedi nell’ignoranza ecologica. Altre fessure diaboliche? Il non senso della norma lo ritroviamo nella figura di chi, fondamentale, dovrà monitorare i Lep (articolo 3, comma 4): “l’attività di monitoraggio è svolta dalla Commissione paritetica”. A spiegarci i dettagli diabolici di che cosa sia e come funzioni questa commissione è l’articolo 5. Partiamo dalla sua composizione: “per lo Stato, un rappresentante del ministro per gli Affari regionali e le autonomie, un rappresentante del ministro dell’Economia e delle finanze e un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni competenti e, per la Regione, i corrispondenti rappresentanti regionali, oltre a un rappresentante dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) e un rappresentante dell’Unione delle province d’Italia (Upi)”. Ci risiamo. Non solo i Lep sono decisi dai politici della maggioranza al governo, ma sono sempre loro a monitorarli incaricando loro fiduciari.
Controllato e controllore coincidono con perfetto stile antidemocratico e contravvenendo alla regola base di ogni valutazione ambientale, la quale dovrebbe aiutare il decisore a correggersi, non a spalleggiarsi l’un l’altro. Con quella formula, addio alla efficacia di qualsiasi Lep. Peraltro, tutti questi politici che si infilano in commissioni tecniche è un’altra contraddizione sonante, visto che loro stessi ogni volta che parliamo di suolo, spiegando le questioni scientifiche ed ecologiche, dicono sempre di non essere tecnici. Ma poi quando c’è da presidiare quel che gli interessa, diventano improvvisamente tecnici dentro una commissione. Ma siccome i ravvedimenti e i colpi di coda possono capitare anche tra politici (dagli scilipotisti ai cambiacasacchisti, se ne contano tanti), la legge mette le mani avanti con un altro particolare diabolico funzionale a rendere preventivamente innocui i componenti di quella commissione: “Ai componenti della Commissione paritetica non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati”. La conclusione è ovvia: il monitoraggio dei Lep non è cosa che interessa a chi ha pensato, scritto e votato il testo di legge sull’autonomia differenziata.
Insomma, andando oltre la lettura dei titoli e prefigurandosi il funzionamento di questa irricevibile legge (chissà se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella la fermerà o la commenterà), anche per la parte relativa alla natura, si può confermare pienamente che ci sono tutte le premesse per il totale asservimento ai bisogni dell’homo oeconomicus. Non c’è nulla che faccia pensare a un corretto approccio ecologico.
La natura è vista tragicamente ed erroneamente per parti distinte (il suolo da una parte, il bosco dall’altra, il campo dall’altra ancora) e già questo è contrario a ogni idea corretta di ecosistema. In più il suo smembramento sul piano geografico-amministrativo, in quanto ogni Regione finirà per definire come (e se) tutelarla, renderà ancor più ‘prestante’ la distruzione, per usare gli stessi loro termini. Francamente non mi risulta che qualcuno sia mai riuscito a dimostrare che una gestione dell’ambiente e della natura per parti differenziate produca una miglior tutela degli ecosistemi e del paesaggio. Né è dato per certo che abbassando di livello amministrativo le tutele, dal centro al livello locale, si ottengano maggiori e più certe garanzie. Non è così e lo abbiamo dimostrato decine di volte attraverso i dati sul consumo di suolo: i piccoli Comuni sono meno efficienti dei grandi; i Comuni più ricchi e grandi continuano a consumare per essere sempre più attrattivi a modo loro (vedi Milano, vedi Bergamo, per citare i due sindaci che si sono schierati ai tempi per l’autonomia differenziata).
L’autonomia non è quindi la riforma che aggiusterà qualcosa, ma solo la lama con la quale si squarcerà il Paese. Un’autonomia disegnata da un corpo politico che non ci dà prova di consapevolezza ecologica è, di fatto, la prova che la dissociazione del pensiero politico dall’ecologia diviene un punto di qualità in chi fa politica e non una lacuna davanti alla quale fermarsi. Davvero un disastro davanti al quale, però, ancora una volta, non dobbiamo arrenderci, ma anzi alzare la voce e denunciare questa dissoluzione in ogni anfratto della società che frequentiamo. Ognuno può farlo facendo quel che meglio sa fare per dare voce alla natura che non ha voce, disvelando quei particolari diabolici che lo storytelling di forze politiche, che nulla hanno a che fare con equità e natura, è abilissimo a nascondere. Dobbiamo trovare forme di aggregazione indifferenziata, l’esatto contrario di questa sciagurata autonomia differenziata.
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ah perchè l’unità (che ridere riferito a sto paese…) ha finora prodotto risultati stupendi in materia ambientale? Ma per piacere…anche leggendo i commenti fatti su basi evidentemente di pancia viva l’autonomia e il federalismo. Detto per inciso non mi pare che Svizzera, Austria e Germania siano conciate peggio di noi e anche lo spirito di “patria” è messo meglio da quelle parti.
Salvare l’integrità ambientale del vallone di Sea, ma potrebbe essere anche un altro luogo, per lasciarlo alle future generazioni, così com’è, contro un’aggressione senza senzo, non è un interesse concreto sufficiente?
Se uno ha un minimo di sensibilità, anche se non ha mai visto il vallone, l’impegno mi sembra più che concreto.
E quale dovrebbe essere l’interesse concreto?
Paesaggio
L’idea di paesaggio merita una profonda riflessione per l’importanza che ha assunto nella riflessione critica che ha come oggetto la società contemporanea, o meglio le sue strutture portanti, sia quelle del lavoro che quelle del tempo libero.
Nell’idea di paesaggio trovano espressione le istanze piu profonde: ideali, sentimentali, romantiche spirituali. Il paesaggio, o meglio l’orizzonte cui siamo abituati diventa l’ultima frontiera della difesa nel nostro io: questo perchè è nella contemplazione del paesaggio che il nostro io tova quiete e riposo. La modificazioen del paesaggio è un attacco alla radice profonda, all’ultima thule dove alberga il se intoccabile.
Non importa se nessuno saprebbe disegnare a memoria il paesaggio che vede ogni giorno: questo perchè, prima di essere un orizzonte reale della realtà – per altro modificato perennemente dalla storia o umana o naturale – è un orizzonte le proprio intangibile io.
Chi in fondo ad una valle vede solo la straducola che l’attraversa, e non è sopraffatto dalla muraglia di monti che la delinea e un po come colui che è infastidito dal dito che gli indica la luna.
Questa ideolgia del paesaggio – che sta imperversando a proposito del vallone di sea – è altresì indicativa di un’altra deleteria antropicizzazione del mondo: la riduzione dei posti reali a non luoghi della spiritualitè fantastica, del paesaggio desiderato, del sogno.
Le raccolte di firme sul web, cui partecipano vermante tutti sull’onda emotiva,senza interessi concreti per quel poso, sono segnali di un ulteriore abbrutimento antropofago dei luoghi.
@ Fabio al 26. L’autonomia differenziata è soltanto una grandiosa marchetta elettorale, come lo sono stati i 19 referendum e la Legge non è uguale per tutti. Vogliono governare l’Europa mentre fanno a pezzi il loro Paese.
Lo confesso: ammetto la mia ignoranza. Non conosco bene la legge sull’autonomia differenziata, anche perché, in effetti, essa si limita a tracciare linee generali; i regolamenti e le probabili leggi attuative – ben piú incisivi – verranno in un secondo tempo. Perciò non sono in grado di capire se essa farà addirittura a pezzi l’Italia oppure porterà benefici.
Però ribadisco che, secondo la Costituzione, esistono cinque Regioni a Statuto Speciale, con poteri certamente superiori a quelli che sarebbero concessi dall’autonomia differenziata, soprattutto in campo economico e legislativo.
Mi domando: perché la Regione Valle d’Aosta deve godere di privilegi rispetto alla Regione Piemonte? perché la Regione Trentino-Alto Adige deve godere di privilegi rispetto alla Regione Veneto? perché la Regione Sicilia deve godere di privilegi rispetto alla Regione Calabria? perché la Regione Sardegna deve godere di privilegi rispetto alla Regione Basilicata?
Comprendo che nel 1948 gli statuti speciali furono deliberati nel tentativo di risolvere gravi problemi: le mire della Francia sulla Valle d’Aosta, le spinte dei sudtirolesi verso l’Austria, le mire della Jugoslavia fino al Tagliamento, le spinte indipendentiste dei siciliani, ecc.
Ora però siamo nel 2024. Quei problemi non esistono piú!
Quindi, ammesso ma non concesso che l’autonomia differenziata sia un male (lo ripeto: non lo so), A MAGGIOR RAGIONE lo sono gli statuti speciali.
Pertanto, che TUTTE le Regioni d’Italia siano dotate di Statuti Speciali. Oppure non lo sia nessuna! Questa disparità di trattamento verso gli italiani che vivono in Liguria, nelle Marche, in Molise, in Puglia, ecc. è antidemocratica, ingiusta e odiosa.
L’importante è che sia tornato vivo.
Molti altri invece sono tornati morti o non se ne sa più nulla, grazie a una banda di esaltati col mito imperiale, che ce li ha mandati con il motto armiamoci e partite.
“Quando io decido se fare o non fare un’autostrada che comporta un importante consumo di suolo con quello che ne consegue , non posso fare finta che l’infrastruttura sia sempre e comunque inutile perché mio nonno è tornato a piedi dalla guerra in Albania.”
Ecco come cercare lo scontro frontale. Expo, dai, se vuoi buttarla in caciara hai scelto il modo migliore.
Quanto al nucleare, grazie al referendum non siamo qui a recriminare sugli immensi danni che si sarebbero fatti.
Ci sono già regioni con una grossa autonomia. Non pare che il modello Sicilia ( sotto molti aspetti) o quello altoatesino (sanità) o quello valdostano (territorio) o anche quello veneto (mose e strade decise a roma) possano vantare successi per i cittadini e l’ambiente.
Non dovrebbe essere interpellato il popolo su queste cose.
@ Grazia .Secondo me il bilanciamento fra crescita economica e scientifica non è un discorso “ad minchiam” , ma potrebbe essere il sale del ruolo “nobile” della politica..Quando io decido se fare o non fare un’autostrada che comporta un importante consumo di suolo con quello che ne consegue , non posso fare finta che l’infrastruttura sia sempre e comunque inutile prechè mio nonno è tornato a piedi dalla guerra in Albania , perchè la situazione non è paragonabile..Vogliamo la botte piena e la moglie ubriaca : volare tutti con le low cost e non avere l’inquinamento dei motori , esigiamo un “Freccia Rossa” che vada a Roma in 2,5 h e consuma come una centrale nucleare , e vogliamo alimentarlo nella nostra testina con il pannello per caricare il telefonino , diciamo che siamo in :”Inverno demografico” , ma 8 miliardi di persone cagano nelle fognature e vogliono farsi la doccia ogni giorno , bere la birra gelata ed andare a sciare o ad arrampicare a 200 km di distanza nel we , non Vi sembra che qualcosa non torni ?.Se ci fossero politici responsabili , spiegherebbero queste contraddizioni alla ggente dell'”Università della strada” e chiederebbero di scegliere responsabilmente..NON come quando abbiamo scelto fra nucleare si e nucleare no per trovarci a dipendere energeticamente da fonti nucleari all’estero , o come quelli che in Francia fanno accordi elettorali fra persone che si erano accoltellate fino al giorno prima ed oggi balbettano che non hanno un governo , perchè l’accordo era solo per ostacolare “gli altri” , e fra i due soci “elettorali” si odiano da secoli..La politica sarebbe una cosa più seria di così…
Grazia, se non vanno diversamente, perché non ci rinunciate ad essere una regione a statuto speciale?
Grazia, non ti sembra ingiusto che esistano Regioni con privilegi rispetto ad altre?
Fabio, anche tu? Pensi, per esempio, che siccome la Sicilia sia a statuto speciale, le cose vadano diversamente che altrove?
L’Italia quando mai è stata unita? Lo è stata per pura volontà politica e non lo sarà mai nei fatti fino a quando tutto diverrà tristemente e orrendamente omogeneo dal punto di vista paesaggistico e culturale.
Expo al 14. Continuiamo a separare tutta l’umanità e ci si aspetta ancora, nel 2024, che sia solo una parte di popolo (quella che etichetti come “ecologisti”) che si faccia avanti quando qualcosa non quadra? Non siamo forse, sempre, chiamati tutti a dire la nostra in qualunque situazione?
E poi, sempre nel 2024, ci rifacciamo a dati dati ad minchiam (PIL) per analizzare le sorti del pianeta? Mah…di questo passo, di umani ne rimarranno davvero pochi…
Ma perche’ in Italia bisogna portare il trentino ed il veneto verso la calabria e la campania e non viceversa ?
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Homo faber fortunae suae
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Continuum chiagnefutti non est virtute nec jus , sed magna disgatia que diruit Italiam ab illo tenpore.
Certo Fabio che andrebbe eliminata. C’è stato un momento storico che poteva avere anche un senso. Adesso è solo un ingiustizia, è classificare i cittadini in serie A e B.
Perché esistono cinque Regioni a Statuto Speciale, mentre le altre sono a Statuto Ordinario? In tal modo si è spezzata l’Italia in due.
Non è il caso di eliminare questa odiosa disparità? O tutte speciali o tutte ordinarie.
Elly, se ci sei batti un referendum.
I punti critici evidenziati sono evidentemente cruciali per l’ambiente , ma e’ comico che gli osservatori ingigantiscano i danni conseguenti alle leggi dei dirimpettai , e assolutamente non vedano i propri.
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La mancata applicazione del deflusso minimo vitale a valle delle dighe e delle derivazioni ha distrutto la quasi totalita’ degli ambienti fluviali , ma non essendo strumentalizzabile a livello politico…. tutti gli ecologisti muti.
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Sull’equilibrio fra natura ed economia ci sarebbe il ruolo Nobile e importante del legislatore , perche’ sia natura che economia sono vitali , invece si vedono solo paraocchiati che berciano verso la fazione opposta.
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Ah , facendo un rapporto fra costi e benefici , come vedete l’intervento che con 7/8 punti di Pil ha efficientato un 2% di abitazioni a spese dell’ erario ?
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Ne valeva la pena ecologicamente , o e’ una cazzata propagandistica che ha pagato pantalone ?
Balsamo, anche il Crovella è complottista.
Qui posso solo darti ragione!
Il mondo politico fa SEMPRE i propri interessi o, meglio, quelli dei “mandanti” (i centri di potere che stanno a monte): è legge di vita che si perde nella notte dei tempi, inutile accorgersene adesso e strillare come oche isteriche. Quindi NON è lì la differenza fra democrazia e regime. La differenza è che se un governante dovesse mai “imporre” ai cittadini una norma, anche nel nome dell’interesse dei cittadini stessi (come se fosse un padre severo), quel sistema non rientrerebbe nella definizione di “democrazia” ma di “regime”. Ma concordo che si tratti di un’ipotesi teorica, a tavolino. All’atto pratico si risponde alle istanze elettorali, ovunque e comunque. E a destra come a sinistra. In soldoni: la recente legge è una scemenza, ma si è potuti arrivare fino a ciò per una lunga catena di precedenti errori commessi da politici di ogni colore e anche dai cittadini.
Ma non facciamoci distrarre da queste considerazioni collaterali. La legge sull’autonomia differenziata è stata controfirmata dal Presidente della Repubblica con tempistiche “ordinarie” (cioè ristrette) e senza raccomandazioni e commenti (come, invece, fece per il primo decreto sicurezza del Governo giallo-verde). Quindi tale legge non fa una grinza. Certo la potranno abrogare i cittadini: infatti si stanno già raccogliendo le firme per uno specifico referendum. Però voglio vedere, all’atto pratico, quale sarà la partecipazione effettiva a quel referendum. Gli interessi verso tale legge non sono solo quelli dei poteri “forti”, ma anche di spiccioli cittadini che saranno agevolati in qualche loro attività.
Tipico della popolazione italiana è lamentarsi sempre, magari anche in modo fondato, ma poi, alla fine fine, sbattersene. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Crovella questa è una minchiata.
Ora ti faccio una domanda alla Balsamo:
fammi i nomi di paesi governati da un “regime”, dove chi comanda fa gli interessi dei cittadini e non i propri.
Bella e accurata analisi che si accompagna alle grosse criticità di questa riforma pericolosa per moltissimi altri campi, tipo sanità istruzione etc.
Chi non è d’accordo firmi per il referendum abrogativo (raccolta firme in procinto di essere avviata) e poi che il popolo italiano decida di conseguenza…
Sperando che non sia autolesionista ????
Inoltre se non ricordo male, nel referendum 2016 (quello promosso da Renzi sulla riforma costituzionale per abrogare il bicameralismo) vi era anche la revisione del titolo V, ovvero della citata riforma 2001. Il popolo bocciò i quesiti referendari nella loro totalità e quindi anche il possibile rientro del titolo V come da riforma 2001. Se siamo a questo punto, c’è anche lo zampino dei cittadini. sia chiaro al referendum 2016 io votai NO, principalmente contro l’iniziativa di Renzi-Boschi, ma inevitabilmente siamo coinvolti tutti (e non venitemi a menare il torrone con la solita solfa degli astenuti per lo schifo che ispira la politica: chi è assente ha sempre torto, dall’assemblea condominiale ai massimi referendum costituzionali!):
Infine dal 2016 al settembre 2022, i governi hanno sempre coinvolto il PD (tranne quello giallo-verde), ma NON hanno nemmeno preso in considerazione l’ipotesi di abrogare la riforma 2001. Su tutto questo sottofondo, si inserisce l’attivismo della Lega, che, se torniamo alle sue origini (Bossi), voleva addirittura la “Secessione” (de Nord), quindi non stupiamoci che punti all’autonomia. Se vi aspettate che il mondo politico nella sua totalità (destra o sinistra, poco rileva) sia “illuminato” e faccia gli interessi dei cittadini… beh, siete dei gran illusi e vivete, insieme ad Alice, nel paese delle Meraviglie… Basta citare gli scempi effettuati in qualsiasi regione a scapito dell’ambiente (visto che il tema dell’articolo è incentrato su questo specifico risvolto). Il male dell’Italia è costtuito dalla popolazione “italiana” che cose così “chiede” e nessuno ha la forza politica di dire di NO. E’ l’effetto di un sistema democratico: volete un governo che “impone” le cose nel nome del bene dei cittadini? Ebbene: si chiama “regime” e non “democrazia”…
Non è una difesa d’ufficio della Destra: la mia è la sottolineatura che il mondo politico è tutto marcio uguale. Nel 2017, a regione Emilia-Romagna già a guida Bonaccini-Schlein (non certo terroristi neria…) iniziò le pratiche per l’autonomia, quindi ben prima che si aprisse il recente dibattito su questa specifica mossa. in più, ironia della sorte, la richiesta emiliana del 2017 verteva su alcune materie fra le quali ” Territorio e rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture”, ovvero: – governo del territorio; – protezione civile; – tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Evito di sparare sulla Croce Rossa, ricordando la mancata costruzione degli invasi di sfogo delle piene, con tutti i danni connessi all’alluvione del 2023…
Guai a interrompere la nebulizzazione dello Stato italiano, nebulizzazione in cui gli italiani che lo desiderano, a ogni livello, anche istituzionale, possono sguazzare convenientemente e impunemente da sempre.
Crovella al #3: comprendo cosa ti spinge alla difesa d’ufficio, ma è indispensabile che ognuno si prenda le proprie responsabilità, altrimenti a forza di cercare scusanti va a finire che si arriva ai dinosauri.
Mi associo
Se la sinistra nel 2001 fece una stronzata, non vedo perchè oggi, la destra, deve continuare sulla stessa strada. Non è una giustificazione dire l’avevate voluta voi.
La riforma in questione, con tutte le sue aberrazioni, non è altro che la conseguenza di uno scenario aperto dalla riforma del titolo V, caparbiamente voluta dalla sinistra nel 2001. Per cui tutta la platea politica è allineata nella negatività della visione, cioè non è una peculiarità specifica della maggioranza attualmente in carica.
Ennesimo “regalo” del governo Meloni, di cui capiremo la reale portata solo fra qualche anno.
Non è solo questione di metodo, ma soprattutto di merito. Si tratta di adottare un modello di gestione del territorio adeguato al contesto naturale e sociale che può essere statale oppure regionale. In teoria le regioni potrebbero essere più efficienti dello stato, ma non è il caso della Valle d’Aosta né della Romagna o del Veneto. Basta vedere qualche foto di Cervinia per constatare l’orrore di un paese costruito accanto ai fiumi o sotto i fiumi come in Romagna, basta passare da Cortina per scoprire anche nei paesi il fastidio del traffico come in città. In questi casi sarebbe più ragionevole commissariare le regioni piuttosto che concedere ulteriori forme di autonomia. In Italia il cosiddetto dissesto idrogeologico è in realtà un dissesto urbanistico che dipende piuttosto dall’incapacità e dall’impotenza delle amministrazioni locali che si arrendono facilmente alla speculazione edilizia.