Volevo portare mia sorella a fare solo una vietta…

Volevo portare mia sorella a fare solo una vietta…
di Mariana Zantedeschi
(già pubblicato su 4810mdiblablabla il 28 agosto 2017)

Lettura: spessore-weight(1), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(4)

Mariana: Volevo portare mia sorella a fare una vietta in montagna, qualcosa di bello ma non troppo impegnativo, dove lei insomma si divertisse. Conoscendo le sue caratteristiche ho pensato alla Preuss sul Campanile Basso, così da attaccarci anche un bell’avvicinamento, e un bell’ambiente. Giusto una cosetta! Ma tutti gli imprevisti di una stagione si sono concentrati in un giorno.

Sonja: E viene il giorno di luglio nel quale mia sorella mi propone un’altra via dolomitica, la seconda della mia vita. Ripenso alla prima, l’anno scorso… mi faccio convincere.

Mariana e Sonja Zantedeschi

La notte
M: Ho ben pensato di dormire all’addiaccio, molto più poetico dormire sotto le stelle!

Sonja: Ci mettiamo a dormire fuori dal rifugio, dopo una scarpinata notturna. Io non riesco a dormire: ascolto i rumori della notte, le folate di vento, le frane in lontananza… ma perché non dormo? Dai! Mi accorgo che il materassino si è bucato, fa niente, prima o poi dormirò. E invece no, notte insonne fino a quando noto che le folate di vento si intensificano e cominciano anche i lampi. Quando cominciano le prime gocce sveglio Mariana che dorme pacifica.

M: Non ci faccio caso, impossibile sia realtà! Quattro settimane fa, nello stesso identico posto e nella stessa identica situazione mi sono svegliata sotto un temporale. Stavolta dev’essere un déjà-vu. Ma Sonja ha ragione a insistere… e vista la recidiva so già dove trovare riparo.

Sonja: mi sento dire «Ai bagni!». Figuriamoci addormentarsi adesso, con il temporale che impazza! Chiudo gli occhi alle 3.00.

La mattina
M: Durante la notte mi dico che un temporale ci può stare… peccato che alle 5.00, quando suona la sveglia, stia ancora diluviando alla grande… posticipo il risveglio e comincio a preoccuparmi, ma il meteo non doveva essere bello e stabile? Quando verso le 7.00 alcuni alpinisti cominciano a entrare nei bagni, trovandoci una bella sorpresina, sveglio Sonja.

Sonja: io penso che non ho nessuna voglia di arrampicare sul bagnato, e neanche con il freddo, mia sorella, comunque, sembra decisa ad andare appena spiove.

M: Facciamo colazione che ancora pioviggina, ma ci prepariamo come dovessimo partire davvero. Ammazziamo il tempo giocando a briscola nel rifugio, continuo a guardare fuori dalla finestra e appena vedo una striscia azzurra scatto in piedi e trascino la mia sventurata sorella in quella che si sarebbe rivelata un’epopea assurda. Sistemo l’ultimo materiale nello zainetto e mi viene in mano la frontale: “La porto? Naaa… vuoi mai che per 9 tiri di IV facciamo notte?? Naaa… ma che sia il caso di portarla per scaramanzia? Vabbè dai, buttiamo dentro che non si sa mai, per quello che pesa!”.

La relazione
Sonja: Partiamo in gran fretta lungo il sentiero di avvicinamento. Al momento di fare lo zaino non sapevo dove mettere il telefono dove c’era fotografata la relazione della via. Alla fine lo metto in tasca, protetto da due calzetti, sperando di non doverlo mai tirare fuori… perché mi ricordo del cellulare di Mariana morto schiantato giù da non so che pilone dolomitico la settimana precedente.

Ma a un certo punto Mariana fa: «Sai cosa ho dimenticato?», tremo: «Cosa?», «La relazione della via». «Bè, io non voglio usare il mio telefono in via, non ho soldi per comprarne uno nuovo!». Riparto sconsolata, pensando che mi sta bene, dovevo ricordargliela io la relazione.

Avvicinamento
M: Verso la ferrata delle Bocchette comincio a ripetere che «Sonja, vedrai che sarà tutto asciutto!!» – «Ma cosa stai dicendo?? È piovuto tutta la notte e guarda come è bagnato, piuttosto pensa a non scivolare» – «Ti giuro Sonja che se viene fuori un po’ di sole tutto si sistema». Il mio è un atto di fede… nuvole basse tutto attorno.

Sonja: Il sentiero segue con delle roccette e poi con un pezzo di ferrata, poi ancora roccette. Ecco, quest’ultimo è stato il punto dove ho avuto paura: erano instabili e tutto era bagnatissimo (Mariana giuliva «Guarda, è già quasi tutto asciutto!»), inoltre sotto c’era il solito baratro. Pensavo: ma io non avevo altri progetti nella vita? Io a settembre devo andare in Francia!

Attacco
M: Arriviamo all’attacco e ci troviamo accampato un intero corso CAI, non voglio nemmeno pensare alle leggende sui corsi CAI che ho sentito in giro, mi auguro piuttosto che si buttino sulla Normale o che per lo meno gli allievi siano ben rodati. Poco dopo arriva un’altra cordata, due bolzanini molto simpatici con i quali fraternizzeremo nella cattiva sorte.

Sonja. Finalmente l’attacco. C’è coda, e dopo di noi arriva ancora gente, come avranno fatto questi a superare in tranquillità le roccette?? Ma lì già mi sento molto più sicura, almeno siamo attaccati a un chiodo!

M: Il tappo caiano prende forma già dai primi tiri, per respirare un po’ di fluida scalata senza gente davanti prendo una variante e finisco per un po’ sulla via Fox, ma manco a farlo apposta nella sosta sotto il camino Scotoni ritrovo il team caiano. Vedo che gli allievi arrancano, cominciano a essere stanchi e ad appendersi.

Su dal camino
M: Quando mi ritrovo a intorcolarmi dentro il camino capisco i poveri allievi… arranco fino alla sosta sullo stradone provinciale e metto in tensione le corde di Sonja a più non posso.

Sonja: Di fronte a questo passaggio più o meno tecnico devo richiamare alla mente tutti i vecchi insegnamenti e mi ripeto a mezza voce: opposizione, appoggiati… tuttavia, quando li trovo, mi aggrappo ai cordoni, scalo come un gatto ferito. Poi vedo un friend di Mariana: “No, questo non lo tiro, se viene via??”.

Un’ora e mezza sullo stradone
M: Dal cengione in poi la situazione precipita, mi ero illusa che gli istruttori CAI avessero chiaro il grado della Preuss e soprattutto le condizioni degli allievi… i poveretti stanno appesi come salami, facendo una fatica incredibile, e con gli sguardi sgomenti, e ci credo! Il tutto poi era condito con nuvole che andavano e venivano, a volte c’era limpidissimo, altre una nebbia da valpadana. Insomma l’ambiente era grandioso ma non aiutava gli sventurati.

Sullo stradone provinciale noi e i bolzanini ci incartiamo per ben 1,30 h. Non voglio battere ritirata calandomi, e quando ce la riporto mia sorella sul Campanil Basso?? Non sappiamo più come far passare il tempo, mangiamo, facciamo pipì, guardiamo le nuvole, ci facciamo i selfie, e ripassiamo le doppie. Poi finalmente la progressione lentamente ricomincia.

Comincio a provare antipatia per i caiani, ma come gli è saltato in mente di portare un numero spropositato di poveri principianti sul Campanil Basso?? Intasando tutte le vie più facili di una delle torri più gettonate delle Dolomiti?

 

Ultimi tiri
Sonja: Ma quanto ci abbiamo messo a fare ‘sti ultimi quattro tiri! Ogni volta che mia sorella mi lasciava in sosta a farle sicura, saliva la nebbia, e mi circondava. Rimanevo lì appesa via, del tutto sola nel bianco, senza poter vedere nulla a più di un metro in tutte le direzioni, tutte le altre cordate si erano dileguate davanti a noi. Poi dovevo aspettare, nella mia solitudine, almeno mezz’ora, prima di ascoltare il grido “Parti!”

Questa lentezza era dovuta al traffico di gente, e l’unica era aspettare. Ero abbastanza stanca, e per non farmi prendere dalla fretta arrampicando male e affaticandomi definitivamente, continuavo a ripetermi “alza i piedi, alza i piedi”.

La cima
Sonja: Siamo in cima! Una scampanata velocissima, uno sguardo intorno e via alla prima doppia, già attrezzata dalla cordata dei simpatici bolzanini, con i quali avevamo concordato di scendere insieme.

Le doppie
M: La prima doppia si incastra. I due bolzanini, a frittata fatta, mi guardano a bocca aperta, mia sorella che è attaccata a un chiodo singolo mi guarda pure lei un po’ perplessa. «Beh, gente, bisogna arrampicare a scastrarlo! Tò, fammi sicura», non capisco se i bolzanini hanno capito cosa sto facendo, vedo sguardi vacui. Parto con le scarpe su per un rumego giallo, dopo due metri, torno sui miei passi “le scarpette, non ammazziamoci adesso”; butto un friend, trovo una clessidretta, e miracolo, su un pulpito pure una sosta! Non ho idea di che via sia, ma provvidenziale per lanciarmi in un traverso giallo-marcio e scastrare il nodo.

Ritorno al buio
M: Anche le altre doppie non ci risparmiano, ma deo gratias a un certo punto arriviamo a terra, i caiani maledetti si sono dileguati (lentissimi in salita e bolidi in discesa, ancora non me lo spiego). Loro non ci sono più, ma sul primo tiro della via, nonché ultima calata, troviamo una loro mezza corda, pseudo incastrata e lì abbandonata. I bolzanini decidono che è il loro bottino. Mi chiedo perché i caiani l’abbiano lasciata lì su un tiro di III, talmente facile che l’avevo fatto in scarpe d’avvicinamento. Perché non hanno arrampicato per scastrarla? Misteri CAI.

Sonja: Meno male che il buio ci coglie quando le doppie le abbiamo già terminate, siamo nella ferrata e i simpatici bolzanini ci salutano e vanno via veloci davanti a noi. Io non ho voglia di rischiare assolutamente nulla, quindi nella ferrata procedo da manuale alla luce della frontale. Sento che Mariana si spazientisce, ma ho le idee chiare, tanto non ce l’avremmo mai fatta a scendere prima del buio, quindi tanto vale non farsi prendere dalla fretta. Penso che sarebbe stupidissimo che succedesse un incidente qui, quindi ciao, io mi attacco a tutti i cavi con tutti i moschettoni.

M: Rimaniamo sole, circondate da roccia, nuvole e tramonto, ci infiliamo nelle Bocchette, vedo che Sonja si assicura a mo’ di ferrata a tutti i santi pezzi di cavo, la cosa mi esaspera, ma non posso dirle di non farlo. Non mi resta che copiarla, almeno ammazzo il tempo. Di cavo in cavo arriviamo sul ghiaione sotto, e lì abbiamo un bel da fare a trovare i segni del sentiero.

Sonja: A ritroso per tutto il sentiero, per tutte le roccette, per il ghiaione, stando attentissime a non perdere di vista i segnali. Nella mia calma cerco comunque di essere efficiente, quindi salto di segno in segno, contenta quando vedo il successivo. A volte penso ad alta voce e a un certo punto Mariana scoppia (anche lei doveva essere stanca), si ferma e dice: «Ma vuoi stare zitta? Ascolta il silenzio invece, quando ti ricapiterà più? E guarda le stelle!». Preferisco non cominciare una discussione tra due persone non del tutto lucide, ma penso: “Ma quali stelle che ci sono un sacco di nuvole?”.

M: Sonja è impressionante, è un alpinista senza mai esserlo stata, si muove come un segugio. Anche durante le doppie, non ha mai perso il controllo, dava l’impressione di sapere benissimo cosa fare e capiva al volo tutte le dinamiche. Però un po’ si scompone: quando insulta i caiani e la loro carovana.

L’arrivo al rifugio
Sonja: Arriviamo sfinite alle 23.20, e ci sediamo subito a un tavolo fuori per mangiare qualcosa, ma non ho nemmeno fame e mangiucchio un uovo sodo mentre arriva la squadra del CAI. Ci chiedono com’è andata e vogliono commentare un po’ la giornata. Non partecipo molto, anche perché non avevo capito subito chi erano, al buio non vedevo bene le facce e a dire la verità non avevo voglia di parlare.

Mariana: Cotte stracotte, decidiamo di dormire lì anche quella notte… mentre ci prepariamo per le nanne si fanno avanti i caiani e ci danno gli ultimi spunti per odiarli definitivamente: «Tutto bene ragazze? A che ora siete tornate? Alle 11.30? Eh, capita!» – sguardo truce – «Sono stati bravi, eh, i nostri allievi! Hanno fatto il Campanil Basso al quarto fine settimana di corso!!!», sono perplessa… “hanno fatto”?? Avrei da ridire su “chi ha fatto cosa”, ma li lascio nella loro convinzione.

Poi la chicca: «Ragazze, ma non è che avete trovato una mezza corda??»
«Eh sì ,ma ce l’hanno i bolzanini e sono già verso la macchina… ma poi perché l’avete lasciata lì?»
«Eravamo stanchi e non ne potevamo più!»
«Ma con quello che costa!! Ed era su un tiro di III!!»
«Eh, ma è del CAI!»

Bell’insegnamento agli allievi: che fai quando ti si incastra un corda? La lasci lì, tanto paga il CAI! E la fai portare giù ai disgraziati che ti sono stati dietro tutto il giorno! Poi però gliela vai a chiedere ,eh! Mah… fatto sta che ero ben contenta che la corda fosse in groppa ai bolzanini.

Seconda notte ai bagni e lieto fine
Sonja: Da gran sfacciate passiamo un’altra notte nell’antibagno del rifugio. Ci alziamo presto perché la gente comincia a voler utilizzare il lavandino, ma tanto io non avevo dormito neanche questa notte, e ho voglia di partire.

M: chiamiamo subito a casa, perché l’ultimo messaggio inviato dopo la via era stato un “stiamo tornando”, poi il cellulare si era scaricato, e mia mamma non aveva mai saputo se a casa o al rifugio…

Sonja: Mariana mi porta in pasticceria. Ecco, scesa, ho già fatto il reset inconscio dei momenti paurosi, e forse accetterei la prossima proposta, maledizione! Non so per quale motivo, anche dopo aver passato momenti di paura, alla fine mi rimangono impresse quasi solo le belle sensazioni della giornata, quindi poi, alla successiva proposta della sorella, puntualmente ci ricasco.

Volevo portare mia sorella a fare solo una vietta… ultima modifica: 2018-07-03T05:21:36+02:00 da GognaBlog

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113 pensieri su “Volevo portare mia sorella a fare solo una vietta…”

  1. I miei genitori mi hanno insegnato a presentarmi con nome e cognome e a firmare con nome e cognome. Cosí si usava una volta.

     

    Sano principio.

  2. I miei genitori mi hanno insegnato a presentarmi con nome e cognome e a firmare con nome e cognome. Cosí si usava una volta.

  3. ognuno può scrivere quello che vuole. Poi può decidere se mettere nome e cognome oppure firmarsi uno pseudonimo.

    Mi piacerebbe sapere il motivo  del  perchè firmare con uno pseudonimo invece che con nome e cognome:

    Per non avere rogne?

    Per non essere preso per il culo?

    Perchè scrivo minchiate?

    Perchè mi vergono di quello che scrivo?

    Per non essere additato se qualcuno mi riconoscerà? vedi questo è il montato  che scrive sul blog di Gogna. Chi si crede di essere?!

    Perchè faccio il rompiballe?

    Perchè sono CAIANO allora meglio nascondersi….?!?

    Perchè mi sento più furbo?

    Perchè mi sento artista e l’artista è più artista con uno pseudonimo?

    Va bene adesso non me ne vengono in mente altre.

     

  4. Non sono Dino, ma un’altro.

    Ho capito: voi siete fra quelli che difendevano la Fedeli ministro della cultura e dell’istruzione.

    Pensavo che almeno qui ci fosse molta serietà e molta competenza, ma mi sembra sia come nei forum.

    Vi auguro belle e buone chiacchiere da bar con davanti un bel misto e un telefonino. Viva Ronaldo!

  5. Come posso fare a capire da dove viene ciò che dicono e quale possibile fondamento può avere, se non posso sapere chi lo dice?Non pensate che, come avveniva in passato e come spesso accade ora quando si sente discutere di problemi scientifici o medici o economici, possano apparire come dei ciarlatani?

    Dico: “la Terra non è piatta”. Ho firmato con dei puntini.

    Non si può sapere chi sono io che lo dico, con ciò si può capire da dove deriva la frase che io dico e il possibile fondamento che può avere.

    Posso apparire un ciarlatano, non penso.

  6. io penso che bisognerebbe firmarsi con nome e cognome. Si è vero, anche questi potrebbero essere falsi e quello che fa la differenza è il contenuto.

    Però firmarsi con nome e cognome a mio avviso da maggiore peso a quello che si scrive e sopratutto lo da alla persona che lo scrive. Non credo che si debba avere timore delle personali affermazioni se ti fanno scontrare con gli altri, con enti, ect., a meno che non si offenda nessuno. E nemmeno avere paura di crearsi delle semplici antipatie. L’importante è dire chiaramente quello in cui si crede nel rispetto degli altri. Sottoscrivere con il proprio nome e cognome (VERO!) , quello che si scrive, che può essere un accusa, una critica anche aspra, un racconto, una condivisione, una battuta, ect. ect.,  è come ribadire questi due principi:

    – esprire il proprio pensiero

    – rispetto di quello altrui.

  7. Te lo spiego io Dino che sono sulla tua stessa barca e sulla quale per il momento intendo restare non vedendo alcuna utilità pratica per dovervi scendere. Perchè per alcuni è più facile, invece che argomentare le proprie opinioni magari anche con senso dell’humor ma facilmente comprensibile, screditare chi la pensa diversamente buttandola sul personale. E’ più facile, invece di controbattere con rispetto le opinioni altrui, far passare chi la pensa diversamente per soggetto inattendibile per il solo fatto che non usa un nome e un cognome che torno a ribadire possono essere completamente falsi. Ma quest’atteggiamento che non tiene conto nemmeno della storia, perchè allora bisognerebbe buttare al macero tutti i libri scritti sotto pseudonimo, alla fine si ritorce contro chi si comporta in quel modo perchè poi la gente non è così scema e anche se magari lì per lì non dice nulla è poi in grado di fare le proprie valutazioni.

    In ogni caso complimenti per i tuoi interventi e continua pure a firmarti come Dino e basta.

  8. Certamente tutti quanti conoscono poi Dino, Lusa, Giacomo G., Andrea, Cristiano…………………….. 

    Io no: un clan? un gruppo? una corporazione? istruttori? medici? politici? una setta? forse dei massoni, o peggio dei mafiosi, o dei camorristi?……
    Come posso fare a capire da dove viene ciò che dicono e quale possibile fondamento può avere, se non posso sapere chi lo dice?
    Non pensate che, come avveniva in passato e come spesso accade ora quando si sente discutere di problemi scientifici o medici o economici, possano apparire come dei ciarlatani?
    Anche qui dobbiamo santificare dei Fedeli come ministri del culto?
    Non vi capisco, mi spiace.

  9. @ Salvatore Bragantini

    grazie dell’informazione ma mi pare che chi offende o nella migliore delle ipotesi prenda per il naso si firmi alla grande. Qui la situazione è esattamente all’opposto, chi non si firma non offende nessuno e chi invece firma offende. Veda un po’ lei..

  10. Per il signor Gianluca T.: il grande limite dell’attuale uso di Internet è di permettere l’uso dell’anonimato, dei nickname e di altri simili modi che consentono a chi lo voglia, di offendere, ingiuriare o addirittura diffamare chiunque, ben protetto dal suddetto anonimato.

    Suggerisco a chi voglia continuare ad avvalersi di questi molto unfair means di utilizzare in fretta questo comodo vantaggio, perché nel mondo si sta gradualmente affermando il principio che anche quanto sta sulla rete debba essere sempre tracciabile alla sua origine. Si sta solo discutendo come farlo tecnicamente, cosa oggi non agevole, ma si farà. E sarà la fine dell’anonimato internettiano, che oggi consente a chiunque di scrivere lettere anonime (non mi riferisco a Giancarlo T., di cui non condivido le opinioni ma che spero non rientri in tale categoria). E dico che sono pure un Caiano, nel senso che ho frequentato i corsi di alpinismo del Cai, prima da allievo e poi lungamente da istruttore, e i miei mi hanno iscritto al Cai che avrò avuto 9 anni al massimo

  11. Mi sembra che quasi tutti siano sempre molto attenti a pararsi bene.
    Auguro a tutti tanta felicità !

  12. le guide alpine stanno al cai come polizia e carabinieri stanno a chi gioca a “guardie e ladri”.

    mmmmmmmmmmmmm, terreno paludoso!!!!!!!!!!! attenzione

  13. Giusto per la cronaca.

    Il Corso non è arrivato col buio ma prima che venga scuro.

    La classifica d’arrivo è stata:

    –  1°corso Cai

    – 2°bolzanini (che hanno “recuperato” la corda

    – 3°Mariana ( che erano sole in discesa)

    Non mi è nota la classifica della briscola!!!!!

     

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