I sepolcri imbiancati dell’Expo

Sì, lo ammetto. Ho molte resistenze a visitare l’Expo, per un cumulo di motivi che vanno dalla pigrizia alla massa di altri impegni, dalla non accettazione della filosofia di fondo di quest’iniziativa (vedi post) alla mia malcelata voglia di snobbare tutto quanto osannato ai quattro venti.

Poi mi dico: ma magari ci sarà qualcosa di buono, no?

E mentre così mi arrovello, ecco la segnalazione di Giulia Castelli, che mi scrive: “Caro Alessandro, guarda questo comunicato stampa, direi che è vergognoso! Se questa è sostenibilità…?”.

Il comunicato in questione (del 31 marzo 2015) è di Rosi Fontana (Press & Public Relations): è stato inviato per presentare e divulgare l’opera Il Seme dell’Altissimo dell’artista Emilio Isgrò,  posizionata all’ingresso principale di Expo. Riguarda la Henraux, società che gestisce le cave di marmo in Apuane, sponsor di Expo.

Nel testo del comunicato si vuole spiegare come l’idea artistica del seme in marmo (Il Seme dell’Altissimo) sia nata come evoluzione di quel Seme d’arancia del 1998, realizzato in fiberglass dall’artista Isgrò nella sua natia Barcellona Pozzo di Gotto, Messina.

Il Seme dell’Arancia, Barcellona Pozzo di Gotto (Messina)
SemeAltissimo--Il_Seme_d'Arancia

Secondo il comunicato “Il tema dell’Expo di Milano 2015, Nutrire il pianeta, Energia per la Vita, e la scultura monumentale di Emilio Isgrò, il Il Seme dell’Altissimo, si stringono in un significativo e simbolico abbraccio interculturale. L’arte, con le sue valenze emblematiche, estetiche e concettuali, non poteva trovare simbolo più pregnante de Il Seme dell’Altissimo di Emilio Isgrò per declinare e interpretare in chiave estetica il filo che conduce sull’idea e sulla necessità dell’equilibrio fra le disponibilità e le risorse dell’universo atte a nutrire e preservare il pianeta stesso”.

 

E’ vero, il seme è principio primo e origine dello sviluppo potenziale. Ma quello di Isgrò è megalomane, sviluppato per un miliardo e cinquecento milioni di volte rispetto alla sua misura in origine, una scultura di sette metri d’altezza realizzata in marmo bianco del Monte Altissimo, quella montagna già martoriata all’irragionevole eccesso, a dispetto delle proteste popolari e dell’appartenenza al Parco Regionale delle Apuane.

Ma già, dimenticavamo: la Henraux è sponsor ufficiale di Expo2015. Quella stessa Henraux, tra i maggiori responsabili del più grande disastro orografico, intende “dialogare con il mondo intero tramite la bellezza, l’arte e la sua poesia”.

C’è un pensiero che mi frulla per la testa: in genere l’arte trascura le dominanti istanze culturali per esprimersi in una dimensione superiore. E allora, fino a che punto l’arte può estraniarsi dal neonato rispetto per le rocce?

Dopo averci informato che l’opera sarà posizionata al Gate Ovest, quindi in posizione privilegiata, e “installata su un ventaglio di gradoni in marmo bianco, sede dell’opera stessa e luogo privilegiato per respirare la sorprendente creazione”, il comunicato prosegue delirando che il seme, simbolo di fecondazione, è “pregnante di significati, e leggibile in forme svariate per ogni diversa angolazione: ora ossatura, ora origine, ora grembo gravido di vita. Questo è quanto accade al seme nel suo colossale sviluppo, un’immagine che proietta la forma in direzioni diverse ma univoche. Una forma che ha trovato la sua sede nel blocco di marmo bianco da cui viene svelato, così anche la montagna è seme”.

In realtà qui riprendono i concetti che è lo stesso artista a esprimere nel suo scritto Un seme per l’Italia. In questo scritto è lucidamente raccontata la genesi dell’opera, pur rimanendo rigorosamente su un piano teorico senza nulla concedere alle pur valide curiosità del popolo cui l’opera è destinata.

L’idea di utilizzare una così possente massa di marmo è sua o della Henraux? A cosa dobbiamo questo connubio per molti versi mostruoso? Come si può, in nome dell’arte, ignorare completamente i diritti delle rocce e le aspirazioni della parte sana della popolazione apuana? Come si può sacrificare una grande idea, quella della conservazione, in nome di un’arte non richiesta, pretestuosa e vana?

Non saranno certo le tonnellate di marmo utilizzate in questo caso a rovinare definitivamente l’orografia e il sistema delle Alpi Apuane. Sono ben altri i processi che in questo momento tendono inesorabilmente alla distruzione totale. Ciò che stupisce è la proterva ignoranza di un mondo grande, di un nobile movimento che tende a salvare il salvabile. Un movimento che vorrebbe la sicurezza degli abitanti.

Emilio Isgrò
SemeAltissimo-Emilio-Isgrò

Il comunicato, come tutti i comunicati, mette al fondo le note relative a colui che ha pagato tutto quanto, cioè la Henraux.

 

Quando si usa la frase “dalla sua costituzione, nel 1821, ad oggi, Henraux ha tracciato nel settore del marmo un percorso di sola eccellenza” si cancella d’un colpo solo la lotta che migliaia e migliaia di cittadini apuani sostengono quotidianamente, a livello culturale e giudiziario, per cercare di avere un territorio normale e non a rischio estinzione, o per cercare di difendersi dalle inondazioni provocate dagli spaventosi ammassi di detriti provocati dalle cave.

 

Quando si usa la frase “l’Esposizione universale di Milano vede, con la collaborazione di Henraux Spa in qualità di “Marble Official Sponsor”, la pregevolezza del marmo delle Apuane declinata in eccelsa ed iconica forma d’arte”, si dice una possibile verità isolata da una realtà dei fatti che proprio per l’isolamento alla fine la distorce e ne fa caricatura.

 

Ammettiamo per un momento che sia vera la loro affermazione: “L’intento, da duecento anni ad oggi, è sempre stato, e continua ad essere, quello di attrarre e sostenere l’utilizzo del marmo nell’elaborazione di opere d’ingegno in cui possano essere coniugate e rinnovate le antiche tradizioni manifatturiere con le nuove esigenze concettuali della creatività presente.
Nella sua lunga storia, Henraux ha contribuito allo sviluppo tecnologico dell’industria lapidea e al progresso civile delle comunità della Versilia; ha esportato nei cinque continenti i suoi marmi per l’edificazione di palazzi pubblici e privati, di grattacieli, di luoghi di culto. Dovunque ha fatto apprezzare la grande cultura del marmo e la sua millenaria tradizione che oggi si traducono nella qualità dei materiali, nell’innovazione tecnologica, nell’accuratezza delle lavorazioni e sono espressione del made in Italy nel settore lapideo”.

Ammettiamo cioè, solo per un momento, che la Henraux, contrariamente ad altre imprese, sia l’unica attualmente ad avere a cuore questo genere di cose.

Ma allora come mai i laboratori e gli studi hanno chiuso? Come mai la lavorazione del marmo è stata spostata all’estero? Come mai, pur avendo la meccanizzazione dell’estrazione ridotto i costi e i tempi, aumentando anche l’offerta, come mai i prezzi sono scesi in modo decisamente preoccupante? Come mai esiste la corruzione? Come mai il marmo è svilito e svenduto grazie all’apertura di un altro mercato che nulla ha a che fare con l’arte, quello della riduzione di quella roccia (una meraviglia del creato) a polvere di carbonato di calcio?

Il Seme dell’Altissimo al Gate Ovest di Expo
SemeAltissimo-640x480

 

A dispetto di tante parole, alla gente appare chiaro che l’operazione Henraux-Expo è null’altro che uno sbiancamento d’immagine (il marmo è bianco, il carbonato di calcio dei dentifrici sbianca, eccome). Il classico sepolcro imbiancato. Se l’operazione funzionasse, anche Expo teoricamente dovrebbe recuperare prestigio. La statua invece rischia d’essere comunque un sepolcro bianco.

 

Forse, se non avesse allineato tante immagini per iscritto, l’artista Isgrò potrebbe salvarsi. Non sta a me giudicare la bellezza dell’opera, probabilmente s’imporrà come opera d’arte, chissà. Ma quelle immagini scritte pesano, sono troppo allineate con lo sponsor, troppo elusive di altra realtà ben più grande e spaventosa. E il dubbio che forse il fiberglass avrebbe aiutato a una maggiore umiltà rimane fortissimo.

 

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I sepolcri imbiancati dell’Expo ultima modifica: 2015-06-08T06:43:56+02:00 da GognaBlog

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6 pensieri su “I sepolcri imbiancati dell’Expo”

  1. Se non desidera che io ricorra ai miei legali per l’uso improprio che fa del mio nome e del mio lavoro, la invito a eliminare questo post nel più breve tempo possibile.
    Oggi è il 7 di luglio 2016, i miei legali controlleranno questa pagina fra una settimana. Qualora Lei non avesse gentilmente provveduto, sarà debitamente citato nelle preposte sedi giudiziarie.
    Cordiali saluti, Rosi Fontana

  2. in questo paese stiamo diventando campioni della bruttezza e della sporcizia. I grandi artisti del passato che hanno fatto grande l’Italia sono sicuro che si rivoltano nella tomba.

  3. Emilio Isgrò ha svolto un lavoro su commissione sicuramente ben retribuito, se è un’opera d’arte lo diranno i critici e gli esperti. La Henraux con la sua sponsorizzazione all’expo si propone quale novello Mecenate e rivaluta il suo prodotto, il ritorno è assicurato. I disastri ambientali e la distruzione di un paesaggio unico sono lasciati agli ultimi ed ai sognatori che ancora pensano la natura come un bene comune.

  4. accosti parecchi temi, che (forse) mi stridono tra loro, ma è giusta provocazione:-) :

    1. C’è la questione dell’expo, su cui io sono d’accordo con Alberto. E ci sarebbero temi davvero importanti da approfondire sull’assurdità ed ipocrisia dell’evento, per come è stato realizzato, ed anche a valle dei miserevoli fatti accaduti all’apertura dell’expo… ma invece che incaponirmi e sbraitare … sta volta starò sul fiume fermo a vedere i cattivi passare esanimi a galla… (forse).

    2. C’è la questione dell’arte in senso “stretto” e non mi è chiaro il significato della frase:
    “in genere l’arte trascurare le dominanti istanze culturali per esprimersi in una dimensione superiore. E allora, fino a che punto l’arte può estraniarsi dal neonato rispetto per le rocce?”

    In che senso “neonato rispetto per le rocce ?” Ti riferisci ai movimenti ambientalistici in generale ? rispetto alla devastazione delle Apuane ? Alla forse recente nascita di un ambientalismo alpinistico ?

    Sull’arte comqunue la faccenda è intricata, anzi ambigua: in sostanza è vero che l’arte è arte quando supera la “dominanza culturale”; ma rispetto a quello che generalmente si acclama essere arte… intedo un quadro, una scultura, una musica… non è mica così vero che c’è tale distaccamento… quasi sempre l’arte (sociale) è sponsorizzata ed al servizio del “potere”.
    Poi qui parliamo addirittura di un monumento da “piazza”, commissionato da qualcuno (privato o pubblico, poco importa).

    Tu dici che non vuoi giudicare la bellezza di queste sculture; io rivendico invece il diritto, come essere umano, di dire la mia su ogni cosa che venga proposto “publicamente” come “opera” e ti dico che ste sculture fanno “anguscia”, per dirla in dialetto nostro. Milano, del resto, lo sai, ne è piena di ste robe inguardabili. Mi viene in mente ago e filo di qualche anno fà in piazza Cadorna e cento altri esempi di monumenti di elevata bruttezza, che imbruttiscono le già brutte piazze di tutte le città italiane. Marmo o fiberglass che sia.

    3. Il Marmo (delle Alpi Apuane)
    La risposta alle tue ultime domande richiederebbe rivangare la storia di quel pezzo di montagna toscana (cosa sempre buona e giusta e tu lo fai sempre, grazie), dando una risposta sociopolitica… sintetizzerei quindi con una battuta: “è il sistema capitalistico, bellezza”

    con rispetto (della pietra, e financo dell’arte, quella vera e quindi invisibile)

  5. questo è uno dei tanti motivi perchè non adrò all’expò. Non vado certo a dare i miei soldi e la mia ammirazione a chi non fa altro che distruggere e consegnare il mondo a poche multinazionali ( sponsor) che voglio controllare l’alimentazione mondiale.

    alla faccia della sbandierata e osannata “….sostenibilità….”

    Si ma del loro portafoglio!!

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