Roberto “Roby” Piantoni e la polemica dell’Everest
Nato a Gazzaniga (BG) il 2 giugno 1977 era figlio di quel Livio che aveva subito lo stesso tragico destino riservato anche a lui: caduto durante una spedizione in Perù, sul Pukajirka nel 1981 con altri due bergamaschi, il suo corpo non fu mai recuperato.
Roby ha sempre vissuto in montagna e da subito segue le orme del padre, tra i sentieri e le pareti della Valle di Scalve, ai piedi della sua amata Presolana, percorrendo la montagna in ogni senso e su tutte le difficoltà.
Si appassiona presto a tutte le discipline diventando un abile alpinista, tanto da conseguire giovanissimo il titolo di Aspirante nel 2000, di Guida Alpina nel 2003 e in seguito di Guida Alpina Istruttore.
Roby il 20 luglio 2003 scala il Gasherbrum II, suo primo Ottomila, montagna che dà una svolta alla sua vita.
Nella primavera del 2004 parte per il campo base del K2 con un numeroso ma affiatato gruppo di trekker, un’esperienza forte che lo spinge a organizzare un altro trekking nell’ottobre 2005, questa volta al campo base della montagna più alta del mondo, l’Everest, e sulla cima dell’Island Peak 6186 m, ai piedi della Sud del Lhotse.
Nell’autunno 2004 e in primavera 2005 organizza due spedizioni alpinistiche, rispettivamente al Manaslu 8163 m, Nepal, e al Broad Peak 8048 m, Pakistan. Su quest’ultimo raggiunge la secondaria vetta centrale. Nel 2006, con Marco Astori, corona quello che per lui era un sogno infantile: scalare l’Everest, e senza l’uso di bombole d’ossigeno!
Nel 2007 Piantoni e Astori non riescono a realizzare il loro progetto di concatenamento di Gasherbrum I e II. Roby perde la vita nella notte tra il 14 e 15 ottobre 2009 sullo Shisha Pagma.
La spedizione all’Everest lascia purtroppo brutti strascichi per Piantoni e Astori.
Volendo essere il più veloci possibile, attrezzano due soli campi sul versante tibetano, al posto dei classici tre: uno a 7000 m (Colle Nord) e uno a 8050 m. Quest’ultimo ovviamente non coincide con il classico campo III, di solito a circa 8300 m. Astori parte dal campo base avanzato per il tentativo alla cima il pomeriggio del giorno 24 maggio 2006, mentre Piantoni preferisce fare una tratta unica dal campo base avanzato 6400 m al loro campo II, a 8050 m, partendo la mattina del 25 maggio. I due trascorrono la prima parte della notte assieme.
Marco parte alle 23.50 con la sua apparecchiatura a ossigeno. Roby all’1.50 e con sé ha solo una piccola macchina fotografica digitale, il telefono satellitare, l’altimetro, poco tè e niente zaino.
Ovviamente Marco giunge per primo al Mushroom Rock, a 8600 m, e nota nel buio un gruppo di 4 o 5 alpinisti in sosta, senza che nessuno lo interpelli e senza che nessuno chieda aiuto: di più, senza che nessuno sembri stare male.
Verso le 5 Roby si trova sul Primo Step, è l’alba e lui fa undici fotografie, documentando quindi con precisione la sua posizione in quel momento. Verso le 5.30 raggiunge il Mushroom Rock e vede bene quegli alpinisti fermi. Si guardano un attimo, lui riprende fiato, poi riparte. Anche Piantoni non nota situazioni di gravità e non viene interpellato. Scatta anche alcune fotografie.
Roby raggiunge Marco un po’ prima delle 6.00, a circa 8650 m. Lui si trova attaccato alla scala di alluminio del Secondo Step. Qui scatta altre due foto dove si può vedere Marco alle prese con la scala di alluminio.
Sopra il Secondo Step i due proseguono assieme a distanza variabile tra i 2 e i 20 m fino alla cima. Un’altra foto, fatta dal compagno, ritrae Piantoni in vetta: sono le 8.50. Alle 9.30 circa cominciano la discesa.
Quando ripassano al Primo Step notano quello che poi identificheranno con l’australiano Lincoln Hall assieme a due portatori sherpa appesi alla corda fissa in assetto di calata (con il discensore inserito nelle corde fisse). Lincoln è visibilmente fuori di testa ma assolutamente in grado di procedere con le proprie gambe, sebbene sia molto stanco. I due italiani cercano di convincere Hall a scendere al più presto. Marco gli offre il poco ossigeno che gli è rimasto nella bombola, ma i portatori gli rispondono che anche loro l’hanno, ma che è lo stesso Hall a non volerlo usare. I due portatori hanno la situazione sotto controllo, e una squadra di soccorso composta da alcuni sherpa forniti di bombole di ossigeno sta salendo dal campo III. Comunque sia, per quello che notano i due Italiani, Lincoln ha bisogno di essere persuaso a scendere, perché molto fuori di testa, ma molto energetico: si arrabbia con i portatori, parla a voce alta e si strattonano a vicenda. Insomma litigano apertamente. Marco vede addirittura uno dei due portatori “menare” sulla schiena di Lincoln il manico della piccozza.
Questi i fatti secondo i due amici italiani. Ma già il giorno dopo, amplificata dal web, esplode la notizia che, secondo l’alpinista americano Dan Mazur, due italiani (senza fare nomi, ma non ci sono altri Italiani) hanno omesso soccorso all’australiano Hall. Segue un circostanziato racconto, in cui Mazur dice di essersi rivolto a loro, aver espressamente chiesto un aiuto, di aver sentito rispondere “no speak English” e di averli visti continuare. Mazur riferisce anche che, causa le quattro ore passate con Hall, dalle 7.30 alle 11.30, lui e il suo compagno devono mestamente rinunciare alla vetta e scendono, lasciando Hall con gli sherpa che intanto erano arrivati dal basso, avendo avvisato lui stesso il capospedizione di Hall che l’alpinista era ancora vivo. Mazur dice chiaramente di aver trovato Hall alle 7.30 seduto da solo nella neve, dopo una notte di bivacco senza sacco piuma. Dan Mazur è uomo d’esperienza e ben noto nella storia dell’alpinismo himalayano. Tutti gli credono, anche in Italia. Nasce un putiferio sui giornali.
Non risultano però chiaramente dalla polemica due fatti importanti. Primo: secondo la versione Mazur l’incontro con gli italiani DEVE essere stato dopo le 7.30, mentre sia i racconti di Piantoni e Astori, sia le loro fotografie non lasciano dubbio sul fatto che l’incontro con il gruppetto fermo sia stato verso le 5 per Astori e verso le 5.30 per Piantoni. Secondo: Mazur parla espressamente di due alpinisti che passano ASSIEME e non si fermano; mentre sappiamo che Piantoni e Astori erano separati di circa 20-30 minuti uno dall’altro.
In ogni caso quindi, anche se Mazur non dice il falso, i due alpinisti che hanno omesso soccorso non sono i due italiani ma altri.
Roberto Piantoni in vetta all’Everest
A questo punto non rimarrebbe che concludere che Mazur mente, sia per i due fatti ora riferiti, sia perché potrebbe non essere vero che lui trova Hall da solo. Infatti ci sono le fotografie di Piantoni che fanno vedere il gruppetto al Mashroom Rock alle 5.30. La versione Mazur può reggere però se si ipotizza che gli sherpa abbiano lasciato Hall solo dopo le 5.30 per scendere al campo III e avvisare i loro colleghi. Questo però si scontra con la versione del capospedizione di Lincoln Hall, quell’Alex Abramov (leader del Seven Summits Team) che conferma che effettivamente aveva dato l’ordine ai due sherpa che stavano scendendo con Lincoln dalla vetta di lasciarlo solo perché moribondo e salvare le proprie vite scendendo al campo III. Ma a che ora ha dato quest’ordine, la sera o la mattina dopo presto?
Nel caso Mazur abbia raccontato il falso, ed è poco credibile, un amico di Piantoni, Alfonso Crisci, oltre a riferire che l’australiano quando è stato alla fine portato in salvo ha ringraziato tutti gli sherpa che lo hanno riportato giù ma non il presunto salvatore Mazur, ci fornisce anche un movente: qualcuno che non è riuscito a fare la cima ha avuto bisogno dello scoop (che è del Guardian), creando la notizia e accusando anonimi italiani (facendo leva sul fatto che noi italiani siamo considerati storicamente dei vigliacchi e dei traditori).
Associazione Roby Piantoni ONLUS
di Denise Piantoni
(tratto da Informaguide 1 aprile 2015)
L’Associazione Roby Piantoni è un’associazione senza fini di lucro costituita nel 2010 grazie alla volontà dei familiari e degli amici di Roby Piantoni di realizzare il suo sogno: sostenere lo sviluppo culturale e sociale delle popolazioni più povere che vivono tra le montagne più alte al mondo.
Gli obiettivi di Roby non erano solo quelli di scalare le montagne più alte: ha dedicato molto del suo tempo a trasmettere la sua passione e amore per la montagna ai più giovani, insegnando loro le pratiche alpinistiche ma soprattutto dedicandosi alla valorizzazione e lo sviluppo di vie e falesie della Valle di Scalve. Tra i suoi progetti, la falesia di arrampicata oggi a lui dedicata di Pian di Vione e la richiodatura delle vie storiche della Presolana Nord. Roby, nella semplicità e sensibilità che lo contraddistinguevano, ha sempre affrontato la montagna con umiltà e rispetto, sia verso i luoghi sia verso le genti dei Paesi che visitava.
Roberto Piantoni con Marco Astori in vetta all’Everest
La grandissima passione per la montagna ha condotto Roby tra i villaggi più sperduti delle vallate himalayane, portandolo a conoscere non solo le meraviglie della natura ma anche gli usi, le tradizioni e i costumi dei popoli che in Paesi come Nepal, Tibet e Pakistan, vivono, in condizioni di povertà estrema, spesso traendo l’unica fonte di sostentamento dal lavoro stagionale come portatori, cuochi o guide per alpinisti e trekker. Con la sua semplicità e la sua sensibilità sapeva affrontare la montagna con umiltà e rispetto verso i luoghi, i popoli e le culture. Il desiderio di poter fare qualcosa per migliorare il futuro dei bambini di queste aree, ha spinto Roby nel 2006 a dare vita al progetto Insegnanti per il Nepal, un progetto di raccolta fondi da destinare alle scuole dei villaggi più poveri di una nazione che tanto gli aveva dato e che lui adorava.
Proprio dalla volontà di portare a compimento il progetto di Roby, l’Associazione Roby Piantoni ONLUS è stata costituita per continuare il percorso che lui aveva iniziato e ha come obiettivo la promozione, la realizzazione e il sostegno economico di progetti di:
– costruzione, ristrutturazione e manutenzione di scuole;
– costruzione, ristrutturazione e manutenzione di strutture sanitarie;
– adozione di bambini a distanza e attivazione di borse di studio per i bambini dei villaggi più poveri;
– incremento dell’attività scolastica, fornitura di materiale didattico, reperimento e finanziamento degli insegnanti, garantendone la presenza anche nelle aree più remote del Paese.
Tutte le attività sono svolte in collaborazione e con il supporto di Associazioni locali.
Roberto Piantoni tra i ghiacci del Gasherbrum I
Il progetto Insegnanti per il Nepal (in collaborazione con Friends of Nepal – Kathmandu) ha come obiettivo il sostegno economico della scolarizzazione dei bambini che vivono nei villaggi presenti nella Valle del Makalu, Nepal.
Per la promozione e divulgazione dell’iniziativa è stato realizzato un logo che rappresenta una mano stilizzata che sorregge i due simboli presenti sulla bandiera nepalese, il fior di loto e il sole. Seguiti da due fasce che ne mantengono i colori e creano il contorno degli edifici del luogo. La mano sta a simboleggiare l’aiuto che i componenti dell’associazione offrono al Nepal.
Nei primi quattro anni di attività, l’Associazione ha assicurato il sostegno di sette scuole situate in altrettanti villaggi nella Valle del Makalu, attraverso i seguenti interventi:
– la fornitura e l’installazione di pannelli solari per dotare la scuola di Norbuchaur di energia elettrica;
– la dotazione annuale di materiale scolastico (quaderni, matite, gomme, temperini, penne, ecc.) per circa 600 bambini e una ventina di insegnanti, attraverso l’acquisto e la consegna da parte di portatori locali;
– la dotazione di banchi e lavagne.
Gli interventi che sono previsti per i prossimi anni sono:
– la continua dotazione annuale di materiale scolastico per gli alunni e per gli insegnanti, con l’obiettivo di aumentare il numero delle scuole che eventualmente faranno richiesta di sostegno;
– la dotazione di banchi, lavagne, attrezzatura didattica, ecc.;
– il reperimento di insegnanti e la costituzione di un fondo per la loro remunerazione annuale;
– la manutenzione delle strutture scolastiche, attraverso interventi di restauro e strutturali atti a migliorare le condizioni degli edifici scolastici;
– la costruzione di locali destinati ad alloggio degli insegnanti, nei villaggi in cui i maestri soggiorneranno durante l’anno scolastico.
Per sostenere il progetto Insegnanti per il Nepal è possibile:
– Effettuare una donazione mediante bonifico bancario: Banca Popolare di Bergamo – Agenzia di Dezzo di Scalve IBAN: IT56A0542853970000000000193 Conto corrente intestato a: Associazione Roby Piantoni O.N.L.U.S.;
– Devolvere il 5×1000 attraverso la dichiarazione dei redditi, riportando nell’apposito riquadro o il codice fiscale dell’Associazione Roby Piantoni O.N.L.U.S. (03692740164) o la propria firma;
Per tenersi informati sulle attività dell’Associazione Roby Piantoni O.N.L.U.S. e sull’andamento del progetto Insegnanti per il Nepal:
– Al sito www.robypiantoni.it;
– Alla pagina di Facebook www.facebook.com/insegnantiperilnepal;
– Inviando una mail a: insegnantiperilnepal@robypiantoni.it.
ho avuto la fortuna di conoscere Roby,piccolo grande uomo,semplice,generoso,stare in sua compania ti sentivi sulle nuvole in alto come lui sapeva esprimersi ed amare la montagna.lo ricordo sempre con un nodo alla gola.CIAO ROBY sei semppre nel cuore.
Grandissimo Roby, montanaro d’altri tempi. Quell estate, dopo il corso sei partito lasciandomi con una promessa:avremmo fatto una via sulla “nostra” Presolana, non come cliente ma come una cordata. Purtroppo quel giorno non è arrivato ma ogni volta che tocco la “regina” il mio pensiero non può che volare verso te, ciao amico mio. Giacomo Rovida