Ad Alziro Molin, tra ricordi e nostalgia

Ad Alziro Molin, tra ricordi e nostalgia
di Uta Molin
(pubblicato su Le Dolomiti Bellunesi, Natale 2023)

Non basta la nostalgia, questa volta, a riportarti a casa. È stato così per tutti i viaggi che hai intrapreso: non potevano durare troppo a lungo. Già dopo una settimana si faceva sentire la voglia di tornare tra le tue crode, che ritenevi – avendo esplorato quelle dei cinque continenti – le più belle del mondo.

Discesa in corda doppia dal Campanile di Val Montanaia, 1953.

La passione per le montagne, la curiosità, il desiderio di conoscere nuovi mondi e culture ti hanno spinto ad intraprenderne tanti, di viaggi. Spedizioni alpinistiche sulle Ande, dalla Colombia fino alla Patagonia; nei deserti, dal Sahara algerino a quello del Gobi in Mongolia, passando per l’altipiano iranico; tra i ghiacci della Groenlandia e le cime dell’Hindukush afghano, senza dimenticare l’Himalaya e il Tibet. Tra le tante, la più memorabile è sicuramente quella nel Caucaso, sull’Elbrus. Una volta raggiunta la cima a 5642 m, con Andrea Pandolfo e Roberto Corte Coi, vi ha sorpreso il maltempo. Il vento forte, la neve e la fitta nebbia vi hanno impedito di ridiscendere al rifugio Priut lungo il versante giusto: vi siete persi. Dopo tre giorni, un pastore vi ha, fortunatamente, trovati, affamati e semi congelati. Eravate a 250 km da Azau, punto di partenza della salita. Siete stati trasportati, prima con cavalli e poi in elicottero, all’ospedale di Nal’čik, la capitale della Kabardino-Balcaria, dove vi hanno curato. E stato il tuo primo viaggio in elicottero e non potevi scordarlo: sdraiato sulla barella – le tue condizioni erano particolarmente gravi – insieme ad una varia umanità seduta su panchine di legno e a diversi animali, galline e pecore. Hai rischiato l’amputazione di alcune dita dei piedi e delle mani. Dopo questa drammatica avventura avevi anche pensato di smettere di andare in croda: proposito a cui era impossibile mantenere fede.

Campanile Aiarnola, primi anni ’50.
Spigolo della Cima Su Alto, 1967.
Direttissima della Croda dei Toni, 1968.

La tua fama non è però legata a questo tipo di imprese, ma all’alpinismo in Dolomiti nella stagione del sesto grado, sulle montagne di casa: anni Sessanta e Settanta. Le tue doti, la determinazione e la passione ti hanno permesso di ripetere importanti vie classiche e di aprirne moltissime altre, più o meno note: sul versante sud-est del Piz Popena, alla Punta Frida (Piccola di Lavaredo), sui Cadini di Misurina: Via degli Strapiombi, Punta Anna, Punta Raffaella, Cima Cadin delle Bisse; con Nicola Molin, Spigolo della Bergagnina e via Luigino Henry sul Popena Basso. La più celebre è quella sullo spigolo nord-ovest della Cima Su Alto (Civetta), aperta insieme ad Ignazio Piussi e ai Ragni di Lecco Aldo Anghileri, Ernesto Panzeri e Guerino Cariboni nel 1967, oggi non più praticabile dopo il crollo del 2013. L’iniziativa era stata di Piussi, che aveva già aperto i primi due tiri. Il 15 agosto, dopo esservi accordati con i lecchesi, conosciuti al rifugio Tissi e che a loro volta avevano adocchiato lo spigolo, iniziate la salita. Una volta raggiunto lo zoccolo, vi trovate ad affrontare una parete così liscia che sembra una lavagna. Qui l’accademico deve cedere il passo alle guide. Sarete Ernesto e tu, alternandovi da primi di cordata, a portare a termine la difficile impresa dopo tre notti di bivacco (quest’affermazione non corrisponde al vero: certamente né Piussi né Anghileri sono stati dei semplici secondi di cordata, NdR).

La via che però più amavi, perché ritenevi più impegnativa, è la Direttissima alla Croda dei Toni, aperta nel 1968 insieme a Roberto Corte Coi e Andrea Pandolfo, dedicata a Ezio De Martin e Sergio Vecellio, morti sulla via Cassin della Piccolissima di Lavaredo. Dopo aver attrezzato i primi tre tiri avevi dovuto completare la via con il maltempo. Avevi saputo dal portatore del rifugio Comici che anche Messner aveva l’intenzione di aprire una via, più o meno sullo stesso tracciato. Così avevi dovuto affrettarti e partire un giorno che nevicava. Reinhold segue dal rifugio la salita, per vedere se ve la cavavate. Ti chiama con la radiolina e ti dice: «Tu non torni più indietro!». Aveva ragione. Il tratto più difficile, lo trovi dopo il secondo bivacco:, cinque tetti che sembrano insuperabili. Individui piccole fessure, che ti permettono di superarli uno dopo l’altro. Oramai eri quasi in vetta, e invece l’ultimo tratto, di terzo grado, ti mette a dura prova. La roccia è ricoperta da un velo di ghiaccio, non si riesce a stare in piedi e non trovi nessuno spuntone di roccia per fare sicura. Decidi di toglierti gli scarponi, le calze fanno quell’attrito che basta a superare i cento metri per giungere alla cima. Roberto e Andrea dovranno imitarti. La prima ripetizione è stata fatta da Hans Kammerlander e Ernst Seeber ben vent’anni dopo, e l’estate scorsa da Flavio Moretto Fiori e Alex Pivirotto. I due scalatori del “Gruppo Rocciatori Ragni” di Pieve di Cadore hanno poi voluto incontrarti, e così ricordano quel giorno: «Per noi ripetere questa via non è stata un’arrampicata, è stata una grande emozione e un tributo ad un mito. Parlare con lui è stato un viaggio nella storia dell’alpinismo dolomitico».

Da sinistra, Andrea Pandolfo, Alziro Molin e Roberto Corte Coi, dopo la Direttissima alla Croda dei Toni.

Sempre ai rocciatori di Pieve si deve la prima ripetizione della via dedicata a Luca, sul diedro della Punta Zurlon (Sorapis), aperta con Roberto Lagunaz nel 1975. Pivirotto, Stefano Del Favero e Ferruccio Svaluto Moreolo sono saliti dopo 45 anni esatti, il 31 luglio 2020. Nessuno ha mai invece ripetuto la via sul Piz Popena, aperta nel 1964 con Roberto Corte Coi, forse perché nella prima parte la roccia è friabile, ma il percorso si snoda poi su una parete compatta.

Avevi iniziato giovanissimo alla “Cava”, una palestra di roccia situata nei pressi di casa tua, osservando le guide alpine di Auronzo, sognando di diventare come loro e di indossare, un giorno, la stessa maglia con la scritta ABC (Associazione Bruno Caldart). Ci sei riuscito e senza darlo troppo a vedere le hai anche superate, diventando un fuoriclasse. La guida Francesco Corte Colò detto Chechi aveva capito le tue potenzialità, dopo che alla “Cava” ti aveva visto superare passaggi che a lui non riuscivano. Ti aveva voluto come compagno di cordata, ed è stato per te un maestro. Sei rimasto male la volta che avete dovuto rinunciare alla via Comici della Grande di Lavaredo. La notte prima non eri riuscito a chiudere occhio dall’agitazione. Dopo il primo tiro di corda, Chechi ti dice che il tempo impiegato per farlo è troppo lungo, e rischiate di bivaccare. Ripiegate sullo Spigolo Giallo, che ti appare facilissimo. La Comici la farai due anni dopo, nel 1953, con Tino Pais Tarsilia in sole sei ore. Sarebbe un ottimo tempo anche oggi, con l’attrezzatura moderna che facilita notevolmente l’arrampicata. Al tempo erano necessarie mediamente 13-14 ore.

Con Nicola Molin (a sinistra) ai piedi della via Luigino Henry sul Popena Basso, 1978.
Alziro sullaVia Couzy sulla Cima Ovest Lavaredo, anni ’70.

Nel 1952, sempre con Tino e Tonin Pais Becher – eravate amici inseparabili – apri sul Campanile Toro (Spalti e Monfalconi) una via di V e VI con una corda di trenta metri comprata in tre, e tre chiodi. Siete stati via da casa due giorni. In bicicletta avete raggiunto il rifugio Padova dove avete dormito nel fienile. Il secondo giorno, dopo aver concluso l’impresa, siete rientrati a sera tarda. Nella piazza del paese avete trovato le vostre madri che vi aspettavano, a metà tra apprensione e arrabbiatura: non sapevano né dove eravate andati né quello che avevate fatto, lo immaginavano.

Il percorso non è stato facile. Eri il nono di tredici fratelli e i genitori non assecondavano i tuoi interessi: c’era il lavoro, di muratore, ma anche la stalla e il bestiame di cui prendersi cura. Dopo il matrimonio con la giovanissima Raffaella, avete deciso, nel 1960, di intraprendere l’attività di campeggio e ristorazione a Misurina. Non volevi fare il muratore tutta la vita. Ed è soprattutto grazie a lei, che ti ha sempre sostenuto, che ha gestito la Baita e si è presa cura dei sette figli anche in tua assenza, che sei riuscito a realizzare i tuoi obiettivi: maestro di sci nel 1958, aspirante guida nel 1964 e guida alpina due anni dopo. Sei stato istruttore guida negli anni Settanta, Presidente della Sezione del CAI di Auronzo, esponente del Soccorso Alpino e nel 1972 hai fondato il “Gruppo Camosci”. Durante il corso di aspirante guida alla Città dei Sassi, l’istruttore Giovan Battista Vinatzer, dopo averti visto arrampicare ti ha detto: «D’ora in poi, Alziro, tu arrampichi con mia figlia. Presentati il giorno dell’esame di teoria e di pronto soccorso, quello di pratica è già superato».

Vale la pena ricordare che detieni il record delle ripetizioni alla via Comici sullo Spigolo Giallo: circa cinquanta volte. All’età di 60 anni sei stato sulla via Cassin della Ovest di Lavaredo in quattro ore, e a 62 sulla Hasse-Brandler in otto ore. Ne avevi 78, di anni, quando con Federico di nove hai scalato la via Comici della Punta Col de Varda. In quell’occasione non avevi messo i rinvii: temevi che tuo nipote non riuscisse a toglierli. Ti ha colpito quando, consapevole del pericolo che si corre salendo senza l’utilizzo dei chiodi, ti ha detto «Stai attento nonno!»

I riconoscimenti non sono mancati. Gli Scoiattoli di Cortina ti hanno chiesto di far parte del loro gruppo, ma hai declinato l’invito affermando che ti pareva di fare uno sgarbo al tuo paese natale. Nel 1997 ricevi insieme a Don Ciotti il “Premio Ana Cadore”, e nel 1999 il “Pelmo d’oro” «per le eccezionali capacità alpinistiche che l’hanno visto protagonista – durante cinquant’anni di attività — di imprese estreme sia sulle Dolomiti bellunesi sia sulle montagne di tutto il mondo». Nel 2016, grazie all’iniziativa di alcuni tuoi amici, c’è stata una serata in tuo onore nel Municipio di Auronzo, con la proiezione del documentario Alziro Molin, la montagna mi ha dato tutto, che sintetizza la tua attività alpinistica, e la consegna di una targa di riconoscimento da parte del Sindaco Daniela Larese Filon, con la bella dicitura «II fascino della montagna dolomitica ti ha portato a compiere imprese estreme». Infine, il Soccorso Alpino della Sezione di Auronzo ha organizzato una festa per i tuoi novant’anni, e ti ha donato un quadro raffigurante la Croda dei Toni.

Te ne sei andato l’11 aprile 2023, alla soglia dei 91 anni, lasciandoci increduli. Ora tocca a noi fare i conti con la nostalgia.

Da sinistra, Riccardo Cassin, Bruno Detassis e Alziro Molin alle Cinque Torri, per il 50° anniversario della fondazione degli Scoiattoli.
In occasione dei 90 anni, con iI CNSAS di Auronzo e alcuni familiari.
Sul Monte Paterno con il nipote Lorenzo, estate 2011.
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Ad Alziro Molin, tra ricordi e nostalgia ultima modifica: 2024-02-03T05:20:00+01:00 da GognaBlog

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8 pensieri su “Ad Alziro Molin, tra ricordi e nostalgia”

  1. Grazie per il bel ricordo del vecchio e delle sue avventure così straordinarie che mi sembrava di risentirle raccontare da lui…

  2. Ora vi riporto quanto mi riferì il mio amico Silverio Leporati, di Carpi, piú o meno quaranta anni fa.
     
    Il buon Alziro, partecipante alla spedizione “Hindukush ’73”, ben presto si indispettí per la scarsa grinta dimostrata dagli altri alpinisti nella scelta delle ascensioni, per lui troppo poco ardite. Fu cosí che un bel giorno decise di abbandonare la spedizione; preparò lo zaino e se ne partí tutto solo dal campo base per ritornare a Misurina (!), non prima di aver apostrofato gli altri:
    “A vagh a ca’. Vuèter a si tôt dal béghi mòsci”.
     
    P.S. Ho tradotto liberamente in dialetto castelfranchese (piú o meno). La traduzione in italiano verrà inviata privatamente, a richiesta.
    P.P.S. Spero che quanto mi riferirono corrisponda al vero… Qualcuno può confermare?
     

  3. Tra le spedizioni alpinistiche alle quali si accenna nell’articolo, ne ricordo due organizzate da don Arturo Bergamaschi: “Hoggar ’71-72” e “Hindukush ’73”. Furono la seconda e la terza fra le decine del prete bolognese, scomparso lo scorso anno.
    Nella prima (“Kurdistan ’70”) finirono tutti in galera, sospettati dai turchi di attività sovversiva a favore dei curdi perché in possesso di radio ricetrasmittenti e di qualche centinaio di cartoline della spedizione con la scritta Kurdistan (il quale, per la Turchia, non esiste e non deve esistere). Furono liberati in seguito all’interessamento di Aldo Moro, allora ministro degli Esteri. Però Alziro quella volta non c’era.
     
    Vedi http://donarturobergamaschi.blogspot.com/p/le-spedizioni-ed-i-trekking.html

  4. Alziro, una persona umile e di poche parole, ha insegnato tanto a tutti come vivere l’alpinismo e di questo ti ringrazio,sarai sempre nel cuore mio e di tutti quelli che amano questo sport

  5. Paesia si ma anche …leggenda!
    Fisico e testa fuori dal comune ,un vero fuoriclasse! 
    Visto interviste e video dove normalmente i suoi  coetanei lottano con malattie senili ed ospizio intervenire con lucidità, logica e memoria…invidiabile!
    Grande ! Veramente.
    Mancherà a tutti.

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