Arrampicata difensiva
Partiamo dalla definizione di Medicina difensiva (da Wikipedia):
La medicina difensiva consiste nella pratica di diagnostiche o di misure terapeutiche condotte principalmente, oltre che per assicurare la salute del paziente, anche come garanzia delle responsabilità medico legali seguenti alle cure mediche prestate.
Il medico deve difendersi perché il numero delle denunce è cresciuto oltre il normale, ma l’80% di queste denunce poi risultano infondate e il paziente perde la causa.
Dettagli
Evitare la possibilità di un contenzioso medico legale è la motivazione principale del porre in atto pratiche di medicina difensiva. Molto comune negli Stati Uniti, con un’incidenza variabile tra il 79% e il 93%, la medicina difensiva viene praticata specialmente nella medicina di emergenza, nei reparti di ostetricia e in altri interventi specialistici ad alto rischio.
Tipologia
La medicina difensiva può essere positiva o negativa.
Un incubo ricorrente tra i medici
La medicina difensiva positiva si attua con un comportamento cautelativo di tipo preventivo (assurance behaviour); in tal caso il comportamento cautelativo si esplica nel ricorso a servizi aggiuntivi non necessari (analisi, visite o trattamenti), atti a:
– diminuire la possibilità che si verifichino risultati negativi;
– dissuadere i pazienti dalla possibilità di presentare ricorsi;
– redigere documentazione, la quale attesti che il medico ha operato secondo gli standard di cura previsti, in modo da cautelarsi da eventuali future azioni legali.
Quando diritto e salute non coincidono
La medicina difensiva negativa si pratica invece con l’astensione dall’intervento di cura (avoidance behaviour), che si manifesta nel caso in cui il medico eviti di occuparsi di determinati pazienti o di eseguire interventi ritenuti ad alto rischio.
Rimedi
La medicina difensiva è ritenuta un fenomeno da arginare nell’interesse del medico, del paziente e anche delle casse dello Stato: in Italia, infatti, la medicina difensiva pesa per oltre il 10% sulla spesa sanitaria. Tra i rimedi suggeriti, quelli di orientare la formazione degli studenti in medicina verso una maggiore attenzione al rapporto medico-paziente, rendere gli orari di lavoro meno stressanti, favorire il ricorso alla conciliazione in caso di errori medici.
Il ricorso a strumenti stragiudiziali per la risoluzione delle controversie è divenuto indispensabile anche allo scopo di evitare l’immediato ricorso all’Autorità Giudiziaria. Non a caso, il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica rientra tra le materie per le quali, a partire da marzo 2011, è obbligatorio tentare preventivamente la mediazione civile.
Corsi di arrampicata difensiva
(liberamente tratto da Nonciclopedia, l’enciclopedia VM 18 e libera dai bambini)
L’arrampicata difensiva – detta anche arrampicata paraculo – è una particolare disposizione tattica con la quale si schierano al lavoro sempre più equipe d’insegnamento. Lo scopo non è tanto offrire prestazioni di elevato standard qualitativo all’allievo, quanto evitare il più possibile di prenderlo nel di dietro a seguito di denunce per supposta irresponsabilità. L’idea viene fatta risalire a Giovanni Trapattoni: catenaccio a oltranza per poi colpire spietatamente in contropiede. La messa in pratica è partita però dagli Stati Uniti d’America, che l’hanno esportata in tutto il mondo come omaggio gratuito in accompagnamento alla democrazia.
La stampa come sempre ci ricama sopra…
Origini del fenomeno
Ci fu un tempo in cui l’operato dell’istruttore e l’istruttore stesso erano insindacabili e intoccabili: in falesia e in montagna tutti si alzavano in piedi e chinavano il capo al passaggio dell’arcigno distintivo di turno, ascoltandone in religioso silenzio il verbo infallibile. Le diagnosi erano inconfutabili e le prescrizioni erano sacre, da rispettare come i dieci comandamenti. In caso contrario si rischiava di essere zittiti con somma vergogna e di ricevere un clistere punitivo.
Bei tempi!
L’istruzione di massa ha favorito il declino di questa epoca. Le aumentate conoscenze della massa hanno fatto sì che si sviluppasse una maggiore consapevolezza, ma soprattutto che il numero di avvocati in circolazione aumentasse in maniera esponenziale. Tutta gente che aveva bisogno di lavorare in un campo che appariva saturo già da allora. Occorreva allargare il campo delle competenze, individuare nuovi bersagli: lo sport d’avventura era ancora un territorio in gran parte inesplorato. D’improvviso gli istruttori si resero conto che non potevano più trincerarsi dietro manovre e spiegazioni composte da termini tecnici noti solo agli addetti ai lavori. Ormai parole come prusik, marchand e lolotte erano alla portata anche di un coatto di periferia. La classe docente subì le prime condanne a seguito di errori particolarmente gravi, assicurando alla giustizia i responsabili di vari decessi o infortuni dovuti a negligenza e imperizia e riempiendo di quattrini le tasche dei parenti e dei loro avvocati.
E anche la televisione non scherza!
Tutto bene, dunque?
No.
Gli studi legali si specializzarono in questo settore, i familiari degli allievi si riunirono in associazioni e le class action si diffusero come metastasi tumorali. La classe docente, sebbene patrocinata dai migliori principi del foro, scoprì di non essere più intoccabile e il panico si diffuse in breve tempo. Contemporaneamente il popolo aspirante alpinista, fino ad allora cornuto e mazziato, scopriva che rifare la facciata di casa, estinguere il mutuo, concedersi quel viaggetto alle Maldive, o semplicemente dimostrare di avercelo più duro degli istruttori, non era più un’utopia. Così le cause per malinsegnamento si estesero ad ogni minimo errore o incertezza: oggi come oggi un freno dissipatore, un guanto, una barretta energetica in più o in meno possono fare la differenza.
Pianificazione e attuazione
Tale situazione fa innescare un pericoloso circolo vizioso: l’operatore insegnante che perde la tranquillità sul lavoro è portato a commettere più errori e quindi a dibattersi in un numero sempre crescente di cause. Il problema è stato studiato con rigore altamente scientifico.
Al termine di accurate indagini, verifiche sul campo e simulazioni al computer, risulta evidente che non esiste una scappatoia efficace, se si esclude la soluzione finale per la casta avvocatizia, impraticabile per mere difficoltà tecniche. È stato perciò deciso di porre in essere una serie di accorgimenti atti a limitare al massimo i danni. Ciò ha condotto all’identificazione di due differenti approcci alla questione.
Arrampicata difensiva positiva
L’arrampicata difensiva positiva si attua con un comportamento cautelativo di tipo preventivo, che si esplica nel ricorso a servizi aggiuntivi non necessari (esamini, visite mediche o esercizi) atti a:
– Diminuire la possibilità che si verifichino risultati negativi (“La risonanza magnetica e l’elettroencefalogramma cui l’abbiamo sottoposta attestano con ragionevole certezza che il suo lieve tremolio di piede potrà scomparire in tempi brevi e senza lasciare esiti significativi”);
– Dissuadere gli allievi dalla possibilità di presentare ricorsi (“Ci ispiriamo a linee guida riconosciute e approvate in tutto il mondo. Vuole forse denunciare il mondo intero? E poi sappia che sono amico di Simone Moro”);
– Redigere documentazione che attesti che l’istruttore ha operato secondo gli standard d’insegnamento previsti, in modo da cautelarsi da eventuali future azioni legali (“Ho discusso il suo caso anche col Ministro dello Sport e con il CAAI: hanno entrambi convenuto che, con 647 pagine di documentazione, la sua lieve difficoltà nello “spallare” ha ricevuto tutte le attenzioni che meritava”).
Il fatto che questa pratica comporti un ingente spreco di risorse e soldi pubblici sembra non costituire un problema per nessuno, di conseguenza l’approccio positivo è gettonatissimo.
Arrampicata difensiva negativa
La negazione del problema è spesso una tattica vincente.
Esempio:
– Lei avrebbe bisogno di un compagno che le faccia sicura come si deve… ma non posso farlo io, mi spiace (il difensivista altamente negativo)!
– Perché? Lei è il miglior istruttore della città (un allievo perplesso)!
– E intendo continuare a esserlo. Devo pregarla di andarsene. Mi lasci in pace (il catenacciaro negativo gioca di rimessa)!
L’arrampicata difensiva negativa si pratica con l’astensione dall’intervento di docenza, che si manifesta nel caso in cui l’istruttore eviti di occuparsi di determinati allievi o dall’eseguire uscite ritenute ad alto rischio. Come fa l’istruttore a decidere di chi non occuparsi? Esistono più opzioni:
– Assenteismo: di volta in volta l’istruttore simulerà raffreddori, incidenti stradali, lutti familiari e quant’altro giustifichi un’assenza dalla Scuola all’improvviso;
– Documentazione: l’istruttore raccoglierà informazioni sull’allievo e i suoi familiari tramite investigatori privati, allo scopo di comprendere se si tratta di gente combattiva, cagacazzi e con conoscenze tra gli avvocati. In tal caso cederà volentieri l’allievo a un collega più sprovveduto;
– Ricerca: improvvisamente l’istruttore si accorge che la sua vera strada è l’accademia: sarà sempre impegnato in estenuanti viaggi all’estero per convegni, simposi, seminari che lo terranno a debita distanza dall’insegnamento sul campo.
Anche l’approccio negativo comporta un ingente spreco di risorse e soldi pubblici, ma anch’esso sembra funzionare egregiamente, quindi è gettonatissimo.
Spalle ben coperte, dunque?
Non sempre.
Infatti, se va male comunque?
Nonostante tutte le precauzioni, qualcosa va sempre storto e l’istruttore rischia di essere trascinato in tribunale. Per sua fortuna è obbligatorio tentare la mediazione civile prima di adire a vie legali. Una sorta di constatazione amichevole che mantiene pulita la fedina penale. A un certo prezzo. La classe docente si è organizzata proponendo alle parti lese dei pacchetti “tutto compreso” con i quali è possibile, a seconda del caso, comprarsi un’auto nuova, dotare di IPhone la famiglia e i parenti collaterali (compresi i più antipatici), affittare un attico a New York o trattare con disprezzo le commesse delle boutiques di Montecarlo. Ciò rende gli allievi felici e tranquillizza gli istruttori, che evitano la galera.
D’altra parte in galera ci finiscono sempre gli stessi coglioni.
Medice, cura te ipsum!
L’esempio limite
L’istruttore più in pericolo è comunque colui che è anche medico: l’unione nella stessa persona di queste due qualifiche porta a rischi davvero esagerati.
Istruttore-medico di turno durante un uggioso turno pomeridiano al Policromuro di Arco: – Cos’è stato quel rumore?
Aiuto-istruttrice annoiata e demotivata: – Lo sloveno che sta facendo Stressami ha starnutito!
Istruttore-medico di turno improvvisamente preso dal panico: – Cosa? Presto, Gina, prepara subito l’aerosol con due fiale di beclometasone dipropionato, una di ambroxol, cinque gocce di salbutamolo e otto di ossitropio bromuro! E metti l’ossigeno a 8 litri al minuto! Poi, subito antibioticoterapia con ceftriaxone un grammo per tre endovena. Muoviti, non stare lì impalata!
Aiuto-istruttrice Gina che non intende rinunciare alla sua tranquillità: – Ehi capo, camomillati un attimo, eh!
Istruttore-medico che già si vede trascinato alla sbarra: – Seeee, camomilla! Il Rohypnol ci vorrebbe! Non mi distrarre che sto pensando! Dunque, ha starnutito… merda! Mmmm… uno starnuto può fargli partire un embolo… Gina, quando scende, iniziamo pure la profilassi antitromboembolica con EBPM a dosaggio massimo! Ah, dimenticavo… programmi in urgenza questi esami: emocromo, VES, PCR, PT, PTT, enzimi cardiaci, profilo renale ed epatico, emocoltura, urocoltura, rx torace, spirometria ed elettromiografia! Mmmm… quasi quasi richiedo una TAC. E anche una colonscopia!
Aiuto-istruttrice Gina, dannatamente pragmatica: – Ma capo, insomma… era solo uno starnuto!
Istruttore-medico di turno immerso nei suoi ottimistici progetti per l’avvenire: – Dillo! Dillo che mi vuoi vedere marcire in galera!
Conclusioni
Se si è allievi in Italia: meglio imparare all’estero.
Se si è istruttori in Italia: meglio esercitare in Nepal.
– Ma è solo un’unghia incarnita…
– La prudenza non è mai troppa!
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Interessante contributo,
personalmente credo che l’approccio consapevole alla montagna o all’Outdoor debba rimanere la parola d’ordine per chi frequenta questi ambienti.
Peccato che anche oggi tre alpinisti sono stati denunciati per procurato allarme e disastro colposo per aver provocato una Valanga in Trentino.
Non credo che potremmo far tornare le cose come erano una volta , noi con il progetto Mountain Risk ci stiamo provando a dare risposte concrete a chi ama la frequentazione dell’alpe ma pretendiamo in primis consapevolezza e partecipazione a corsi che hanno come scopo il provare cosa accade sul campo per essere in grado di decidere se…….. Accetto o meno il rischio .
E i giudici dove li mettiamo? Secondo me hanno più responsabilità degli avvocati. Questi ultimi agiscono nel loro interesse, più cause più soldi, ma i giudici?
Premesso che certe cause non dovrebbero nemmeno varcare le soglie dei tribunali, qualora ci arrivino il giudice dovrebbe bastonare chi le intenta. Il caso della Cassazione che ha condannato dopo 15 anni la sezione CAI di Milano perché un corsista imbranato si è fatto male in ferrata la dice lunga.
Non ci siamo, anche queste cose sono simbolo di decadenza di una civiltà.
Se serve una perizia di parte …..
una volta se ci sbucciava un ginocchio, si chiedeva scusa, di aver fatto perdere tempo… poi il popolo rampicante e’ cambiato, ma soprattutto il numero degli avvocati che non hanno un cazzo da fare, e’ sempre più attento a dare peso alla “bua” che si è fatto il pirlotto di turno, povero alpinismo….
L’articolo dovrebbe essere incorniciato e messo nelle palestre e sedi CAI…negli ultimi anni si nota inoltre un uso esagerato di CRETINOL in gocce…