Grand Canyon? Rocky Mountains? No, Sassonia, Germania. Il Parco Nazionale della Svizzera Sassone è l’unica area protetta della Sassonia e l’unico parco con cime rocciose di tutta la Germania. A soli 30 km da Dresda, al confine con la Repubblica Ceca, lungo la valle del fiume Elba, si cela uno dei migliori segreti del vecchio continente: oltre 700 kmq di natura incontaminata in una delle più grandi aree di wilderness europee. Le oltre mille torri della Svizzera Sassone che spuntano da un bosco fittissimo e che nelle giornate di bel tempo sono ben visibili anche dal centro storico di Dresda, sono state scoperte da pittori, compositori e poeti romantici oltre 200 anni fa. Caspar David Friedrich, Carl Maria von Weber, William Turner, Antonín Dvořák e tanti altri hanno preso ispirazione da queste incredibili meraviglie naturali. Nel 1823 Friedrich ha dipinto qui la sua opera maestosa Die Felsenschlucht (la gola di rocce), per esempio. Oggi, per ripercorrere le orme di questi maghi del pennello, è stato creato il Malerweg, sentiero dei pittori. Il Malerweg è uno dei tanti sentieri che attraversano il parco nazionale.
Rudolf Fehrmann in arrampicata di camino sulla Alten Weg della Dreifingerturm
In vetta al Barbarine del Pfaffenstein, Elbsandsteingebirge
Elbsandsteingebirge: il ponte di pietra
Bernd Arnold in arrampicata oggi. Foto: www.verticalmente.net
Bernd Arnold arrampica a piedi nudi. Foto: www.verticalmente.net
Elbsandsteingebirge: Bern Arnold in arrampicata. Foto: www.verticalmente.net
Più in là il placido fiume Elba scorre in grandi anse attraverso gole profonde e dolci vallate, con i suoi piroscafi a vapore. Il lungo ponte di pietra (costruito nel 1851) è stato scelto anche come wallpaper per Windows 7. Una sommità simbolo della regione, dalle forme bizzarre, è quella del Felsenbühne Rathen (palco di roccia di Rathen). Poi c’è la Königstein, la fortezza imprendibile, una delle più grandi fortificazioni di montagna d’Europa. Qui si sono rifugiati tutti i duchi e i principi elettori quando si sono sentiti in pericolo e in 750 anni questo ‘nido d’aquila’ è stato castello, prigione e monastero.
Le tantissime vie di arrampicata su arenaria fanno dell’Elbsandsteingebirge una delle capitali di questo sport, qui nato 150 anni fa.
Yosemite? Arco? Finale Ligure? Verdon? No, Bad Schandau, Svizzera Sassone. Sì, l’arrampicata sportiva è nata proprio nel cuore di questa regione della Sassonia. Era il 6 marzo del 1864 quando alcuni ‘local’ riuscirono a superare gli 80 metri di roccia del Falkenstein. August Herring, Ernst Fischer, Johannes Waehnert e Heinrich Frenzel iniziarono i tentativi per raggiungere la vetta del Falkenstein qualche mese prima, il 31 gennaio. La loro impresa fu seguita da un’altra ancora più importante dieci anni dopo. Si può dire infatti che a partire dal 1874 sono state poste le basi per la nascita del free climbing, vale a dire la tecnica di arrampicata senza aiuti artificiali ma nella quale corde e chiodi vengono utilizzati solo per la sicurezza. Il termine è stato utilizzato per la prima volta in una guida sull’arrampicata in Sassonia nel 1913 ma si può dire che la salita del Turnerweg del 1874, oggi classificato come III grado, corrispondesse a questi criteri. Sempre nel 1874 Otto Ewald Ufer e Hermann Johannes Frick salirono il Mönch nei pressi di Rathen per la prima volta senza aiuti artificiali. Nel 1879 a Schandau è nato il primo club di arrampicatori, seguito nel 1895 dall’associazione Falkensteiner e nel 1896 dalla Wanderlust di Dresda e da altre fino alla nascita nel 1911 dell’Associazione Arrampicatori Sassoni. Dalla Sassonia arrivava questa forma di arrampicata che poi negli USA prese il nome di free climbing, in realtàla semplice traduzione di ciò che in Sassonia si chiamava AF (Alles Frei).
La prima figura di un certo rilievo a frequentare la zona è Oskar Schuster, esperto alpinista, che oltre ad aprire diversi itinerari e a scrivere le prime relazioni delle ascensioni, elesse queste pareti quale suo terreno di allenamento preferito.
Il termine tedesco Sandstein tradotto letteralmente significa “roccia sabbiosa”. Un nome, un programma. La ricerca odierna di rocce solide non rende così appetibile l’arenaria. Ciononostante le torri dell’Elba sono uno dei luoghi storicamente più importanti nell’evoluzione dell’arrampicata e hanno tutt’ora moltissimi estimatori.
Nel 1903 si fa luce la figura di Rudolf Fehrmann che, avendo aperto numerosi itinerari sulle Dolomiti, era alpinista carismatico. Fehrmann dichiarò apertamente di voler rinunciare ai mezzi artificiali. Tra questi c’erano anche i chiodi, cui tutti si attaccavano con le mani nel corso della salita. Ma da quel momento nell’Elbsandsteingebirge i chiodi avrebbero potuto essere usati solo per la sicurezza dell’arrampicatore. Fu di fatto il primo passo verso il concetto di arrampicata libera, dove per la progressione possono essere usati solo elementi naturali, e la corda e i chiodi servono solo ad arrestare eventuali cadute.
Bern Arnold insegna come usare i nodi per protezione. Foto: www.verticalmente.net
I nuovi concetti si affermarono ed ebbero come conseguenza che già nel 1906 alcuni arrampicatori sassoni fossero in grado di arrampicare in libera sul VI grado, a quei tempi neppure ancora codificato dalla comunità alpinistica e tanto meno considerato il limite delle possibilità umane. Tale limite sull’arenaria dell’Elba fu superato nel 1918, con l’apertura delle prime vie di VII grado, in anticipo di 60 anni rispetto al riconoscimento ufficiale di tale difficoltà da parte dell’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche (UIAA), che aprì verso l’alto la scala delle difficoltà solo nel 1977!
Riassumendo il concetto, mentre nelle Dolomiti e sulle Alpi l’arrampicata in bassa quota era ancora poco considerata, in Sassonia si arrampicava già per il piacere del gesto e con una mentalità molto simile a quella di uno sport, con tanto di regole e divieti.
Quando il famoso alpinista tedesco Fritz Wiessner emigrò negli Stati Uniti nel 1928, lo stile sassone fu esportato e ispirò le prime imprese della scuola californiana nello Yosemite.
http://youtu.be/IfwP6EHTz_E
Il discorso di Bernd Arnold per l’addio a Kurt Albert
All’inizio degli anni ’70 due figure di rilievo della storia dell’arrampicata tedesca e mondiale, Kurt Albert e Wolfgang Güllich, impararono molto in alcune visite sulle rocce della Sassonia (allora ancora parte della ex DDR). Entrambi alfieri dell’arrampicata libera, seminarono in Europa la mentalità sassone.
Kurt Albert operava soprattutto nel Frankenjura e lì fu da lui perfezionato il concetto di RP (Rotpunkt). Il capocordata non doveva utilizzare i chiodi o altri ancoraggi nemmeno per riposarsi tra un passaggio e l’altro, come era invece prassi fino a quel momento. Le vie che riusciva a salire senza appendersi alla corda per riposarsi (ovvero senza resting) venivano contrassegnate con un bollino rosso alla base, da cui il termine Rotpunkt.
Wolfgang Güllich fu, invece, il campione più riconosciuto all’estero dell’arrampicata libera tedesca e mondiale a cavallo fra gli anni ’70 e ’80. Originario del Palatinato, teorizzò e realizzò lo stile AF (Alles Frei in tedesco significa tutto in libera) fino a portarlo ai massimi livelli della sua epoca. La sua attività si sviluppò sia in falesia che sulle montagne più verticali ed eleganti del Karakorum e della Patagonia.
La rigida etica sassone è oggi codificata in un apposito regolamento scritto che costituisce un esempio probabilmente unico di disciplina dell’arrampicata.
In Sassonia ci sono oggi oltre 21.000 vie, 148 solo sul Falkenstein.
Quest’anno, per festeggiare i 150 anni dell’arrampicata sportiva, il 6 marzo si è svolta una rievocazione della prima scalata del Falkenstein e diverse mostre, a Bad Schandau e a Neustadt ripercorrono la storia degli scalatori sassoni.
Fabio Palma (in www.verticalmente.net) commenta:
«In arrampicata qualcosa di speciale deve essere accaduto quando il miglior arrampicatore americano del momento incontrò il miglior arrampicatore europeo del momento, e questo avvenne nella primavera del 1976, nei dintorni di Dresda.
L’americano Henry Barber aveva decisamente impressionato Inghilterra, Australia, Svizzera, e naturalmente Yosemite, e di lì a poco avrebbe anche scatenato la fantasia del free-climbing in Francia.
L’arrampicata in Sassonia, complice il muro di Berlino, aveva intrapreso strade ben diverse da quelle occidentali: niente magnesite, niente chiodi, niente uso dei nut. Dove possibile, si arrampicava a piedi nudi. Come raccontò lo stesso Barber, in quelle arrampicate, assolutamente diverse da qualsiasi altra parte del globo, si era raggiunto già da anni il grado 7a…
Nell’allora Germania dell’Est in quegli anni il migliore era Bernd Arnold, il massimo fra i cosiddetti Master.
Si scalava sulle bellissime torri di arenaria dell’Elba, e le uniche protezioni erano enormi anelli di ferro che il primo salitore, in posizioni d’equilibrio precarie, riusciva a più riprese a martellare.
Ma questi anelli erano distanti anche dieci metri l’uno dall’altro, e in quei dieci metri soltanto l’astuzia di Arnold e pochi altri riusciva ad inventare protezioni dubbie che consistevano in anelli di corda strozzati in piccoli buchi.
Per Barber fu uno choc, anche se lo stesso Arnold commentò con reverenza alcuni free solo che Barber, quasi per disperazione, si concesse nei due mesi di permanenza in Sassonia. Arnold fu giudicato da Barber come il più elegante arrampicatore del mondo, e sicuramente superiore al livello e al talento dei nomi noti di Yosemite.
Soltanto due anni dopo Güllich diede un giudizio diverso, sostenendo che il livello americano era superiore, e portando a prova le sue stesse salite in Sassonia, di livello uguale a quelle di Arnold ma inferiore ai famosi monotiri di Yosemite. Nacquero polemiche anche feroci, perché lo stesso Arnold non riconobbe valide le salite di Güllich, essendo state protette da nut.
In realtà avevano ragione sia Barber che Güllich; dal 1976 al 1978, in soli due anni, complice l’avvento del friend, della tecnica yo-yo, del chiodo a pressione, il livello dell’arrampicata americana salì dal 7b all’8a, e le etiche sassoni non potevano certo permettere una così veloce escalation di livello. E d’altronde lo stesso Barber, fedele ai soli nut e nemico giurato persino del friend, fu rapidamente sorpassato da chi guidava velocemente sull’autostrada del progresso della difficoltà.
Purtroppo Arnold cominciò a viaggiare soltanto dopo la caduta del muro di Berlino, quando aveva ormai superato i 40 anni; diede un contributo decisivo alla mitica salita Raiders of the Storm firmata anche da Güllich, Albert e Batz nel 1991 in Patagonia, e quando Bernd aveva ormai quasi 50 anni.
Le sue salite sono tutt’ora spauracchio per i migliori arrampicatori tedeschi, così come altre salite di quella regione; di grado ridicolo se confrontato con i livelli attuali, ma ancora terribilmente al limite per il violento ingaggio mentale. Soltanto nel 1998 Thomas Willenberg, nome ben noto nell’ambiente boulder, ha di fatto spinto in alto, con la stessa etica, il livello raggiunto da Arnold 20 anni prima».
In arrampicata nell’Elbsandsteingebirge, la Svizzera sàssone
postato il 21 luglio 2014
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Secondo me merita davvero un giro! filosofia affascinante…
ma lo sanno i tedeschi che questi nodi non sono a norma UNI EN….Decreto legge 81/2008…..UIAA……bla…bla…bla…..
Lo penso anche io….
E in Germania invece?
Mi sentirei di dire che se fai sicura ad uno che va su in quel modo e cade ti rinviano a giudizio per omicidio colposo.
ma il codice civile italiano, che direbbe in merito all’uso dei nodi incastrati per l’assicurazione…?