Nelle pieghe dell’Accordo CAI-Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT)
Il 30 ottobre 2015 a Roma il Ministro dei Beni e Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini e il Presidente generale del CAI Umberto Martini hanno sottoscritto il “Protocollo d’Intesa per la valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi montani per un turismo sostenibile e responsabile”.
Questo è il link per poter leggere il conciso documento in versione integrale.
Considerazioni
Che cosa hanno in realtà concertato assieme il CAI e il MiBACT? Questa è la domanda che si pone qualunque socio del CAI o comune cittadino dopo aver letto il Protocollo d’Intesa.
Nelle premesse sono elencate le ragioni di un tale protocollo e soprattutto sono esplicitate le autorizzazioni legali che obbligano il CAI ad occuparsi di questa problematica.
Erminio Quartiani (vice-presidente del CAI), Umberto Martini (presidente del CAI) e Dario Franceschini
Tra queste, è fondamentale il riferimento alla definizione di turismo sostenibile adottata dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT): “le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”.
In seguito, gli otto articoli che costituiscono il protocollo, dovrebbero spiegarci cosa in concreto si farà. Ma ancora una volta non si va oltre agli enunciati, purtroppo privi di una qualunque programmazione che ci chiarisca gli obiettivi pratici e la fattibilità economica.
Negli Allegati è un preciso elenco di sentieri: per quanto riguarda le tappe del Sentiero Italia ne è stata scelta una per regione, poi c’è un’antologia di sentieri relativi alla Grande Guerra ‘15-’18 e infine un’altra che abbraccia luoghi tipici della lotta partigiana. In totale sono 34 percorsi.
L’articolo 2 impegna le parti a “promuovere in ambito nazionale e internazionale la conoscenza e la diffusione dell’offerta del turismo sostenibile, rappresentata in particolare in ambito montano dalla rete sentieristica e dai relativi percorsi escursionistici e dalle proposte presenti nell’Allegato A”.
Cosa significa “promuovere in ambito nazionale”? Con quali mezzi, con quali fondi? Se si può presupporre che il CAI possa farlo, in virtù delle migliaia di potenziali volontari che si possono accollare il compito, con quale schema operativo può farlo il MiBACT?
Lo stesso articolo 2 impegna a “valorizzare l’offerta di accoglienza dei rifugi montani”. Pongo la stessa domanda fatta poco fa per i sentieri.
Ancora nell’articolo 2 è espressa la volontà delle parti di collaborare affinché “le Autorità nazionali, regionali e locali contribuiscano, secondo le rispettive competenze, alla preservazione e manutenzione dei sentieri e delle opere alpine oggetto del presente protocollo”.
Non vi sembra che sia il solito invito al buon senso e alla buona volontà cui non seguirà alcuna applicazione pratica?
E quando, alla fine dell’articolo 2, si dice che verrà costituito un apposito comitato bilaterale per provvedere alla realizzazione di quanto appena enunciato, il sospetto di velleitarietà diventa ancora più acuto.
Quanto detto all’articolo 3 è invece credibile. Con molta, ma molta, buona volontà (e con molti volontari) il CAI può effettivamente arrivare a predisporre il Catasto Nazionale dei Sentieri.
L’articolo 4 è assai pretenzioso: collaborare con le Regioni per addivenire ad una uniformità della segnaletica orizzontale e verticale sentieristica a livello nazionale. Il problema è grosso, conosciamo benissimo l’attuale labirinto di segnali vecchi e nuovi che deturpa l’ambiente e disinforma l’escursionista. Ma cosa vuole dire “collaborare con le regioni”? Viene il dubbio che, constatata l’enormità del compito, si ricorra alla ricerca di partner. Nella conseguente divisione di responsabilità del “tutti assieme” si sfuggirà meglio (e in modo legale) alla prima emergenza, derubricandola a obiettivo della prossima legislatura. Nella stessa ottica è da leggere l’articolo 5 che vuole coinvolgere l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia nella manutenzione della rete sentieristica e dei rifugi interessati al presente protocollo.
L’articolo 7 promette di costituire un Comitato paritetico di sei membri, allo scopo di coordinare le attività del presente protocollo, entro 15 giorni dalla firma. La partecipazione al Comitato è a titolo gratuito.
A oggi dunque questo Comitato dovrebbe essere già stato costituito…
Il comune cittadino è quotidianamente bombardato, seppellito direi, da centinaia di dichiarazioni d’intenti, le classiche promesse di una volta. Anche l’appassionato di montagna e il socio del CAI, nel loro piccolo, lo sono.
Francamente faremmo volentieri a meno di questo tipo d’informazione, quella che promette senza dire come e quando, fidandosi del fatto che i destinatari della promessa siano i primi a dimenticare.
E nel caso che al Protocollo siano seguiti (ma non pubblicati) un sia pur vago budget e una tempistica credibile, ci si domanda come mai non se ne dia alcuna notizia.
Quindi, in definitiva: che cosa hanno in realtà concertato assieme il CAI e il MiBACT?
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